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Dentro la guerra

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Editoriale

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Creditato ufficialmente al 2000, di produzione cinematografica, il film Harrison’s Flowers, del regista francese Elie Chouraqui, ha subìto qualche ingiuria del tempo. Soprattutto, dopo la sua anteprima allo spagnolo Sebastian Film Festival, del 23 settembre 2000, i suoi tempi di distribuzione si sono talmente dilatati, che la sua programmazione statunitense, in calendario dal tardo settembre 2001, è stata cancellata all’indomani dell’attentato alle Twin Towers, di New York, dell’Undici settembre: la trama di guerra ha spostato in avanti la data al 2002 inoltrato.

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Analogamente, alla luce di un nuovo terrorismo post Duemila, l’argomento (conflitti nell’ex-Jugoslavia) è stato considerato superato e inadatto. Tanto che, in Italia, il quotidiano la Repubblica è arrivato a considerarlo «già antico, in quanto girato prima dell’11 settembre 2001, quanto l’America era la “casa” e le guerre si combattevano altrove».

Allo stesso momento, un poco tutta la critica cinematografica planetaria ne ha riscontrati limiti narrativi (per l’appunto, sfortunatamente condizionati dagli accadimenti in cronaca), nel momento in cui, però, ne ha sottolineato il valore di quanto descritto.

In equilibrio di posizioni: «Il pregio migliore del film è quello di non aver banalizzato la guerra, disponendola come sfondo al servizio di una storia d’amore» (Maitland McDonagh, in TV Guide); dopo aver giudicato il film “melodramma chiassoso”, in Entertainment Weekly del 13 marzo 2002, Owen Gleiberman ha lodato la vivacità e pulizia con le quali il regista Elie Chouraqui ha rappresentato il conflitto jugoslavo; per Elvis Mitchell, su The New York Times del 15 marzo 2002, il film ha combinato una «sorprendente miscela di azione, politica e melodramma», trovando in questo un legame con altre sceneggiature degli anni Ottanta del Novecento inerenti all’apartheid, come, per esempio, Cry Free-

dom (in Italia, Grido di libertà), di Richard Attenborough, del 1987. In recensione italiana, il film definisce «un percorso allucinante in una realtà devastata. [...] È un’opera di finzione che, però, mostra senza sconti cos’è una guerra civile, con una precisione quasi documentaria. [...] Una pellicola che rende omaggio anche a tutti i giornalisti che operano sui fronti di guerra, che, per catturare un’immagine o raccogliere una testimonianza, sono pronti a rischiare la vita» (Claudia Morgoglione, L’orrore della guerra civile raccontato dai fotoreporter, in la Repubblica dell’11 ottobre 2001 [di prima programmazione italiana]).

LA STORIA

La sceneggiatura di Harrison’s Flowers si basa sul romanzo Le Diable à l’avantage, della giornalista, fotografa di guerra e scrittrice francese Isabel Ellsen (1958-2012), che ha contribuito alla trasposizione con lo stesso regista (e produttore) Elie Chouraqui: in edizione italiana, il libro è stato pubblicato nel 2003, da Wizarts Editore, con il titolo Il vantaggio del diavolo. Archivio FOTOgraphia (3) Interpretato dall’attore David Strathairn, Harrison Lloyd è un fotoreporter pluripremiato, anche vincitore dell’autorevole Pulitzer. La sua passione, quando non è in servizio, sono i fiori, curati da suo figlio quando il padre è lontano da casa. I doveri familiari gli pesano sul cuore, e gli stanno rendendo difficile concentrarsi nel suo impegno professionale, quando si trova ad agire in zone di guerra. Vorrebbe smettere con il fotogiornalismo dai fronti, per dedicar-

Il film Harrison’s Flowers ha subìto disagi di distribuzione, a causa del clima che si a qualcosa di meno si creò all’indomani dell’Undici settembre (2001), soprattutto negli Stati Uniti. Alla stressante/estenuante. luce del nuovo terrorismo, esordito allora, l’argomento di guerra nell’ex-Jugoslavia Prima di realizzare i risultò obsoleto. Comunque, film che rivela senza sconti cos’è una guerra civile. Sceneggiatura dal libro Le Diable à l’avantage (in Italia, Il vantaggio del diavolo), suoi nuovi progetti, accetta un ultimo incarico nella Jugoslavia didella giornalista, fotografa di guerra e scrittrice francese Isabel Ellsen (1958-2012). laniata dalla guerra civile, nel 1991, al culmine

dei combattimenti. Dovrebbe essere una missione fotografica facile e breve, ma un giorno arriva la notizia definitiva: è morto nel crollo di un edificio. La moglie Sarah (interpretata dall’attrice, ex modella, Andie MacDowell), altrettanto giornalista, al settimanale Newsweek, si rifiuta di credere che sia morto; è sostenuta dall’aver ricevuto una telefonata senza riuscire a sentire l’interlocutore.

Va a cercarlo. Arriva a Vukovar dove, grazie a un servizio televisivo, è convinta che ci sia il marito, ancora vivo. In solidarietà di intenti, è aiutata dai fotoreporter corrispondenti di guerra Kyle Morris, Marc Stevenson e Yeager Pollack (rispettivamente interpretati dagli attori Adrien Brody, Brendan Gleesson e Elias Koteas).

Inizia così un viaggio nell’inferno di un conflitto senza regole, nel quale la bestialità umana sembra l’unica padrona del campo. Sarah entra in un mondo che la sconvolge profondamente. Attraverso scorci sui notiziari e l’appassiona2002, ha allineato Harrison’s Flowers ad altre sceneggiature degli anni Ottanta del Novecento inerenti all’apartheid, come, per esempio, Cry Freedom (in Italia, Grido di libertà), di Richard Attenborough, del 1987. Ma, allo stesso momento, se dobbiamo necessariamente accomodare questo film con qualche suo precedente / ispiratore, ci rivolgiamo altrove, sempre e comunque con accompagnamento fotografico.

Produzione canadese, Triage è un film uscito nelle sale internazionali a

(caratterizzato dall’attoIsabel Ellsen (1958-2012), autrice re irlandese Colin Fardel romanzo Le Diable à l’avan- rell). Tra terribili cronatage / Il vantaggio del diavo- che di guerra, immanlo, dal quale è stato sceneggia- cabili disagi e difficoltà to il film Harrison’s Flowers, è stata prima giornalista per Elle e Journal du dimanche. Poi, professionali e sconfortanti sfide imposte dalla vita quotidiana, il libro e il film affrontano improvvisamente, ha cambia- e svolgono temi fondanto vita: «Un giorno, ho lasciato ti (non soltanto della Fotutto per diventare fotografa, tografia), quali la colpa, fotografa di guerra. Una scelta singola- il perdono, l’assoluzione, re, tanto di gusto quanto di curiosità, tra la natura della guerra l’entusiasmo, l’eccitazione e, anche, l’ap- moderna e il senso di prensione: si va alla prima guerra come al appartenenza. primo appuntamento romantico». La narrazione originaria di Scott Anderson e la trasposizione in sceneggiatura hanno mirabilmente collegato tra loro personaggi e situazioni, fino a creare complesse storie parallele, pur mantenendo una trama accattivante, un’attenzione sempre concentrata sul soggetto esplicito, che rappresenta poi il quesito fondamentale della fotografia di guerra, pronto a riproporsi tragicamente ogni qual volta presenta un conto in vite umane. Come annotato, e per quanto appena allineato con una testimonianza di realtà, dal romanzo originario di Scott

Ha voluto vedere e vivere la guerra; ha seguìto i conflitti in Libano, Afghanistan, Israele, CiArchivio FOTOgraphia na, Nicaragua e Jugoslavia. È rimasta ossessionata dalle sue corrispondenze, che ha trascritto nelle sue monografie illustrate e... nella narrazione romanzata. Je voulais voir la guerre, del 1998, descrive il suo viaggio come fotoreporter attraverso anni di guerre. Così come Le Diable à l’avantage / Il vantaggio del diavolo, base per la sceneggiatura del film oggi considerato, esterna esperienze personali.

ta cronaca degli eventi raccontatale dal marito Harrison, nella tranquillità della vita a New York, dal porto sicuro di casa, pensava di aver saputo cosa significasse la guerra. Ma tutto cambia quando la dura realtà delle linee del fronte diventa il suo mondo.

Harrison’s Flowers è una storia d’amore avvincente e potente, che celebra il coraggio del cuore: mentre i fotoreporter Kyle Morris, Marc Stevenson e Yeager Pollack agiscono con la spericolata audacia dei corrispondenti di guerra, Sarah rappresenta l’eroismo di una donna-moglie che deve riscoprire se stessa quando viene spinta in circostanze straordinarie. Diventa impavida e inarrestabile, mentre cerca l’uomo che ama. Da cui, storia d’amore ambientata sullo sfondo della guerra... visione approfondita della realtà del giornalismo di guerra.

IN ALLINEAMENTO

Rispettiamo l’opinione (già riportata) del critico statunitense Elvis Mitchell, che su The New York Times del 15 marzo cavallo tra il 2009, di esordio, e il successivo 2010: 12 settembre 2009, debutto al Toronto International Film Festival; 15 ottobre 2009, prima proiezione europea al Film Festival di Roma; 16 giugno 2010, ultima data certa di esordio nazionale, a Parigi. Da qui, a seguire, l’edizione in Dvd alla comoda portata di ciascuno.

Al pari dell’attuale (ovviamente, per le nostre considerazioni) Harrison’s Flowers, anche Triage è stato sceneggiato sulla base di un precedente romanzo, omonimo nel titolo originario (in edizioni italiane Piemme, Sotto un cielo di guerra, del 1999, e poi Reporter di guerra, del 2001), di Scott Anderson, del 1998, che è retroambientato alla tragica guerra in Kurdistan, del 1988.

La sceneggiatura rispetta totalmente lo spirito del romanzo e la sostanziosa trasversalità esistenziale del protagonista, il fotogiornalista Mark Walsh

Anderson al film firmato da Danis Tanović (regista e sceneggiatore), la riflessione di Triage riguarda la sopravvivenza individuale alla tragedia incontrata e, addirittura, subìta. Il ritorno a casa basta a cancellare tutto? Oppure, come è più probabile, più che probabile, la condizione di sopravvissuto Quando riceve la noti- è qualcosa di indelebile, che zia della morte del ma- segna permanentemente l’arito Harrison Lloyd, foto- nimo? È stato detto, è stagiornalista sui fronti del- to teorizzato, che chi è stala ex-Jugoslavia, la moglie Sarah non ci crede, to ostaggio per qualche ora/ giorno della propria vita, lo sarà per sempre, per il resto e parte alla sua ricerca. della vita, per quanto lunga A Vukovar, è aiutata dai possa essere. Lo stesso, pocorrispondenti di guer- trebbe valere anche per la ra Kyle Morris, Marc Ste- sopravvivenza? venson e Yeager Pollack. Domanda legittima: si è sopravvissuti per sempre? Non esiste risposta certa, quantomeno dalla tranquillità del salotto di casa. In assoluto, approfondita riflessione fotografica, della quale fare prezioso tesoro. Sempre che...! ■ ■

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