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EDITORIALI E INTERVISTE

rilevanti saranno reperibili per la pianificazione del viaggio, ma anche per la raccolta di impressioni dopo la vacanza. La piattaforma sarà linkata sul sito di www.italia.it. Non mancheranno azioni di webmarketing e social media.

IL PRODOTTO

«Il progetto - sottolinea il sindaco - è all'insegna di tanta tecnologia. Non verrà costruito nulla ex novo se non allestimenti, ad esempio quelli pensati per i non vedenti, come un ambiente interattivo che consenta loro di percepire quei luoghi e paesaggi naturali delle Dolomiti altrimenti non fruibili o un percorso dove spostarsi in autonomia coadiuvati da dispositivi tecnologici». Ma tra le idee vi è anche quella di promuovere una mobilità sostenibile per spostarsi tra i 78 comuni Dolomiti Unesco aderenti avvalendosi del servizio pubblico locale, ovvero treno e autobus, nonché incentivando il noleggio di veicoli e bici elettriche, car sharing, car pooling e impiantistica esistente. In aggiunta potrebbero essere ideati itinerari di collegamento fra i nove sistemi da percorrere in bici, dando così un forte contributo alla mobilità sostenibile nonché alla riduzione delle emissioni. «Questo progetto - conclude Grones - è una bella sfida per il nostro Comune che fa capo agli altri 77 appartenenti alle Province di Belluno, Bolzano, Trento, Pordenone e Udine. Abbiamo la fortuna di avere la responsabile dell'area amministrativa, Elda Soccol, molto preparata in materia. La cifra in ballo è consistente e verrà poi suddivisa tra i vari enti aderenti. Se tutto andrà per il verso giusto Dolomitiunesco4@ii.it sarà realtà nella primavera del 2026 e saprà certamente pescare nella maniera più adeguata, là dove ci sono buoni margini di azione, a favore dell'incremento turistico delle nostre Dolomiti». Raffaella Gabrieli

Alto Adige | 1 luglio 2022

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«Le polemiche sui rifugi si basano su un falso storico»

paolo campostrini bolzano Domanda: è "avulso dal contesto" un rifugio novecentesco in legno dove di legno e dunque di alberi non c'è neppure l'ombra ma solo pietre e rocce, oppure una struttura contemporanea che si uniforma ad un uso della montagna altrettanto legato alla modernità e non più al bisogno? Da cui una seconda domanda: è "storica" la riproposizione di stili che di storico, ai tempi ( cento anni o meno fa) non avevano nulla ma soltanto un richiamo ad una "tradizione inventata", oppure è semplicemente kitsch? Come mettere arredi da caccia a duemila metri. In conclusione: la polemica sulle costruzioni contemporanee in quota rischia di essere molto polverosa. E fatta con la testa girata all' indietro. Dove l'indietro, cioè il passato, era altrettanto fuori contesto. Perchè ci basiamo sulla difesa di una tradizione che, quando venne applicata ai rifugi e alle architetture alpine aveva ben poco di tradizionale? "E' frutto di uno sguardo distorto. Quando nacque l'alpinismo - dice Carlo Calderan - a due o tremila metri non c'era nulla di costruito. Chi lo fece, inventò letteralmente un gusto, una estetica. Portando legno dove non c'era mai stato e mettendo in piedi, come accade in alcune montagne meranesi, dei cottage che di alpino avevano poco ma molto invece di britannico...". Calderan è un architetto. Già ai vertici dell'ordine e direttore di "Turris Babel", la rivista della Fondazione architettura Alto Adige. E osserva la polemica riaccesasi ultimamente sul progetto del nuovo rifugio Santner con l'occhio di chi ne ha già viste tante. E per vederle, basta scorrere la falange di alberghi alpini costruiti come se fossero in Baviera, adottando uno stile che riteniamo essere immutato e invece è stato mutevole come le stagioni. "Prendiamo per storico quello che non lo è mai stato e pretendiamo di riproporlo artificiosamente, scadendo inevitabilmente nel cattivo gusto" aggiunge il progettista. Che è appena tornato, con i vertici del suo ordine, da Winterle a Roland Baldi, al presidente Thaler, da Cervinia dove si sono svolti gli "stati generali" dell'associazione architetti dell'arco alpino. Un luogo in cui ci si è confrontati sui bisogni del costruire in quota e sul senso di farlo oggi, nel 2022, e non ad inizio Novecento.Ha letto delle nuove polemiche sui progetti innovativi in alta quota?"Purtroppo si"Perchè purtroppo?"Perchè si basano su un falso storico"-Vale a dire?"Sulla convinzione che la modernità delle nuove strutture si contrapponga ad una preesistenza pura, che ci racconta di una montagna immutata e immutabile nel suo panorama anche costruito".E invece?"Se si giudicano fuori contesto i nuovi progetti cosa si dovrebbe dire dei vecchi rifugi? Che lo sono di più. Perchè quando furono costruiti nacquero da idee progettuali senza alcun richiamo a ciò che avevano intorno. Oggi li riteniamo tradizionali. E invece non lo sono".E perchè?"Per la semplice ragione che quella tradizione è inventata. La gran parte si richiamano ai cottage inglesi, tutti legno e finestrine. Parlo in particolare delle Huetten, delle malghe. Sono di legno. Materiale che oggi si invoca anche per i nuovi rifugi. Ma il legno non esiste a quelle altezze. C'è solo la pietra. Dunque perseguendo una purezza di stili che non esiste si rischia di scendere ancor più di livello".A cosa di riferisce?"Alle operazioni falsamente ricostruttive. Per ottenere un facile effetto sul turista si mette il legno a ricoprire il tetto che invece è in cemento. Si riempiono i locali di arredi molto kitsch, si prova a

copiare un passato che non c'entra nulla con la vita reale delle popolazioni di cento anni fa".Giusta la tecnologia nelle nuove costruzioni alpine?"Facciamoci un'altra domanda: come si va oggi in montagna? Con gli scarponi chiodati come ieri o vestiti da marziani, con giacche dai tessuti innovativi, con attrezzature di ultima generazione? Ecco, anche i luoghi che accolgono queste persone è giusto che si dotino di materiali ecosostenibili, contemporanei, capaci di rendere ad alte quote".Dunque anche i modelli che si vogliono preservare non rispondono a realistiche relazioni col contesto?"Moltissimi no. Vennero costruiti dentro una scuola di architettura storicistica, tipica del Novecento o di fine Ottocento in cui si proponevano continue citazioni di architetture "altre".Si inserivano stili piacevoli ma di tradizioni anche lontane. Erano false allora, quelle costruzioni, perche si rifacevano a stilemi letteralmente inventati, e lo sono a maggior ragione oggi che le si vuole riproporre come elementi coerenti col paesaggio. Un paesaggio che, a quelle quote, non aveva mai visto un muro...".Anche la montagna è dunque cambiata?"Non ci si va più per bisogno. O per scoprire luoghi ignoti come cento anni fa. Si va, letteralmente, per divertimento. Oggi la montagna è una tipica espressione della società moderna. Sarebbe singolare voler riproporre, nei progetti, un antico che perdipiù non esiste, non è mai realmente esistito se non nella fantasia e nel mito".L' Alto Adige è diverso in questo?"Confrontandoci con i colleghi delle altre regioni, anche aostani, i rischi insiti nel frenare l'uso di nuovi materiali nelle costruzioni sono comuni. Ma qui almeno ci sono elementi positivi abbastanza evidenti nel complesso del contesto progettuale alpino. Alfons Benedikter, con le sue durezze, ha tuttavia evitato una massiccia diffusione delle seconde case in quota. Che altrove invece stanno mettendo a dura prova l'ecosistema. Sono edifici che si affollano in stagione ma che si desertificano per lunghi periodi dell'anno. Una cementificazione poco virtuosa. In Alto Adige abbiamo a che far col kitsh imperante ma almeno in questo siamo stati precursori di una nuova sensibilità..". ©RIPRODUZIONE RISERVATA