5 minute read

Nota introduttiva/2

19

NOTA INTRODUTTIVA/2 Aldo Meccariello*

Advertisement

Sono molto grato ad Alberto Aghemo, alla Fondazione Matteotti e alla rivista «Tempo Presente» per la bella e proficua collaborazione con il Centro per la filosofia italiana nata in occasione della preparazione del convegno su Nicola Chiaromonte a cinquant’anni dalla morte. Un comune sentire ha ispirato la costruzione della intensa giornata di studi del 29 Aprile scorso, e di cui questo fascicolo di Tempo Presente è la viva testimonianza. Scorrendo l’indice del numero è possibile rintracciare la complessa impalcatura della ricerca del pensatore lucano, dagli scritti filosofici a quelli più letterari, da quelli teatrali a quelli squisitamente storico-politici a riprova che la figura di Chiaromonte giganteggia tra le più significative del ’900. La pluralità delle interpretazioni offerte dai singoli autori, alcune storico-ricostruttive, altre analitico-teoretiche coglie l’approccio socratico dello stile di pensiero e di scrittura di Chiaromonte che non si preoccupò di pubblicare libri e che nutrì il suo pensiero attraverso viaggi, incontri, dibattiti, esperienze, lettere, saggi, note di lettura, recensioni, articoli, taccuini cioè il centro propulsivo della sua opera.

La scrittrice americana Mary McCarthy in una lettera ad Hannah Arendt del 19 Gennaio 1972, il giorno della morte di Chiaromonte mentre era in ascensore del palazzo della radio italiana, colpito da infarto, scrive: «Non riesco, però, ancora a credere che sia morto. Non ho cominciato a sentirne la mancanza, perché è ancora presente. Immagino che lo credevamo eterno ormai, abituati com’eravamo al suo opporsi alla morte, per così lungo tempo. Lo amavo tanto […]. Penso a tutti coloro che piangeranno Nicola, e vorrebbero fargli sapere che sono presenti. Ma, probabilmente, lui sarebbe in imbarazzo e anche un po’ intimidito»1. Mary Mc-

* Presidente del Centro per la Filosofia Italiana

1 Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 19491975, Sellerio editore, Palermo 1999, pp. 533-534. Aggiungo che in questo carteggio tra amiche, Chiaromonte è una presenza costante dalle prime alle ultime lettere.

20

Carthy, come peraltro Hannah Arendt, stimava Chiaromonte e considerava la sua amicizia un evento decisivo della propria vita, ne fece anche un personaggio del suo romanzo L’oasi. In questa commossa testimonianza della sua morte traccia due tratti decisivi della vita di Chiaromonte: il suo opporsi alla morte e il suo esser timido e schivo. Voler comparire il meno possibile, come la sua scrittura, timida e schiva. Questo è stato il credo della sua vita vissuta sempre al singolare, lontana da quella odiosa prigione dell’io che è l’egomania. Per tutta la sua vita Chiaromonte si è sempre sottratto alla vanagloria narcisistica che è la malattia endemica, ora palese ora tacita, di larga parte del mondo intellettuale che non vede ciò che è nascosto, indicibile, che ignora il mondo stesso. Fedele alla lezione eraclitea del vivi nascosto, egli ha sempre coltivato un cono d’ombra, una sua vocazione d’ombra, per dilatare lo sguardo, per posizionarsi come una specie di ospite ingrato, di apolide, vissuto tra gli USA e l’Europa, impegnato nelle sue lucide e disincantate diagnosi del presente. Il tema dell’oscurità in Chiaromonte assurge a principio di un’ontologia negativa che non lascia spazio alla luce. In una lettera a Muska, la sua amica suora americana, Chiaromonte cita un passo dove Bertrand Russell osserva come la «astratta fisica del nostro tempo» ci chiuda in una prigione «senza splendore», senz’anima. «Ora la prigione è diventata l’universo intero. L’oscurità ci circonda all’esterno, e quando morirò ci sarà buio anche all’interno»2 .

Il pensatore lucano fa proprie le parole del filosofo empirista più autorevole del pensiero novecentesco e aggiunge che siamo «prigionieri della tenebra. Finché ci rimarremo, si andrà di catastrofe in catastrofe»3. Toni apocalittici, estremi che dannò l’idea di una crisi di civiltà a cui il nostro Autore approda senza appello. Purtroppo gli intellettuali, oggi, anziché essere avanguardie critiche della società, nel mondo contemporaneo tendono a massificarsi, a sacrificare il proprio pensiero ai feticci ideologici se non addirittura al proprio Ego. L’aspetto paradossale è che in tempi di

2 N. Chiaromonte, Fra me e te la verità. Lettere a Muska, a cura di W. Karpiński e C. Panizza, Una città, Forlì 2013, p. 131.

3 Ivi, p. 132.

21

pandemia e di guerra, cioè durante il drammatico biennio (20202022) abbiamo assistito purtroppo alla fine del pensiero critico che è diventato un pensiero in minoranza, ridotto quasi alla clandestinità. Per questo motivo la lezione di Chiaromonte col suo rigore filosofico e col suo esempio morale è esemplare, attuale più che mai, scomoda e originale poiché diffidava dei grandi sistemi totalitari, delle generali interpretazioni della storia, degli orpelli ideologici dominanti nei decenni postbellici. «La cultura (il mondo della cultura ufficiale) è in sfacelo completo: aiuta la barbarie e il ritorno al selvaticume, non l’incivilimento e l’ingentilimento. Il male è incurabile, ne sono convinto. Tranne in alcuni “isolotti” sparsi, non c’è resistenza possibile»4 .

La giornata di studi dell’aprile scorso, avvalendosi della competenza di autorevoli studiosi dell’intellettuale lucano, ha offerto molti spunti in molteplici direzioni per rileggere la sua opera alla luce del felice titolo, Nicola Chiaromonte o del pensiero libero, che sottolinea come la cifra del pensiero sia la pratica della libertà unitamente al coraggio intellettuale di dire sempre la verità. «Era un intellettuale di tipo socratico, cioè con un’autorità basata sulla parola e sulle idee». La definizione è di Alberto Moravia che lo aveva conosciuto a Roma nel 1931. Dialogo sicuramente è la parola chiave per capire Chiaromonte che intrecciò nel corso della sua vita interlocuzioni con Hannah Arendt, Raymond Aron, Andrea Caffi, Albert Camus, Jean-Paul Sartre, Dwight MacDonald, Gaetano Salvemini, Altiero Spinelli, Gustaw Herling, George Orwell, Isaiah Berlin mentre le sue idee circolavano su riviste importanti della cultura italiana, come Il Mondo di Mario Pannunzio e Tempo Presente che egli fondò insieme a Ignazio Silone nel quadro del Movimento internazionale della libertà della cultura.

Il Centro per la Filosofia Italiana ha creduto con forte convinzione in questa iniziativa nel proseguire il suo lavoro di ricognizione, di rivisitazione e di rivalorizzazione della nostra tradizione filosofica sia sul piano teoretico sia sul piano storico-critico. Incrociare sul nostro cammino un intellettuale come Chiaromonte ci offre l’opportunità di verificare nuovi paradigmi interpretativi. Chiaromonte è un pensatore italiano a tutto tondo che una volta

4 N. Chiaromonte, Fra me e te la verità. Lettere a Muska, cit., p. 248.

22

per tutte va sottratto alla marginalità, è il saggista morale e politico italiano più ignorato in Italia a cui bisogna riconoscere una volta per tutte la sua grandezza.

A nome del Centro per la Filosofia Italiana, mi unisco ai ringraziamenti già espressi, a istituzioni, enti, associazioni che hanno dato il patrocinio ai nostri lavori che si sono tenuti in due sedi prestigiose; il Senato della Repubblica e il Palazzo Baldassini, sede dell’Istituto Sturzo. L’auspicio è che questo Quaderno di «Tempo Presente» possa contribuire a una conoscenza non più limitata della figura di Chiaromonte e testimoniare come il suo pensiero sia sempre vivo e al lavoro.

This article is from: