Marzo 2016

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

o

etCetera

et Et C era

G

G

o

et Et C era

iornalin

Liceo Majorana Desio

iornalin

“il giornalino degli studenti”

Cogestione Volete condividere la vostra passione? Avete vogliadi mettervi in gioco?

Non esitate a contattare i Rappresentanti!

Tired Light Scopriamo un’altra band ...in attesa del contest! (continua a pag. 3)

Interviste ex studenti Continua la rubrica di interviste agli ex studenti di Giulia Bianco.

Questo mese conosciamo insieme Laura Gardina, studentessa al primo anno di Ingegneria Edile - Architettura (continua a pag. 21)

-60

to THE END

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Indice

2

Tired Light...............................................................................................3 Letteratura Applicata: Flaubert e l’utopia.............................................4 CL, Che cosa sei? Una Proposta............................................................6 How to Majo: ultimi anni.......................................................................8 Il Tuttologo............................................................................................10 Maturità: prima o poi ci fai i conti.......................................................12 Recensione Kung Fu Panda 3..............................................................14 Intervista a Laura Gardina...................................................................16

Riccardo Sala, ex

Forse non tutti sanno che.... … il “neoitaliano” è più diffuso dell’italiano standard insegnato a scuola … in Giappone è segno di scortesia starnutire. … Morterone con 38 abitanti è il comune meno popolato d’Italia. … a Singapore è considerato un gesto osceno indicare con l’indice. … l’inno d’Italia è provvisorio e si chiama Canto degli Italiani. … Walt Disney fu licenziato per la sua scarsa creatività. … negli Stati Uniti è legale possedere un lanciafiamme e guidare un carroarmato. … la seconda lingua territoriale più parlata in Italia è il napoletano (5,7 milioni di parlanti) … in Carolina del Sud è legale lanciare missili. … indossare uno scolapasta come cappello è uno dei precetti del Pastafarianesimo. … ogni giovedì su Majotivù c’è Clipnotes.

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Musica

3

Lorenzo Ferri, 3A

Intervista ai Tired Light Torna anche questo numero questa nuovissima rubrica che vi dà l’occasione di conoscere I gruppi “del Majo”.

In questo numero gli intervistati sono Davide Taccagni (4°a) e Giulio Petrella (4°b), membri dei Tired Light insieme a Davide Scopazzi, Riccardo Diecidue e Diego Petrella.

Domanda tradizionale: qual è il significato del vostro nome e ne avete avuti altri in passato?

TACCA: Allora, ci chiamiamo Tired Light, ma non è il nostro primo nome: quando sono entrato nel gruppo ci chiamavamo Ruby Dyed Arrows.

GIULIO: Il significato di Tired Light non è altro che la teoria della luce stanca, attribuita ad Einstein, secondo la quale la fine dell’universo consiste in un lento degenerare delle cose, fino a che anche la luce non sia ferma nello stesso.

TACCA: Anche se è un concetto abbastanza triste, noi non siamo un gruppo triste (ride, ndr).

GIULIO: Sentiamo questa teoria affine a noi in quanto legata a un concetto un po’ spaziale, un po’ onirico, che ha qualcosa a che fare col Prog, e anche con generi più

comuni, più di moda in questi giorni, che è poi ciò che facciamo. La verità è che il motivo per cui abbiamo scelto questo nome è che è corto, facile da ricordare, suona bene e ha un bel significato. La necessità che abbiamo sentito di cambiare nome nasce dal fatto che il nome precedente era difficile da comprendere nel significato, specialmente per la parola Dyed: mentre la parola, scritta con la Y ha il significato di tinto, molti sentendo il nostro nome lo interpretavano come “Frecce Rubino Morte”. Tant’è che quando abbiamo suonato ad Amsterdam, prima che Davide si unisse al gruppo, su tutte le locandine il nostro nome era scritto con la I. Da quanto suonate insieme?

GIULIO: Allora noi siamo nati come gruppo in prima liceo, quando eravamo solo io e il bassista, avevamo un altro batterista e nel tempo abbiamo cambiato diversi cantanti prima di prendere Ivan Cutolo, che poi è andato via. Ora abbiamo Riccardo Diecidue alla batteria, che è particolarmente preciso e molto creativo, e Tacca come cantante che è stato un grande acquisto perché è molto meglio di Ivan sotto tutti gli aspetti.

TACCA: Speriamo che Ivan non la legga

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Musica

4

(ride, ndr). A parte questo io sono nel gruppo da un anno, quando sono entrato presentava già la formazione attuale e mi sono trovato benissimo sin dall’inizio.

GIULIO: Abbiamo anche avuto un periodo in cui non abbiamo avuto un cantante proprio, e in quel periodo ci siamo concentrati sulla tecnica da un punto di vista prettamente strumentale, specialmente sul rapporto chitarrabasso-batteria. Poi col tempo c’è stata un’altra aggiunta, ovvero una tastiera con mio fratello, anche se è un componente fantasma del gruppo, in quanto non vuole occuparsi dei rapporti interni. Lui si limita a venire e suonare, cosa che fa benissimo essendo uno dei migliori pianisti in Italia e avendo vinto di recente dei concorsi europei, ci riteniamo fortunatissimi ad avere un componente come lui come tastierista.

TACCA: Io mi ritengo davvero fortunato in quanto mi sono ritrovato in un contesto in cui io, che prendevo lezioni di canto da tre mesi, facevo parte di un gruppo con gente che suonava magistralmente e mi sono trovato benissimo sin da subito.

Come gruppo emergente, avete un genere nel quale vi riconoscete o dei gruppi dai quali traete ispirazione?

GIULIO: Premettendo che è una domanda a cui è complicato rispondere in quanto è difficile, essendo appunto ancora emergenti; è un grande pregio per

un gruppo riuscire a riconoscersi in un genere ed è una delle cose che apprezzo moltissimo dei Circus Collision. Per assurdo però anche le band di maggior successo, quando sono nate, non avevano un’idea ben precisa del genere di musica che volessero fare: gli stessi Korn o i Dream Theater quando hanno cominciato non hanno pensato facciamo Nu Metal o Progressive Metal, è stata la gente a catalogarli come tali ascoltandoli. Noi ora potremmo dirti Prog, ma quello che facciamo attualmente non è Prog: l’ultimo pezzo che abbiamo registrato, che secondo me è anche l’unico che valga la pena di ascoltare, ha dentro quattro battute in tempi dispari e qualche tema un po’ particolare, però di fatto, a parte la lunghezza di Prog ha davvero poco.

TACCA: Io posso dirti, essendo entrato dopo e avendoli visti in precedenza da esterno e da cantante dei Circus Collision, che sono cambiati moltissimo, in quanto prima erano molto più sullo stile Green Day, molto più pop-punk, punk rock, e molto più ignoranti (ride, ndr). Da quando sono entrato io però, i Green Day li ho fatti come prima prova e poi non li ho più toccati. Quindi essendo cambiati e mi permetto di dire migliorati come gruppo, non abbiamo un genere definito, forse ci viene più facile dirti a che generi ci ispiriamo.

GIULIO: Per dirti io ascolto molto i Dream Theater, che sono Progressive

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Musica

5

Metal, ma anche metal più soft, e molte altre cose. È per questo che molti musicisti pensano che ridurre un gruppo a un genere sia banalizzante, e ti sto dicendo questo ovviamente perché noi come gruppo non abbiamo ancora trovato un genere in cui identificarci. Una cosa che però posso dirti è che stiamo puntando particolarmente su un genere, che, di fatto, ci stiamo creando noi, e che nell’EP che uscirà prossimamente questo sarà molto più definito: avrà a che fare col Prog, avrà a che fare col pop magari lontanamente, soprattutto per le linee vocali abbastanza semplici e intuitive.

TACCA: A conferma di questa cosa che ha appena detto Giulio, senza voler dire nulla che possa sembrare superbo o estremo, si può tranquillamente notare come la linea di “Standing” sia abbastanza orecchiabile. Io ho impiegato una prova ad impararla, impiegandoci poi sei mesi per imparare a memoria il testo (ride, ndr).

GIULIO: In un paio di pezzi che usciranno nell’EP ci siamo posti proprio come scopo l’attenzione nel creare una linea di voce che non fosse banale e che fosse anche interessante da analizzare, ma che fosse al contempo particolarmente piacevole e orecchiabile. Forse questo creerà un po’ di sconforto in chi capisce un po’ meno di musica e che magari penserà: “Ecco vedi, si sono messi a fare pop, questa linea vocale è semplicissima, sembra

Britney Spears.”, ma se uno si mettesse ad analizzarla meglio si renderebbe conto della complessità delle strutture armoniche e delle particolarità tecniche.

TACCA: Specialmente a rendere particolare le linee vocali dei pezzi che usciranno è il lavoro e lo studio che ci sta dietro, allo sforzo profuso per adattare il testo alla linea e la linea al testo, che sono cose che possono risultare banali a un ascoltatore occasionale, proprio perchè puntiamo a fare cose orecchiabili e che possano arrivare a tutti sebbene la musica che facciamo non sia per tutti.

GIULIO: Ti dico di più, nello scrivere “Standing”, la maggior parte delle fonti di ispirazione erano prettamente classiche. Ora, se tu ascoltassi standing, non lo diresti mai, ma ci sono al suo interno soluzioni armoniche complesse, mascherate da cazzate abominevoli (ride, ndr). Questa purtroppo è una cosa che si capisce solo se si prende in mano uno spartito e lo si legge con attenzione. In ogni caso la maggior parte delle volte che scrivo qualcosa è perché mi trovo a improvvisare con uno strumento o magari sono in un momento in cui la musica che ascolto influisce particolarmente su di me: per dirti ultimamente sto ascoltando molto gli Arcane Roots, i Dream Theater, i Muse...

TACCA: A proposito di ciò, mi è capitato di far sentire “Standing” a un tizio conosciuto in biblioteca a Monza che

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Musica

6

dal nulla mi ha chiesto: “Vi piacciono i Muse vero? No perché si sente.”. Quindi è evidente come ci siano davvero tanti gruppi da cui prendiamo ispirazione.

GIULIO: Comunque se dovessi arrivare a banalizzare per darti una risposta ti direi metal, però non siamo metal. E nel metal ci metto dentro tutto, anche quelle band che adesso vengono considerate hard rock.

Avete parlato di un EP in uscita, vi va di parlarcene?

GIULIO: Allora, partiamo col dire che noi abbiamo due difetti dal punto di vista compositivo: il primo è che siamo terribilmente perfezionisti, e questo perfezionismo decade quando vai a registrare e ti danno due ore per registrare una chitarra quando ne vorresti dieci. Il secondo è che per questioni di tempo i nostri pezzi non nascono in sala, ma spesso uno di noi lavora a casa su un progetto che poi magari viene anche modificato radicalmente.

TACCA: Soprattutto la linea vocale è la prima cosa che si cambia, poi si lavora insieme sul resto degli strumenti, che non si possono sistemare ovviamente da soli a casa.

GIULIO: Inoltre bisogna considerare che spesso del primo progetto ci siamo occupati io e mio fratello ma sia io che soprattutto lui siamo due persone molto occupate e questo influisce particolarmente sulla parte

compositiva, che rallenta brutalmente.

In ogni caso quasi sicuramente per metà maggio avremo finito di registrare, e pubblicheremo i nuovi pezzi un po’ alla volta, pezzi che saranno radicalmente diversi da quello che abbiamo fatto fino a adesso. Per farvi un esempio, il nostro ultimo pezzo, Standing in the Crowd, dista un anno dai pezzi precedenti, ed è stato scritto due anni prima della sua registrazione: nel frattempo noi siamo cambiati musicalmente tantissimo.

Questo perché siamo giovani, siamo musicisti, è normale essere in continua evoluzione, siamo sempre alla ricerca di qualcosa di migliore, di fatto meglio, di più particolare. In due anni sono cambiati i nostri interessi, la musica che ascoltiamo, il nostro stesso modo di suonare: io ho comprato amplificatori diversi, ho modificato la mia chitarra; lo stesso Tacca, oltre ad essere una persona con cui sto molto bene, è uno che migliora, che si allena, che lavora a casa. È per questo che lo preferisco a Ivan.

Visto che l’avete introdotta voi, parliamo del vostro ultimo singolo, Standing in the Crowd.

TACCA: Allora, io sono entrato quando Standing era già stata scritta, anche se non era ancora nella sua forma finale.

Quando me l’hanno inviata per impararla mi è piaciuta da subito, la linea vocale mi è rimasta in testa per tre giorni, poi mi

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Musica

7

è arrivato il testo… (Ride, ndr). L’autore è il nostro bassista, che scrive dei pezzi davvero lunghi, e anche davvero complessi, tanto che talvolta faccio fatica anche ora a cantarla.

GIULIO: Il nostro bassista ha studiato inglese fin da quando era piccolissimo, e lo sa davvero bene, perciò i testi li scrive quasi tutti lui. Per Standing avevamo deciso di scrivere un testo che fosse molto ritmato, quasi una filastrocca. Alla fine ne è uscita una cosa talmente ritmica, talmente martellante, che è quasi rap, è difficilissimo da leggere.

TACCA: Poi la canzone in sé è molto lunga e questo secondo me è il suo unico problema: i suoi 7 minuti la rendono una canzone non così leggera all’ascolto. Per il resto, tolto il fatto che sono il cantante, io il pezzo l’ho scaricato sul telefono ed è tranquillamente sulla playlist. Anche le recensioni che abbiamo ricevuto sono una conferma del fatto che la lunghezza del pezzo non è un ostacolo così insormontabile.

GIULIO: In particolare a noi dà fastidio l’idea di dover dipendere dal nostro pubblico medio, che attualmente è composto per la stragrande maggioranza da nostri amici, che non ascoltano questo genere di musica. Quindi è inutile cercare di adattare la nostra musica a quello che piace ai nostri amici, facciamo quello che piace a noi.

In ogni caso tornando a Standing, un’altra cosa che mi sento di dire riguarda la voce.

Spesso ci è stato detto che la voce non è il massimo, che suona staccata dal pezzo.

La motivazione di ciò è semplice: per registrare bene bisogna spendere molti soldi, in quanto si va a tempo. Tacca per registrare il pezzo ha avuto mezz’ora, quando per registrare bene anche solo la voce ci vogliono ore, con qualsiasi cantante, anche con uno bravo come lui.

TACCA: Infatti, quando tu senti un cantante che canta in modo completamente diverso la versione studio e il live di un pezzo, non è solo una questione di effetti, ma è proprio il tempo che ci dedichi nel primo caso. Inoltre noi siamo stati sfortunati e il fonico con cui abbiamo lavorato non ci ha aiutato, mettendoci molto in difficoltà. Nel registrare un pezzo, il mixaggio è basilare, specialmente in uno come Standing in cui si mischiano un basso, una batteria, due chitarre, una tastiera con due suoni diversi e due voci tutti insieme. Se tutti questi suoni vengono mixati male il risultato è ben diverso da quello che è il live, dove bene o male tutti gli strumenti coesistono meglio.

GIULIO: Per concludere, è vero che se una band brava arriva in studio e suona il meglio che può ha già fatto 80% del lavoro, ma se noi non abbiamo i mezzi che hanno altre band meglio attrezzate economicamente, il nostro miglior lavoro vale il 50-60%, il resto è mixing.

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Musica

8

In chiusura mi piacerebbe se mi poteste dare qualche informazione sul contest, in quanto voi due, insieme a Francesco Reda dei Circus Collision, ne siete gli organizzatori.

TACCA: Il contest è stato già organizzato dal punto di vista prettamente tecnico, quindi tutto ciò che riguarda i premi, le esibizioni, i soundcheck; l’unico problema che ci si presenta ora è la scelta della data, si parla dei primi di maggio. La cosa esaltante è che stiamo pensando di avere un palco anche abbastanza grande, circa 8x10. A ogni band sarà concessa mezz’ora per suonare, più il cambio palco, e ci sarà una giuria a valutarli. Per ora ci sono sette band iscritte, alcune delle quali si sono formate apposta per il contest anche col nostro aiuto e col supporto del Majosuona.

Di queste sette band quattro parteciperanno alla finale, il che implica che ci saranno delle selezioni, alle quali presiederà una giuria abbastanza ristretta, che sarà diversa da quella che valuterà l’esibizione definitiva al contest.

GIULIO: Per quanto riguarda le selezioni, l’attenzione sarà rivolta prevalentemente alle capacità dei musicisti, mentre nella finale conteranno molto la presenza scenica e l’impatto sul pubblico.

L’importante sarà dimostrare di essere un bel gruppo, un gruppo compatto, e fare un buon impatto sulla giuria.

TACCA: Noi probabilmente non faremo parte della giuria per possibile conflitto di interesse, in quanto conosciamo alcuni dei gruppi che suoneranno. La giuria sarà composta da due professori, un genitore e degli studenti, in numero diverso a seconda che siano le selezioni o la finale. In ogni caso ci dispiace non poter accettare tutti, ma già noi come Tired Light e i Circus, di cui Reda fa parte, abbiamo deciso di non suonare per non togliere due posti su quattro, e quindi queste selezioni si sono rese necessarie.

Ringraziamo Davide Taccagni e Giulio Petrella dei Tired Light per l’intervista e aspettiamo ansiosi l’uscita del loro EP. Ci risentiamo al prossimo numero con una nuova intervista… aspettando il contest!

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Lettura

9

Vincenzo Guarino, 4I

Letteratura applicata #3 – FLAUBERT E L’UTOPIA

/ Quanto a Emma, lei evitava di chiedersi se lo amasse. L’amore, pensava, accade improvvisamente, con grandi accensioni e folgorazioni, – uragano dei cieli che precipita nella vita, la sconvolge, strappa via la volontà come una foglia e trascina interamente il cuore nell’abisso. Non sapeva che sulla terrazza delle case la pioggia forma delle pozzanghere quando le grondaie sono ostruite, e così se ne stette tranquilla finché d’improvviso non scoprì una crepa nel muro. / (Gustave Flaubert, Madame Bovary, Feltrinelli) Esiste un paradosso che riguarda Gustave Flaubert: Emma Bovary oggi è probabilmente più conosciuta e più famosa dello stesso scrittore francese. Non ci sarebbe nulla di strano, se solo Emma non fosse un personaggio creato dallo stesso Flaubert, protagonista (o, secondo alcune interpretazioni co-protagonista) del celebre romanzo ormai annoverato tra i grandi classici della letteratura: Madame Bovary.

Attualmente in Francia Gustave Flaubert e il suo più celebre romanzo equivalgono un po’ a Manzoni e ai Promessi Sposi per l’Italia: uno dei romanzi più studiati nell’intera nazione. È di questo scrittore e di alcuni episodi della

sua vita che voglio parlarvi per introdurre l’argomento di questo mese: l’utopia.

Flaubert nasce in Francia, a Rouen, nel 1821, da una famiglia borghese, mentre nella Francia sta fiorendo il primo romanticismo. Sin da giovanissimo mette in mostra una potentissima immaginazione e appena adolescente inizia a scrivere le sue prime storie. L’infanzia di Gustave non è comunque semplice, tormentata da continui attacchi di epilessia che lo tormenteranno tutta la vita e che gli danno intralcio nell’imparare a leggere.

Tuttavia egli riesce ad ovviare a queste difficoltà e a vent’anni inizia a formarsi dal punto di vista letterario leggendo in particolar modo Rabelais, Byron, Omero, Shakespeare, Goethe. Nelle sue opere giovanili, in particolare “Memorie di un folle” e “Novembre”, è evidente la presenza di un’atmosfera romantica che Flaubert cercherà di cancellare in seguito quasi riscrivendo le sue opere.

Questo desiderio nasce dall’esigenza di contenersi, di tenere a freno la soggettività che vorrebbe scatenarsi e straripare sulla pagina: sono proprio questi ideali che porteranno all’impassibilità e impersonalità tipiche del suo stile. Egli frequenta giurisprudenza a Parigi, ma gli

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Lettura

10

studi non lo interessano, preso com’è a frequentare i circoli letterari ed artistici della città. È sulle basi di quest’esperienza che nascerà poi “L’Educazione sentimentale”. / Arnoux si lamentava dalla cucina; al momento del conto protestò con energia e se lo fece ridurre. Poi volle condurre il giovane a prua a bere dei grog. Frederic però tornò quasi subito sotto la tenda, dove stava di nuovo la signora Arnoux.

Era intenta a leggere un libro sottile dalla copertina grigia: gli angoli della sua bocca si alzavano di tanto in tanto, mentre un lampo di piacere le illuminava la fronte. Fu geloso di chi aveva inventato le cose da cui lei sembrava così presa. Più la contemplava, più sentiva degli abissi aprirsi tra lei e se stesso. Pensava che gli sarebbe toccato ben presto lasciarla, e per sempre, senza averne avuto una parola, senza lasciarle nemmeno un ricordo. / (Gustave Flaubert, L’Educazione sentimentale, Feltrinelli) Dopo vari viaggi in Italia e in Oriente, Gustave prende una decisione drastica e definitiva: si chiude nella proprietà familiare a Croisset diventando un eremita della letteratura.

Ed eccolo, il punto: Flaubert aveva un’utopia, quella dello stile, dell’arte.

Il suo desiderio era quello di creare un romanzo retto esclusivamente dallo stile, in cui il soggetto sarebbe dovuto passare in secondo piano; si isolò dedicando anima

e corpo a questo suo intento e alla fine si può dire che ci riuscì – riuscì a realizzare la sua utopia con il suo ultimo romanzo, rimasto per altro incompiuto: Bouvard e Pechuchet. (Piccolo aneddoto: pensate che solo per scrivere questo ha letto oltre mille libri spazianti qualsiasi campo, dall’ingegneria all’agricoltura: un pazzo.) È leggendo questa storia di Flaubert che mi sono accorto di come oggi, in ognuno di noi, manchi essenzialmente questo: un’utopia.

Hanno anche i loro lati negativi, le utopie, questo senza dubbio il passato ce l’ha insegnato, ma abbiamo talmente bisogno di quelli positivi, di lati, che possiamo correre il rischio. Aldilà del gesto in sé, ciò che va preso come modello di Flaubert è il proposito: come fa un uomo a vivere senza la propria utopia? Non ha senso vivere senza provare, giorno dopo giorno, con gesti che non devono essere monumentali ma piccoli, inezie, provare a realizzarla quell’utopia, poco importa se poi ci si riesce o meno, la parola stessa contiene un ché d’impossibile; l’importante è impegnarsi, scegliere una cosa che si ama e promettere che non la si tradirà mai e che la si amerà per sempre. Già questa non è una cosa facile, è un impegno bello grosso ma indispensabile per ripartire, per creare una bella spinta che rimetta in funzione gli ingranaggi della vita.

“L’ostinato lavoro tutto vince”, diceva Petrarca.

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Scuola

11

Caterina Milesi, 3a e Francesca Tralli, 1a

“CL CHE COSA SEI?... …UNA PROPOSTA” Se c’è una cosa che abbiamo compreso frequentando questo liceo, attraverso lo Se

c’è una cosa che abbiamo compreso frequentando questo liceo, attraverso lo studio dei grandi maestri come Galileo Galilei o Platone (per citarne alcuni), è che la conoscenza di un oggetto può avvenire solo usando un metodo corretto, sinteticamente potremmo dire che l’oggetto impone il metodo.

O come dice la canzone di Niccolò Fabi: “Non si può cercare un negozio di antiquariato In via del corso Ogni acquisto ha il suo luogo giusto E non tutte le strade sono un percorso Raro è trovare una cosa speciale Nelle vetrine di una strada centrale Per ogni cosa c’è un posto Ma quello della meraviglia E’ solo un po’ più nascosto” A tale proposito, in risposta all’articolo del mese scorso “CL che cosa sei?” vorremmo suggerire che una realtà, come l’autore giustamente definisce, ecclesiale, impone un’appropriata metodologia per essere indagata e

conosciuta.

Proponiamo a lui, come ai lettori del giornalino, di vedere insieme il DVD “La strada bella” che racconta la realtà attuale del Movimento di Comunione e Liberazione attraverso immagini e testimonianze da tutto il mondo e vi invitiamo lunedì 11 aprile alle ore 14:15 nell’aula 3^a classico per guardarlo.

Consigliamo anche il DVD, recentemente distribuito con la rivista del Movimento, “Riconoscere Cristo” nel quale don Giussani racconta in maniera inequivocabile che cosa è CL. Ringraziamo l’autore dell’articolo perché attraverso la sua domanda ci ha provocato e fatto riflettere sulle motivazioni che ci spingono a frequentare questa realtà che ci sta a cuore.

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Scuola

12

Riccardo Sala, Majores

How to Majo:

Ultimi anni #staymajo Per anni siete rimasti bloccati al Majo con un solo obiettivo: sopravvivere.

Questo vale per molti di voi, cercherò di dimostrarvi che non è così tragica continuando a scrivere la storia del viaggio attraverso il liceo, a metà tra una guida di sopravvivenza e una memoria, quindi troverete consigli e aneddoti, inserirti anche per evitare che ripetiate i miei errori ingenui da studente medio.

QUARTO ANNO: #admajorana Il quarto anno è la domenica del liceo, non perché non si faccia niente, bisogna ricordarsi che c’è da studiare per il lunedì e questa cosa non si può rimandare, però è anche il giorno in cui si può andare a fare qualche gita.

Alcuni dicono che sia l’anno scolasticamente più difficile, basta poco per inciampare a un passo dal round finale. Alcuni iniziano a percepire che tra poco toccherà andarsene dal Majo. È un anno che fa un po’ da ponte, potrebbe sembrare un anno senza niente di ché, ma non è così.

In quarta si inizia quasi a conoscere tutti, si allarga sempre di più l’inquadratura fino ad arrivare in quinta in cui si conoscono praticamente tutti, ma proprio tutti, almeno di vista quelli del proprio anno. Si è ormai a tutti gli effetti tra i “grandi” della scuola, quelli che pensano di poter fare la differenza a scuola, quelli che vogliono avere voce in capitolo, quelli

che magari ormai hanno confidenza coi prof, che li chiamano per nome, quelli che fanno da esempio ai primini, quelli che i primini “io alla loro età non ero messo così male” e invece sì.

In quinta tutto sarà focalizzato sulla maturità, quindi il quarto è l’anno giusto per buttarsi in qualche avventura, non so scegliete voi, tipo fare un semestre all’estero o partecipare all’Erasmus+, provare le Olimpiadi della Cultura o anche fare il Rappresentante d’Istituto, ecc.

Se non si ha ancora provato a fare qualcosa per tivù, radio o giornalino è il momento, l’anno prossimo avrete molto meno tempo. Tante cose che ho iniziato in quinta, se avessi potuto, le avrei provate prima per farle meglio, per avere più tempo da dedicarci, per avere più tempo per godermele.

Dopo qualche timido tentativo già in terza, in quarta mi sono deciso, forse un po’ tardi, a fare qualcosa sul serio al Majo, aspettare ancora sarebbe stato stupido. Ho partecipato all’Erasmus+ (ai tempi Comenius) che è stata una delle esperienze più belle di tutto il liceo, ho iniziato a scrivere mille articoli per il giornalino, non mi hanno rieletto come Rappresentante di Classe, ma ho provato a diventare Rappresentante d’Istituto, più che altro ho provato a mettere in gioco le mie idee, anche se ero uno sconosciuto che veniva dalla provincia della sezione F.

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Scuola

13

Mentre prima ero un po’ ingenuo e discostato, in quarta ho scoperto che al Majorana ci sono un sacco di cose e ho capito che potevo farle, ho avuto l’epiphany.

QUINTO ANNO: #staymajo La quinta è il lunedì del liceo, odiato lunedì, non vedi l’ora che sia martedì, non vuoi alzarti il lunedì e vai a scuola in pigiama, già rimpiangi il weekend e tutte le cose che avresti voluto fare. Il quinto anno è la maturità(?). Già da settembre i prof iniziano a parlare di questo grande esame finale in cui si giocherà il tutto per tutto e l’ansia sale. Avete pensato alla tesina?

Quante volte si sente questa frase? Col senno di poi un po’ mi sfugge il senso della tesina, in realtà mi sfugge proprio il senso dell’esame, o almeno delle modalità, ma questo è un altro discorso.

Per chi è già in quinta ora ormai è stato sorpassato il traguardo dei -100 giorni alla maturità, che sono anche gli ultimi giorni al liceo. Non vi sembra volato il tempo?

Il quinto anno è la fine di un viaggio. Dato che ci sono già i prof o i genitori a insistere su quanto dobbiate impegnarvi in questo sprint finale non vi dirò nulla a riguardo, vi dico un’altra cosa, vi dico sedetevi al vostro banco e guardatevi attorno: in quella stanza ci sono le persone con cui avete vissuto un lungo viaggio, a volte sofferto, a volte piacevole e magari alcuni di loro non li rivedrete mai più, altri invece anche trent’anni dopo aver finito il liceo saranno ancora con voi.

In quinta si ha poco tempo, però forse c’è spazio per togliersi ancora qualche piccolo sfizio, l’ultima, questa volta definitivamente, chance di buttarsi in qualche avventura, tipo condurre

un tiggì o fondarlo. Conosco persone che solo in quinta si sono rese conto di tutto quello che avrebbero potuto farse se si fossero messe in gioco prima, altri hanno passato la quinta cercando di cogliere ogni opportunità che si presentava. Io stesso forse ho voluto fare troppe cose. Ci si fa prendere dalla frenesia del “ora o mai più”.

Non bisogna perdere di vista la meta, ma non per questo non ci si può godere il tragitto.

In quinta già dall’ultimo primo giorno di scuola è tutto un “questo è il mio ultimo”: l’ultima versione, l’ultima interrogazione, l’ultima giustifica, l’ultima assemblea, l’ultima Corrida, l’ultima Cogestione, l’ultima lezione di educazione fisica, l’ultima sesta ora, l’ultima gita, l’ultimo compagno di banco, l’ultima ora buca, l’ultimo elegance day, l’ultimo lunedì, l’ultima ora con quel prof,l’ultimo panino, l’ultimo pomeriggio a scuola, l’ultimo intervallo, l’ultima campanella, fino all’ultimo ultimo giorno di scuola e a quando si esce da quel cancello bianco il giorno dell’orale. L’ultima volta da Majorano, forse.

In sintesi, al quarto anno non c’è più tempo da lasciare vuoto, bisogna investirlo in quante più avventure possibili, sta arrivando quella che probabilmente sarà l’ultima estate da tre mesi, bisogna dare il buon esempio ai primini invece che fare discorsi da vecchi. In quinta, beh, vorrei dire agli amici di quinta di non farsi prendere troppo dall’ansia per la matura e di godersi tutto l’ultimo tratto che è quello col panorama migliore.

To be continued?

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Attualità

14

Niccolò Barberio, 3C

Il tuttologo Salve, sono Niccolò Barberio e sono un tuttologo, con tanto di laurea e master in tuttologia.

Forse alcuni di voi non sanno – o fanno finta di non sapere – cosa sia un tuttologo, ma non vi preoccupate: ci sono io a spiegarvelo.

Il tuttologo, come facilmente si può intuire dal nome, è colui che sa tutto di tutto e di tutti. Facile, no?

Agisce subdolamente, velocemente, dietro lo schermo di un computer si trasforma, da emerito imbecille, a colto intellettuale. Per esempio, io, la scorsa settimana, mi sono trasformato in un esperto allenatore di calcio. Ho stilato la formazione della nazionale, l’ho addirittura condivisa a Conte, ma quell’inetto ha fatto di testa sua, accontentandosi di un misero pareggio contro la Spagna.

L’altro giorno, a seguito degli attentati di Bruxelles, sono diventato un politico. Ancora non riesco a capire il motivo per cui asini raglianti come Salvini, che dicono tutto e dicono niente, hanno un milione e passa di “mi piace”; perché io, che con appena centosessanta caratteri

(di cui almeno cinque emoticon) ho capito come risolvere il problema immigrazione, eliminare l’Isis e portare stabilità politica in Medio Oriente, non ho altrettanti seguaci?

Qualche tempo fa sono diventato un economista esperto. Ho subito scoperto le origini della crisi economica e ho formulato delle ipotesi su come superarla. Tra l’altro l’ho fatto pure gratis, a differenza di incompetenti professoroni della Bocconi, donne acide tedesche e bulletti fiorentini.

Circa un mesetto fa sono diventato un comico. In realtà volevo fare il cantante rap, ma, quando ho pubblicato il video in cui rappavo, gli unici commenti sono stati delle grosse risate: internet mi ama.

Due o tre settimane fa sono diventato un filologo. Ho cominciato a scrivere ogni tre parole una parola senza senso, inventata da un bambino di otto anni di cui, sinceramente, non me ne frega niente. Adesso voglio proprio, petaloso, vedere cos’ha, petaloso, da dire la, petaloso, Accademia della Crusca, petaloso, riguardo al fatto,

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Attualità

15

petaloso, che una parola, petaloso, per finire in, petaloso, un dizionario, debba, petaloso, essere usata da, petaloso, molte persone e, petaloso, con frequenza.

Petaloso, petaloso. Petaloso!

Qualche mese fa, invece, sono stato un dietologo. Dopo aver scoperto che la carne rossa fa venire il cancro, ho deciso di unirmi ad una setta di paranoici fanatici che si fanno chiamare: “Vegani”. Ho iniziato a mangiare polpette di soia al gusto di cartone, ovviamente condividendo ricette e foto di piatti vegani sulla mia pagina Facebook almeno cinque volte al giorno. Dopo due giorni, però, mi sono recato al McDonald’s ed ho ordinato una dozzina di Crispy McBacon (questa volta, però, non ho condiviso nulla).

Lo scorso febbraio sono diventato uno scienziato. Appena ho letto un po’ di articoli riguardo al fatto che sono state “registrate” per la prima volta delle onde gravitazionali, ho subito commentato facendo notare che questa scoperta non avrebbe risolto certo la fame nel mondo, né il problema del surriscaldamento globale, né ci avrebbe salvati dalla dipendenza dal petrolio... ancora non

capisco perché la gente si sia messa ad insultarmi.

Insomma, adesso spero abbiate capito che cosa sia il tuttologo: un uomo colto, anche un po’ filosofo, in quanto si occupa del tutto e dell’essere di ogni ente.

Ma che vi scrivo a fare? Chi di voi, infondo infondo, non sapeva già che cosa fosse un tuttologo?

Chi di voi non lo è?

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Attualità

16

Andrea D’Apolito, 4G

Maturità: prima o poi ci fai i conti Cari lettori, sono qui con voi per parlare di un argomento che riguarda tutti noi (studenti e non): la maturità.

No, non mi sto riferendo alla maturità scolastica. Io mi riferisco a quel senso di responsabilità che tutti, si spera, prima o poi percepiamo dentro di noi. A parer mio, non è un qualcosa di accomunabile al diventare maggiorenni, all’aver finalmente preso la patente o allo scegliere la facoltà universitaria più adatta. Tutte queste sono tappe di un percorso che ogni liceale affronta in maniera pressoché costante, mentre l’essere maturi è qualcosa che attraversa l’esperienza del singolo. È da ingenui supporre “tanto si cresce inevitabilmente, ho tutto il tempo di maturare”. È un po’ come a scuola: quando non si ha voglia di studiare e si affronta la prossima verifica come una delle tante; beh, non è così. Certo, si hanno modi e tempi di recuperare, ma quella probabile insufficienza dovuta alla tua leggerezza non te la toglie nessuno e non hai più occasione di rifarti in questo senso.

Il messaggio che voglio trasmettere a questo punto è chiaro: non buttate via le occasioni che vi si propongono, ragionateci, pensateci in maniera distaccata e prendete

la decisione, che coerentemente con quanto avete elaborato, è più giusta.

Ad ogni modo, la domanda scontata è: come si fa per diventare maturi?

Non sono certo la persona più adatta per rispondere a questa domanda, ma mi è stato detto di avere un po’ più di personalità, di rischiare, provarci... ebbene è quello che farò.

Quando si pensa a come responsabilizzarci bisogna mettere in discussione prima di tutto se stessi, è un passo fondamentale.

Ammettere il proprio sbaglio o errore è il primo passo per risolvere la questione, sempre. Non voglio fare psicologia ma è così: se qualcuno pensa di non essere un fumatore e al contempo fuma venti sigarette al giorno, non proviamoci neanche. Il fumo, sia chiaro, non ha nulla a che vedere con l’essere maturi, infatti, una persona nella vita fa quello che le pare una volta considerate e accettate tutte le conseguenze.

Tornando a noi, la maturità è un processo che si amalgama con l’esperienza. Molto spesso ci si rende conto di aver sbagliato solo dopo aver visto le spiacevoli conseguenze di ciò che si è fatto. Questo è inevitabile. Non è qui però, che dovete

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Attualità

17

esservi pentiti. Il pentimento deve arrivare qualche istante dopo l’errore: se si decide di convivere troppo a lungo con lo sbaglio commesso è perché in fondo va bene così (quasi sempre). La maturità passa dunque da una sorta di rischio che è stato preso quando ancora non si era abbastanza responsabili da saperlo gestire.

Si lo so, è contorto, è anche errato se volete, ma è ciò che penso io. Per farvi capire quello che intendo proverò a farvi un esempio: credo fortemente che nessuno sappia cosa voglia dire amare una persona, prima di amarla davvero. Quello che vi si racconta o che vedete nei film è tutto molto bello, ma quello che avete provato, pensato, fatto, detto voi si discosta dal resto in maniera molto personale. Il volersi impegnare seriamente in una relazione, la paura del primo “ti amo”, la prima volta: sono tutte cose che hanno bisogno di essere vissute per sapere di cosa realmente si tratta.

Torniamo al famigerato concetto di maturità.

Il tutto sembra esaurirsi nella definizione di quest’ultima come frutto di esperienza e presa di posizione. Probabilmente sì, ma ci sono indicazioni per l’uso anche in questo senso: se devi farti una sbronza con gli amici, fattela, vuoi fare baldoria a scuola, fallo... il passaggio fondamentale consiste nel prendere una qualsiasi decisione basandoti su ciò che pensi tu, senza farti influenzare da quello che dicono e vogliono

gli altri. Non seguire la massa, ragiona con la tua testa e se una cosa non ti sta bene tira fuori le palle (in senso figurato).

“Sii luce” mi han detto. È ovvio: anche questo articolo è il risultato della mia esperienza, non mi sarei mai sognato di scrivere tutto questo se non avessi pensato che sarebbe stata la cosa migliore da fare dopo quello che ho passato. Sono stato il perfetto immaturo, quello a cui lasci un dito e si prende il braccio, quello a cui serve la ragazza più matura e intraprendente per non fare cavolate... E ora, vista l’importanza che io ho dato a questa mia crescita, voglio agire da dispensatore di sani consigli e spero che vi ritroviate in quanto scritto.

Brillate di luce vostra, majorani!

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Film

18

Gabriele Nanni, 4F

Recensione Kung Fu Panda 3 Non c’è due senza tre. Sì, perché questo marzo è uscito nelle sale italiane il terzo capitolo della saga di Kung Fu Panda, con regia per metà italiana (Alessandro Carloni). Analizziamo la pellicola senza troppi indugi.

Kai, vecchio migliore amico e compagno d’armi del defunto maestro Oogway, ha ritrovato dopo anni le forze necessarie per padroneggiare l’uso del Chi (si legga “ci”), col quale nelle primissime scene del film assorbe il potere della vecchia tartaruga e diventa così capace di ritornare nel mondo dei vivi assetato di vendetta. A Po il compito di sventare la minaccia.

Per farlo dovrà lui stesso imparare a usare il Chi, e avrà come maestro per questo duro compito nientemeno che suo padre, arrivato al villaggio durante la ricerca dello stesso Po. I panda sono, infatti, da generazioni maestri nell’uso di tale forza. Così, Po parte dal villaggio per ritornare al luogo di nascita e riscoprire le sue origini.

Questa la trama.

Di per sé, essa non è il punto forte

del film. Nel senso, non delude e non presenta errori grossolani durante il suo svolgimento, tuttavia è estremamente semplice e lineare, e gli stessi flashback sono resi talmente evidenti dal cambio di tecnica di animazione da dare l’illusione che quasi non sia presente un intreccio.

La trama assume però un valore molto più grande se messa in relazione con i precedenti due titoli.

In Kung Fu Panda 3 sono presenti numerosi riferimenti ai due prequel, sia nascosti e di poco conto (si veda la battuta di Shifu facente riferimento alla Pergamena del Drago rivelatasi essere bianca, molto divertente a mio parere per chi ha visto l’1) sia evidenti e importantissimi (flashback sull’abbandono di Po da parte della madre, ripreso pari pari dal 2) magari anche perché collocati in situazioni di particolare emotività.

Kung Fu Panda 3 sembra quasi voler lanciare il messaggio: “Siamo sì arrivati fino a qui, ma ciò è stato possibile solo grazie all’esperienza pa<ssata”.

Non fraintendiamo, però. Questo non è uno di quei film assolutamente incomprensibili a meno

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Film

19

da non aver visto i titoli precedenti. Il film risulta perfettamente accessibile a tutti, solo piacerà leggermente di più agli “affezionati”. E proprio questo saggio e misurato uso di riferimenti al passato conferisce al film un punto a favore nella valutazione finale.

Procediamo analizzando l’umorismo.

Esso risulta sì spontaneo e rivolto soprattutto ad un pubblico fanciullesco, ma mai scontato e noioso, e che quindi alla fin fine riesce a piacere anche agli adulti. Ci si diverte, insomma, per tutta la durata del film, con un umorismo mai troppo geniale o sottile, ma pur sempre sano e ben accetto, e anche per questo mai volgare o esagerato. Considerando la saga del panda nella sua interezza, questa altro non è che una riconferma delle esperienze passate, che non sempre si ha per tutti i film. Si pensi ad esempio a “L’Era Glaciale 4”, titolo ahimè molto scadente nella saga sia dal punto di vista della trama sia appunto da quello umoristico. Per questa evitata caduta di stile, il film merita un altro punto a favore nella valutazione finale.

Passiamo ora al messaggio del film.

Quest’ultimo si può riassumere nel precetto latino “nosce te ipsum”, ovvero “conosci te stesso”, per valorizzare il tuo io e sperare un giorno

di raggiungere la felicità. Insomma, niente di mai visto prima, preso di per sé. Di film che trattano l’argomento della propria personalità ce ne sono a bizzeffe e non è certo Kung Fu Panda 3 ad aggiungere qualcosa di nuovo al repertorio. Tuttavia, il messaggio del film si eleva ad un giudizio molto migliore se consideriamo due aspetti: il primo consiste nel come questo messaggio ci viene consegnato, ovvero attraverso l’insegnamento.

Kung Fu Panda 3, infatti, analizza meravigliosamente tale concetto, molto caro alla cultura cinese fin dall’alba dei tempi.

All’inizio del film Po è allievo di Shifu, per poi divenirne maestro alla fine. Questo passaggio ovviamente non è repentino: Po dovrà assimilare bene cosa vuol dire insegnare, che nel film (e quindi anche nella vita vera) si traduce in “tirare fuori il meglio di qualcuno”. Conoscere se stessi quindi diventa lo strumento necessario per migliorare e migliorarsi, insegnare ed imparare, e il messaggio finale del film assume tutto un altro spessore se analizzato sotto questa luce.

Il secondo aspetto si rifà al concetto di ripresa del passato analizzato poco più sopra. Ci ricordiamo, infatti, che cosa veniva detto più o meno alla fine di Kung Fu Panda 1? “Non esiste

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Film

20

un ingrediente segreto. Sei solo tu”.

Questa frase è il punto di partenza che permette a Po di dire questo, dopo la domanda di Kai: «Kai: Chi sei tu?

Po: Mi sono chiesto la stessa cosa...

Sono il figlio di un panda?... Il figlio di un’oca?... Un allievo?... Un insegnante?... Alla fine... Sono tutti loro... Io sono il Guerriero Dragone!»

Il messaggio finale del primo film della saga trova la sua piena realizzazione nel terzo, quando Po riesce finalmente a capire che cosa vuol dire “essere solo lui”, mette in pratica ciò che apprese contro Tai Lung e sconfigge Kai regalandogli tutto il suo potere, divenuto ormai troppo grande per essere retto da qualcun altro.

Subito dopo, Po rincontra nel mondo degli spiriti il maestro Oogway, il quale gli svela poiché ha nominato Po Guerriero Dragone: in lui ha visto il futuro del kung fu (segue un flashback ripreso direttamente da Kung Fu Panda1), ma anche il passato, facendo riferimento al proprio incontro coi panda anni addietro, suoi maestri nell’avergli insegnato il segreto del Chi. E così il cerchio si chiude.

Tutto viene spiegato e la maturazione di Po viene portata a compimento. Se questa doveva essere la conclusione

della saga, non poteva essere migliore.

Speriamo, infatti, che non ci siano altri sequel (cfr “L’Era Glaciale 4”), poiché si correrebbe davvero il rischio di cadere in un flop. Ah, e ovviamente anche dal punto di vista della morale il film si porta a casa un altro punto a favore nella valutazione finale.

Altre cose da dire?

Come in ogni film, in teoria ce ne sono tantissime altre. Ma se pensate di vedere Kung Fu Panda 3, lascio che siate voi a scoprirle. Vi saluto segnalando uno squisito riferimento che si incontra durante la visione di un film d’animazione disneyano “collega” di Kung Fu Panda: sto parlando nientemeno che di “Mulan”.

Nel mondo degli spiriti, quando Po si mette a ridere con il drago creato col suo Chi, viene ripresa pari pari la risata di Mushu, uno dei personaggi Disney meglio riusciti ed apprezzati.

Per tutto ciò che si è detto sopra, il film merita ampiamente un bel 9/10.

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Ex-Studenti

21

Giulia Bianco, Majores

Intervista #3: Laura Gardina

Ingegneria edile - Architettura Presentati.

Ciao, sono Laura Gardina. Ho frequentato il liceo scientifico Ettore Majorana di Desio e ora sono iscritta al primo anno del corso di laurea a ciclo unico (5 anni) in Ingegneria edile – Architettura presso il Politecnico di Milano.

Perché hai scelto questa facoltà?

Eri sicura della tua scelta?

Ho maturato questa scelta grazie ad un lungo percorso alla scoperta delle mie passioni e dei miei interessi: ero alla ricerca di una facoltà che unisse un aspetto tecnicoscientifico, ad un lato creativo ed estetico, che mi consentisse di utilizzare un domani in ambito lavorativo un metodo progettuale, alla ricerca delle migliori soluzioni per alcune problematiche legate alla vita quotidiana dell’uomo.

Dopo aver partecipato ad openday, aver ascoltato i racconti di amici e conoscenti, ho scoperto l’esistenza di questa facoltà molto particolare (dal momento che unisce gli insegnamenti dell’ingegneria e dell’architettura in un unico corso di 5 anni – non si scappa!)

e adatta alle mie richieste. Dopo mesi di indecisione e di brancolamento tra una facoltà e un’altra ho valutato attentamente quali fossero i desideri per il mio futuro e mi sono convinta che Ingegneria Edile – Architettura fosse la scelta giusta.

Perché hai scelto il Politecnico?

Ho scelto il Politecnico di Milano per il suo prestigio in materia di ingegneria ed architettura e per il fatto che fosse l’unica università in zona ad offrire il corso di laurea da me scelto.

Quali sono le maggiori difficoltà?

Le maggiori difficoltà che ho riscontrato personalmente sono state (e naturalmente sono tuttora) di carattere tecnico: avendo frequentato il liceo scientifico, quindi non una scuola di forte indirizzo specifico, in materie come disegno architettonico ho dovuto quasi “cominciare da zero”, al contrario di molti compagni provenienti da scuole come il liceo artistico che avendo già conoscenze pregresse hanno fatto meno fatica.

Ho trovato difficile anche riuscire

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Ex-Studenti

22

a conciliare le molte ore di lezione con la quantità di lavoro da svolgere a casa, cercando di seguire i ritmi dettati dagli esami.

Quali sono state finora le più grandi soddisfazioni?

La soddisfazione più grande si ricollega alla difficoltà di cui parlavo prima per quanto riguarda le materie più tecniche: infatti, nonostante un iniziale “svantaggio” sono riuscita a recuperare in fretta molte delle competenze necessarie per superare esami di tipo tecnico e portandomi al livello (o quasi) di chi le aveva acquisite in cinque anni di superiori.

A chi consigli questa facoltà e a chi invece credi non sia adatta?

Consiglio questa facoltà a tutti coloro che non si accontentano di riconoscere ed apprezzare la bellezza di un’architettura ma a cui, osservandola, sorgano mille domande su quale sia l’idea di base, sul perché della forma, dei colori, su come possa essere stabile, su quali possano esserne i punti deboli o i punti di forza, ma soprattutto a chi ha voglia di mettersi in gioco, convinto che attraverso l’architettura si possa comunicare un messaggio. Altamente sconsigliato a chi non ama disegnare (attenzione: non sconsigliato a chi non è capace, vi assicuro che si impara...) e a chi

vede gli edifici solo ed esclusivamente come vuoti contenitori!

Sei soddisfatta della tua scelta?

A conti fatti, dopo un intenso primo semestre, mi reputo soddisfatta della mia scelta e la rifarei.

Dai un consiglio generale ai maturandi che pensano di prendere questa strada.

Il mio consiglio ai maturandi interessati al mondo dell’architettura e/o dell’edilizia è quello di mantenere sempre alto l’entusiasmo per la scelta che verrà fatta, qualunque essa sia.

n° 6 marzo 2016

EtCetera Majorana Desio

Giochi

23

Immense grazie siano rese ai membri del personale ATA che perdono investono il loro tempo nel ciclostilare il nostro amato giornale!

Caporedattore: Matteo Redaelli, 4a Impaginatore: Riccardo Galli, 4a Revisione: Giorgia Pasqual, 4C Redattori: Gabriele Nanni 4F, Andrea

D’Apolito 4G, Lorenzo Ferri 3a, Niccolò Barberio 3C, Vincenzo Guarino 4I Caterina Milesi 3a, Francesca Tralli 1a, Riccardo Sala ex, Giulia Bianco ex

Le copie del giornalino sono poche non perché siamo molto taccagni, ma perché è anche online! Se non sei stato abbastanza veloce da prenderne una copia leggilo su issuu.com/etceteramajorana oppure su studenti.liceodesio.gov.it/etcetera, la risoluzione è migliore e le immagini sono a colori! Inviaci il tuo articolo a etceteramajorana@gmail.com