Gennaio 2016

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“il giornalino degli studenti”

Il Mein Kampf Guida alla sopravvivenza torna in libreria

Dopo settant’anni dalla morte

...troverete consigli e aneddoti, del führer, l’8 Gennaio 2016, il i primi utili e i secondi forse Mein Kampf viene ristampato divertenti, non lo so, lo scopriremo. in Germania.

Cercherò di essere schematico, quindi (continua a pag. 10) oggi inizieremo dai primi anni e poi successivamente i prossimi. A guidarmi sarà mia esperienza al Majo, che non è di certo quella più esemplare per certi versi, quindi gli aneddoti sono inserirti anche per evitare che ripetiate i miei errori ingenui da studente medio. (continua a pag. 6)

EtCetera Wants You!

Circolo Letterario Ancora una volta la nostra scuola dà il via ad un nuovo progetto. Vediamo più nel dettaglio di cosa si è trattato e cosa dovremo aspettarci per i prossimi incontri. (continua a pag. 4)

etceteramajorana@gmail.com

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Indice

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Lettera di una maturanda..............................................................................3 Circolo Letterario..........................................................................................4 How to Majo..................................................................................................6 Verso l’Università..........................................................................................8 Mein Kampf di nuovo in libreria.................................................................10 Stop alla politica del figlio unico.................................................................12 Il paradosso della capra..............................................................................14 Cioccolato... che passione...........................................................................15 Guns N’ Roses Reunion................................................................................16 Giochi..........................................................................................................19

Riccardo Sala, ex

Forse non tutti sanno che... … Star Wars VI ha raggiunto un miliardo di dollari d’incasso in una decina di giorni … alla base del salvataggio di quasi tutti gli acquisti online c’è una formula matematica italiana … 40anni fa fu scoperto il virus Ebola … quasi il 60% degli italiani non legge neanche un libro all’anno … negli USA ci sono più armi che persone … 40anni fa fu costruito il primo computer Apple … il 75% della popolazione mondiale parla più di una lingua … alla consegna degli Oscar non parteciperà alcun attore di colore per protesta … 30 anni fa il primo virus informatico … in Italia è più facile dichiarare guerra che approvare la legge di bilancio economico

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Anonimo

Lettera di una maturanda Vorrei che questa non fosse la solita lettera melodrammatica che si giunge a scrivere dopo cinque anni.

Vorrei poter dire di essere maturata in questi cinque anni tanto da essere pronta ad affrontare il mondo oscuro che mi circonda.

Vorrei non dover scegliere una facoltà, perché ce ne sono troppe e sono ancora troppo giovane per sapere cosa vorrò diventare da ‘grande’.

Vorrei tornare a fare piscina perché questo implicherebbe tornare al biennio.

Vorrei tornare a fare la gita in Sardegna perché è assodato che sia la gita migliore di sempre.

Vorrei i panzerotti caldi dei primi anni e avere Grassi come rappresentante d’istituto così Mirko Colombo rimarrebbe in classe e ci farebbe ridere.

Vorrei poter tornare a studiare chimica con il Chiappa con vagoni e torte Sacher annesse.

Vorrei che il mio primo ultimo giorno di scuola non fosse già passato.

Vorrei poter essere pronta a dire addio a 27 persone con cui ho convissuto per cinque anni.

Vorrei poter essere realista e sapere che di quelle ventisette amicizie pochissime se ne salveranno.

Vorrei avere il mio migliore amico come compagno di banco perché rende tutto più semplice.

Vorrei poter tornare a copiare le versioni sul 231 delle 12.40.

Vorrei che Fabio non mi potesse vendere le sigarette.

Vorrei poter odiare completamente il Majo perché rispetto a altri miei coetanei ha limitato la mia adolescenza.

Vorrei ricordare solo le migliaia di ore di studio che ha comportato e non le cose divertenti.

Vorrei poter dire che mi mancheranno solo il nocciolino, il modello delle felpe e la Libera.

Vorrei che tutti non mi ricordassero che devo preparare la tesina.

Vorrei poter essere una di quelle ex-majorane che non si presenteranno spesso con un cartellino ‘ospite’ a salutare i professori.

Vorrei che questo elenco non fosse fatto di ‘vorrei’ ma purtroppo non sono mai stata brava con i condizionali.

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4 Circolo Letterario

Gabriele Nanni, 4E

Il titolo parla da sé. Si è infatti svolto in data 11 gennaio 2016 il primo circolo letterario di quest’anno. E non solo.

Sì, perché l’incontro è per ora l’unico simile svoltosi fra le mura del Majo, quindi è anche il primo nell’intera storia del Liceo. Ancora una volta la nostra scuola dà il via ad un nuovo progetto.

Vediamo più nel dettaglio di cosa si è trattato e cosa dovremo aspettarci per i prossimi incontri.

Molto brevemente, poiché lo scopo del progetto è già stato enunciato nel migliore dei modi in altra sede (MajoTiggì), il circolo letterario vuole essere una proposta ludica per gli amanti della lettura. Esso è aperto a tutti, senza distinzione di classe e indirizzo frequentati. Viene tenuto per ora con cadenza bimestrale poiché è in fase di avvio, ma l’obbiettivo è portarlo ad una cadenza mensile entro l’anno scolastico prossimo. Si propone, a incontro, un libro.

Per gennaio ’16, il titolo da leggere, e sui temi del quale si è svolta la discussione, è stato “Ciò che Inferno non è” di A. D’Avenia. Al dibattito erano presenti, compreso il sottoscritto, circa 15/20 studenti, arrivati e andati via tra ritardi e anticipi vari, e a questi

si aggiungevano poi tutte quante le professoresse d’italiano del liceo (!).

Schierate dietro i tavoli della biblioteca, erano una più felice dell’altra nel vedere che il primo incontro aveva riscosso un discreto successo. Sulla carta il circolo sarebbe dovuto durare un’oretta, dalle 14.10 alle 15.10. Questo ve lo anticipo, ci lasceremo con il buon proposito di allungarne la durata.

A rompere il ghiaccio con un primo consistente intervento sono state due alunne di 4C, che non nomino perché non so se possa far loro piacere.

Esprimendo e commentando il loro giudizio sul libro, hanno fatto saltare fuori la tematica della “speranza”.

Questa è stata la colonna portante di tutte le questioni messe in tavola durante lo svolgimento dell’incontro.

Analizzando il titolo del libro stesso, abbiamo parlato di mafia nella storia e nella realtà, arrivando tramite esperienze semi-dirette fino ai giorni nostri.

Abbiamo parlato del suo ruolo all’interno del libro, se essa per la maggior trionfi oppure venga sconfitta.

Dibattendo sono emerse opinioni contrastanti, discussioni tra prof e alunni, senza necessariamente arrivare

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ad una soluzione vera e definitiva, ma cercando di trovarne molteplici e più prettamente personali.

Cosa interessante, colui che a mio parere ha fatto alcuni degli interventi di maggior rilievo, è stato un alunno di 4G che non aveva nemmeno letto il libro. Questo per volervi dire come non sia necessario, per fare parte del circolo, leggere il libro proposto per quel mese. L’importante è essere appassionati in generale all’attività della discussione. Ovvio, diciamo, leggerlo avvantaggia. Ma le persone che vogliano anche semplicemente ascoltare sono comunque ben accette.

In generale, come primissimo incontro non posso assolutamente dire che sia andato male. Le riflessioni esposte da più o meno ciascuno dei presenti sono state tutte piacevoli all’ascolto e soprattutto non superficiali, cosa fondamentale in ambito di dibattito.

Alla stregua di tutte le cose nuove, però, c’è sempre qualcosina che può essere migliorato.

Riguardo alla durata dell’incontro, vi ho già scritto più sopra qual è stata la proposta generale. Poi, dal mio punto di vista non si è tanto chiarita la parte che dovranno svolgere le prof.sse nei prossimi dibattiti. Mi è sembrato di intendere che alcune volessero fare parlare solo noi studenti, facendoci

discutere ed assistendo imparziali ai vari dibattiti.

Altre invece prendevano parte agli interventi cercando di confutare eventuali nostri errori di comprensione del testo, o interrompendoci se qualcosa non era loro chiaro. Senza bollare nessuna delle due come sbagliata, mi limito a dire che sarà il tempo a decretare quale merita di prevalere nel corso dei vari circoli.

Il tutto si è poi concluso con la votazione del libro da leggere per il prossimo incontro.

Il titolo scelto fra tre diversi proposti è stato “L’attentatrice” dello scrittore algerino Mohammed Moulessehoul, meglio noto con lo pseudonimo femminile di Yasmina Khadra. La data dell’incontro sarà con molta probabilità il 14 marzo.

Le aspettative sono buone, credo sia da vparte degli studenti che da parte delle professoresse. Per maggiori dettagli, comunque, consultate il canale youtube della scuola, MajoTivù, sul quale dovrebbe uscire un servizio dedicato appositamente al circolo.

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Riccardo Sala, Majores

How to Majo:

Il Biennio #ciòchenontiaspetti

Non sono bravo a scrivere le introduzioni, solitamente le faccio fare ad altri che magari inclinando la testa hanno un altro punto di vista. Preferisco iniziare tutto in medias res, è più comodo, no?

Comunque quello che state forse per leggere, se avrete voglia e coraggio, è a metà tra una guida di sopravvivenza e una memoria, quindi troverete consigli e aneddoti, i primi utili e i secondi forse divertenti, non lo so, lo scopriremo. Cercherò di essere schematico, quindi oggi inizieremo dai primi anni e poi successivamente i prossimi.

A guidarmi sarà mia esperienza al Majo, che non è di certo quella più esemplare per certi versi, quindi gli aneddoti sono inserirti anche per evitare che ripetiate i miei errori ingenui da studente medio.

IL BIENNIO: I primi due anni sono complementari, perché il primo non ci si è ancora resi conto di ciò in cui si è capitati e il secondo un po’ ci si incomincia ad orientare, ma non ancora del tutto.

Quando si arriva per la volta al Majorana non si ha la minima idea di in che cosa ci si è cacciati, se non avete fratelli o amici più grandi è un nuovo mondo. Io ho avuto questa sfortuna o fortuna, come volete, cioè di imparare a conoscerlo tutto da zero. Il primo giorno delle superiori poi è allo stesso tempo indimenticabile e confuso, perché si ricorda per sempre e perché io non conoscendo i miei compagni me li ricordo poco.

Prima di tutto va detto che il Majorana è un

liceo e quindi in quanto tale richiede una certa dose di studio o di impegno, cosa a cui forse non si era abituati prima. Questo disorienta un po’, alcuni si arrendono e capiscono che è meglio andarsene, altri resistono.

Io però ho sentito poco il passaggio, meno male. All’inizio, me compreso, si crede di poter vivere di rendita con quello che si è imparato alle medie. Direi che invece è più utile partire da subito con le idee chiare: non è così. Meglio capirlo subito. Ve lo dico io che forse l’ho capito in quinta, forse.

In secondo luogo il Majorana è un liceo, ma non è una scuola come tutte le altre, lo avrete detto o sentito quante volte? Boh, sarebbe interessate scoprirlo. Chiederò a un mio amico che ha la passione perversa per le statistiche, poi vi farò sapere.

In prima io fuggivo il Majorana, nel senso che ci stavo giusto per il tempo necessario alle lezioni e poi appena potevo me ne andavo. Mancava un prof? Ero già pronto ad andare. Ai tempi le regole erano, diciamo, un po’ più soft, c’era lo storico preside Rovelli.

Anche per questo motivo non ho avuto molte ore buche che poi avrei potuto usare per qualche fine majoranese (giusto per usare un termine aulico). Forse perché non conoscevo abbastanza l’ambiente o perché avevo altro per la testa.

All’inizio si è un po’ tutti così, stare a scuola più del dovuto? Ma manco per sogno. Poi si assaggia un po’ del Majo e cambia lievemente il punto di vista, quindi voi del biennio, quando potete, fermatevi per quelle cose che non sono obbligatorie e faticose, per qualco-

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Scuola sa di più piacevole, come può essere l’angolo lettura o il Majosuona.

Ricordo quando un giorno ho trovato la scuola un po’ in subbuglio, c’era Nicolò Grassi che gridava cose alla finestra, temi di attualità, per protestare, credo, contro i tagli alla scuola.

Era quella che una volta chiamavano occupazione, oggi non se ne vedono più. Comunque spaesato in quella situazione, avrei potuto fare due cose: stare a sentire, informarmi e partecipare o tornare a casa. Voi cosa avreste fatto?

Io vi consiglio la prima, perché le proteste, gli scioperi, le manifestazioni sono una dimostrazione di cittadinanza attiva che, per quello che valgono, possono aiutare a crescere un po’, però io scelsi la seconda e tornai a casa.

In seconda già si conosce meglio la scuola, si conoscono meglio anche i compagni e quindi forse si è incentivati a stare un po’ di più a scuola, più che altro, nel mio caso, per passare del tempo con quei nuovi amici. Io ho iniziato anche a fare i corsi di inglese del pomeriggio, quindi ho iniziato ad abituarmi a stare al Majorana un po’ di più, anche oltre l’orario normale.

Allora ho assistito alla mia prima Corrida.

Suonava un sacco di gente più grande, io non conoscevo nessuno e direi neanche voi perché ormai sono tutti altrove, forse voi ricorderete Achille Taccagni e se non sbaglio in quell’occasione suonarono una versione rock di Titanium di David Guetta che mi esaltò non poco, così ho deciso che poi avrei assistito a tutte quelle degli anni successivi.

Credo che chi ha assistito alla performance di Uptown Funk di quest’anno avrà presto la

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stessa decisione.

Allora ho partecipato alla mia prima Cogestione, c’era la partecipazione obbligatoria e quindi non è che avessi molta scelta. Dopo aver sentito la conferenza di due mie compavgne, che erano molto più sveglie di me, passai tutto il resto del tempo a non fare niente in qualche “aula studio”, così le avevano chiamate, e c’era più gente lì che alle conferenze. Quanto tempo perso, meglio partecipare a qualche altra attività. Anche perché del tempo passato a far niente ricordo poco, della conferenza mi resta ancora qualcosa, parlava di Kony 2012.

Per me era chiedere troppo, dato che dovevo recuperare il primo anno perso ancora tra medie e superiori, ma spesso in seconda già si capisce un po’ come funziona il liceo, come funziona il Majo, c’è chi già si butta a fare giornalino, tivù o majutante. Molti miei amici hanno fatto così e a dire il vero così lì ho conosciuti, altrimenti non ci saremmo mai incontrati.

Se potessi tornare indietro, nel lontano 2011, certamente non seguirei il mio esempio, seguirei l’esempio di quei Marco, Stefano e Ginevra a cui mi riferivo prima.

In sintesi, al biennio ci si orienta sia scolasticamente che sul funzionamento del Majo, piano piano, quindi è una specie di transizione o di iniziazione. Il consiglio più utile è di dedicare più tempo possibile alla nuova scuola, solo così ci si potrà ambientare più facilmente e anche avere meno difficoltà con la faccenda didattica. Vi direi anche di non avere timore nel chiedere a quelli più grandi, quelli che sono già al triennio, seguiteli o fatevi dare qualche dritta su come inserirvi nelle attività e nella vita del Majo.

To be continued…

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Luca Lissoni, ex

Verso l’Università Uno spunto riflessivo per gli studenti di quinta e quarta (ma anche per gli altri).

Passione. Medicina è una vocazione, non un’opzione. Se non senti il germe della missione umanitaria dentro di te, la tua strada è un’altra.

Se non hai iniziato a pensarci, sei in ritardo. Dovresti cominciare valutando ciò che stimola il tuo interesse: questo è il punto cruciale, ancor di più dei possibili sbocchi lavorativi. Ho visto parecchie persone che conosco cadere perché non avevano scelto con criterio un indirizzo di studi che piacesse loro, e sarei contento se tu non fossi uno di questi.

Piano di studi. Hai scelto Scienze per la Comunicazione, e nel dettaglio cosa studi? Ah, non lo sai? Ah. Valutate le opzioni che potrebbero appassionarti, o quantomeno interessarti, analizza il piano di studi e cerca di capire su quali argomenti vertono i corsi. Un corso di laurea può avere un nome altisonante,

che all’interno della tua testa può corrispondere a qualcosa di ben diverso rispetto a ciò che è veramenteho scoperto di recente che Scienze Alimentari non ha molto a che vedere con la gastronomia, ma è qualcosa di abbastanza vicino alla biologia.

La valutazione del piano di studi serve a fare una duplice scrematura, la prima basata sul confronto tra nome del corso e il suo reale contenuto, la seconda strutturata sulla base delle tue capacità: ciò non significa solo che non devi scegliere qualcosa per cui oggettivamente non sei portato, ma anche che non devi escludere alcune strade temendo che possano essere troppo difficili per te, senza aver prima ponderato se lo siano davvero.

Possibilità di sbocco, ossia, cosa ti piacerebbe fare da grande?

Non è una domanda banale.

Generalmente quando si parla di possibilità di sbocco lavorativo, si tende ad analizzare il tasso di impiego a sei mesi, un anno, cinque anni dalla laurea in un determinato campo.

Dirò qualcosa di sacrilego, ma dal mio

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punto di vista questo non è di primaria importanza.

Tutti hanno un second best1.

Sia chiaro, nelle facoltà per cui si trova meno lavoro le opzioni sono due: eccellere o soccombere. Dal mio punto di vista è molto più importante valutare realisticamente a cosa può portare studiare una determinata disciplina: Informatica può anche essere una figata, ma se non intendi diventare un programmatore forse dovresti optare per qualcosa di differente.

Se non sei riuscito a decidere non iscriverti a una facoltà a caso nella speranza di riuscire a fartela piacere.

Pietà.

Piano di riserva: non avere un’unica opzione.

Non riuscire ad entrare nel corso preferito è come prendere una spranga di ghisa sui malleoli, ma può capitare.

Forse non ti eri preparato abbastanza (che non vuol dire non essere preparati, vuol dire che gli altri lo erano più di te) o semplicemente ti è andata male, ti sei fatto prendere dal panico? Ok, ci può stare.

Però devi avere un’alternativa. Non sono disposto a credere che ci sia una sola disciplina di studi che ti possa interessare: certo, forse la non sei riuscito portare avanti la tua opzione preferita, ma c’è sicuramente qualcos’altro che possa piacerti studiare e fare nella vita.

In ambito economico si definisce Second Best l’opzione che non massimizza il benessere di un individuo o di una società, ma che riesce ad essere il miglior compromesso possibile qualora l’ottimo non fosse raggiungibile. Sfido chiunque a sostenere che in qualunque scelta multipla non esista una seconda opzione nell’ordine delle preferenze.

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Camilla Mussi, 1b

Mein Kampf di nuovo in libreria Perché è stato pubblicarlo ora

possibile

Dopo settant’anni dalla morte del führer, l’8 Gennaio 2016, il Mein Kampf viene ristampato in Germania.

(In Italia, il libro è stato ristampato soltanto ventincinque anni dopo la fine della guerra, nel 1970 dalle edizioni Pegaso, nonostante il Land di Baviera avesse cercato di bloccarne la pubblicazione, blocco negato dal tribunale di Bologna).

Il 30 Dicembre del 2015 sono scaduti i diritti d’autore del libro e l’Institut für Zeitgeschichte (Istituto di storia) di Monaco ha preso l’iniziativa stampando le nuove copie del libro con oltre 3.500 note al testo, con commenti o correzioni alle varie menzogne o “mezze verità” disseminate nel testo.

Di cosa tratta

Il Mein Kampf è l’autobiografia e il programma politico di Adolf Hitler, uno dei testi più violenti e forse noiosi della storia. Scritto durante la sua detenzione nel carcere di Landsberg dopo il mancato colpo di stato nel

1923, Hitler scrive della sua infanzia e delle sue esperienze durante la prima guerra mondiale.

Dal 1925 fino all’anno dell’ascesa al potere di Hitler (1933) vennero vendute 241 000 copie del Mein Kampf.

Dal 1933 al 1945 venne pubblicata una serie infinita di edizioni: quella in versione popolare veniva consegnata a ogni coppia di nuovi sposi e ad ogni soldato che andava al fronte; invece la versione di lusso in pelle bianca e incisioni d’oro era destinata ai Gauleiter (da Gau “regione”e Leiter “capo”) e agli altri gerarchi del regime.

Alla fine della guerra, del libro risultarono venduti oltre 12 milioni di esemplari che avevano fruttato a Hitler 15 milioni di Reichsmark.

Perché era stato censurato Nel ’45 gli alleati avevano assegnato al Land della Baviera la custodia dei diritti del Mein Kampf che ne vietò la riedizione per due motivi: la Baviera,e in particolare la città di Monaco,era

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stata la culla del movimento Nazista e la città in cui Hitler decise di avere la sua residenza che mantenne anche quando a Berlino venne nominato cancelliere del Reich.

Il secondo motivo perché a Monaco nel 1925 venne pubblicato il primo volume dell’opera da un editore legato al movimento nazista.

Pro e contro la riedizione in Germania

Molto discussa è stata la scelta dell’ Institut für Zeitgeschichte di pubblicare nuovamente il libro.

Una parte dei tedeschi teme l’istigazione alla violenza e all’odio razziale del Mein Kampf; un’ altra invece si batte per vedere disinnescato

il contenuto grazie alle note critiche a lato del testo che inquadrano il Mein Kampf in una cornice storicoscientifica.

Inoltre la data di pubblicazione del libro non è molto lontana dagli episodi di violenza verificatisi a Colonia e in altre città europee, e potrebbe innescare un sentimento di odio razziale già presente in alcune realtà.

A tutto ciò si aggiunge la paura delle comunità ebraiche tedesche e dei sopravvissuti all’olocausto di un ritorno all’antisemitismo e all’odio razziale.

Andreas Wirsching, direttore del prestigioso Istituto storico bavarese, durante un intervista risponde così:

“La conoscenza dei documenti ci consente di comprendere gli errori delle ideologie del passato e ciò è nel pieno interesse e rispetto delle vittime.”

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Giorgia Cassarino, 2c

Stop alla politica del figlio unico In Cina, nel 1979, venne fatta una legge da Deng Xiao Ping, secondo la quale venne stabilito che le donne cinesi non potevano avere più di un figlio. Venne preso questo provvedimento perché avrebbe portato ad un dimezzamento della popolazione cinese, che, nel periodo in cui aveva governato Mao Tsetung, predecessore di Xiao, aveva visto un incremento annuale di quasi 30 milioni di persone. Questa legge inoltre, al di fuori della Cina, è stata causa di abusi dei diritti umani e all’interno del paese stesso è stata rivista perché nel lungo periodo si è dimostrata negativa a livello economico e sociale.

se di cominciare una politica di pianificazione familiare nelle aree urbane più densamente popolate. Nel 1973 fu lanciata la prima vera politica di controllo delle nascite, la sovrappopolazione era ormai considerata “un ostacolo allo sviluppo e alla modernizzazione”.

Nel 1949 nasceva la Cina comunista, Mao Tse-tung, il quale credeva fortemente nell’idea dell’autosufficienza, il popolo come simbolo della forza della Cina. La tradizione era quella delle famiglie numerose, un detto di Confucio recita “Più bambini significa più felicità, i bambini avuti presto portano presto la felicità”.

Questo sistema, secondo i gruppi umanitari, ha portato ad abusi come gli aborti forzati, imposti anche a donne in stato avanzato di gravidanza. Alcune donne sono divenute pazze in seguito agli aborti forzati. Tante famiglie sono state rovinate.

Furono introdotte forti politiche a favore della natalità. Nel 1962 il boom di nascite preoccupò il governo che deci-

Cominciò la prima campagna di educazione per le donne e le coppie, ovvero il matrimonio e la gravidanza ad un’età più avanzata, un intervallo più lungo tra un figlio e l’altro, e soprattutto meno figli, due per coppia. Infine, nel 1979, venne stabilito che si poteva avere solo un figlio per coppia.

La punizione per chi violava la legge sul figlio unico era costituita da multe il cui ammontare veniva stabilito provincia per provincia e che spesso era di decine di migliaia di yan, cioè astrono-

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mico per gli standard cinesi.

La politica del figlio unico è stata abolita dalla Corte Suprema cinese solo nel 2013 dando la possibilità, solo ad alcune coppie di avere il secondo figlio, anche se probabilmente, l’idea del figlio unico si era talmente inculcata che pochi hanno deciso di fare il secondo figlio. Ma solo a partire dal 2016 è stata fatta un’altra legge secondo la quale una coppia può avere due figli. Secondo me è un grosso passo avanti per un paese così grande e sviluppato.

Ma ci sono comunque molti problemi poiché dopo il secondo figlio le donne continueranno a venire brutalmente sterilizzate, comportando danni permanenti. Infatti, a volte, non riescono

più neanche a camminare a causa di questi interventi. Perciò alcune donne preferiranno non riconoscere le figlie femmine per poter avere l’ambito maschio.

Il problema è che questi bambini “fantasma” non potranno andare a scuola, dovranno vivere tutta la vita “nascosti” e, nel caso in cui si ammalassero, non potranno essere portati in ospedale e non potranno mai contrarre matrimonio.

Io credo che ciascun essere umano debba avere la facoltà di scegliere quando e quanti figli fare. Non dovrebbero esistere delle leggi che limitano la libertà dell’uomo fino a questo punto. Come disse un noto regista americano:

“La ricchezza vera di un uomo sono i suoi figli” ( Francis Ford Coppola)

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Niccolò Barberio, 3C

Il paradosso della capra Mi è sempre piaciuto il professor Sgarbi.

Il suo tormentone “capra! Capra! Capra ignorante!”, alcune sue riflessioni, il suo modo di spiegare l’arte, il raccontare la sua vita attraverso i social...lo hanno fatto diventare uno degli intellettuali e personaggi pubblici a me preferiti.

Tuttavia l’altro giorno, in un post di Facebook, ha scritto una cosa che mi ha urtato non poco: “Musulmani e l’Europa: l’integrazione è una finzione. Io sono per la disintegrazione.” Ora, la frase “io sono per la disintegrazione” non è così grave, se detta dal signor Mario Rossi; lo è, però, se detta dal signor Sgarbi, in quanto noto e influente studioso di storia dell’arte.

Una premessa: io non sono un amante della sopra citata materia e, di conseguenza, non ne sono uno studioso poi tanto appassionato e diligente. Tuttavia, se c’è una cosa che, almeno per sbaglio, ho recepito nel quasi studiare la storia dell’arte, è che sono proprio le molteplici influenze stilistiche e le varie correnti culturali di popoli e nazioni diverse tra loro a rendere l’arte meravigliosa. Meravigliosa perché varia, così come lo è anche la terra. Si pensi a San Marco, a Venezia: che aspetto avrebbe senza l’influenza stilistica mediorientale? E tante delle nostre più grandi città d’arte? E tutti i quadri e le sculture italiane sparse nel mondo per i quali spesso ci vantiamo davanti ad uno straniero anche senza sapere di cosa parlia-

mo, sarebbero così belle senza la propria pluralità artistica?

Con questa mia breve riflessione scritta, non intendo certo dire che l’integrazione potrebbe portare subito ad un arricchimento della collettività, e nemmeno ho intenzione di proclamare l’apertura di ogni confine (sia geografico che non) verso tutto e tutti: far questo potrebbe portare ad affrontare molti rischi. Rischi comunque minori a quelli in cui ci si imbatte nella chiusura totale delle nostre menti, cosa che certe persone, che osano farsi chiamare “intellettuali”, ci spingono a fare. Sappiamo tutti a cosa ha portato la “miopia” di molti uomini dello scorso secolo. Proprio in questo periodo, nella giornata della metmoria, siamo soliti ricordare che proprio la nostra ristrettezza di vedute può portare al sospetto. Dal sospetto si arriva al pregiudizio. Dal pregiudizio al razzismo. Dal razzismo alla disintegrazione che, a sua volta, con l’accezione di significato attribuitole da Sgarbi, ci riconduce al sospetto.

Non so se questo vale anche per chi legge, ma io ritengo che la figura di intellettuale, oggi più che mai, debba essere quella di una persona non solo colta, ma anche lungimirante e più giudiziosa di uno che raglia alle capre che non sono d’accordo con lui.

Io credo che essere capra (come, fieramente, lo sono anch’io che scrivo) sia molto meglio che essere un mulo particolarmente testardo.

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Giulia Caleffi, 1b

Cioccolato... che passione...

L’ argomento di cui vorrei parlare questo mese riguarda la storia del cioccolato.

Intanto inizio con il dire che il cioccolato è amato da tutti!

Le origini di quella sostanza solida, gradevole ai sensi e che provoca dipendenza a qualcuno, ch noi conosciamo come cioccolato sono radicate nella preistoria del nuovo Mondo nel misterioso regno degli Olmechi e dei Maya. Sono queste, vecchie civiltà che vivevano nel cuore dell’ America Centrale equatoriale i responsabili della coltivazione dell’albero da cui è estratto il “ cioccolato”.

Il cioccolato fin dai primi giorni della sua scoperta ha “ intrecciato legami intricati tra le persone!”. Data l’esigenza per l’albero del cacao di condizioni di ombra, umidità e caldo, molti storici sono sicuri che la prima civiltà a coltivare questa pianta fu quella degli Olmechi e non degli Aztechi. La zona dove abitavano gli Olmechi era un’ area delle foreste tropicali a sud di Veracruz, sul Golfo del Messico. Molti secoli dopo la fine degli Olmechi, i Maya si insediarono in una vasta regione proprio a sud dell’ attuale Messico. Credevano che l’ albero appartenesse agli Dei e che i baccelli che crescevano dal tronco fossero un’ offerta per l’ uomo.

I Maya sono stati gli inventori di un infuso amaro preparato con i semi di cacao; si trattava di una bevanda di lusso apprezzata da re e nobili e utilizzato per solennizzare riti sacri. Diverse spezie venivano usate come

aromatizzanti e il preferito era il peperoncino piccante.

Dopo la misteriosa caduta dell’ Impero Maya, i Toltechi ed in seguito gli Aztechi si insediarono nel territorio dei Maya; Si pensava che il loro re fosse il Dio dell’aria e che la sua missione fosse quella di portare i semi del cacao all’uomo ed insegnare ai mortali come coltivare i diversi raccolti.

Per gli Aztechi il cioccolato era una fonte di saggezza spirituale e di profonda energia.

Anche se bevuto tutti i giorni, il cioccolato era ancora considerato un lusso esotico e veniva utilizzato anche a livello terapeutico sin dal IV secolo.

Ora passiamo al presente…..

Bisogna sapere che il cioccolato ha molteplici lavorazioni: coltura, raccolto, fermentazione, essicazio, tostatura per il sapore, setacciatura, macinatura, mescolamento, rifinitura, concaggio, tempra, modellatura, avvolgimento.

Come ben sapete il cioccolato è il dolce più amato da tutti, o comunque dalla maggior parte. Esistono vari tipi di cioccolato: cioccolato fondente, al latte, organico, bianco, al peperoncino ecc….

Come curiosità dovete sapere che la Germania è la più grande consumatrice di cioccolato. Per finire si può dire che uno dei “passaggi” per cui amiamo il cioccolato non è solo il momento dell’assaggio ma il tutto parte da quando lo scartiamo, lo annusiamo e lo guardiamo.

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Musica

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Lorenzo Ferri, 3A

Guns N’ Roses Reunion Proprio nei giorni in cui una delle icone rock del XX secolo come David Bowie ci lascia, ecco resa pubblica una notizia che renderà felici amanti del genere e non: dopo anni di speranze e vane richieste da parte dei fans finalmente i membri originali dei Guns n’Roses si riuniranno il prossimo aprile per due spettacoli live in occasione del Coachella Valley Music and Arts Festival 2016.

Cogliamo al volo l’occasione per ripercorrere quella che è stata la storia del gruppo originario di Los Angeles, contraddistinta da eccessi, genio e sregolatezza e talento talvolta sprecato, tutto immerso in una vita di sesso, droga e rock n’ roll. I Guns n’ Roses nascono nel marzo del 1985 a Los Angeles: i membri originari sono Axl Rose, frontman della band e Izzy Stradlin, provenienti dal gruppo degli Holywood Rose, insieme a Tracii Guns, Ole Beich e Rob Gardner. Dopo poco tempo però gli ultimi tre abbandonano il progetto per andare a ricostituire gli L.A. Guns, loro gruppo originario, venendo sostituiti da Slash, considerato tuttora uno dei migliori chitarristi di sempre, Duff McKagan, bassista, e Steven Adler, batterista. Si andava così a comporre la formazione protagonista, nel 1987, di

“Appetite for Destruction”, loro primo album che li porterà alla ribalta internazionale e del quale saranno vendute 28 milioni di copie.

Il loro successo è dovuto a tre importanti fattori. Il primo è senza dubbio l’innovazione apportata al mondo del rock: i Guns sono tuttora ritenuti i primi a diffondere lo sleaze metal, sottogenere del metal stesso dalle caratteristiche più grezze, sporche e dirette, sia riguardo la musicalità dei pezzi sia riguardo gli argomenti trattati, e caratterizzato da elementi di derivazione punk rock e blues rock.

Un’altra novità portata dai Guns ‘n Roses sta nella lunghezza dei testi e del cantato, dovuta soprattutto alla incredibile estensione vocale (ben 5 ottave) del cantante Axl Rose. Proprio grazie al talento del frontman, insieme agli assoli al limite del possibile del chitarrista Slash, col suo primo album “Appetite for Destruction”, la band lascia ai posteri capolavori immortali del livello di “Welcome to the Jungle”, “Paradise City”, “Sweet Child o’ Mine” e “Mr. Brownstone”.

Altro elemento imprescindibile per il successo della band è l’immagine che il

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gruppo da di sè: come già accennato in precedenza i cinque conducono una vita spericolata e piena di eccessi, dal pesante uso di eroina e altre droghe, agli atteggiamenti violenti causati dal costante stato di ubriachezza nel quale vivono, come raccontato in seguito dallo stesso Slash nel corso di un’intervista rilasciata durante il “David Letterman Show” in occasione della presentazione della sua autobiografia. In questo modo si guadagnano sia l’appellativo di Lines n’ Noses (piste e nasi), sia la fama di “belli-maledetti”, riuscendo ad accattivarsi con fisici da modelli trascurati, atteggiamenti maschilisti e perversi, con ballate e sfuriate, con romanticismo e devastazione, frange di pubblico delle più varie.

D’altronde i Guns n’ Roses altro non sono che l’espressione del degrado che si vive per le strade di Los Angeles, dal quale i membri della band provengono e del quale parlano nei loro testi più rudi e violenti, approfittando di un genere che è la perfetta espressione dello spirito di rabbia e ribellione che il gruppo californiano incarna. Tuttavia gli abusi di eroina da parte di Slash, Izzy Stradlin e Steven Adler li porta ad essere soggetti di pesanti dipendenze che non fanno piacere alla loro etichetta discografica, né a Axl Rose, che sotto minaccia di abbandonare la band, li convince a entrare in terapia

Intanto esce “G N’ R Lies”, album che riscuote un moderato successo ma che scatena numerose polemiche a causa dei presunti contenuti omofobi e razzisti della canzone “One in a Million”, tanto che, benché la band tenti più volte di discolparsi dando un’interpretazione diversa del testo, i Guns n’ Roses sono costretti a rimuovere il pezzo incriminato dalle scalette dei loro concerti.

“G N’ R Lies” è anche l’ultimo album composto dall’intera composizione originale del gruppo: a causa della sua irrisolta tossicodipendenza Steven Adler viene cacciato e al suo posto viene assunto Matt Sorum. Inoltre, al fine di ampliare la propria proposta sonora, la band assume il tastierista Dizzy Reed.

Con questa nuova formazione il gruppo parte per lo “Use Your Illusion Tour”, ancora oggi considerato il tour più lungo della storia della musica rock, e pubblica nel settembre del ’91 gli album “Use Your Illusion I” e “Use Your Illusion II”, che hanno un enorme successo, estendendo la fama dei Guns n’ Roses anche al di fuori dell’ambito rock a cui avevano fatto riferimento nei loro primi due album. Le sonorità dei nuovi dischi sono una sorpresa per i fans del gruppo, visti i diversi pezzi articolati ed eterogenei presenti, tra cui vanno ricordati brani di pregevole fattura

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come “Don’t Cry” e la cover di “Live and Let Die” di Paul McCartney, e l’assoluto capolavoro “November Rain”, nel quale vengono messe ancora sotto i riflettori le straordinarie capacità canore di Axl Rose e la maestria di Slash, protagonista di due assoli letteralmente da pelle d’oca.

Nel periodo successivo all’uscita del disco la band perde un altro componente storico: il chitarrista Izzy Stradlin lascia il gruppo a causa dei contrasti con Axl Rose e Slash, dando via al periodo di decadimento dei Guns, destinato a portare allo scioglimento definitivo del quintetto autore di “Appetite for Destruction”. Nel ’92 il gruppo partecipa al Freddie Mercury Memorial cantando “Paradise City” e una cover di “Knockin’ on Heaven’s Door” di Bob Dylan, e nello stesso anno tiene a Tokyo il suo concerto più noto, del quale verranno poi pubblicati due DVD. Un anno più avanti il gruppo pubblica il suo quinto album, “The Spaghetti Accident?”, che non riscuote però lo stesso successo dei precedenti.

Poco tempo dopo in ordine Slash, Matt Sorum e Duff McKagan lasciano la band, tutti a causa del deterioramento del loro rapporto con l’evidentemente troppo carismatico Axl Rose. Non deve essere stato facile infatti convivere col frontman, spesso protagonista di comportamenti

aggressivi e imprevedibili, probabilmente causati da quello che poi gli verrà diagnosticato come un disturbo bipolare.

Muore così la leggenda di quei ragazzi di Los Angeles, che con il loro rock, con i loro atteggiamenti, con il loro stile ribelle, hanno di fatto portato il metal nel mercato mainstream, lasciando un segno indelebile nella musica moderna. In seguito i Guns n’ Roses continuano ad esistere, sorretti dall’immagine di Axl Rose, in quanto gli atri membri del gruppo cambiano in continuazione, e nel 2008 pubblicano un album, “Chinese Democracy”, che ottiene giudizi discordanti ma che più niente ha a che fare con la musica, lo stile, lo spirito che un tempo i Guns n’ Roses incarnavano.

Ora, finalmente, dopo tanto tempo i membri si ritroveranno, e suoneranno insieme al Coachella Valley Music and Arts Festival. La speranza, è che tornino a suonare un po’ di quel sano sleaze metal di cui un tempo furono i pionieri.

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