Febbraio 2016

n° 5 febbraio 2016

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EtCetera Majorana Desio

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“il giornalino degli studenti”

Corsi di Economia Blasfemia: un illecito illecito L’11, il 16 e il 18 marzo dalle 10.15 alle 12.05 si terranno in aula magna dei corsi di avviamento alle discipline economiche. Si tratteranno argomenti di microeconomia, macroeconomia e sistemi finanziari. Sono invitati gli studenti delle classi 4^ e 5^; la partecipazione è trasversale.

Majo Contest Fai parte di una band?

Hai voglia di metterti in gioco?

Preparati, il primo mega evento musicale nella storia del Majorana sta per arrivare. (scopri di più a pag.4)

[...] ha senso parlare di blasfemia non essendo possibile chiarire cosa può e cosa non può essere blasfemo? (continua a pag. 16)

Circus Collision Lorenzo Ferri ci svela chi sono. (scoprilo a pag. 21)

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Indice

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Storie di viaggio......................................................................................3 Majo Contest...........................................................................................4 How to Majo...........................................................................................6 Le 40 regole per scrivere bene...............................................................8 DDL Cirinnà.........................................................................................10 In memoria di Alan Hickman................................................................12 CL, che cosa sei....................................................................................14 Blasfemia, un illecito illecito................................................................16 Dietro le quinte di un fumetto...............................................................18 Circus Collision.....................................................................................21 Intervista a Giulia Bianco.....................................................................25 Riccardo Sala, ex

Forse non tutti sanno che....

… la pronoia, opposto della paranoia, è la sensazione di avere attorno persone sempre pronte ad aiutarti.

… la lettura su carta è in media più veloce del 25% rispetto a quella su un dispositivo elettronico. … il Crispy McBacon è disponibile solo in Italia, ispirato all’antica catena Burghy … il karaoke è nato dopo che un famoso cantante aveva annullato un concerto … il primo ad introdurre un giorno extra ogni 4 anni fu Giulio Cesare, il “bis sexto kalendas Martias” … in una vita media di 80 anni se ne passano 30 ad occhi chiusi … esistono oltre 700 rappresentazioni alternative alla tavola periodica di Mendeleev … la parola candidato deriva dalla toga bianca e candida, simbolo di onestà, che indossava chi nell’antica Roma aspirava a cariche politiche. … una tradizione anglosassone prevedere che il 29 febbraio le donne possano fare proposte di matrimonio e agli uomini non è concesso di rifiutare, una volta per una legge era previsto un rimborso per la ragazza rifiutata, oggi rimane solo simbolicamente. … American Airlines ha risparmiato 40mila dollari nel 1987 eliminando una oliva per ogni insalata che serviva in prima classe.

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Lettura

3 Storie di viaggio - Unplugged Quei momenti in cui sei a letto la sera e stai per addormentarti, ma non ci riesci perchè la tua mente è altrove. Quando sei in macchina e non guidi tu, guardi fuori dal finestrino, ma non vedi niente, fissi il vuoto e pensi a posti lontani. Quando sei sul pullman, cuffie nelle orecchie, ma non ascolti, lasci che la musica ispiri il tuo umore e la tua fantasia.

Quando sei in sala d’attesa, guardi i quadri o i certificati appesi ai muri, senza leggerli, sei distratto da qualcos’altro. In tutte queste situazioni, indipendentemente da dove ci si trova, la mente viaggia più veloce, elabora film mentali: la storie improbabili che per i più nostalgici correggono il passato, per gli insoddisfatti cambiano il presente, per i sognatori plasmano il futuro.

Non ti è mai capitato? A me spesso.

Forse perché spesso non ho niente da fare ( o almeno così mi dicono), quindi ho bisogno di occupare il tempo in qualche modo e ho pensato le mie storie di viaggio, cioè i miei viaggi mentali. Ognuno ha i propri, cambiano con la personalità e a seconda della professione, dell’età. Cambia anche il tempo che si ha disposizione. Da bambini si passa la maggior parte del tempo a crearsi storie con la fantasia, a tal punto che spesso si gioca a viverle. Come quando il pavimento diventa lava o una penna diventa un aereo.

E se si provasse a scrivere queste storie di viaggio? Magari tenendo conto che ognuno ha le sue, quindi cambiando punto di vista.

Potrebbe nascere un “nuovo” genere letterario. Qualcosa di simile a un romanzo epi-

Rixa

stolare o ai romanzi a puntate di Dickens, ma niente di tutto ciò. Sarebbe qualcosa di più personale, per pochi lettori, per coloro che prendono parte alla storia. Ci sarebbe una sorta di sovrapposizione tra lettore e personaggi, qualcosa oltre la semplice immedesimazione, proprio un’identificazione coi personaggi (una roba tipo proprio lui).

Direi che è un progetto un po’ utopico o meglio utopico se si pensa di rivolgersi a un pubblico di massa. Difficile coinvolgere nella storia come personaggi così tanti lettori. Potrebbe applicarsi benissimo in un ambiente ristretto, un gruppo di amici che, per sfuggire a quella peste della noia, si raccontano tra loro storie per un tot. di giorni.

Boccaccio consiglia dieci, ma io preferisco un mese. Comunque in questo modo i personaggi riconoscono se stessi, ma anche gli altri. I personaggi sarebbero anche indipendenti dall’autore, cioè sono già esistenti, serve solo che qualcuno metta in scena la loro storia.

La storia raccontata mette in evidenza ogni singolo personaggio, ma anche il legami che ci sono tra di loro e questa forse è la cosa più interessante. Per quanto fantasiosa possa essere una storia di questo tipo prende sempre spunto dalla realtà, da situazioni già vissute perché i personaggi stessi sono reali. Le storie di viaggio riescono a intrappolare nella fantasia la realtà, così ogni volta che le leggeremo, penseremo o ascolteremo ci verrà in mente quell’occasione e quelle persone che l’hanno ispirata.

Io direi che vale la pena di provare.

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Eventi

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Davide sinonimodiavaroalplurale, 4a

Majo Contest Perché, in tutta la storia del Majo, nessuno ha mai pensato di realizzare un mega evento musicale?

Non lo sappiamo. Ma abbiamo una certezza: quest’anno si farà.

Sarà un contest musicale a cui potranno partecipare alcune band della scuola stessa. Alla fine di questo, dopo il voto del pubblico e della giuria, la band che si posizionerà per prima riceverà un premio, come si è soliti fare in ogni miglior contest.

Ma quindi, quando, dove e come si farà?

QUANDO? Sarà il primo degli eventi che si terranno tra maggio e giugno, ancora prima della MajoRun, e sarà probabilmente di sabato pomeriggio, così da rendere più facile la permanenza a scuola dopo la fine della mattina.

In caso non si potesse fare di sabato pomeriggio, si terrebbe la domenica, così da avere anche più tempo e più tranquillità.

DOVE? Nel parcheggio! Monteremo un palco apposta su cui suonerà ogni band, e garantiremo anche un servizio di rinfresco con bevande e cibi vari, per passare il tempo e sgranocchiare qualcosa mentre si ascolta una band o l’altra. Sarà possibile stare anche sul prato, all’ombra, sdraiati.

A non fare assolutamente nulla.

COME? Arriviamo alla parte più tecnica e complicata: l’organizzazione.

Nel caso questo si svolga al sabato pomeriggio, tutti potranno stare direttamente a scuola e prendersi una pizza, o attraverso i rappresentanti (come l’anno scorso alla finale di calcetto) o autonomamente.

Il pranzo si svolgerà in due turni, uno dopo le 12.05, al termine della quarta ora e uno alle 13.10, dopo la quinta.

Nell’arco del pomeriggio suoneranno 4 band con almeno un componente interno alla scuola, portando ognuno brani per mezz’ora di tempo (al massimo). Ognuno potrà suonare

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Eventi

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qualsiasi pezzo voglia, inedito o cover, senza nessuna limitazione.

Ci sarà una giuria composta da ex studenti, prof e genitori competenti che valuterà l’esibizione di ognuno, in base ad alcuni criteri come l’esecuzione, l’originalità e l’impatto scenico di ogni gruppo (questi sono solo degli esempi, accettiamo consigli!).

Anche il pubblico potrà votare: ognuno potrà votare anche più di un gruppo.

Dopo la mezz’ora di concerto, i componenti della band che ha appena finito di suonare e quelli del gruppo successivo dovranno smontare in cinque/dieci minuti la propria strumentazione per lasciar montare agli altri.

Così passeranno le ore e succederanno cose varie, mentre tutti potrete mangiare e rilassarvi un po’.

Alla fine di tutti i concerti ci sarà un breve intrattenimento, fatto da nonso-chi che farà cose, mentre la giuria decreterà il vincitore, facendo una media anche con i voti del pubblico.

Alla fine, verrà svelato il reale vincitore: il gruppo che si è distinto

per la miglior esibizione, verrà premiato con allori e doni dall’Oriente, che saranno decisi più avanti.

Sperando esaustivo concludo

di

essere stato quanto basta, qui la presentazione.

Ma faccio un’ultimo e semplice appello: tu, che hai un gruppo e che hai voglia di suonare qui a scuola anche solo per divertirti, fatti avanti!

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Scuola

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How to Majo Terzo anno #EatSleapMajoRepeat.

Per cinque anni rimarrete bloccati al Majo con un solo obiettivo: sopravvivere.

Questo vale per molti di voi, cercherò di dimostrarvi che non è così tragica continuando a scrivere la storia del viaggio attraverso il liceo, a metà tra una guida di sopravvivenza e una memoria, quindi troverete consigli e aneddoti, inserirti anche per evitare che ripetiate i miei errori ingenui da studente medio.

TERZO ANNO: Il terzo anno è la chiave di volta perché si entra nel vivo della vita liceale, tiene insieme i primi anni ingenui con i successivi, quelli in cui in teoria bisognerebbe essere più maturi, diventare maggiorenni, votare, la patente ecc.

Il terzo anno è un turning point, un anno di cambiamenti, ci sono nuove materie, aumentano il numero di ore; si scopre la filosofia, questa cosa misteriosa che se si studia con criterio aiuta sicuramente a riflettere e a maturare; iniziano ad esserci i crediti, questi misteriosi punti, quasi fosse un gioco, che si ottengono in base alla media scolastica, che inizia quindi ad avere un certo peso concreto e infine c’è il famoso credito formativo “bonus”, che è sempre un po’ confuso e misterioso e per cui si butta in diverse iniziative.

Non si è più gli ultimi arrivati, si è forse più sicuri in questo nuovo ambiente, si iniziano a conoscere quelli più grandi, si inizia a

Riccardo Sala, Majores

fare parte a pieno titolo di qualcosa, c’è chi arriva ad essere responsabili di un media, ma soprattutto si può andare legalmente alle feste in discoteca #eatsleepmajorepeat (ho quasi conosciuto più Majorani lì che a scuola e non scherzo).

Considerato il credito, considerato il buon grado di conoscenza che ormai si dovrebbe avere del Majo, il terzo anno è il momento giusto per buttarsi in qualche iniziativa, anche solo per provare, per trovare il proprio ruolo all’interno della scuola. Sarà che era dalla prima che mia madre me lo ripeteva - “dalla terza ti devi mettere a fare qualcosa, vai al giornalino” - in terza io ho iniziato a scrivere per il giornalino (e prima o poi smetterò di farlo, non temete ingenui).

Non bisogna avere chissà quali competenze, basta avere qualcosa da dire, qualche idea, si può parlare di attualità, della scuola o parlare dei propri interessi. Uno dei miei primi articoli era un’ironica critica al Majorana (no dai?!) che fraintesa fece non poco arrabbiare i piani alti, fui anche convocato per chiarimenti da Nico Grassi, eppure sono ancora vivo e convinto di quello che scrissi, quindi non c’è da temere. Il che mi diede anche occasione per chiedere poi a Nico aiuto a decifrare gli esercizi e prepararmi per una verifica di matematica, avendo entrambi lo stesso prof con la Brianza nel cuore.

Ricordo benissimo anche la prima riunione, in cortile, in cui mi sentii molto a mio agio, in cui mi venne incontro un raggiante Stefano Tagliabue, voglio bene a tutti (e tutti lo

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Scuola sa), ma per me è stato il mio caporedattore, quindi il migliore. Ricordo quella riunione anche perché in quel pomeriggio c’era in ballo lo scrutinio delle elezioni di quell’anno, cominciavo a tendere l’orecchio e interessarmi un po’ a come funzionano queste cose. Così mi sono anche deciso a fare il Rappresentante di Classe (che secondo la leggenda è una di quelle cose che fa ottenere il famoso credito di cui sopra), che vuol dire iniziare a prendersi qualche responsabilità verso i propri compagni, anche essere criticato, dare spiegazioni, vuol dire anche partecipare alle Assemblee dei Rappresentanti.

Se volete farlo anche voi fatelo seriamente o lasciate perdere, fare il Rappresentante non attribuisce chissà quale prestigio o potere, non si diventa il capo, si diventa il rappresentante, cioè il porta voce, quello che magari deve incastrare i turni delle interrogazioni programmate, che deve trattare e discutere coi prof o che deve raccogliere i soldi e le autorizzazioni, che è il compito più odioso di tutti perché ci sarà sempre qualcuno che non collabora. Allo stesso modo, non fare il Rappresentante non preclude il fatto di poter farsi portavoce di se stessi e portare avanti le proprie idee.

Arrivati a questo punto, a metà del Liceo, se si ha una bella idea o si vuole fare qualcosa perché non tentarlo? Grazie al giornalino ho cominciato ad uscire un po’ dalla mia classe, dalla mia nicchia pigra da studente medio. A quei tempi c’era una grande rivalità tra il giornalino e la neonata radio, io avevo iniziato fin da subito a scrivere qui su EtCetera una rubrica musicale e quindi pensando che potesse fare da ponte, iniziare a unificare le redazioni e diventare una rubrica cross-mediale cercavo di intercettare le

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riunioni tra i capi dei media per proporre la cosa, che poi si tradusse in un nulla di fatto.

Mai arrendersi! Infatti a quei tempi i Rappresentanti d’Istituto stavano formando attorno a sé un gruppo di aiutanti (per cui su consiglio di uno ai tempi amico, proposi il nome Majutanti) e decisi di farne parte proponendo i miei primi suggerimenti per la Cogestione di quell’anno. Sempre per la logica del “se si ha una bella idea perché non tentarla?” e avendo capito un po’ come giravano le cose, dopo l’estate con la mentalità ancora da terza, prima che iniziasse ogni cosa, ho chiesto con una mia compagna un appuntamento alla Preside (non fate i maliziosi) per discutere di alcune nuove iniziative future come gadgets e simili. Tutto ciò da semplice studente medio, con le solite paranoie, con poca popolarità, ma con voglia di fare. Allo stesso modo si può per esempio rimettere, non senza problemi, il torneo di calcetto, come ha fatto Filippo l’anno scorso.

In sintesi, al terzo anno ci si butta in qualche impresa. Ora c’è più scelta, non c’è più solo il giornalino, ci sono altri due media, non dimentichiamo il majosuona, il coro e tantissime attività che conoscete bene quanto me, inutile elencarle tutte, impossibile farle tutte, anche se c’è qualcuno che ci sta provando. Tentare non nuoce, questo è il consiglio. Ho sentito tanti miei amici alla fine del majo che dicono “se avessi iniziato prima” “se avessi questo” “se avessi quell’altro”. Dopo c’è poco tempo per recuperare. Che senso ha aspettare?

To be continued…

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Scuola

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Niccolò Barberio, 3C

Le 40 Regole per scrivere bene Lo so. In questi giorni se ne è già parlato molto, tuttavia, soprattutto perché ci troviamo nel luogo di formazione della cultura, mi sembra ingiusto non buttare giù qualche riga: la settimana scorsa, venerdì 19 febbraio, si è spento Umberto Eco, uno dei maggiori scrittori e filosofi italiani contemporanei.

Potrei mettermi a scrivere di lui pagine e pagine di parole, dire quanto fosse colto e intelligente, esporre il suo pensiero critico, gli argomenti delle sue lezioni...ma no, non lo farò.

Credo che questo compito sia più adatto a chi lo ha conosciuto, sia come autore (io, personalmente, non ho mai letto un suo libro), che, soprattutto come persona.

Questo perché se dovessi stare a commemorare Umberto Eco lo farei riempendo l’articolo di una moltitudine di parole vuote copiate da Wikipedia.

Per questo ho deciso di ricordare questo autore riproponendo “Le 40 regole per scrivere bene” tratte da “La bustina di Minerva”, che –qualcuno potrebbe obiettare– sono sì parole copiate, ma, per lo meno, possiedono una qualche utilità.

1. Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.

2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.

3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.

4. Esprimiti siccome ti nutri.

5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.

6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.

7. Stai attento a non fare… indigestione di puntini di sospensione.

8. Usa meno virgolette possibili: non è “fine”.

9. Non generalizzare mai.

10. Le parole straniere non fanno affatto bon ton.

11. Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni.

Dimmi solo quello che sai tu.”

12. I paragoni sono come le frasi fatte.

13. Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito).

14. Solo gli stronzi usano parole volgari.

15. Sii sempre più o meno specifico.

16. L’iperbole è la più straordinaria delle tecniche espressive.

17. Non fare frasi di una sola parola.

Eliminale.

18. Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente.

19. Metti, le virgole, al posto giusto.

20. Distingui tra la funzione del punto e

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virgola e quella dei due punti: anche se non è facile.

21. Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso el tacòn del buso.

22. Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia.

23. C’è davvero bisogno di domande retoriche?

24. Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media.

25. Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia.

26. Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.

27. Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!

28. Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.

29. Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili.

30. Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi.

Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio.

31. All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo).

32. Cura puntiliosamente l’ortograffia.

33. Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.

34. Non andare troppo sovente a capo.

Almeno, non quando non serve.

35. Non usare mai il plurale majestatis.

Siamo convinti che faccia una pessima impressione.

36. Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato.

37. Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni.

38. Non indulgere ad arcaismi, hapax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differenza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competenze cognitive del destinatario.

39. Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che.

40. Una frase compiuta deve avere.

Ps: ora quelli che non producono articoli per il giornalino non avranno più la penosa scusa del “ma io non so scrivere…”

Pps: chiedo venia, nel caso non avessi seguito tutte le regole.

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DDL Cirinnà

Beatrice Corti, 2c

perchè è ormai ora di dire “Sveglia Italia” In questi giorni in Parlamento si sta discutendo una legge che, se approvata, permetterà anche alle coppie di fatto, etero e omosessuali, che lo desiderano di essere inscritte nel registro delle coppie di fatto e quindi di acquisire gli stessi diritti e doveri delle coppie eterosessuali sposate.

Questo decreto, il DDL (Decreto Di Legge) Cirinnà, rischia di non passare alle votazioni perché molti partiti (soprattutto di destra e centrodestra, ma non solo) si oppongono strenuamente, impendendo di fatto che tutti i cittadini possano godere al pieno dei propri diritti.

Ma quali sono i veri punti salienti? E soprattutto, perché è così importante che questa legge venga approvata al più presto?

Iniziamo a vederla più nel dettaglio.

Uno dei punti più discussi e su cui si basa la principale argomentazione di chi non vuole approvare questa legge è quello che riguarda la “stepchild

adoption”. Tradotta in italiano (perché in inglese fa più figo, ma poi si rischia di non comprendere o travisare il significato) significa letteralmente “adozione del figliastro”. Non è quindi, come chi è contro sostiene, il via libera alle adozioni da parte di coppie omosessuali, ma permette solo che il compagno possa adottare il figlio che il partner ha avuto da precedenti relazioni, diventandone quindi un tutore. (N.B. Questo è permesso alle coppie etero dal lontano 1988).

Dunque, si può dedurre che la maggior parte delle persone contrarie non sappia neanche contro che cosa stia combattendo, ma si limiti a ripetere ciò che sente da terzi, senza informarsi direttamente (tra l’altro, mi piacerebbe sapere quanti politici abbiano effettivamente letto il decreto, ma questo è un altro discorso).

Nessuna menzione invece, forse perché considerato troppo acerbo per i tempi, sull’utero in affitto, che, anzi, molti partiti chiedono di rendere illegale,

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Attualità

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peraltro ignorando che a usufruire di questa pratica sono al 98% coppie etero.

In realtà la stepchild adoption non è che uno dei molti punti di questo decreto legislativo. La maggior parte degli articoli che lo compongono sono infatti volti a regolarizzare e tutelare l’unione civile, come viene affermato nella prima pagina del decreto. Si legge infatti che: ” L’unione civile definisce il rapporto tra da due persone maggiorenni, anche dello stesso sesso, che vogliano organizzare la loro vita in comune. La disciplina proposta, con uno statuto normativo flessibile e «leggero», intende fornire ai cittadini che scelgano forme non tradizionali di convivenza la necessaria tutela delle relative situazioni giuridiche soggettive, evitando così ogni forma di discriminazione ai loro danni.”

È giunto quindi il momento di dire “Sveglia Italia”? Siamo ormai tra gli ultimi paesi in Europa in cui non esiste ancora nessuna normativa riguardo alle unioni civili. Chi ci fa compagnia sono soprattutto paesi dell’Est Europa (Polonia, Slovacchia, Lettonia, Lituania, Bulgaria e Romania), mentre tutte le più grandi potenze come la Germania e il Regno Unito hanno una legislazione efficiente in materia.

Quindi, ricapitolando, il DDL Cirinnà è una legge che ha lo scopo di dare alcuni diritti fondamentali, tra cui quello dell’assistenza al partner in caso di ricovero in ospedale e quello della condivisione dei beni, a persone a cui finora sono stati negati. Non mira quindi a togliere benefici a chi ce li ha già, ma è un segno di grande umanità e intelligenza, perché mira all’equiparazione dei diritti.

N.d.A.: non pretendo di conoscere l’argomento alla perfezione, ma ho solo voluto esporre il mio parere su un tema di cui si è discusso molto e che ho voluto approfondire.

Inoltre non si deve dimenticare che ad oggi in Italia sono presenti circa 100.000 mila minori che vivono in una famiglia omogenitoriale (dato in aumento) e che quindi non si sta parlando di un ipotetico futuro, ma del presente e delle vite concrete di persone concrete, che hanno diritto, in quanto cittadini italiani, ad avere tutti i benefici che questo porta.

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Andrea D’Apolito, 4G

In memoria di Alan Hickman “Quando avrò 80 anni e sarò seduto sulla mia sedia a dondolo, leggerò Harry Potter. E la mia famiglia mi chiederà: <Dopo tutto questo tempo ?> e io dirò: <Sempre.>” Ridurre la vita e la carriera di Alan Rickman ad una sua citazione non sarebbe corretto, ma di certo non esistono parole più adatte per un uomo che si è quasi completamente dedicato all’interpretazione di un ruolo che ha fatto gioire e piangere milioni di persone in tutto il mondo.

E pensare che lui non voleva nemmeno fare l’attore! Per merito della sue spiccate doti artistiche, venne ammesso all’età di 18 anni alla Royal Academy of Dramatic Arts di Londra, dove studiò per diventare graphic designer. “La recitazione non può essere considerata una professione per un diciottenne” disse, ma l’amore per il teatro ebbe la meglio.

Interpreta in numerose produzioni shakespeariane che riscuotono fama grazie alle loro trasposizioni oltreoceano, dando l’opportunità al giovane ragazzo londinese di essere osservato dai più noti produttori americani. Il primo ruo-

lo di rilievo lo ottiene nel film “Trappola di cristallo” con Bruce Willis, dove interpreta il capo di un organizzazione terroristica. Siamo ancora ben lontani dal professore di pozioni, prima del quale Alan recita anche in alcune commedie dando dimostrazione della propria duttilità.

Siamo ora nel 2001, Tim Roth rifiuta il ruolo di Severus Piton nella trasposizione cinematografica del fenomeno letterario di Harry Potter, e esso viene consegnato nelle mani del poco noto Alan. “Harry Potter e la pietra filosofale”, il primo film della serie (spero lo sappiate), ha incassato la non indifferente cifra di 800 milioni di dollari in tutto il mondo... WTF?! Un film tratto da un libro per ragazzi, la cui autrice JK Rowling (sempre sia lodata) è stata respinta da molteplici case editrici, può aver ottenuto così tanto successo?

Risultato: la Rowling è la donna più ricca del regno Regno Unito dopo Sua Maestà e le sue opere frantumano ogni record. Ora, io sono di parte e questo penso si sia capito (possiedo un’originale riproduzione della Bacchetta di Sambuco di Albus Silente, quindi non sfottetemi, potrei farvi del male...), ma

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Attualità

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il fascino del contesto e il modo in cui la magia é concepita all’interno dell’universo di Harry Potter è qualcosa di difficilmente descrivibile. Ma probabilmente il segreto è tutto qui: ci piace e ci affascina ciò che non possiamo avere e quel briciolo di speranza, quell’enorme desiderio che tutto ciò diventi realtà è fantastico Ogni bambino dovrebbe crescere con un libro di Harry Potter sullo scaffale, assolutamente.

Scusate per la digressione, ma per un fanatico come me era doveroso farla.

Parliamo ora più approfonditamente del personaggio di Severus Piton, interpretato dal nostro Alan Rickman.

Nel corso dei film, il professore mostra un atteggiamento distaccato, quasi di odio e ribrezzo, verso il giovane Harry. Ma questo perché? Per chi non lo sapesse, il professore è innamorato di Lily, la mamma del maghetto, che però sposò James Potter, “pigro e arrogante” (come definito da Severus), al timido ed introverso Piton.

Questa faccenda segna indelebilmente il rapporto tra i due. Il vero obiettivo, i veri valori e comportamenti vengono a galla solo nell’ultimo film dove Severus dimostra di aver sempre badato ad Harry, nonostante il non facile rapporto con

James, proteggendolo ed educandolo al sacrificio. Nascondere per anni le vere intenzioni, i profondi sentimenti non è facile, così come non lo è interpretare un personaggio con così tante sfumature e conflitti dentro di se, che ha sempre dovuto fare la scelta giusta tra Bene e Male.

Chapeu per Alan Rickman, che grazie al suo talento ha saputo dare in parte vita alla saga cinematografica più bella di sempre (si, anche più bella di Star Wars, anche più bella del Signore degli Anelli! Avada Kedavra a chi sostiene il contrario!).

Le mie lodi possono fermarsi, purtroppo, all’analisi del personaggio sopra citato, ma personalmente mi basta e sono felice di aver avuto la fortuna di ammirare con passione le sue interpretazioni. <It’s real for us.> Grazie Alan.

Londra, 21 febbraio 1946 – Londra, 14 gennaio 2016

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Luca Chiolo, 4G

CL, che cosa sei?

Movimento fondato al fine di promuovere il culto cristiano? Una setta? Un gruppo di persone che vogliono il bene comune? Una marmaglia di fanatici?

ciellino in ambito economico insomma.

Essa si propone di promuovere e tutelare la dignitá dei lavoratori ed il lavoro stesso.

Ufficiosamente,”Comunione e Liberazione”(abbreviato in CL) é un movimento cattolico ecclesiale fondato da don Luigi Giussani nel 1954, lascito di “Gioventù Studentesca”, un ramo di “Azione Cattolica”.

Il primo dubbio che sorge spontaneo è: tutto sto potere finanziario in mano a della gente di Chiesa?

Per farla breve, un movimento ecclesiale è una realtá concreta nella Chiesa, al quale aderiscono principalmente dei laici, senza escludere però gli ecclesiastici.

CL nasce con la missione di educare i propri membri ai valori cristiani nella vita di ogni giorno, al fine di far conoscere Cristo ed il cristianesimo(con i valori annessi quali amore, rispetto, caritá, fede etc.) ad ogni uomo.

Bello vero?

Sì sì, bellissimo.

SI MA TUTTI BRAVI A PARLARE. Oggi CL si presenta come una forte organizzazione socio-finanziaria, con contatti ovunque. Ad essa,é collegata la “Compagnia delle Opere”, un’organizzazione di carattere impreditoriale che conta 36.000 imprese in tutto il mondo, con un totale di 56 sedi. Il braccio

Un po’ contraddittorio rispetto ai principi su cui CL si erge. Avere un certo controllo su una buona fetta della realtá economica-politica italiana ed internazionale non é però passato inosservato: Roberto Formigoni, ex-presidente della regione Lombardia, é membro attivo di Comunione e Liberazione e della Compagnia delle Opere, e questo fenomeno ne ha combinate delle belle.

Nel 2010, la giunta Formigoni approvò il progetto di legge che affidava la gestione dell’acqua di tutta la Lombardia in mano ai privati (Multinazionali,societá etc.).

Ciò venne fatto nonostante la mobilitazione dei comitati “Acqua della Lombardia” e l’invio agli assessori comunali di oltre 7000 e-mail di protesta.

Sebbene il comunicato stampa deliberato in seguito a tali proteste annullava il progetto di legge della giunta, esso era un falso. In seguito, la proposta venne comunque respinta ed i referendum del 2011 che proponevano tale legge a

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livello nazionale la eliminarono definitivamente.

In sostanza: sei di CL? Ti faccio dirigente.

Ora, non possiamo sapere a quali privati sarebbe stata affidata la gestione del nostro bene più prezioso, ma giusto per mettervi la pulce nell’orecchio, un complottista vi direbbe: ”e se la gestione del nostro bene più prezioso, attraverso un piano di un ciellino, fosse finita in mano alle imprese della Compagnia delle Opere? Il controllo dell’acqua é un grande potere economico e politico, e tale potere sarebbe stato di un movimento che negli ultimi anni sta diventando sempre di più una lobby!

Nonostante questa cosa non sia avvenuta, bisogna tenerla in considerazione comunque come possibile fine del progetto di Formigoni.”

Applausi al nostro fenomeno. Non fatevi ingannare cari lettori,questa cosa é presente anche in realtá molto vicine a noi.

Rifletteteci.

Il nostro genio é stato inoltre soggetto a critiche riguardo ad un fenomeno che sta diventando sempre più frequente in ambito lavorativo in riferimento a CL: lo “spoil system”.

Esso principalmente consiste nel collocare affiliati di CL ai “piani alti” di un’azienda o di un’istituzione nella quale è giá presente un nucleo ciellino.

Le suddette critiche affermavano che Formigoni si avvalse di tale sistema per scegliere i dirigenti della Regione Lombardia.

Ho voluto mettere in evidenza solo questi due avvenimenti, ma mi dispiace dire che ce ne sono stati altri, come ad esempio lo scandalo riguardante gli appalti della società “la Cascina”, oppure lo schifo che sono i guadagni che si fa CL con gli sponsor al meeting di Rimini (un ottimo servizio è stato fatto da Saverio Tommasi, e la documentazione è presente su youtube, per chi ha lo sbatti di cercarlo).

Infine, anche papa Francesco ha chiesto a questa “organizzazione” di darsi una calmata.

Majorani, al fine di non ammorbarvi troppo con le mie farneticazioni, concludo qua il mio articolo.

CL...uff, giá in politica e nelle situazioni finanziarie ne abbiamo di gatte da pelare,v edete di occuparvi di ciò che é davvero di vostra competenza.

Tengo a sottolineare che questo articolo esprime esclusivamente la mia opinione, supportata da fatti reali.

La documentazione relativa ai suddetti è facilmente reperibile su Internet.

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Attualità

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Luca Lissoni, ex

Blasfemia: un illecito illecito Nel nostro paese la blasfemia è considerata un illecito punibile con fino a 309 euro di multa. Trascurando la domanda, lecita, su quale diabolico legislatore possa aver pensato di introdurre una sanzione che non corrisponda a una cifra tonda, passerei rapidamente alla questione principale. È giusto che un paese che si professa democratico tale atto sia punibile? Anzi, ha senso parlare di blasfemia non essendo possibile chiarire cosa può e cosa non può essere blasfemo?

Da un’analisi preliminare sembrerebbe che la sanzione della blasfemia sia lecita e condivisibile all’interno di una società democratica, poiché potrebbe parere che sia un deterrente dall’insulto deliberato dei valori di una determinata componente religiosa. Quindi dovremmo trattare l’atto o l’affermazione blasfema al pari di una manifestazione di odio razziale nei confronti di una determinata etnia. Il ragionamento fin qui sembrerebbe filare.

Un paio di scoperte recenti però mi hanno portato a riflettere in maniera più profonda su questo argomento.

La prima è che la nuova costituzio-

ne islandese legalizzi la blasfemia (che cessa di esistere come illecito anche nella forma di “insulto religioso”, come esiste in altri paesi europei): un po’ strano, ma nulla di eclatante se si considera che l’Islanda dopo il default ha iniziato ad assumere le fattezze di una repubblica hippy, in cui uno dei membri di spicco di un partito emergente, il Partito dei pirati (si per davvero) è una poetessa che ha dichiarato di aver imparato a parlare in pubblico agli incontri degli alcolisti anonimi.

Tuttavia, è la seconda notizia ad essere stata spiazzante: esiste una raccomandazione del Parlamento Europeo risalente al 2007 che invita i paesi membri ad eliminare gli illeciti di blasfemia e ingiuria religiosa.

Superato lo stupore iniziale scaturito da questa notizia, ho iniziato a riflettere su quali potessero essere le cause di tale raccomandazione. Erano lampanti. Non è propriamente definibile ciò che è blasfemo e ciò che non lo è: se domattina il mio vicino di casa diventasse profeta di una nuova religione, e tale religione ritenesse ingiurioso nei confronti della divinità indossare qualunque indumento diverso dal kilt

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Attualità

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scozzese, egli potrebbe sostenere che tutti i portatori di jeans siano colpevoli di blasfemia nei confronti del suo dio.

E obiettivamente avrebbe ragione.

Proprio l’ambiguitá nel poter distinguere ciò che si può additare come blasfemo da ciò che non lo è rende l’esistenza di questo illecito non solo poco sensata, ma anche pericolosa. Il fatto di essere potenzialmente in grado di definire qualunque atto come blasfemo, e come tale, sanzionabile, è un possibile strumento di ritorsione contro persone scomode non solo per le organizzazioni religiose, ma anche per governi e partiti politici.

Quanti intellettuali nella storia sono stati minacciati, ricattati e imprigionati con l’accusa di essere blasfemi? È possibile che l’Italia preservi l’illecito di blasfemia non volendo accantonare questa gloriosa pagina della storia per avere qualche punto di contatto con stati come l’Iran o l’Arabia Saudita.

L’esistenza dell’illecito di blasfemia infine, non è soltanto sbagliata perché ambiguamente interpretabile o utilizzabile come strumento di ritorsione in ragione di tale ambiguità, ma è privo di ogni fondamento razionale.

L’esistenza di una dimensione metafisica o del divino non è dimostrabile

con la ragione, pertanto ciascuno può sviluppare all’interno del proprio io credenze di natura metafisica e religiosa dotate di caratteristiche proprie. Ne consegue direttamente che qualsiasi atto/azione è potenzialmente blasfemo per qualcuno.

Alla luce di ció, l’esistenza dell’illecito di blasfemia si trasforma in “Qualunque atto/affermazione è punibile con un’ammenda di 309 euro qualora qualcuno dicesse di essere da esso urtato nella propria dimensione spirituale”. È chiaro che tale illecito vada pertanto abolito.

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Gabriele Nanni, 4F

Eh sì, leggere, per chi sa apprezzarlo, può essere una bellissima attività. Si possono leggere libri, articoli di giornale, consultare enciclopedie, diari, o anche semplicemente buttare qualche occhiata su barzellette o curiosità. Tra tutti i vari prodotti più o meno colti e letterari a cui si può avere accesso, esistono anche i fumetti.

Essi si differenziano leggermente da ciò che ho nominato più sopra, per un semplice, generale, aspetto: se romanzi, articoli o pagine internet sono tendenzialmente scritti da una sola persona, che, appunto, si occupa di mettere “nero su bianco” i suoi pensieri in prosa o in poesia, avvalendosi solo magari di qualche consiglio esterno, così non è per i fumetti. Questi, tendenzialmente, nascono dalla stretta collaborazione di 5 distinte figure, i cui compiti tenterò di spiegare in questo articolo.

1 – Lo sceneggiatore. Costui è il vero e proprio scrittore della storia. Si occupa infatti di riportare su carta le battute, i movimenti, la mimica e le inquadrature entro i quali dovranno muoversi i personaggi nel corso della storia. Ad ogni sceneggiatura, ovviamente, corrisponde un preciso soggetto (la nuda e

cruda trama della storia stessa), il quale nella maggior parte dei casi nasce dalla mente dello sceneggiatore. Ma non mancano le eccezioni, e soggetto e sceneggiatura talvolta non risultano elaborati dalla stessa persona. Fino a qui è tutto molto simile al teatro, se vogliamo fare un parallelo, soggetto/sceneggiatura = canovaccio/testo teatrale.

Le cose però cambiano con “l’entrata in scena” della figura numero 2 – , ovvero il disegnatore. Egli si occupa appunto di disegnare la storia, dare un volto ai personaggi e farli muovere secondo lo schema della sceneggiatura. Da questa dipendono tutti i disegni del fumetto, e proprio a causa del forte sodalizio che esiste tra sceneggiatore e disegnatore, capita molto spesso che i ruoli non siano fissi e standardizzati, ma ci sia invece una forte contaminazione tra le due figure.

Alla fine, questa porta inevitabilmente a darsi consigli reciproci. Perciò, si può affermare che in un fumetto si è in parte sia sceneggiatori che disegnatori a seconda delle necessità e delle idee costruttive che nascono da entrambe le parti. Da non trascurare, il disegnatore si occupa anche dell’impaginazione e delle forme e tratto che caratterizzano

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Curiosità

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le vignette.

3 – La figura numero 3 è invece costituita dal copertinista. A costui spetta il compito di, quasi inutile dirlo, ideare e disegnare la copertina del fumetto. Su tale fronte, quindi, i fumetti si discostano pesantemente dai libri: per questi, il più delle volte, la copertina non è affidata ad un autore specifico, ma consiste in particolari di illustrazioni o fotografie, concepite in altri occasioni, che poi vengono utilizzati come copertine. Nei fumetti la copertina è una realtà importante tanto quanto la sceneggiatura e i disegni, talmente che essa viene affidata ad una persona scelta per il suo tratto, che lo contraddistingua da altri artisti e che dia al fumetto una sorta di “tocco di classe”.

Il ruolo che una copertina ha per un fumetto non deve quindi essere assolutamente sottovalutato.

4 – La figura numero 4 è il colorista.

Questi non è sempre presente all’interno di un fumetto, poiché i fumetti possono anche essere solamente in bianco e nero. Tuttavia, quando c’è, il colorista, al contrario di quello che si può pensare, è nella maggior parte dei casi una figura indipendente dal disegnatore del fumetto. Se al disegnatore spetta di tradurre in immagini ciò che sta scritto nella sceneggiatura, al colorista è affidato il compito di dare col colore maggior espressività al disegno.

Ovvio, disegnatore e colorista devono collaborare ed essere d’accordo l’un l’altro sul tipo di impronta che si deve dare al fumetto (per esempio, se esso deve essere più inquietante e indefinito o più “pop” e definito), ma l’ultima parola è comunque sempre in potere del colorista. E come ben saprete, la forza del colore, se utilizzata sapientemente, può davvero fare la differenza.

5 – Infine, ultima figura da analizzare nel dietro le quinte di un fumetto, è il letterista. Quest’ultimo ha un ruolo che definire al pari dei precedenti, come creatività e impegno, è forse un po’ esagerato. Tuttavia, rimane innegabile la sua importanza. Il letterista infatti si occupa di piazzare sulla tavola le famose “nuvolette”, cioè il vero e proprio elemento caratteristico di un fumetto. Il suo lavoro consiste nel trovarne la giusta collocazione all’interno delle vignette, in modo tale che non risultino oscurati dei particolari importanti al fine della comprensione della trama, oppure semplicemente che il disegno non perda la sua bellezza perché nascosta dalle nuvole o dalle didascalie agli angoli delle vignette stesse. Per usare una metafora direi che il lavoro del letterista è importante tanto quanto quello di una goccia necessaria a far traboccare il vaso: è indispensabile affinché trabocchi, pur non essendo niente se paragonata a tutta l’acqua contenuta nel vaso, risultato del lavoro

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Curiosità

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delle figure numeri 1,2,3 e 4 messi insieme.

Tutto ciò che vi ho presentato più sopra altro non è che una generalizzazione di chi si occupa di scrivere un fumetto. Bisogna tenere presente che di eccezioni ce ne sono numerosissime; per farvi un esempio, se una persona si occupa, in un unico fumetto, sia di soggetto, sceneggiatura, disegni e copertina, quest’ultima viene definita autore completo. Se poi si occupa anche dei colori, capite che il carico di lavoro diventa di dimensioni molto considerevoli. Credo, poi, che solo nei fumetti indipendenti (fumetti del web, autoproduzioni, ecc…) una sola persona si debba anche occupare del lettering. Nelle case editrici, questo compito spetta invece sempre a persone specializzate che si occupano quindi dell’intera produzione delle case editrici stesse, poiché, dato il lavoro che svolgono, assumere troppi letteristi sarebbe inutile.

Concludo dandovi un consiglio su come leggere nel modo “giusto” (e non a caso l’ho messo fra virgolette) un fumetto. Dato che questo nasce dalle menti di numerose persone, capita magari che personaggi appartenenti alla stessa testata passino sotto le mani di più autori diversi. Diversi sceneggiatori, diversi disegnatori e così via.

Ognuno tende a dare di un determinato personaggio la sua propria interpreta-

zione, la quale non è assolutamente più giusta o più sbagliata di quelle altrui.

Quando si legge un fumetto, e in particolare le serie, bisogna quasi fare un discorso a parte per ogni autore. Cioè , oltre che dare una valutazione riguardo i disegni, la storia eccetera per quel determinato fumetto, bisogna anche farlo in relazione a tutti gli altri autori della testata e i fumetti (intesi come numeri) precedentemente scritti.

Il bello sta nel saper trovare gli autori che meglio descrivono, in base ai propri gusti e/o inclinazioni, quel determinato personaggio, paragonarli a quelli che ci riescono meno e cercare comunque di apprezzarne le storie anche se magari a primo impatto risultano difficili da digerire. Se riuscirete a fare ciò, vedrete come il vostro spirito critico potrà solo beneficiarne.

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Lorenzo Ferri, 3A

Intervista ai Circus Collision In occasione del contest musicale che il Majo proporrà quest anno, Etcetera vi darà l’occasione di conoscere le band che vi parteciperanno grazie a questa nuovissima rubrica.

L’intervista di questo numero ha come protagonisti i Circus Collision, band indie rock composta da Francesco Redaelli (4°C), Enrico Regondi (4°F), Matteo Grisi (4°A) e Stefano Folli (3°G).

Il gruppo, attivo su Facebook, Instagram e YouTube, ha appena pubblicato il suo primo EP contenete 4 tracce: “Cathode Ray-Tube”, “Behind the Closed Doors”, “Bikes on Chinese Wall” e “Just a Matter of Opinion”. L’EP è acquistabile a tutti i loro live o anche rivolgendosi ai membri stessi della band.

Avete un nome e un logo molto originali, hanno un significato o una storia particolare?

Rego: In realtà il nome deriva dal fatto che a Grisi piaceva Circus e a Taccagni, che cantava con noi, Collision e io ho pensato: perché non chiamarci Circus Collision? In realtà non vuol dire niente (ride, ndr).

Reda: Il nostro nome in precedenza era Event Horizon, che è stato un film, è un

argomento fisico… insomma era abbastanza un plagio.

Grisi: La cosa più sensata che abbiamo fatto in ogni caso è stata orientare il logo, un pagliaccio che piange disegnato da Reda su Paint in un pomeriggio, simbolo di malinconia, verso destra, che indica il futuro sulla linea del tempo. Da l’idea di uno sguardo abbastanza pessimista all’avvenire.

Rego: Questa mi piace, questa rimane (ride, ndr).

Come e quando avete deciso di iniziare a suonare insieme? Vi conoscevate già prima del gruppo?

Reda: Inizialmente c’erano due progetti paralleli: io e Grisi ci siamo trovati un paio di volte in sala prove, mentre contemporaneamente Taccagni si trovava con Rego. Un giorno ci hanno chiesto di provare a suonare insieme e da allora abbiamo deciso di formare questo gruppo sperando nella sua lunga durata.

Rego: La prima volta che abbiamo provato insieme è stata nel lontano 27 Dicembre 2013!

Avete uno stile molto particolare, so che vi identificate nell’indie rock, c’è qualche gruppo o qualche album in particolare al quale vi ispirate?

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Grisi: Principalmente ci ispiriamo alla scena “British”, quindi Arctic Monkeys, The Kooks e in realtà anche i The Strokes, che sono americani ma come genere si avvicinano.

Rego: Aggiungerei i Radiohead quando siamo tristi e generalmente anche i Muse.

Grisi: Indirettamente anche rock e metal soft quando facevamo cover (proteste di Rego che non apprezza il metal, ndr).

Reda: Inoltre in un singolo del nostro EP, Behind the Closed Doors, l’assolo con delle dissonanze è ispirato ai Sonic Youth, un gruppo che fa rumore ma è bello. (ride, ndr).

Il genere indie rock, in origine, si distingueva dagli altri per un approccio appunto “indipendente” e fai da te. Quanto è difficile fare un EP agli inizi, senza grande supporto?

Grisi: Tralasciando la parte interpersonale e decisionale, per quanto mi riguarda economicamente è stato abbastanza facile per quello che ne è uscito: abbiamo avuto la fortuna di trovare chi ce lo producesse a basso costo e i risultati sono stati soddisfacenti.

Reda: Restando in tema indie l’EP è stato registrato sul letto di una delle persone che ci produceva, e da come si può sentire la qualità è in ogni caso molto buona. Quindi spendendo poco come abbiamo fatto noi si può fare un

bel lavoro.

Le band indie rock spesso hanno un discreto successo nazionale ma raramente sfondano oltre confine; nonostante questo scrivete i vostri testi in inglese: quanto è difficile trasmettere messaggi e emozioni in una lingua diversa dalla vostra e anche da quella di chi vi ascolta?

Folli: E’ importante introdurre ai live prima di un pezzo devi spiegare di cosa parla, almeno con alcuni pezzi devi farlo. L’ha fatto Rego prima di suonare Amanda la prima volta, o almeno doveva farlo (ride, ndr).

Rego: In realtà inizialmente non ci siamo posti particolarmente il problema, in quanto tutte le cover che avevamo fatto erano in inglese e quindi ci è venuto naturale. Penso sia stata un’ottima scelta in quanto oggi c’è la possibilità di farsi conoscere anche da gente italiana e formaggiosa come noi che però lavora o studia in inglese e non ha difficoltà a capire i testi se li legge.

Reda: In ogni caso penso che il rapporto testo-musica venga rispettato: per un testo triste la musica non è certo la più allegra.

Giovedì 18 avete suonato all’Honky Tonky a Seregno, vi ho visti molto carichi, anche più che nei pezzi registrati: quanto sono impegnative e quali emozioni e sensazioni vi lascia-

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no serate come queste?

Reda: Partiamo col dire che giovedì abbiamo testato che la Weiss è buona (ride, ndr).

Grisi: E’ un impegno relativo, l’organizzazione è comunque affidata al locale. Anche se ci limitiamo ancora a un pubblico di amici suonare dal vivo è sempre divertente.

Rego: Suonando davanti a persone che si conoscono è anche più facile trasmettere emozioni, non senti grande pressione e ti diverti molto.

Tra novembre e gennaio sono usciti su youtube quattro vostri singoli, tutti contenuti nel vostro EP. Con onestà, ce n’è uno che preferite?

Grisi: Il primo dell’EP, Cathode Ray-Tube.

Reda: Just a Matter of Opinion.

Rego: Behind the Closed Doors (cambia idea tre volte, ndr).

Folli: Bikes on Chinese Wall, è contro gli idoli e io sono pienamente d’accordo.

Che storia c’è dietro a ogni singolo?

Vi dividete il lavoro o scrivete insieme testi e musica?

Grisi: Principalmente il lavoro viene fatto insieme. Ovviamente se uno a delle idee a casa le porta in sala prove e ci lavoriamo tutti insieme per farne uscire qualcosa di bello.

Giovedì avete suonato anche degli inediti: vi va di parlarcene?

Rego: Certamente. Il primo inedito, “Amanda”, è ispirato alla storia di Amanda Todd, una ragazza vittima di cyber bullismo che si è poi tolta la vita.

L’idea era di basarci sulla sua storia per scrivere un pezzo di denuncia verso questo crimine. Tuttavia mentre scrivevo il testo mi sono perso a pensare a come potesse essere questa ragazza. Il risultato è una canzone divisa a metà: nella prima parte affrontiamo appunto la tematica del cyber bullismo, mentre nella seconda il testo si perde in parole dolci e affettuose nei confronti di questa ragazza che sarebbe potuta essere una nostra amica.

Reda: Il secondo inedito, “Don’t Run”, è nato un pomeriggio in cui Rego è venuto a casa mia. Solitamente io suono il basso e lui la chitarra, ma a casa ho anche una tastiera e mentre strimpellavo un po’ lui mi ha seguito col basso e lavorandoci sopra è nato questo pezzo. Da allora introduciamo il pezzo ai live dicendo che ci piace divertirci e che quindi ogni tanto ci scambiamo gli strumenti. In ogni caso il testo parla di un vagabondo.

Avete mai avuto occasione di aprire live di altre band più esperte? Che sensazione si prova salendo sul palco in queste occasioni? Sentite maggiori aspettative su di voi?

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Rego: Non avendo fatto molti live ci è capitato poche volte di avere serate tutte nostre, e quindi spesso apriamo concerti di gente più conosciuta, spesso perché trasmessa su MTV. A me personalmente piace salire sul palco e iniziare a suonare, attirare la gente in attesa che il concerto cominci.

Reda: Spesso dipende anche dall’artista a cui apri il concerto e dalle persone che lo vengono a sentire: la maggior parte delle volte abbiamo trovato gente simpatica e disponibile, ma talvolta capita che qualcuno pensi: “Ma questi chi sono? Cosa vogliono? Cosa volete fare? Avete 17 anni!”.

Rego: In ogni caso probabilmente in serate del genere le aspettative sono minori e noi dobbiamo essere bravi ad approfittare di questo e a sfruttare l’occasione che ci viene concessa per farci sentire anche da persone che non ci conoscono già.

Quali sono i vostri prossimi progetti come gruppo? Avete in programma altri live? State lavorando su qualche nuovo inedito?

Grisi: Penso che continueremo a seguire i binari del gruppo, io sto spingendo per registrare gli inediti anche in maniera più “rudimentale”, coi mezzi che abbiamo a disposizione. Magari più avanti pubblicheremo qualcosa di nuovo, forse un altro EP. Rego: Vogliamo andare in vacanza in

Irlanda (ride, ndr).

Reda: Ora l’obiettivo principale è portare in giro l’EP, continuare a suonare i nostri pezzi alle varie serate per farli sentire più il possibile.

Etcetera ringrazia i Circus Collision per la disponibilità e vi ricorda che potete sentire i loro singoli su YouTube o acquistare l’EP. Ci risentiamo al prossimo numero con una nuova intervista… aspettando il contest!

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Ex-Studenti

25 Intervista a Giulia Bianco

Giulia Bianco, Majores

Dopo la pausa di gennaio causa sessione invernale (una cosa brutta che avrete modo di conoscere tra qualche anno), torna la rubrica di interviste agli ex studenti per l’orientamento. Anche questo mese vi ho portato un’ospite d’eccezione: me stessa.

Perché hai scelto la Statale?

In realtà non c’erano molte alternative.

Come ambiente la Cattolica non è posto per me. Per il San Raffaele sono povera. Ci sarebbe l’Insubria, ma diciamo che è troppo lontana...

Presentati.

Sono Giulia Bianco, ho frequentato il liceo classico al Majorana (sezione b), mi sono diplomata l’anno scorso ed ora studio filosofia presso l’Università degli studi di Milano.

Perché hai scelto questa facoltà? Eri sicura della tua scelta?

AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH no. Io volevo fare mediazione linguistica, ma non ho passato il test alle Civiche e le iscrizioni all’Insubria e in Cattolica erano già chiuse. Erano ormai i primi diottobre, non avevo molte opzioni, così ho scelto filosofia giusto per non buttare via un anno.

In poco tempo mi sono resa conto che filosofia mi avrebbe dato molto di più rispetto a lingue, sia a livello culturale e di studio, sia nella mia futura realizzazione personale a livello lavorativo.

Quali sono le maggiori difficoltà?

A detta di ingegneri e scienziati la facoltà di Studi Umanistici è facilissima: frequenza libera, sono alti coi voti, dieci appelli l’anno... Verissimo, però ci sono anche molti svantaggi. Secondo me, per come viene trattata in Statale, Studi Umanistici richiede un maggior senso di responsabilità rispetto a molte altre facoltà. Innanzitutto il piano di studi è quasi totalmente libero: è lo studente a scegliere quali esami dare.

Bisogna quindi tenere conto dei propri interessi, di cosa può essere più utile, degli orari (se si sceglie di dare tutti gli esami da frequentante è obbligatorio ottenere il dono dell’ubiquità), degli eventuali crediti per l’insegnamento etc... Il fatto che non ci sono i parziali e ci siano un sacco di appelli in realtà può essere anche un fattore problematico! È un’arma a doppio taglio: può essere un vantaggio se si è bravi ad organizzarsi

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Ex-Studenti

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e si ha un gran senso del dovere, ma moltissimi studenti vengono traditi da questo eccesso di libertà. Ci vuole niente ad andare fuori corso. Uscendo dal Majorana non si hanno problemi di preparazione, la difficoltà più grande è imparare ad organizzarsi.

Quali sono state le più grandi soddisfazioni?

Anche se ho preso voti migliori, la soddisfazione più grande finora è stata tornare a casa dopo il 26 in storia della filosofia antica, aprire il mio libretto di terza liceo e, forte della mia rivincita, ridere della sfilza di 4.5 che mi ero beccata sugli stessi argomenti.

Valuta pro e contro.

So che sono le solite frasi fatte, ma se fatta bene filosofia dà un’apertura mentale che pochi corsi di studio possono offrire. Il rovescio della medaglia è sicuramente lo sbocco occupazionale, sicuramente più scarso rispetto a molte altre facoltà.

Sei soddisfatta della tua scelta? La rifaresti?

Al momento sono molto soddisfatta e rifarei assolutamente questa scelta.

Dai un consiglio ai maturandi.

A chi consigli questa scelta e a chi invece credi non sia adatta?

-Se il vostro scopo vitale è diventare mega ricchi andate a fare qualcos’altro.

-Se vendereste i reni, le braccia e vostra madre pur di non fare gli insegnanti andate a fare qualcos’altro.

-Se vi alletta l’idea di finire a lavorare da McDonalds in difesa dell’επιστήμη, questa è la facoltà che fa per voi.

-Se vi ha fatto schifo filosofia al liceo non è affatto detto che questa non sia la vostra strada. Io l’ho odiata per due anni, fate voi.

Chiedersi “in che materia vado meglio?” tendenzialmente è la prima strategia che si utilizza per scegliere l’università. Presa singolarmente, però, difficilmente vi indicherà la vostra strada. Le domande da porsi in questo momento sono “Cosa voglio diventare? Cosa ha bisogno il mondo da me? Cosa voglio offrirgli?” valutate le varie opzioni giudicando innanzitutto quanto potreste sentirvi realizzati in quello che vi porterebbero a fare, il resto è secondario.

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Giochi

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1 - MATTO IN DUE MOSSE

2 - MATTO IN DUE MOSSE

Immense grazie siano rese ai membri del personale ATA che perdono investono il loro tempo nel ciclostilare il nostro amato giornale!

Caporedattore: Matteo Redaelli, 4a Impaginatore: Riccardo Galli, 4a Redattori: Gabriele Nanni 4F, Luca Chiolo 4G, Andrea D’Apolito 4G, Davide Taccagni 4a, Lorenzo Ferri 3A, Niccolò Barberio 3C, Beatrice corti 2c, Riccardo Sala ex, Giulia Bianco ex, Luca Lissoni ex

La Redazione, vista la recente scomparsa del grande scrittore Umberto Eco, vuole esprimere le

proprie

condoglianze

alla

famiglia e celebrarne il genio ed il contributo dato alla cultura ed alla letteratura italiana.

Le copie del giornalino sono poche non perché siamo molto taccagni, ma perché è anche online! Se non sei stato abbastanza veloce da prenderne una copia leggilo su issuu.com/etceteramajorana oppure su studenti.liceodesio.gov.it/etcetera, la risoluzione è migliore e le immagini sono a colori! Inviaci il tuo articolo a etceteramajorana@gmail.com