Dicembre ii 2017

EtCetera n° 5 | Dicembre II 2017

il giornalino degli studenti

L’editoriale del Caporedattore

di Filippo Vergani, 4c

Natale e divisioni Anche quest’anno è giunto il Natale. Dal IV sec. si festeggia il 25 dicembre, poiché per i pagani era già da tempo la festa del Sol Invictus. Sono passati secoli: la festa ora non ha più solo un valore religioso, ma anche laico. La religione però crea ancora divisioni e scontri politico-culturali. La prova all’estero è la questione israelo-palestinese, che si è riaccesa in questi giorni, a seguito delle dichiarazioni del presidente USA Donald Trump a favore di Gerusalemme capitale d’Israele. Invece, in Italia la legge sullo Ius soli crea un dibattito ideologico su chi abbia diritto alla cittadinanza italiana. La Città Santa è contesa tra le tre principali religioni monoteiste e la possibilità di una convivenza pacifica sembra lontana. Nonostante le tre religioni, ciascuna a modo proprio, portino messaggi di pace, anche quest’anno si chiuderà con conflitti causati dall’interpretazione estremista della fede. I contrasti politico-sociali causati dal rapporto con la diversità si fanno sentire anche in Italia. La politica è divisa sulla possibilità di riconoscere a chi ha meno di 18 anni la cittadinanza, anche se ha genitori stranieri (Ius soli, “diritto legato al territorio”) e non solo a chi ha almeno un genitore italiano (Ius sanguinis, “diritto di sangue”), come è tutt’ora.

La redazione augura a tutti voi buone feste!

Buon Natale!

A Christmas Carol

“Natale sta arrivando e con esso quella magia che è solito portare con sé...”

Gerusalemme capitale di Israele L’articolo di Filippo Vergani a pagina 6

Ricordare Niccolò Barberio ci parla della visita al Binario 21 che in questi giorni sta coinvolgendo tutte le classi quinte

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Indice

n° 5 Dicembre II 2017

2 A Christmas Carol...................3 Gerusalemme capitale di Israele.......................................6 Febbre da Bitcoin...................8 Ricordare.............................11 Quindici cose che non sai sul Natale.........................13 Santa Lucia...............................16 Assassinio sull’Orient Ex press.....................................19 Fake News.................................21 Vuoi partecipare anche tu?

Manda il tuo articolo a etceteramajorana@gmail.com

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Natale 3

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Costanza Armieri , 1A

A Christmas Carol Natale sta arrivando e con esso quella magia che è solito portare con sé. Cosa ci viene in mente quando pensiamo alla parola “Natale”? Ognuno di noi lo vive a modo suo, ma insomma, diciamocelo: il Natale porta felicità. Ma siamo sicuri che tutti vedano in questa ricorrenza qualcosa di felice?

Effettivamente, non proprio tutti.

Ad esempio, prendiamo la persona forse più subdola e avara che ci abbiano mai raccontato essere esistita: Ebenezer Scrooge.

Un po’ tutti conosciamo la sua storia e conviene non dimenticarsela, se non vogliamo finire prigionieri delle catene di vizi e cattiveria che noi stessi ci creiamo in vita.

Nel Canto di Natale, il maestro Dickens ci narra con scrittura fluida e ricca, come l’animo di un vecchio avaro, tirchio, freddo signore, possa cambiare in sole tre notti e diventare un animo buono e generoso.

Chi sarebbe in grado di cambiare una persona del genere in così poco tempo?

Ebbene: fate spazio al Natale, che porta il vecchio Ebenezer prima al suo Natale Passato, quello di

un’infanzia scialba e severa, poi a quello che è il suo Natale presente, un Natale freddo, fatto di scadenze, bilanci, parole cattive a tutti coloro che spendono sorrisi e auguri per lui e, infine, a quello che potrebbe essere il suo Natale Futuro: qualcosa di tremendo e agghiacciante.

Saranno proprio i ricordi di un’infanzia lontana nel tempo, rievocati dagli odori, i colori e la visione di una Londra vittoriana nella Vigilia di Natale a indurre il nostro Scrooge a riflettere prontamente sulla sua esistenza passata, presente e futura.

Nel suo Natale Passato, Ebenezer ritrova la magione tetra e decadente che ha accompagnato la sua buia infanzia e la sua adolescenza. Rivede quel ragazzino, tutto solo in una stanza, che legge un libro la vigilia di Natale. È il ragazzino che lui aveva dimenticato, cancellato dalla sua memoria; una figura distante, rimasta intrappolata nel tempo, ma che adesso viene riportata alla vita con tutta la tristezza che portava appresso.

Quel ragazzino malinconico è ancora vivo nel cuore del vec-

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Natale

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chio Scrooge, facendogli serbare ancora odio e rancore verso la condizione di solitudine che ha caratterizzato la sua gioventù: la sua scortesia, la sua freddezza e la sua apatia, vengono proprio da lì, da quell’infanzia rubata e da quei Natali miseri e desolati.

Lo spirito del Natale Presente, invece, porta Scrooge a casa di Bob Cratchit, il suo fedele dipendente. La famiglia Cratchit, anche se povera e malmessa, è felice.

Allora, per essere felici conta davvero la maniacalità nel mettere da parte, mettere da parte, mettere da parte? Siamo davvero felici quando accumuliamo ricchezza e la custodiamo troppo gelosamente? Siamo davvero felici quando ringhiamo come cani randagi addosso a qualsiasi persona ci dica una parola gentile?

Già a metà del suo viaggio, Scrooge si ritrova con una certezza in meno tra le mani.

Il figlio più piccolo di Cratchit, Timmy, è storpio e lo spirito rivela ad Ebenezer che a breve morirà.

L’anziano signore è, forse per la prima volta nella sua vita, sconvolto: atterrito dalla sorte che la vita riserva a quel bimbo innocente, prega che il piccolo Timmy venga risparmiato, ma lo spirito contro-

batte usando le parole che il vecchio Scrooge spesso borbotta: “…nessun altro della mia stirpe lo troverà qui. Ma che importa? Se muore tanto meglio: diminuirà un po’ l’eccesso di popolazione.”

Dal bordo della veste dello spirito spunta qualcosa di simile a dei piedi, artigli? Lo spirito alza il mantello, rivelando così due bambini, un maschio e una femmina: scarni, arcigni, magri e messi in una posizione contorta. Sono l’Ignoranza e la Miseria ma non sono i figli dello spirito: sono i figli degli uomini.

Come può l’umanità che comprende anche i “sapienti”, la stessa umanità che si occupa di affari e conti in banca, come può un’umanità così ben realizzata dare alla luce due creature così orripilanti e tremende? “…Guardati da tutti e due, Scrooge, e da tutta la loro stirpe…”

Disse lo spirito.

“Ma non hanno un rifugio?”

Chiese Ebenezer.

“E non ci sono più prigioni? Non ci sono più case di lavoro?” Ancora una volta, lo spirito ricordò al vecchio le parole che era solito usare: Scrooge si sentì schiacciato, oppresso dalle sue false convinzioni.

Un’altra certezza scivola via dalla coscienza di Scroo-

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ge, sempre più impotente.

Scrooge viene catapultato da uno spirito silenzioso e impassibile, nel suo Natale Futuro. Il vecchio Ebenezer vede allora il suo nome inciso su una lastra di marmo e si accorge che tutta quella ricchezza che aveva accumulato ossessivamente nel corso della sua vita, non ha fruttato fortuna e felicità ma una grande desolazione.

Anche coloro che, in qualche modo, sembravano averlo a cuore si rivelano avidi e subdoli quanto lui. Nessuno spende una parola dolce, di nostalgia verso quell’anziano londinese; anzi, la sua morte sembra quasi un sollievo per tutti, anche per la società, che conviveva con quel vecchio pignolo. Persino suo nipote si burla di lui, quello zio scorbutico e freddo come il ghiaccio.

Scrooge, perennemente con il naso tra le sue scartoffie, bilanci e conti, immerso nel suo rapporto conflittuale con il mondo, non si è mai accorto di ciò che la gente pensasse veramente di lui.

Il Natale, portando il vecchio Ebenezer in quella che è stata, è e sarà la sua vita, riesce a cambiare un uomo, riflesso dell’umanità più squallida: Scrooge comprende finalmente che ognuno è figlio

della propria storia e che ognuno è padrone del proprio destino.

“Onorerò il Natale nel mio cuore, e cercherò di conservarmi in questo stato d’animo per tutto l’anno.

Vivrò nel passato, nel presente e nel futuro, e i tre spiriti saranno presenti in me. La lezione che mi hanno dato non sarà vana.”

Lasciamo che le parole di un nuovo Ebenezer ci accompagnino per sempre, perché in fondo in tutti noi è presente un po’ del vecchio Scrooge e spetta sempre a noi riuscire a conviverci tutti i giorni e, nonostante la sua presenza, essere persone migliori.

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Attualità 6

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Filippo Vergani , 4c

Gerusalemme capitale di Israele Nel 1947 l’Onu decise che Gerusalemme sarebbe dovuta essere un corpus separatum rispetto allo Stato palestinese e allo Stato israeliano che sarebbero dovuti nascere. Tuttavia questa disposizione non fu mai applicata poiché con la guerra arabo-israeliana la Giordania si impossessò di Gerusalemme Est, dove di trovano i luoghi santi delle tre principali religioni monoteiste.

Nel 1967 con la “Guerra dei sei giorni” Israele occupò Gerusalemme Est e i territori palestinesi di Gaza e della Cisgiordania.

L’Onu definisce questa occupazione una “flagrante violazione del diritto internazionale”. Questa linea politica fu sostenuta dall’ex presidente Usa Barack Obama, che con ipocrisia si era tempo prima recato a pregare al Muro Occidentale, situato nella zona di Gerusalemme Est, “illegalmente occupata”.

Ora che il presidente Donald Trump ha riconosciuto Gerusalemme capitale d’Israele il po-

polo ebraico è stato finalmente tolto dalla condizione di essere ospite in casa propria, poiché non c’è angolo di questa terra più sacro per l’ebraismo del Muro del Pianto che sorreggeva il Tempio di Salomone.

Gli estremisti palestinesi di Hamas promettono di mettere la regione a “ferro e fuoco” e anche tutti gli altri Stati musulmani della regione. L’Onu e l’Unione Europea si oppongono con fermezza alle dichiarazioni di Trump, ma nessuna decisione dovrebbe essere influenzata dalla minaccia della violenza.

Inoltre noi europei siamo soliti, per senso di colpa e di vergogna nei confronti del nostro passato, ricordare l’Olocausto e difendere la comunità ebraica dall’antisemitismo. Quindi appare strano il fatto che possiamo essere contrari a consegnare agli israeliani la loro storica capitale.

Riconoscere internazionalmente Gerusalemme come capitale di Israele permetterebbe agli ebrei

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Attualità

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di pregare al Muro del Pianto, senza essere considerati dall’Onu e dal premio Nobel per la pace Obama come degli “abusivi”.

E’ vero che Gerusalemme è la città santa delle tre principali religioni monoteiste e che quindi anche i palestinesi musulmani hanno dei “diritti” su di essa. Tuttavia non si può e non si deve intavolare trattative di pace con chi minaccia l’uso della violenza. I terroristi non hanno diritto di veto sulla politica internazionale. Forse questi ultimi anni pieni di attentati terroristici (a Parigi, Londra, Nizza, Barcellona, New York etc.) ci hanno assuefatto all’estremismo religioso e alla violenza, ma non per questo si può cedere a chi ricatta con la violenza, come fa Hamas.

Israele esiste perché ci sono gli ebrei e siccome la città santa dell’ebraismo è Gerusalemme, è giusto che sia capitale di Israele. Negarlo sarebbe togliere le radice proprie di un popolo. Ovviamente ciò non vuol dire che i palestinesi non possano avere i loro diritti e prerogative come per esempio sulla Spianata delle moschee.

Infine è bene ricordare che gli Stati Uniti furono fondati da puri-

tani inglesi alla ricerca di un luogo dove poter vivere liberamente la loro fede. Essi saranno per sempre legati alle loro radici cristiane; infatti la Dichiarazione di Indipendenza recita: “Noi riteniamo che le seguenti verità siano di per se stesse evidenti; che tutti gli uomini sono stati dotati dal loro Creatore di alcuni diritti inalienabili...” Così anche Israele è stato fondato su radici ebraiche, perciò rendere Gerusalemme la capitale sarebbe l’ultimo passo per dare giustizia al popolo eletto.

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Clara Cassandro, 2a

Febbre da bitcoin Ultimamente non si fa altro che parlare del bitcoin, neanche fosse nato il settantacinquesimo royal baby. Ma cos’è realmente un bitcoin?

Un miracolo? Un’anomalia?

Un’innovazione portata tra noi dagli Estranei? Sono tantissime le teorie che noi sempliciotti abbiamo elaborato, ma in realtà la definizione di bitcoin si può racchiudere in sole sette parole: è denaro, ma non è una moneta.

Il bitcoin è classificato come criptovaluta, ossia un bene di tipo digitale che deve il suo nome alla modalità con cui avvengono gli scambi di questa, vale a dire attraverso la crittografia (branca della crittologia che studia metodi per stendere un “messaggio nascosto”). La crittografia è utilizzata per rendere più sicure le transazioni e controllare la creazione di nuove monete, tra queste la Bi-

tcoin, prima criptomoneta per valore e la prima ad essere conosciuta dalla massa, oltre ad essere la prima riconosciuta come forma di pagamento da svariati siti web, nonché dai commercianti.

Insomma si, è tutto molto futuristico eccetera eccetera, ma come funziona? I bitcoin vengono generati matematicamente attraverso computer che riescono a sostenere una potenza di calcolo tale da contribuire all’intero sistema (meglio definito come Bitcoin Mining, “generazione delle monete Bitcoin”).

La differenza fondamentale con le valute tradizionali è l’emissione: nessuna banca centrale, nessuna approvazione governativa o finanziaria, niente di niente. Bitcoin vive sui propri utenti sfruttando i protocolli peer-to-peer, in modo appunto da non coinvolgere banche durante

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una transazione. Tutto questo porterebbe a svariati vantaggi: poiché i Bitcoin vengono trasferiti direttamente da persona a persona via Internet (peer-to-peer o P2P), le commissioni sono molto più basse. Inoltre le monete Bitcoin possono essere utilizzate in ogni paese, il conto non può essere congelato e non ci sono prerequisiti né limitazioni arbitrarie. Esistono diversi punti di cambio dove si possono comprare e vendere Bitcoin in cambio di euro, dollari o altro. Il denaro Bitcoin viene mantenuto nel wallet digitale, a cui si ha facilmente accesso dal proprio computer o dispositivo mobile e, una volta installato su questi, il portafoglio Bitcoin genererà il primo indirizzo Bitcoin e sarà poi possibile crearne degli altri ogni volta che sarà necessario. È possibile rivelare uno dei propri indirizzi Bitcoin agli amici, cosicché possano pagare o viceversa. Il funzionamento è molto simile a quel-

lo delle e-mail, ad eccezione del fatto che un indirizzo Bitcoin andrebbe usato solo una volta. Tutte le transazioni confermate vengono inserite in un registro pubblico e condiviso sul quale si basa la rete Bitcoin, ovvero la blockchain (catena di blocchi). In questo modo, i portafogli Bitcoin possono calcolare il loro bilancio spendibile e nuove transazioni possono essere verificate, per poter spendere Bitcoin che sono effettivamente nelle mani di chi li spende. Una transazione dunque è ridotta al semplice trasferimento di valori tra portafogli Bitcoin: questi contengono un insieme segreto di dati chiamati “a chiave privata”, che viene utilizzato per firmare le transazioni fornendo una prova matematica che provengono dal proprietario del portafoglio. La firma impedisce anche che la transazione venga alterata da chiunque, una volta che viene eseguita. Tutte le transazioni avven-

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gono tra utenti e in genere iniziano ad essere confermate dalla rete nei 10 minuti successivi, attraverso un processo chiamato “estrazione dei dati”. Per essere confermate, le transazioni devono essere “impacchettate” in un blocco che rispetti regole crittografiche molto rigide, che verranno verificate dalla rete.

Queste regole impediscono che qualunque blocco precedente venga modificato, perché ciò invaliderebbe tutti i blocchi successivi.

A differenza della modalità classica di fare banca, in maniera completamente “centralizzata”, come ad esempio fa la Banca Centrale Europea, con le criptovalute non c’è nessuno che controlla la quantità di denaro che viene stampato. Tutto è prestabilito (esiste infatti un tetto massimo di Bitcoin, che è di 21 milioni circa) e questo significa che è praticamente impossibile alterare il valore dei Bitcoin. La moneta Bitcoin, cre-

ata nel 2009, ha ottenuto un incredibile successo: ad oggi infatti, un Bitcoin equivale a 15096,07€. Insomma, la propaganda parteggia per una facilità incredibile nell’utilizzo, ma le grandi cifre e i paroloni spaventano parecchio, facendo alternare un boom ad una crisi in poche ore. Se i test dovessero essere promettenti, si giungerà forse all’ambizioso progetto scandinavo: digitalizzare in maniera totale il contante, rendendo le transizioni criptate, anonime e sempre più sicure. Nel prossimo decennio andremo incontro ad uno dei più grandi trasferimenti di ricchezza che il mondo abbia mai visto, giungendo al fallimento della moneta come la conosciamo ora, sostituita dall’egemonia economica delle valute digitali.

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Attualità 11

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Niccolò Barberio , 5C

Ricordare Lo scorso giovedì 14 dicembre le classi 5^C e 5^i si sono recati al memoriale della Shoah al binario 21 della stazione centrale di Milano, da cui, durante la guerra, furono deportate migliaia di persone tra ebrei e oppositori politici del fascismo.

Dopo essere stati rinchiusi nel carcere di San Vittore, ha spiegato la guida, la signora Mariapia Jarach, i prigionieri destinati ai campi di raccolta, di sterminio e di concentramento (tra cui quelli di Fossoli, Bolzano, Mauthausen e Auschwitz-Birkenau) venivano trasportati in un camion, di notte o di mattina presto, per essere caricati su dei vagoni merci, sui binari per le spedizioni postali, un piano di sotto a quelli per il trasporto delle persone.

All’ingresso la prima cosa che si nota è uno spesso muro grigio, su cui è incisa con lapidaria solennità un’unica parola: INDIFFERENZA. Secondo Liliana Segre, una dei pochi sopravvissuti ai campi di sterminio partita dal binario 21 e curatrice del memoriale, fu proprio l’indifferenza una delle maggiori cause di questa tragedia consumatasi proprio sotto gli occhi di tutti.

Si, sotto gli occhi di tutti, perché, a

differenza di come si possa pensare, il binario non è stato costruito interrato: no, osservando intorno ad esso, è facilissimo scorgere chiara e lampante la luce del sole trafiggere l’oscurità di quel tetro luogo.

Allora come oggi, nei primi anni quaranta, era facile vedere, ma difficile notare. Questo perché ciò che si vedeva ma non si notava era una realtà scomoda, a cui ci si rifiutava di credere, semplicemente perché non si voleva.

A richiamare a questa verità scomoda e difficile da vedere ci pensa l’architettura del luogo, dall’installazione di un osservatorio da cui è impossibile mirare qualcosa, alla totale mancanza di qualsiasi forma di comodità, sedie incluse.

Appena entrati, la signora Jarach ha formulato a tutti due domande, all’apparenza molto semplici: “Perché ricordiamo?” e ancora, “É utile ricordare?”.

Sono rimasto molto stupito (l’interessato non me ne voglia) dalla banalità delle risposte di un compagno dell’altra classe: “Ricordiamo per non dimenticare. Ricordiamo per non commettere gli errori del passato.”

Ecco, davvero io non so quan-

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Attualità

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te volte mi sia capitato di sentir dire queste parole, ripetute proprio come le ho scritte, in questa forma anche dannatamente tautologica. E’ probabile che, se facessi il gioco delle associazioni immediate (quello in cui ad una parola rispondi con la prima che questa ti fa venire in mente) con il termine “memoria”, risponderei “per non dimenticare”: giusto per dare l’idea.

Per quel che vale ciò che penso, io mi trovo in disaccordo. Ricordare, così come lo si fa a scuola, è inutile, se non deleterio. Basti pensare ai fatti di cronaca politica recenti, dal proliferare degli Skinhead, dalla Germania, alla Polonia e all’Italia, all’ultima manifestazione fascista a Como, all’espansione di Casa Pound alle elezioni di Ostia a Roma, e alla nascita continua di movimenti di estrema destra in tutta Europa, richiamanti i simboli del terzo Reich.

La storia dello scorso secolo ci insegna che l’uomo da solo non è in grado di imparare dai propri errori. E questa è, a parer mio, l’unica cosa che la storia ci insegna veramente.

Ricordare non basta. Ricordare, ormai, è divenuto quasi un banale tenere a mente delle cifre, quei sei o sette milioni di Ebrei sterminati dalla guerra, o quei cin-

quanta milioni di morti complessivi, di ogni etnia e nazionalità. Al ricordo bisognerebbe aggiungere una riflessione, una personale ed intima, come sto cercando di fare io stesso, nel mio piccolo.

Ma per riflettere noi giovani, future generazioni, abbiamo bisogno di un modello che ci insegni a farlo come si deve. Questo modello non può che essere la Scuola.

Tuttavia, secondo il filosofo Massimo Caciari, stando anche agli avvenimenti sopra citati, essa, in passato, con la generazione degli attuali adulti, ha fallito. Probabilmente è così. Probabilmente non siamo più capaci di ricordare come si deve. Eppure, forse, c’è ancora tempo per rimediare, per smettere una buona volta di essere indifferenti ai mali tutti intorno a noi. I mezzi per farlo, dalla saggezza dei nonni alle nuove modalità di rapida comunicazione, la nostra generazione li ha. Basterebbe cominciare a riflettere, oltre che a ricordare: si troverebbero anche risposte più brillanti e utili di quella sopra riportata.

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Curiosità 13

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Giuseppe Merante , 4I

Quindici cose che non sai sul Natale Finalmente è arrivato il periodo più atteso dell’anno, le feste natalizie!

Il Natale è caratterizzato dalle più svariate tradizioni e curiosità, ma quali sono quelle più strane, quelle che non tutti conoscono? Per restare in tema “Natale e viaggi”, analizziamo quindici particolari natalizi provenienti da tutto il mondo.

Lo sapevi che...

• La Statua della Libertà può essere considerata il più grande regalo di Natale mai fatto: i francesi la donarono agli americani proprio il 25 dicembre come segno di amicizia tra i due popoli, in occasione del primo centenario della Dichiarazione d’Indipendenza dal dominio inglese (4 Luglio 1776).

• Come se non bastasse, proprio gli americani amano così tanto gli addobbi Natalizi che non solo ogni anno negli USA vengono organizzate numerose “gare” a tema, ma si arriva ad-

dirittura a spendere per luci e decorazioni fino a 6 milioni di dollari.

• Inoltre, nello stato di Washington, esiste la “città Natalizia” per eccellenza: Leavensworth! Questa cittadina, abitata da meno di duemila persone, nel periodo innevato si trasforma in una fedele riproduzione di un villaggio bavarese. Tra stand gastronomici, addobbi e cerimonie la città diventa un enorme mercatino natalizio.

• Chi non conosce l’Euphorbia Pulcherrima, nota come la famosa “Stella di Natale”?

Si tratta in realtà di una pianta che cresce come cespuglio in Messico e che può raggiungere i quattro metri di altezza. Gli Aztechi la utilizzavano per ricavare il pigmento rosso e credevano che il colore intenso delle sue foglie fosse nato dalle gocce di sangue del cuore infranto di una dea che soffriva per amore.

• Trasferendoci

in

Europa,

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Curiosità

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scopriamo che in Germania e in Austria esiste il demone del Natale, la controparte negativa di San Nicola. Questo demone, detto “Krampus”, ha il compito di punire i bambini cattivi. A tal proposito, in alcune città, il giorno di San Nicola persone mascherate da demone girano per le strade con catene in mano, per ricordare ai bambini di “essere buoni”.

• Natale ha anche un effetto positivo sull’amore: nella Repubblica Ceca è tradizione per le donne single posizionarsi davanti alla porta, dandole le spalle, e lanciare una scarpa all’indietro. Se quest’ultima cade con la punta rivolta verso la porta vuol dire che entro l’anno troveranno l’amore.

• Se siete convinti di non avere pazienza perché state aspettando intensamente queste feste, guardate cosa succede in Serbia: qui le persone hanno la strana usanza di scartare i regali ben due domeniche prima di Natale.

Ciò che rende particolare la tradizione è che i bambini sono soliti “rapire” le mamme, legando loro i piedi, per poi richiedere un riscatto per la liberazione, che solitamente viene pagata in regali.

• Proseguendo il cammino… quanti di voi credono che Babbo Natale abbia il pancione e la barba bianca? Tutti, immagino. In realtà, non è così in Svezia, dove Babbo Natale è molto diverso da come lo conosciamo: si chiama Tomte, è basso quasi come un folletto e gira accompagnato da Yule, la sua capra.

• Se pensiamo che in Italia il pranzo di Natale sia particolarmente lungo, c’è chi ci batte alla grande! In Polonia, il pranzo natalizio prevede dodici portate, cioè una per ogni apostolo. Si tratta di piatti senza carne siccome si aspetta la nascita di Gesù.

Lo spirito dell’attesa è visibile anche guardando la tavola: si apparecchia per una persona in più, in caso di arrivo di un ospite inatteso. Un altro elemento che mostra l’attesa è il fieno messo sotto il tavolo come simbolo della nascita di Cristo nel presepe.

• In Norvegia la tradizione vuole che il 24 dicembre si nascondano tutti gli oggetti per pulire casa, questo perché si pensa che durante la notte arrivino streghe cattive a rubare tutte le sco-

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Curiosità

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pe nelle abitazioni… Un modo originale per iniziare le celebrazioni!

• Ma guardate in Spagna!

Il presepe è una tradizione, ma in Catalogna in mezzo ai classici pastori si nasconde il Caganer, ovvero un pastore con i pantaloni calati che sta “facendo i suoi bisogni”. Gli Spagnoli lo pongono nel presepe come segno di portafortuna.

• A proposito di superstizione... In Ucraina non è insolito usare le ragnatele come addobbi Natalizi, questo perché ritenute portatrici di fortuna. La tradizione ha origine dalla leggenda di una povera donna che la mattina del 25 dicembre trovò il suo alberello (che non era decorato, ma solo pieno di ragnatele) con i fili che si erano trasformati in oro e argento.

• Trasferiamoci in territorio asiatico. In Giappone il Natale non è come lo intendiamo noi, ma è festeggiato come una sorta di San Valentino, durante il quale le coppie si scambiano doni. Inoltre, è usanza in tutto il paese cenare con una “abbuffata” di pollo fritto, meglio se della catena KFC! Una vera e pro-

pria corsa all’ultimo pennuto, da quarant’anni a questa parte.

Da allora è diventato un must, tramandato di famiglia in famiglia, tanto che in questo periodo si stima vengano venduti oltre 250mila sacchetti di pollo, dieci volte di più rispetto alla norma.

• E se il pollo può apparire strano, in Sudafrica tra le tradizioni gastronomiche Natalizie troviamo gustosi piatti di insetti fritti!

• Infine concludiamo l’itinerario con il Sudamerica: in Brasile si pensa che “Papi Noel” (Babbo Natale) venga dalla Groenlandia, pertanto una volta arrivato in Brasile, a causa del forte caldo, egli indossa solo abiti in seta.

I brasiliani adorano le decorazioni, quindi sarà facile vivere lo spirito natalizio e tenere a bada la nostalgia della “neve che cade dolcemente fuori dalla finestra”.

Grandi alberi di Natale tutti illuminati brilleranno nel cielo della sera, i presepi scintilleranno nelle piazze, i viali lungo le spiagge saranno costellati di renne luminose con la slitta di Babbo Natale e i tradizionali canti di Natale, spesso improvvisati al ritmo di samba, risuoneranno nei mercati delle città.

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Viola Bonfanti , 2a

Santa Lucia Dato che mi hanno recriminato di far venire fame all’ultima ora del sabato a poveri studenti che dovranno subire un traumatizzante lungo tragitto in autobus con lo stomaco che brontola, oggi voglio sfatare miti.

Sedetevi un attimo tutti, state attenti a non urlare durante la lezione, prendete qualcosa con cui giocherellare per calmarvi e sorseggiate qualcosa di caldo. Pronti?

Santa Lucia NON è il giorno più corto che ci sia. Non vi interessa assolutamente, vero?

Solo io sono rimasta traumatizzata? Tutto quello in cui avete sempre creduto si è appena disgregato davanti ai vostri occhi e voi state lì impalati?

Lucia (la santa, non Mondella) era una contadina che viveva a Siracusa negli anni delle persecuzioni di Diocleziano: era bella, giovane e aveva davanti a sè un florido futuro di sposa del suo promesso. Ma un giorno, poiché la madre si era ammalata gravemente, si

recò a pregare in un santuario, dove ricevette l’illuminazione che la portò a convertirsi al cristianesimo e a consacrare la sua vita ai poveri. Si susseguono poi la rottura del fidanzamento, la vendetta del fidanzato che la denuncia, varie violenze e infine il martirio. A lei si deve ogni sorta di miracoli; invocata a gran voce dopo l’avvento del cristianesimo, diventa patrona della vista e della luce, infatti il suo nome deriva dal latino “lux”.

Ok, passiamo al dunque: non si sa come, non si sa perché, tutt’un tratto la santa ha iniziato a portare regali ai bambini buoni (Mamma Natale esiste e si chiama Lucia). Con il tempo si è arrivati a festeggiarla nei modi più disparati: c’è chi fa processioni, chi prega , chi scrive lettere e chi si mette le candele in testa.

No, non avete capito male, disdicete l’appuntamento appena preso dall’otorino: in Svezia tutte le bambine so-

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Feste

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gnano di essere portatrici di uno strambo copricapo su cui sono posate sette candele. Per le bambine nordiche è un vero e proprio onore: ogni anno in ogni città viene indetto un concorso per eleggere la “Lucia” più bella, una ragazza che avrà l’onore di guidare la processione la sera tra il 12 e il 13 dicembre, vestita appunto con questo strambo copricapo e una tunica bianca, cinta da una fascia rosso fiammante. Le povere ragazzine primogenite (perché le secondogenite no? Chiedetelo agli svedesi) non scelte dovranno accontentarsi di preparare i biscotti e svegliare con questa tenuta particolare tutti i membri della famiglia la mattina seguente. Immaginate la scena: “Il concorso per la ragazza più bella lo vince *inserite un nome a caso che non sia quello della nostra eroina*.

Congratulazioni”. A chi importa di essere eletta ragazza più bella? Io tanto domani posso fare i biscotti. Che potevo fare ieri. Che ho sempre potuto fare. Ma io non odiavo la cu-

cina? Allora perché devo fare i biscotti?- Come mandare in confusione piccole svedesine.

In Lombardia, la festività di Santa Lucia è molto sentita a Bergamo, Brescia, Lodi, Mantova e Pavia, dove i bambini scartano i doni il 13 dicembre, anticipando in tutto e per tutto Natale (o forse il 25 dicembre faranno comunque un bis). A Bergamo, in particolare, esiste la tradizione del latte con i biscotti da lasciare di notte per il passaggio della Santa, e una carota o del fieno per il suo fido asinello. E vi è pure la chiesa nei pressi del Sentierone, famosa perchè ogni anno migliaia di bambini fanno la coda per andare a lasciare la loro letterina presso la tomba della Santa con le richieste di giochi desiderati.

Come dimenticare poi la festa che si celebra ogni anno a Siracusa? Semplice, non si può. Qui i festeggiamenti impiegano ben una settimana, si concludono infatti il 20 dicembre e portano con sè le preghiere di tutta la Sicilia: arrivano addirittura delegazio-

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Feste

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ni di emigrati siciliani da altre nazioni. La processione, grande, magnifica, inizia fin dalla mattina con salmi e canzoni in chiesa, poi il simulacro argenteo e le reliquie della santa vengono portate a spalla da sole donne per la santa vergine, fino in piazza Duomo. La santa però non si scorda dei più deboli nemmeno da morta (non è molto convincente come affermazione, vero?

Per oggi però lasciamo stare il pessimismo), infatti in suo onore ogni anno viene pronunciato un discorso con sfondo sociale dall’arcivescovo, che quest’anno ha parlato della mafia. I siracusani sono così legati alla loro santa che festeggiano più volte l’anno, infatti celebrano il rito anche a maggio, ma quello più spettacolare resta quello di dicembre.

Comunque, tanto per la cronaca, non è il giorno più corto dell’anno. Infatti Cesare, o meglio il suo astronomo, aveva fatto male i conti: nel medioevo era effettivamente il giorno più corto, ma inseguito alla riforma del calendario di papa

Gregorio XIII i giorni sono slittati in avanti: improvvisamente ci si rendette conto che i calcoli erano sbagliati, e fu decisa l’abolizione dei giorni dal 5 al 14 novembre 1582. Ora, so benissimo che tutti voi state pensando di far saltare giorni particolarmente pensanti, ma vi comunico che non si può fare.

In ogni modo, tra una filastrocca e un’Alleluia, la santa rimane una delle più pregate della tradizione italiana e mondiale. Spero che questo articolo su una festa natalizia, ma non troppo, non vi faccia salire la glicemia oltre la media (del resto a quello ci pensano già i panettoni). Auguro a tutti delle buone feste, e mi raccomando, mandate una letterina anche a Santa Lucia quest’anno.

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n° 5 Dicembre II 2017

Alessandro De Marchi , 4a

Assassinio sull’Orient Express Dato che mi hanno recriminato di far venire fame all’ultima ora del sabato a poveri studenti che dovranno subire un traumatizzante lungo tragitto in autobus con lo stomaco che brontola, oggi voglio sfatare miti.

Sedetevi un attimo tutti, state attenti a non urlare durante la lezione, prendete qualcosa con cui giocherellare per calmarvi e sorseggiate qualcosa di caldo. Pronti?

Santa Lucia NON è il giorno più corto che ci sia. Non vi interessa assolutamente, vero?

Solo io sono rimasta traumatizzata? Tutto quello in cui avete sempre creduto si è appena disgregato davanti ai vostri occhi e voi state lì impalati?

Lucia (la santa, non Mondella) era una contadina che viveva a Siracusa negli anni delle persecuzioni di Diocleziano: era bella, giovane e aveva davanti a sè un florido futuro

di sposa del suo promesso. Ma un giorno, poiché la madre si era ammalata gravemente, si recò a pregare in un santuario, dove ricevette l’illuminazione che la portò a convertirsi al cristianesimo e a consacrare la sua vita ai poveri. Si susseguono poi la rottura del fidanzamento, la vendetta del fidanzato che la denuncia, varie violenze e infine il martirio. A lei si deve ogni sorta di miracoli; invocata a gran voce dopo l’avvento del cristianesimo, diventa patrona della vista e della luce, infatti il suo nome deriva dal latino “lux”.

Ok, passiamo al dunque: non si sa come, non si sa perché, tutt’un tratto la santa ha iniziato a portare regali ai bambini buoni (Mamma Natale esiste e si chiama Lucia). Con il tempo si è arrivati a festeggiarla nei modi più disparati: c’è chi fa processioni, chi

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prega , chi scrive lettere e chi si mette le candele in testa.

No, non avete capito male, disdicete l’appuntamento appena preso dall’otorino: in Svezia tutte le bambine sognano di essere portatrici di uno strambo copricapo su cui sono posate sette candele. Per le bambine nordiche è un vero e proprio onore: ogni anno in ogni città viene indetto un concorso per eleggere la “Lucia” più bella, una ragazza che avrà l’onore di guidare la processione la sera tra il 12 e il 13 dicembre, vestita appunto con questo strambo copricapo e una tunica bianca, cinta da una fascia rosso fiammante. Le povere ragazzine primogenite (perché le secondogenite no? Chiedetelo agli svedesi) non scelte dovranno accontentarsi di preparare i biscotti e svegliare con questa tenuta particolare tutti i membri della famiglia la mattina seguente. Immaginate la scena: “Il concorso per la ragazza più bella lo vince *inserite un nome a caso che non sia quello della nostra eroina*.

Congratulazioni”. A chi importa di essere eletta ragazza più bella? Io tanto domani posso fare i biscotti. Che potevo fare ieri. Che ho sempre potuto fare. Ma io non odiavo la cucina? Allora perché devo fare i biscotti?- Come mandare in confusione piccole svedesine.

In Lombardia, la festività di Santa Lucia è molto sentita a Bergamo, Brescia, Lodi, Mantova e Pavia, dove i bambini scartano i doni il 13 dicembre, anticipando in tutto e per tutto Natale (o forse il 25 dicembre faranno comunque un bis). A Bergamo, in particolare, esiste la tradizione del latte con i biscotti da lasciare di notte per il passaggio della Santa, e una carota o del fieno per il suo fido asinello. E vi è pure la chiesa nei pressi del Sentierone, famosa perchè ogni anno migliaia di bambini fanno la coda per andare a lasciare la loro letterina presso la tomba della Santa con le richieste di giochi desiderati.

Come dimenticare poi la festa che si celebra ogni anno a Siracusa? Semplice, non si

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può. Qui i festeggiamenti impiegano ben una settimana, si concludono infatti il 20 dicembre e portano con sè le preghiere di tutta la Sicilia: arrivano addirittura delegazioni di emigrati siciliani da altre nazioni. La processione, grande, magnifica, inizia fin dalla mattina con salmi e canzoni in chiesa, poi il simulacro argenteo e le reliquie della santa vengono portate a spalla da sole donne per la santa vergine, fino in piazza Duomo. La santa però non si scorda dei più deboli nemmeno da morta (non è molto convincente come affermazione, vero?

Per oggi però lasciamo stare il pessimismo), infatti in suo onore ogni anno viene pronunciato un discorso con sfondo sociale dall’arcivescovo, che quest’anno ha parlato della mafia. I siracusani sono così legati alla loro santa che festeggiano più volte l’anno, infatti celebrano il rito anche a maggio, ma quello più spettacolare resta quello di dicembre.

Comunque, tanto per la cronaca, non è il giorno più cor-

to dell’anno. Infatti Cesare, o meglio il suo astronomo, aveva fatto male i conti: nel medioevo era effettivamente il giorno più corto, ma inseguito alla riforma del calendario di papa Gregorio XIII i giorni sono slittati in avanti: improvvisamente ci si rendette conto che i calcoli erano sbagliati, e fu decisa l’abolizione dei giorni dal 5 al 14 novembre 1582. Ora, so benissimo che tutti voi state pensando di far saltare giorni particolarmente pensanti, ma vi comunico che non si può fare.

In ogni modo, tra una filastrocca e un’Alleluia, la santa rimane una delle più pregate della tradizione italiana e mondiale. Spero che questo articolo su una festa natalizia, ma non troppo, non vi faccia salire la glicemia oltre la media (del resto a quello ci pensano già i panettoni). Auguro a tutti delle buone feste, e mi raccomando, mandate una letterina anche a Santa Lucia quest’anno.

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Giacomo Longoni , 2b

Fake News: una battaglia da vincere

In un mondo superconnesso e frenetico come il nostro,nel quale non c’è mai tempo per fermarsi a ragionare perché tutto deve conformarsi alla parola “subito”, ecco che e’ facile per loro news prendere il sopravvento. E’ facile per loro prenderci come fossimo burattini e farci ingoiare ogni loro boccone di falsità. È ancor più semplice per loro impressionarci e indurci a condividere sulla rete, a scuola, al lavoro e nei vari ambiti sociali le loro menzogne.

Il “loro” a cui mi sto riferendo, come certamente qualcuno di voi ha avuto modo di capire, sono le FAKE NEWS, le cosiddette “bufale”, le notizie false. Esse rappresentano un vero pericolo per la nostra società perché sono strutturate in modo altamente ingannevole, poiché composte inizialmente da immagini, fonti, elementi veri ai quali però si aggiungono in un secondo momento particolari aspetti falsi che compromettono la verità dell’ informazione trasformandola appunto in fake news.

Negli ultimi tempi il dibattito sulle bufale ha occupato molto spa-

zio nel dibattito pubblico tanto che il “Collins Dictionary” ha eletto il termine “fake news” parola dell’ anno corrente. Certamente questo fatto non è di secondaria importanza, anzi richiederebbe una maggior attenzione da parte di tutti per far sì che l’ anno prossimo il sostantivo bufala sia soltanto un lontano ricordo.

Le notizie false non sono solamente, come qualcuno sostiene, una piccola piaga innocua o, come qualche nostro politico ha detto, un tema da archiviare che sta togliendo la scena ai veri problemi del nostro vivere; rappresentano invece un campanello d’ allarme per l’ uomo che, se non viene disinnescato, farà esplodere una vera e propria bomba.

Ne e’ un esempio la campagna elettorale dello scorso anno del Presidente USA Donald Trump, basata per la maggior parte sull’ invenzione di notizie fasulle aventi il solo scopo di mettere fuorigioco i propri avversari.

Quali sono stati i risultati?

Molto probabilmente la sua elezione alla Casa Bianca, lo sviluppo

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Attualità

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dell’ aspra contesa con la Russia da cui è nato il caso “Russiagate” e non da ultimo la sua burrascosa e discutibile politica estera.

Dalla politica d’ oltreoceano il dibattito sulle fake news si è spostato nel Vecchio Continente e in particolare nel Bel Paese dove fra pochi mesi si terranno le elezioni e nel quale, magari inconsciamente, si è già in aperta campagna elettorale. I presupposti per un dibattito elettorale all’ insegna della corretta informazione non sono buoni, e di questo ne è una triste dimostrazione l’avvicendarsi di provocazioni insensate, appunto “fake” che nelle scorse settimane ha visto protagonisti il leader del PD Matteo Renzi e i suoi due sfidanti alla poltrona di Palazzo Chigi, il pentastellato Luigi Di Maio e il segretario della Lega Nord Matteo Salvini. Ci può però consolare il fatto che la maggior parte di queste provocazioni lesive per l’avversario politico in questione e ovviamente per l’opinione pubblica, circolano su Twitter e soprattutto Facebook, due colossi che recentemente si sono esplicitamente opposti alle bufale installando un programma che elimina i post contenti notizie palesemente false.

Nonostante alcuni social network stiano adottando misure a fa-

vore della corretta informazione, ciascuno dovrebbe imporsi in modo critico per giudicare la veridicità della notizia.

Quello che consiglio ad ognuno e’ di documentarsi riguardo le notizie che sentiamo e agli articoli che leggiamo anche solo per saperne un po’ di più. Ponete attenzione anche ai giornali o ai siti web falsi che riportano il nome rimaneggiato di editoriali affidabili, su tutti “Il Fatto Quotidaino”, stortura de “Il Fatto Quotidiano”, o “Il Corriere della Pera”, evidente rimaneggiamento de “Il Corriere della Sera” e molti altri.

Prima di concludere vorrei indurvi a riflettere quindi sull’ importanza della buona e corretta informazione, il vero antidoto alle fake news, rappresentata da chi opera per riportare in modo oggettivo e coerente i fatti che accadono e quindi giornali, siti web e ovviamente il nostro giornalino Etcetera che spalanca le proprie porte a chiunque voglia esprimere la propria opinione e combattere le fake news.

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Caporedattore: Filippo Vergani 4c Impaginatore: Davide Ferloni 5A A cura di: Beatrice Corti 4cc, Beatrice Seregni 5A, Cecilia Terraneo 5A Redattori: Costanza Armieri 1A, Filippo Vergani 4c, Clara Cassandro 2a, Niccolò Barberio 5C, Giacomo Longoni 2b, Giuseppe Merante 4I, Viola Bonfanti 2a, Alessandro De Marchi 4a Vignette: Davide Ferloni 5A

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