Dicembre 2016 II

n° 5 dicembre 2016

EtCetera Majorana Desio

Liceo Majorana Desio

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“il giornalino degli studenti”

Christmas Day!

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Tira fuori il Babbo Natale che c’è in te, non avere paura di vestirti perchè il 22 dicembre è Christmas Day! Dopo le 10.05, al termine delle attività didattiche, resta a scuola e partecipa anche tu alle iniziative.

Il ricavato sarà devoluto alle popolazioni terremotate attraverso la Croce Rossa Italiana.

Il Post referendum Volti del Majorana Devo dire che questa vittoria così eclatante da parte del no (40% dei consensi per il sì, 60 % per il no) proprio non me la sarei mai aspettata.... (continua a pag. 8)

Sara di Vita intervista dei majorani che hanno molto da offrire, che ogni giorno si impegnano in lotte cittadine, che amano profondamente ciò che fanno e vogliono condividerlo... (continua a pag. 14)

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Indice

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Christmas Day.............................................................................3 Il Natale sta arrivando................................................................4 “All I want for Christmas is you”... sicuri?................................6 Il post referendum........................................................................8 Lo squallore della televisione....................................................10 Scuola e social, così il sistema ci omologa...............................13 Volti del Majorana.....................................................................14 Maratonda 2016........................................................................16 Ecce Homo #4...........................................................................18 What a wonderful life................................................................21 Into the wild..............................................................................24 Ombra Bianca II.......................................................................26

? u t e h c n a e r a p i c e t r a Vuoi p a o l o c i t r a o u t l i i c a Invi m o .c l i a m g @ a n a r o j a m etcetera

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Natale

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Davide Ferloni, 4A

Christmas Day! Anche quest’anno Natale si sta avvicinando, e al Majorana si prepara la festa dell’ultimo giorno.

Per giovedì 22 dicembre sono infatti previste solo le prime due ore di lezione, dopo di che ci si recherà tutti in sede centrale per festeggiare insieme l’arrivo del Natale e, diciamolo, delle vacanze!

I cancelli resteranno aperti durante l’intervallo per permettere a chi ne avesse necessità di uscire. Nell’atrio della sede centrale sarà allestito il banco torte, dove si potranno gustare dolci preparati dai migliori cuochi del Majorana. Inoltre ci sarà una novità: la “Pesca dei Mille Volti”, pesca di beneficenza organizzata con la partecipazione dei Majores. Di solito, quanto viene raccolto a Natale viene devoluto in beneficienza, e anche questa volta verrà rispettata la tradizione. È stato infatti deciso di aiutare la Croce Rossa Italiana, impegnata da mesi nelle zone terremotate del centro Italia.

In aula magna il Majosuona ci aiuterà a entrare in clima natalizio con le sue

canzoni, ma non temete, tutti potranno dilettarsi nel canto grazie al karaoke, che intervallerà le performance dei nostri musicisti! Inoltre le mie fonti mi dicono che proprio in aula magna potrebbe esserci una sorpresa, ma non so altro…

Nelle aule della sede ci sarà la possibilità di giocare a Fifa 17 alla Play, Just Dance alla Wii e a biliardino.

Più organizzato è invece il torneo di scopa, al quale bisognerà iscriversi, dato il limitato numero di posti.

In palestra si giocherà quella che ormai sta diventando una tradizione: la partita a calcetto docenti vs studenti.

Alle 12.05 le attività termineranno e potrete salutare il Majorana, almeno fino al 9 gennaio.

Siete tutti invitati :) Ps: “Abiti a tema natalizio fanno di te un ospite gradito”

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Natale

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Luca Ronco, 1b

Il Natale sta arrivando Cari ragazzi, il periodo più atteso dell’anno, ovvero il natale, sta arrivando. Ormai saremo tutti presi e indaffarati con i preparativi natalizi, con i regali e a fare l’albero e il presepe. Forse vi starete anche chiedendo se nel mondo il periodo più aspettato si festeggi allo stesso modo? Se anche gli altri facciano l’albero, i regali? Proprio per questo in questo articolo parlerò delle tradizioni natalizie di alcuni paesi nel mondo, come la Gran Bretagna, Canada, Spagna ecc.

Gran Bretagna In Gran Bretagna per i bambini il natale inizia a fine Novembre, quando iniziano a scrivere in una letterina i regali che vogliono ricevere.

A Dicembre si inizia ad aprire il calendario dell’avvento e ad addobbare l’albero con palline e luci.

Inoltre, a poche settimane da natale, si inizia ad addobbare l’albero.

La sera della vigilia i bambini appendono al camino le calze, che vengono riempite con dolciumi da Father Christmas e per ringraziarlo lasciano un bicchiere di latte con un dolce il Mince Pie, una torta con frutta secca e un goccio di liquore, e per la renna una carota.

Il giorno di natale invece si aprono i regali, si sta con i parenti e si prepara il Christmas Pudding.

Poi come al solito alle 15:00 c’è il discorso della regina e alle 18:00 ci si rimette a tavola e si beve una bella tazza di tè.

Il giorno seguente a quello di natale si svolge il Boxing Day, un giorno intero di shopping per gli inglesi.

Canada In Canada si usa decorare la casa con delle corone d’alloro, luci e con l’albero di natale.

A una settimana da natale i bambini scrivono la lettera a Santa Claus e appendono le calze al camino per farle riempire di cioccolatini e caramelle.

In alcuni paesi esiste ancora la tradizione di andare a cantare per strada le canzoni di natale, per essere poi ricompensati con qualche moneta e una bevanda calda, dato che da quelle parti in inverno fa molto freddo.

Il 25 Dicembre ci si ritrova con i parenti, con i quali ha luogo il pranzo natalizio, nel quale viene servito il tipico tacchino con i mirtilli o l’anatra arrosto.

Spagna In Spagna il natale si svolge il 6 Gennaio quando arrivano i “Ios Reyes” vale a dire i re Magi che portano i regali.

In quel giorno sfilano carri con sopra i re Magi che lanciano giù dal carro al corteo molte caramelle.

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Natale

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Negli ultimi anni per “modernizzarsi” arriva anche Babbo Natale, però sempre il 6 Gennaio.

Per quanto riguarda il campo culinario, in Spagna a natale si prepara il pesce, crostacei e l’anguilla.

A concludere il pranzo, non possono mancare i Polvorones, dolcetti a base di strutto, zucchero a velo e mandorle, e i Mantecados, sempre dei dolci di strutto ma con la cannella.

Finlandia La Finlandia è davvero un paese speciale dove festeggiare il Natale, dato che secondo le leggende Babbo Natale ha la casa proprio in una di quelle zone, chiamata Lapponia.

Quindi la notte di Natale i bambini si mettono tutti a guardare dalle finestre, perché sanno che Joulupukki , cioè Babbo Natale, non tarderà molto ad arrivare.

La tradizionale cena di Natale comprende il prosciutto di Natale, patate, spezzatino e barbabietole rosse. I dolci sono molto speziati, al sapore di zenzero e cannella oppure fatti di pasta sfoglia riempita con marmellata di prugne.

Australia Il natale in Australia è molto simile a quello Anglosassone, ma quello che lo rende unico è che si festeggia in estate, dato che l’Australia si trova nell’emisfero sud del globo.

L’ unica novità introdotta dagli australiani

al Natale anglosassone è la macedonia di frutta, sempre presente sulle tavole australiane e fondamentale per chiudere il pranzo del 25 dicembre dove i bambini, per digerire il tutto, devono aspettare almeno un paio d’ore prima di poter fare nuovamente il bagno al mare. Qui è possibile imbattersi in un Babbo Natale in costume, cappello, barba e canoa oppure può capitare di incontrarne uno nuotatore, con occhialini, barba e cappello o ancora su una tavola da surf col suo sacco pieno di doni a sfidare le onde...

Le decorazioni tradizionali tipiche sono anch’esse personalizzate e adeguate al clima australiano: vi sono le piante come palme e alberi di banani e di eucalipto decorati con i campanellini che sono appesi in ogni dove. Le decorazioni possono includere immagini poco consone al Natale classico, come canguri e koala con il cappello da Babbo Natale e le sciarpe rosse!

Per concludere volevo dire che a me il natale piace davvero un sacco perché si sta con la famiglia e parenti, si scartano i regali e ci si diverte. Non è così anche per voi?

Infine, cari majorani, colgo l’occasione per augurarvi un BUON NATALE!!

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Natale

6 “All I want for Christmas is you”… sicuri?

Clara Cassandro, 1a

“All I want for Christmas is you”, letteralmente: “Tutto ciò che voglio per Natale sei tu”. Romantico, vero? L’amore che doniamo a Natale non ha prezzo.

Al contrario, le vacanze natalizie sono statisticamente il periodo più costoso dell’anno, perché purtroppo, per quanto l’amore non abbia prezzo, i regali ne hanno uno, e anche fin troppo elevato.

Abbiamo mai pensato davvero a quanto possa “costare” il Natale?

Secondo l’ADOC (Associazione Difesa Orientamento Consumatori) il budget che ognuno di noi avrebbe a disposizione per i regali natalizi è compreso in media tra i 200€ e i 227€, quota ben inferiore agli anni precedenti. Ognuno di noi certamente ha gusti diversi in fatto di regali (che riceviamo e che doniamo), ma le statistiche, ancora una volta, ci aiutano ad affrontare questa scelta, stilando per noi una sorta di classifica sulle tipologie di regali che vanno per la maggiore quest’anno: al primo posto troviamo, ovviamente, i prodotti hightech, al secondo posto ci sono i prodotti ludici (alias Scarabeo, Monopoli o, in generale, i giochi da tavolo) e al terzo

posto i prodotti enogastronomici (in pratica quando portate la bottiglia di spumante da 70€ a quei parenti che non vedete dai tempi di Mosè). Da ultimo abbiamo i punti di acquisto: circa la metà delle persone fa affidamento sul classico negozio, anche se un sostanzioso gruppo preferisce l’acquisto on-line. I rimanenti sono divisi piuttosto equamente tra mercatini tradizionali e outlet.

Normalmente, perciò, quando pensiamo al denaro sperperato a Natale, facciamo automaticamente riferimento ai regali, ma gli acquisti natalizi non ruotano solamente intorno a questi.

Ecco, ad esempio, una situazione-tipo: una famiglia di quattro persone (due genitori e due figli) vuole cominciare a prepararsi per l’arrivo della tanto attesa festa. I genitori, però, si accorgono a malincuore che diversi rami dell’albero con il tempo si sono danneggiati, e così decidono di acquistarne uno nuovo.

L’allegra famigliola, con una spaziosa Multipla rossa, si dirige verso un negozio di articoli natalizi. Una volta entrati, scelgono l’albero che più fa al caso loro.

Stanno per incamminarsi in direzione

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Natale

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della cassa, quando notano che i due gioiosi pargoli sono attirati dall’enorme quantità di colorate palline decorative nei dintorni. I genitori, per farli felici, ne prendono qualcuna e le mettono nel carrello. Finalmente ora possono proseguire verso la cassa.

Lungo il percorso vengono accecati da forti luci: stanno passando accanto allo scaffale delle “lucine”, tanto amate quanto richieste. Per rendere speciale il loro Natale, decidono di comprarne una scatola. La famiglia ha raggiunto la cassa.

Lo scontrino che gli viene consegnato non è rassicurante: 69.99 + 15.90 + 19.95 = 105.84 €. Vengono spesi circa 35€ in più per le varie decorazioni, aggiunti ai 69.99€ dell’albero. Si potrebbero fare molti altri esempi, ma ormai è palese: quello del Natale è un vero e proprio business. Le aziende hanno sviluppato delle tecniche di marketing per assicurarsi che la clientela acquisti cose di cui in realtà non ha bisogno.

Le casse dei negozi, infatti, non a caso si trovano in fondo al locale: siamo obbligati a percorrere lunghi corridoi tra immensi scaffali pieni di prodotti, che aggiungeremo a quelli che ci eravamo imposti di comprare, per arrivare infine

alla cassa. Lo scopo principale del marketing è perciò usufruire degli studi del comportamento assunto dalla clientela media al fine di adattarvi strategie di vendita e prezzi di conseguenza. Per esempio: milioni di famiglie in questo periodo sono alle prese con il famigerato albero di Natale.

Si è stimato che il 65% delle famiglie cosiddette “standard”, acquisterà un albero sintetico, contro il 35% che invece opterà per un albero vero. I vantaggi di comprare un albero sintetico sono evidenti: grande varietà di modelli e dimensioni, praticità e possibilità di riutilizzo negli anni. Da questo si deduce che si ricaverà un maggior profitto dalla sua vendita, piuttosto che da quella del vero albero. Casualmente, un albero sintetico costa circa 25€ in più rispetto a uno vero di medie dimensioni (salvo alberi particolarmente pregiati, che possono raggiungere i 500€ ciascuno), proprio per aumentare il guadagno.

Tutto ciò ci fa capire come la mente umana sia oggetto di studio, che viene poi sfruttato in svariati ambiti per il proprio tornaconto personale.

Attenzione: riferimenti alla teoria del complotto puramente casuali.

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Niccolò Barberio, 4C

Il post referendum Devo dire che questa vittoria così eclatante da parte del no (40% dei consensi per il sì, 60 % per il no) proprio non me la sarei mai aspettata, come si legge nel mio precedente articolo in cui ho scritto: “Il referendum costituzionale, anche se sono per il no, verrà vinto da quelli del sì [...]. Nel caso sia in errore, e dovesse vincere il no, mi farò tirare una coppinata pubblica dal prof. Ermacora...”.

Ecco, a differenza della Boschi (che aveva detto che con la vittoria del no avrebbe lasciato la politica, mentre ora è sottosegretario alla presidenza del consiglio), io le promesse le mantengo, e c’è pure un video in cui vengo coppinato che testimonia che quanto dico è vero.

Ma passiamo ad altro: in questo articolo vorrei esporre brevemente, per quel che valgono, alcune mie riflessioni sul perché della sconfitta del sì (almeno dal punto di vista comunicativo), sul caos in cui è finito il Partito Democratico e sul nuovo governo Gentiloni.

Cominciamo dal primo punto: come mai il sì ha perso? Forse che quelli nel no hanno fatto una campagna referen-

daria migliore? Assolutamente no.

Premetto che questa campagna elettorale (perché di questo si è trattato, di una campagna pro o contro Renzi) è stata una delle peggiori degli ultimi anni: mai una volta che si è parlato seriamente dei contenuti della riforma della Costituzione. Mai, salvo rare e felici eccezioni. Questo lo si deve solo al nostro egocentrissimo ormai ex presidente del consiglio Renzi, che “minacciò” gli Italiani di dimettersi in caso di vittoria del no. Ovviamente quest’ultimi si sono talmente spaventati che...va be’, è inutile scriverlo: sapete già com’è andata a finire.

Insomma, il sì ha perso non perché la campagna del no fosse stata la migliore, ma perché è stata la meno peggio: mentre una buona parte degli esponenti del no urlavano “Renzie a casa!” (slogan molto efficace, come si è visto) i primi paventavano in caso di vittoria del no scenari apocalittici per la nostra economia, quale l’innalzamento dello spread, il crollo delle borse, la scomparsa degli investimenti esteri...

Ovviamente nulla di tutto ciò è successo.

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Il fatto è che i sostenitori del sì non hanno capito che queste “campagne del terrore” non solo non funzionano, ma sono anche dannose: si pensi alla Brexit, o all’ascesa di Trump. Historia magistra vitae est. Si, ma nemmeno troppo.

Le conseguenze della disfatta del sì, più che dall’economia del nostro paese, sono state sentite (e verranno sentite) dal partito di Renzi, il Pd. Un partito allo sbando, con ideologie che, se presenti, sono ben nascoste. Un partito il cui leader (se così si può chiamare) è k.o.

Un leader non è colui che comanda a bacchetta tacitando e deridendo coloro che la pensano diversamente da lui (magari definendo le voci fuori dal coro come “gufi”, “soloni”, o “professoroni” , come faceva il buon Renzie), ma è colui che sa circondarsi di persone valide, di cui può ascoltare le critiche e i consigli.

Renzi si è invece circondato da gente come la Boschi, Orfini, Fiano (magari chi legge non sa nemmeno di chi stia parlando, cosa che avvalora la mia tesi)...insomma, da nessuno.

Ora che la seggiola del Leader pare essere vacante, è molto probabile che il Pd verrà scosso da una serie di lotte intestine che designeranno un nuovo

capo, pronto a diventare il segretario del Partito.

Tornando alla politica nazionale, il nostro presidente della Repubblica Mattarella ha deciso di raccogliere i cocci (letteralmente: i ministri di questo nuovo governo sono quasi tutti gli stessi del precedente) del governo Renzi, incaricando l’ex ministro degli esteri Paolo Gentiloni a ministro del Consiglio.

Su Gentiloni & co. non me la sento di esprimere un giudizio, giacché è presto, tuttavia avrei qualche considerazione da fare: -Non capisco perché Marianna Madia sia stata riconfermata ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, specialmente dopo che la sua riforma è stata bocciata dalla consulta.

Quando si dice la meritocrazia.

-Il nuovo ministro dell’istruzione, Valeria Fedeli, pare non essersi nemmeno diplomata, nonostante nel curriculum avesse scritto di essersi laureata. Bene così.

-Alfano, ora agli esteri, citando Spinoza (la pagina Facebook, non il filosofo), è come l’amico del calcetto scarso che tenti di far giocare in ogni ruolo. Non potrei essere più d’accordo.

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Vittoria Baldissarro, 1b

Lo squallore della televisione “Ciao Darwin”, “Uomini e donne” e “L’isola dei famosi”, secondo una statistica, sono i tre programmi definiti più trash dagli italiani… ah scusate, stavo dimenticando “Pomeriggio cinque”…che batte i tre precedenti. Allo stesso tempo sono anche i programmi televisivi più seguiti in tutta la nazione. Questo perché il trash piace, piace eccome.

Nel campo televisivo e artistico la parola trash indica delle espressioni di intrattenimento ritenute di basso profilo culturale, ma ha lo stesso significato anche nel campo del cinema, della musica, della letteratura e dell’informatica.

Negli ultimi tempi i programmi trash stanno conquistando le prime serate mettendo in secondo piano programmi di maggiore cultura. E scommetto che tutti almeno una volta abbiamo visto un episodio dei programmi citati, e sotto sotto abbiamo nutrito un certo interesse e una certa curiosità.

Ma il problema nasce quando si apre un discorso riguardante questo tema: tutti puntano il dito contro questi programmi riempiendoli di insulti e disprezzandoli e certe persone, la maggior parte, inizia a nutrire verso di loro lo stesso sentimento che provava Hitler verso gli Ebrei.

Certo, non li biasimo, ma come per moltissime altre cose avere un pregiudizio verso la televisione italiana è diventata quasi una moda e di conseguenza un grande argomento di discussione. All’interno di questi programmi vengono sfruttati dei personaggi con una grande fama, nata per i motivi sbagliati, per trattare argomenti realmente seri, che non riguardano minimamente il personaggio in questione.

L’esempio più ovvio è quello di Bello Figo Gu, che dopo essere stato invitato al talk show “Dalla vostra parte”, ha dato vita assieme all’europarlamentare Alessandra Mussolini a un litigio riguardante i migranti e la

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loro permanenza e stabilità in Italia.

Affidare un problema del genere a due fenomeni da baraccone penso sia una cosa poco rispettosa e ai confini del menefreghismo verso il tema in questione.

soprattutto i presentatori, vengono considerati delle vere e proprie caricature su gambe. L’esempio per eccellenza è Barbara d’Urso…e chissà come mai. Una donna diventata famosa per i suoi “dispiaceri”.

Il problema però è che la web star nasce come fenomeno da baraccone, ed è quindi un personaggio montato sull’ironia, mentre un parlamentare, anch’esso montato e da copione, non deve di certo mettersi contro a un personaggio la cui ironia è diventata la sua fama perché a questo punto i due ruoli si invertono.

Una donna che è diventata famosa non perché è il solito personaggio della televisione montato sulla stupidità e sulla falsità…ma perché è falsa e ignorante già di suo. Ed è inutile ribadire che i programmi da lei condotti sono quelli con più ascolti.

Questa è la dimostrazione che gli italiani apprezzano un programma non per le tematiche affrontate o per la qualità ma per come e da chi vengono affrontate.

Inutile dire che ciò che verrà ricordato di quel discorso non sarà un messaggio riguardante i pari diritti tra i migranti e un normale cittadino italiano ma la dab che Bello Figo ha fatto in risposta alla parlamentare. A me personalmente questa cosa ha fatto sorridere e mi ha fatto anche pensare a come la fama di una persona viene utilizzata scorrettamente, solo per attirare l’attenzione di tutti.

Oltre ai programmi in sé, il problema sono coloro che prendono parte ad essi. La maggior parte di loro,

Ultimamente però la televisione è stata superata. Oramai, per quanto riguarda i giovani, la televisione viene sovrastata da piattaforme quali Youtube e Netflix.

Youtube, che in questo periodo sta avendo un enorme successo, come per la televisione, viene apprezzato non per i contenuti ma per lo più per i personaggi che lo compongono; mentre Netflix penso sia, in confron-

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to alla televisione, una piattaforma di gran lunga più interessante e di conseguenza più utilizzata.

non contengono il vaiolo: è ovvio che non ci deva essere se fa male. Ma questo è solo il mio parere.

Questo perché su questi siti, ma anche su molti altri, ciascuno può scegliere cosa vedere mentre sull’apparecchio in questione non hai molta scelta su cosa guardare, anzi sei quasi obbligato a vedere i programmi che ti offre.

C’è anche da dire che entrambi sono diventati una moda e che quindi sono utilizzati, almeno per il momento, dalla maggior parte dei giovani.

In conclusione penso che la televisione sia uno strumento molto potente, che ha un lato divertente e un lato pericoloso. Essa ha poi influenzato la nostra società dando vita ai cosiddetti “luoghi comuni” e imponendoci un’idea fissa su alcuni canoni. Ma, come ci sono programmi da evitare, ci sono anche programmi che riescono a far divertire o comunque incuriosire lo spettatore.

Infatti alcune statistiche hanno riportato che coloro che guardano la televisione più assiduamente, sono le persone di mezza età mentre i giovani passano il loro tempo utilizzando ciò che offrono le nuove piattaforme.

La televisione, come ben sapete, non è composta solo da programmi trash, ma anche da pubblicità trash. Tutti ammettiamo che la pubblicità infastidisce, ma ciò che dà ancora più fastidio è sapere che in ogni singolo alimento è stato tolto l’olio di palma.

Se fa male è ovvio che vada tolto, è come se adesso dovessimo iniziare ad apprezzare alcuni alimenti perché

La televisione è uno strumento in grado di cambiare le idee comuni, uno strumento che fa vedere solo quello che ci vuole far vedere e ci fa credere solo ciò che ci vuole far credere, per questo non deve essere abusato o preso troppo sul serio ma deve essere utilizzato per lo svago e per farsi quattro risate.

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Filippo Vergani, 3c

Scuola e social, così il sistema ci omologa

“Il liceo ti apre la mente, ti rende libero da ogni pregiudizio, ti rende un uomo consapevole e capace di scegliere.” Queste sono le frasi che sentii all’Open Day del Majo. Dopo tre anni di studio, sono sempre più convinto che il liceo non faccia di per sé nulla di tutto ciò.

Come noto quotidianamente la maggior parte degli alunni sono ossessionati dal voto e hanno come unico obiettivo scolastico quello di conseguire la massima prestazione nelle varie discipline. Pochi studiano con occhio critico, riflettendo e proponendo delle loro idee.

La colpa però non è degli studenti. Gli insegnanti oppressi dall’obbligo di finire il programma non coinvolgono i ragazzi con confronti dei temi studiati con l’attualità e non chiedono mai di formulare idee proprie, ma solo di ripetere a pappagallo ciò che è scritto sui libri. Così le idee della maggior parte degli studenti rimangono intrise di luoghi comuni, buonismo e, soprattutto, sono tutte uguali!

Il nostro sistema scolastico forma individui estremamente competenti nelle discipline che studiano, ma anonimi.

Non è solo la scuola a contribuire all’omologazione della società, ma anche

e soprattutto i social network. Essi potrebbero essere un utile sistema di rapida condivisione di contenuti interessanti e di aggregazione sociale.

Tuttavia, soprattutto tra i giovani, il sistema è degenerato. Ormai è più importante condividere che vivere. Se non si condivide ciò che si fa, è come se non lo si avesse fatto. Consultando profili di molte persone si potrebbe tracciare la loro vita privata ora per ora. L’uso eccessivo dei social porta a una totale rinuncia alla propria privacy. Questa però non è la conseguenza più grave: le persone non giudicano più ciò che è bello o ciò che è divertente in base alla propria personalità, ma l’unico metro di giudizio è la popolarità che questo ha in rete.

Vorrei informarvi care ragazze, che se anche non fate lo snap, la brioche col cappuccino delle 7:32 è buona lo stesso.

Insomma viviamo in una società in cui vige una triste uguaglianza. Se hai un’idea diversa da quelle che a otto anni ti insegnavano a catechismo sei un pazzo estremista. Se non hai abbastanza like non hai stile.

Scuola e social, ecco come il sistema ci omologa.

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Sara di Vita, 5a

Volti del Majorana Hello sweeties - e se capite la citazione siete già nelle mie grazie -, questo articolo è il primo di una serie che si propone di far conoscere a tutti voi lettori, sotto forma di interviste, i volti di majorani (studenti e non) che hanno molto da offrire, che ogni giorno si impegnano in lotte cittadine, che amano profondamente ciò che fanno e vogliono condividerlo, che vi faranno venir voglia di scoprire e vivere.

Domani è storia di ieri e l’arte ci sarà ancora, anche se la vita termina.

-Keith Emerson Per questa prima intervista ho deciso di rivolgermi a Claudia Felisari (classe 1987), docente di storia dell’arte, italiano e geostoria, che ho avuto il piacere di avere come insegnante per due anni e che personalmente ritengo una delle persone più competenti che io abbia mai conosciuto.

La mia scelta è stata guidata, oltre che da un senso civico, di cui capirete il cenno solo leggendo l’intera intervista, da passioni personali e dal desiderio di voler condividere la storia di una donna che fino a poco tempo fa sedeva sui nostri banchi e sudava come molti di noi sull’IL e sul GI (più probabilmente, ahimè, sul Rocci!) e

che ha deciso di seguire ciò che più amava, finendo a fare un lavoro che non si sarebbe immaginata, che l’ha accresciuta emotivamente e professionalmente.

Buongiorno professoressa. Iniziamo con una breve presentazione: chi è Claudia Felisari?

-Io sono un’insegnante di storia dell’arte, italiano e geostoria. Qui ho avuto la fortuna di insegnare due anni al liceo classico mentre quest’anno insegno in due seconde geostoria.

Quindi insegna da tre anni in questa scuola?

-Sì, esattamente.

Lei è molto giovane. Quanto pensa che incida ciò nel rapporto con gli studenti? Si sentono più vicini a lei?

-Penso che l’essere giovane sia un’arma a doppio taglio: da un lato una debolezza, in quanto forse si fa più fatica a conquistare la fiducia dei ragazzi, dall’altro lato un punto di forza perché tanto del vissuto dei ragazzi è anche il mio e questo ci avvicina. È una vicinanza emotiva, con alcuni studenti che non appartengono più a questo liceo si è formato un rapporto amicale.

Perché ha deciso di insegnare?

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-Non è stata una decisione che ho preso subito. Quando mi sono iscritta a beni culturali la mia intenzione era quella, dopo la laurea, di concentrarmi sulla creazione di eventi culturali (uscite guidate, organizzazione di mostre).

Pochi mesi dopo la laurea ho partecipato al bando del TFA per la specializzazione dell’insegnamento. Ho preso parte al concorso con leggerezza, un lavoro stabile fa sempre bene, ma non ero certa di passare.

Durante il tirocinio era presente una fase di insegnamento che io ho fatto in un liceo artistico e da lì mi è stata aperta la via di Damasco. Ho capito durante il TFA che l’insegnamento dà tantissimo, l’insegnamento ti dà un rapporto umano che con una guida non puoi avere.

Lei insegna storia dell’arte. Perché questa materia? Perché l’arte?

-Storia dell’arte era l’unica materia che al liceo mi faceva respirare. Facevo un liceo molto severo e avevo storia dell’arte solo un’ora a settimana; la mia professoressa era una donna pazza che arrivava sempre con questi grandi libri pieni di immagini che apriva sulla cattedra. Poi, una volta arrivati a studiare Canova, mi sono innamorata ed ho capito di volermi iscrivere a quella facoltà.

Visto che il Majorana forma dei cittadini responsabili anche dal punto di vi-

sta culturale, come pensa che l’arte si possa valorizzare in Italia sotto questo punto di vista?

-La valorizzazione e la tutela dell’arte partono dal senso di responsabilità del singolo: se il cittadino è consapevole si è già a metà strada. Se conosci, ami e rispetti. Il liceo Majorana fa tanto da questo punto di vista perché incoraggia molto i progetti. Poi ci sono i passaggi successivi: bisogna pretendere di più, attitudine scarsamente italiana. Ci atteniamo a cosa la politica decide di fare o no, manca la spinta del singolo o del gruppo. Si spende dove non si deve, non si spende dove si dovrebbe. Purtroppo nel nostro Paese, a differenza di altri come, ad esempio, la Francia, c’è tanto la logica della ‘’mostra evento’’ e poco quella del museo a lungo termine. Il cittadino consapevole dovrebbe pretendere di più.

Siamo giunti alla fine. Prima dei saluti, ha qualcosa da dire a tutti gli studenti che la stanno leggendo?

-Non vorrei risultare melensa, però se dovessi dire qualcosa penso che li ringrazierei tanto, perché non mi aspettavo di ricevere così tanto dagli studenti, che io abbia insegnato loro o che li abbia incontrati per varie ragioni, professionali e non.

La cosa che mi dispiacerà lasciando questo liceo sarà lasciare questi ragazzi, che sono il bene dell’istituto.

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Viola Bonfanti, 1b

Maratonda 2016 Lo scorso venerdì 16 Dicembre, come molti sapranno, si è tenuta l’annuale “Maratonda” del gruppo teatro al Majorana.

Lo spettacolo di quest’anno era basato su un fantomatico nuovo diluvio universale; Noè, incaricato di costruire nuovamente l’arca, deve scegliere tra la rappresentanza dell’umanità lì presente, nonché il pubblico, un solo tipo di amore che salverà e conserverà il genere umano.

Per aiutarlo nell’ardua scelta, Dio ha convocato dei grandi saggi tarocchi oltre che due valletti-pescimuti che egli non fa altro che disprezzare con battute ironiche.

Le coppie vengono messe alla prova in ogni tipo di situazione dai tarocchi, che molto spesso vincono decretando la rottura tra le persone.

Sul palco non vediamo solo coppie, ma anche un trio poligamico e un solo narcisista.

Tra gli amori portati in scena, troviamo l’amore “Lui soft e lei Strong”, un classico cattivaragazza-bravoragazzo che, lasciatemelo dire, credo fosse uno dei

migliori della serata.

Si annoverano anche il primato di aver unito due “principesse” sfatando il mito del principe azzurro e dimostrando che l’amore è per tutti e ognuno lo interpreta come vuole.

Che dire dell’amore “tanto vicini da non riuscirsi a toccare” la cui interpretazione senza parole ha lasciato a bocca asciutta tutti. È finita in tragedia la prova dell’ “incomprensione linguistica” con la tragica morte di lei, mentre la tragedia la scampa per poco la coppia “bipolare”, entrambi risvegliati dopo un incidente stradale.

Non mancano riferimenti all’arte, gentilmente suggeriti dal nostro saggio Mondo, che quasi mettono d’accordo l’ “incomprensione emotiva”, e riferimenti a sport estremi che invece dividono la coppia “ adrenalinica”.

Una separazione spetta anche all’amore “possessivo” diviso da un viaggio in Germania.

Tra i vecchi saggi, oltre all’esilarante Noè, spiccavano il Matto, terribilmente inquietante, l’ Imperatrice, ben calata

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Scuola

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nella parte, Il Diavolo, tentatrice malandrina, la Luna, solitaria e tranquilla, ed infine la Giustizia anzi le Giustizie, poiché erano due ragazze ad interpretare il ruolo.

Da non dimenticare la Fortuna, la Forza e l’Appeso, impeccabili nelle loro posizioni per tutta la serata.

Come non ringraziare i due pesci muti, ovvero i nostri insegnanti di recitazione, che sono state le due colonne portanti, seppur poco visibili, della serata.

Un grande “Grazie!” va anche al prof.

Loris che, tra i tanti meriti, ci ha anche prenotato l’aula magna ed il personale della scuola che pazientemente ci ha sopportato per tutto il pomeriggio.

Lo spettacolo era totalmente improvvisato e autoprodotto.

Facendo parte del gruppo di attori posso dire che i preparativi sono stati la parte migliore: il dover pensare a cosa si vuole fare, scegliere i vestiti di scena e in generale mettere in gioco tutti noi stessi è stato molto faticoso, ma sorprendentemente divertente.

Fino a quattro mesi fa non avevo mai recitato e dovermi improvvisamente occupare di intrattenere il pubblico anche solo per i miei tre minuti è stato quasi traumatico.

Ciò che purtroppo il pubblico non può

vedere sono i preparativi dell’ultimo minuto, il: “Ho perso un’unghia finta!

Mi aiutate a cercarla?“ sul marciapiede prima di andare a mangiare, il vestito della morte che, non si sa bene come, nel trucco dal nero è improvvisamente passato al bianco, e l’ansia che attanagliava tutti noi in modo più o meno evidente.

Gente che correva, gente che faceva e gente che disfaceva, chi non sapeva allacciarsi la cravatta e chi si era sporcato apposta la camicia e la faccia con della terra; alcune ragazze erano alla ricerca di uno specchio per truccarsi, altre si sono direttamente impossessate di quello del bagno maschile, essendo ovviamente il bagno femminile già occupato.

C’era chi perdeva grembiule e spolverino e chi mantello e spada.

Il supportare il compagno e l’essere supportato, ed anche il “Merda! Merda!

Merda!” prima dell’inizio, sono cose che chi non recita non potrà mai comprendere.

Perciò per fare esperienza di vita, l’anno prossimo TUTTI AL GRUPPO DI TEATRO!

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Letteratura

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ECCE HOMO

Vincenzo Guarino, 5I

#4 - Sul dolore: l’amleto di Gadda Probabilmente la tragedia shakespeariana che più di ogni altra incarna e rappresenta l’inquietudine, il turbamento, il dolore insiti nell’uomo è l’Amleto.

I principali personaggi di quest’opera sono tra i più enigmatici dell’intera storia della letteratura, ed è proprio questo enigma a renderli incredibilmente affascinanti. La fonte scatenante di questa enigmaticità è rintracciabile in un particolare sentimento che mette in moto la storia, così come l’anima dei personaggi, e che travolge ogni singolo rapporto affettivo: il dolore. Si può notare, infatti, come proprio i due caratteri che maggiormente soffrono, Amleto e Ofelia, siano i più dilaniati, i più inquieti, divenendo così indimenticabili.

L’inquietudine che li divora è come una conferma dell’elettiva affinità tra le loro anime, del loro amore – forse, nel suo turbamento, uno degli amori più sinceri e commoventi – così sot-

tile e circoscritto dal contesto in cui essi sono inseriti, che tuttavia non può che risolversi in modo tragico per le esigenze del principe e della sua vendetta.

Ora, particolarmente affezionato alla figura di Amleto, tanto da creare in uno dei suoi romanzi una delle più riuscite rielaborazioni di questo personaggio, era Carlo Emilio Gadda, spesso poco considerato rispetto ad alcuni suoi contemporanei, ma tra i più grandi scrittori del Novecento italiano.

Il suo romanzo più enigmatico e al contempo affascinate – proprio come l’Amleto shakespeariano – è La cognizione del dolore, composto tra il 1938 e il 1941, comparso a puntate sulla rivista Letteratura e pubblicato nel 1963 da Einaudi.

Gadda ambienta il suo romanzo in un luogo immaginario del Sudamerica, il Maradagal, posto con caratteristiche molto simili a quella Brianza dei primi decenni del ‘900 dove lo scritto-

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re milanese aveva passato la sua gioventù. La storia – che presenta molte similitudini con la vita dello stesso Gadda – narra in particolare del rapporto complesso, intrecciato, turbato tra Gonzalo Pirobutirro (alter ego dell’autore) e sua madre, la Signora. È proprio la figura di Gonzalo ad incorporare lo spirito di Amleto: misantropo, inquieto, dilaniato nell’animo da domande esistenziali; Amleto e Gonzalo odiano profondamente la falsità, arrivano di fatti entrambi a ripudiare e ribaltare quella situazione di menzognera quiete in cui si trovano: Amleto potrebbe condurre una vita colma di qualità e soddisfazioni se solo decidesse di ignorare la reale causa della morte di suo padre, così come Gonzalo potrebbe vivere in maniera agiata e pacifica se solo accettasse quella bontà con cui sua madre, ormai anziana, decide di coprire le dolorose decisioni passate, ma l’etica dei due personaggi li rende totalmente insofferenti alla menzogna e li spinge in modo deciso verso una verità che sia concreta e rintracciabile nei fatti. È proprio questa somiglianza che ne apre un’altra ancora più marcata: per arrivare alla verità i due caratteri devono scontrarsi con le rispettive ma-

dri – scontro che raggiungerà l’apice del tragico con l’indiretta uccisione, da parte dei due protagonisti, della regina Gertrude e della Signora.

La cognizione del dolore, come si intuisce dal titolo, è (come d’altronde il dramma di Shakespeare) un’opera sul dolore – un dolore sordo, tapino, che non vuole saperne di abbandonare l’animo umano e che resterà fisso in esso per l’eternità: meraviglioso, in questo senso, è il finale aperto, incompiuto, con cui Gadda suggella l’eternità di questa sofferenza, in quella che a mio parere è una delle pagine più intense, commoventi e sottili dal punto di vista descrittivo che siano mai state scritte.

Gonzalo ha ormai abbandonato la villa in cui viveva con sua madre ed è lontano, probabilmente per lavoro; egli aveva precedentemente rifiutato l’abbonamento ad una pattuglia di vigilanza, considerato un inutile spreco di soldi; in sua assenza, però, una notte dei rapinatori penetrano in quell’enorme villa in cui, sola, è rimasta sua madre; essi la feriscono gravemente, per poi scappare.

Delle guardie private di un edificio limitrofo colgono qualcosa di insolito e si avvicinano alla casa dell’an-

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ziana: di lì a poco molti abitanti del paese si radunano davanti alla villa preoccupati e ansiosi; chiamano, ma dalla villa nessuno risponde, così essi prendono la decisione di entrare, cautamente, alla ricerca della Signora: la ritroveranno in una camera, col volto tumefatto, in una pozza di sangue, ma ancora viva: “Si comprese da tutti, al riscontrare delle tracce di sangue sullo spigolo del tavolino da notte, verso il letto, che il capo così ferito doveva avervi battuto violentemente; forse qualcuno doveva averla afferrata a due mani, pel collo, e averle sbattuto il capo contro lo spigolo del tavolino da notte, per terrorizzarla, o deliberato ad ucciderla. Terribile fu e permaneva a tutti l’aspetto di quel volto ingiuriato, ch’essi conoscevano così nobile e buono pur nel disfacimento della vecchiezza.

Ora, tumefatto, ferito. Inturpito da una cagione malvagia operante nella assurdità della notte; e complice la fiducia o la bontà stessa della signora.

Questa catena di cause riconduceva il sistema dolce e alto della vita all’orrore dei sistemi subordinati, natura, sangue, materia: solitudine di visceri e di volti senza pensiero. Abbandono.

«Lasciamola tranquilla», disse il dottore, «andate, uscite».

Nella stanchezza senza soccorso in cui il povero volto si doveva raccogliere tumefatto, come in un estremo ricupero della sua dignità, parve a tutti di leggere la parole terribile della morte e la sovrana coscienza della impossibilità di dire: Io. L’ausilio dell’arte medica, lenimento, pezzuole, dissimulò in parte l’orrore.

Si udiva il residuo d’acqua e alcool dalle pezzuole strizzate ricadere gocciolando in una bacinella. E alle stecche delle persiane già l’alba. Il gallo, improvvisamente, la suscitò dai monti lontani, perentorio ed ignaro, come ogni volta. La invitava ad accedere e ad elencare i gelsi, nella solitudine della campagna apparita.”

C’è qualcosa che l’uomo vuole e non può ottenere: questo in sintesi il motivo di quell’infelicità eterna, di quel dolore che come un sibilo eterno ci strugge, ci dilania, ci porta alla follia. È oscurità – la parte inosservabile del nostro animo, tragica, che pur riesce ad ammaliare, come tutto ciò che è ignoto e vago…

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Film

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Alessandro de Marchi, 3a

What a wonderful life “La vita è meravigliosa” è probabilmente il film capolavoro di Frank Capra e certamente uno dei film più belli e più amati dell’industria cinematografica americana, anche grazie alla magistrale interpretazione del suo protagonista: James Stewart.

Uscito nel 1946 rimane ancora oggi per molti il simbolo delle emozioni e dello spirito tipici del Natale.

La storia è molto semplice: George Bailey (Stewart, appunto) per tutta la sua vita rinuncia a qualche cosa pur di aiutare e servire gli altri. Da bambino salva il fratello caduto in uno stagno ghiacciato ma prende un’otite che lo rende per sempre sordo da un orecchio. Da giovane rinuncia alla laurea e al desiderio di girare il mondo per restare nella sua cittadina e far andare avanti la società fondata dal padre, per fornire case ai cittadini meno abbienti.

E così, di rinuncia in rinuncia, George tira avanti, riuscendo sempre a rimanere positivo e fiducioso circa il futuro. Si sposa con la dolce Mary

(interpretata da Donna Reed), va a vivere in una vecchia casa umida e ha tre meravigliosi figli. Ma questa sua felice vita viene improvvisamente rabbuiata dallo zio Billy, suo collaboratore, che perde ottomila dollari, fondamentali per la sopravvivenza dell’attività economica del protagonista. Questi soldi vengono ritrovati dal perfido signor Henry Potter (vi ricorda qualcosa questo nome?) terribile impresario ed avversario economico di George che non intende riconsegnare la somma, spingendo il protagonista a considerare la prospettiva del suicidio. È la notte di Natale e George si avvia verso un fiume per gettarsi nei suoi turbinosi flutti, quando dal cielo viene mandato un angelo di nome Clarence a cui non è stato ancora concesso il dono delle ali. Clarence cerca di convincere George a non togliersi la vita e gli mostra cosa sarebbe successo se non fosse mai nato.

La città sarebbe in mano al perfido Potter, non sarebbe mai stata costru-

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Film

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ita nessuna casa per i più poveri fra i cittadini, sua moglie sarebbe rimasta zitella, sua madre si sarebbe ridotta a gestire una pensione, suo fratello, morto da bambino senza George a salvarlo, non avrebbe potuto salvare a sua volta duemila uomini durante un’azione bellica che gli aveva fruttato la massima onorificenza militare.

In un clima commovente, George si convince che la vita è meravigliosa e torna ad affrontare le sue responsabilità, senza sapere che nel frattempo i suoi amici e concittadini gli hanno preparato il più bello dei regali.

Non ho intenzione di rivelare quale sia questo regalo perché non voglio rovinare la sorpresa a chiunque non abbia ancora avuto il piacere di vedere questo film.

Già durante l’anno successivo l’uscita nelle sale, Frank Capra ricevette migliaia di lettere dai fan, volenterosi di raccontargli l’effetto emotivo che il film ebbe su di loro, e si dice che circa 1500 di queste lettere furono mandate dai detenuti di un carcere californiano. Nel 1987, in Florida, un giudice “condannò” un imputato alla visione del film come parte della pena da scontare per aver

ucciso la moglie ammalata e per aver poi tentato di suicidarsi; tale giudice dichiarò poi di aver voluto mostrare all’imputato il valore della vita.

Quello stesso anno, l’allora consigliere per la sicurezza nazionale Robert McFarlane dichiarò che la visione del film gli diede la forza necessaria per andare avanti dopo aver tentato di togliersi la vita. Questi aneddoti dimostrano quale impatto abbia avuto questo film sulla cultura popolare e come riesca davvero a dare alle persone nuova speranza nel futuro.

In questi ultimi anni è diventata usanza e tradizione di molti guardare “una poltrona per due” la sera della vigilia di Natale, tanto che qualche anno fa, quando Italia uno non inserì il film nel suo palinsesto, si scatenò una piccola rivolta.

Ora, senza nulla togliere ad “una poltrona per due”, film senza dubbio divertente e abbastanza esplicativo di alcuni valori natalizi, ritengo che “la vita è meravigliosa” riesca ad esprimere con una maggiore potenza i sentimenti che solitamente si associano al natale; non è un caso infatti che questo film sia il più visto sia in

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Film

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America che in Inghilterra la sera del 24 dicembre. È chiaro che le tradizioni sono tradizioni e che per centinaia di persone non sia natale senza “una poltrona per due” (o anche senza l’altrettanto divertente “mamma ho perso l’aereo”) però, se quest’anno avete voglia di un film commovente e che possa fornirvi qualche interessante spunto di riflessione, fate come me, cambiate canale, cercate sulle reti minori come “rete quattro” o “ la sette” e decidete di concedervi quel capolavoro che é il film di Capra.

Mentre cercavo degli spunti per scrivere questo articolo mi sono reso conto di come ormai il Natale sia diventato, nell’immaginario comune, una festa dominata dal consumismo e dall’avarizia, di come si stiano perdendo i valori di comunanza e solidarietà; non sto parlando dei valori cristiani che, per chi è credente, sono intrinsechi a questa festività, ma più semplicemente del buon vecchio “a Natale si è tutti più buoni” che, senza retorica, farebbe bene a molte persone.

Ormai mi sembra che le persone si

facciano regali di Natale solo perché sanno di riceverne in cambio e che aspettano il 25 dicembre solo per incassare 100 euro dalla nonna.

E allora mi è venuta l’idea di parlare di questo film che, a mio parere, commuove e spinge gli spettatori a riflettere su cosa sia davvero importante nella vita. Intendiamoci, sarei ipocrita dicendo che per me il Natale è la festa della pace e della fratellanza e che non vi vedo alcun interesse pratico; nient’affatto: anche io, come molti, aspetto il Natale anche per la sua atmosfera, ma soprattutto per i suoi vantaggi materiali ed economici (100 euro della nonna compresi).

Quello che cerco di trasmettere è che la visione di questo film, pur senza cambiare la vita o assurdità simili, può portare lo spettatore a rivalutare un minimo la propria idea sul vero spirito del Natale e insegnare ad essere grati anche delle piccole cose.

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Film

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Into the Wild:

Giulia Borigotto, 1b

Alla ricerca di se stessi Chi non ha mai voluto, almeno una volta, scappare in un luogo dove poter restare solo?

Questo è ciò che fece Christopher Mccandless, che a soli 22 anni partì per un viaggio dal quale non sarebbe più tornato. Abbandonò la sua auto, donò i soldi in beneficenza e bruciò i restanti. Cambiò il suo nome in Alexander Supertramp per dedicarsi alla vita da vagabondo. Il suo obbiettivo era l’ Alaska, protagonista delle fantasie di London, di cui il giovane era appassionato.

Non informò mai i suoi genitori della sua Grande Avventura, dei quali non aveva mai accettato il modo di vivere superficiale, soffocante e di eccessi materialistici.

Infatti era convinto che la società impedisse di vivere appieno la propria esistenza, offuscando la verità, tanto che nel suo diario scrisse: “… Per non

essere mai più avvelenato dalla civiltà, egli fugge …”.

Secondo la testimonianza di amici, incontrati durante il viaggio e con i quali restò in contatto, Chris era un gran lavoratore e un sognatore, un ragazzo umile, intelligente e testardo. Un giovane che non aveva paura di sporcarsi le mani e che viveva con il minimo indispensabile. Non gli piaceva avere molta gente tra i piedi e non parlava molto.

Cercava di spiegarsi la cattiveria della gente e criticava chi, nonostante fosse infelice, non prendeva l’iniziativa di cambiare la propria situazione perché legato al conformismo e al tradizionalismo. Aveva un animo avventuroso, ed è forse questo che determinò la sua morte. Entrò nella terra selvaggia d’Alaska completamente impreparato, munito di un fucile e cinque chilogrammi di riso, che non sarebbero bastati per una permanenza prolungata. Morì in-

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fatti di fame e di avvelenamento da bacche. Il corpo venne trovato in un autobus abbandonato, tappa di giovani rimasti affascinati dalla sua storia.

Mccandless, oltre ad essersene andato sorridente, felice e soddisfatto della propria esistenza, ci lascia uno spunto di riflessione: “La felicità non è reale se non condivisa”. Solo alla fine della sua Grande Odissea infatti, capisce che senza le persone che gli vogliono bene e alle quali lui è affezionato, la gioia di aver realizzato il suo sogno non avrebbe senso.

Possiamo credere di farcela da soli, senza l’ aiuto di nessuno, ma ci sarà sempre una parte di noi bisognosa di affetto. Da sempre Chris è stato in conflitto con i genitori e questo ha lasciato una ferita dentro di lui.

In una lettera mandata all’amico Ron, scrive che se si vuole qualcosa nella vita, basta allungare la mano e afferrarla. Infatti sprona l’anziano a nuove esperienze, a non rimanere legato al passato e ai ricordi, non vivendo il presente.

La felicità, per lui, non è irraggiungibile, bisogna solo volerla veramente e non dipende dalle relazioni umane ma

è intorno a noi. Dobbiamo solo avere il coraggio di andare contro lo stile di vita abituale. È inoltre un modello per chi segue i propri ideali e i propri sogni. Ha passato cento giorni nella foresta ed era pronto a tornare per scrivere un romanzo sulla sua avventura. Ha trovato pace ed è cresciuto, liberandosi da quello che definiva “ l’ essere falso dentro di sé”.

Si può dire che il suo sogno si sia realizzato. Anche se non personalmente, la sua storia è stata raccontata nel libro “Nelle terre estreme”, da cui è stato tratto il film “Into the wild” , uscito nel 2007.

Per concludere, si può dire che Christopher Mccandless è stato un giovane che ha dato molto di cui parlare e riflettere. C’è chi lo definisce un esempio, un ragazzo coraggioso, avventuroso e da ammirare. Altri lo definiscono un folle, un incosciente, un presuntuoso convinto di poter affrontare un simile viaggio così poco preparato.

Sta a voi esprimere un parere su colui che ha cambiato la sua vita e quella di molte altre persone.

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Narrativa

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Dario Arcolin, 3D

Ombra Bianca - parte II Protetta dai vetri smerigliati, una distinta sagoma, comodamente seduta alla scrivania al posto di Dante, si guardava attorno divertita, ammirando le pareti della stanza coperte da edizioni di Shakespeare e Boccaccio, sonetti di Dante, trattati di criminologia e psicologia, cosmologia, opere di illustri letterati lì e manuali di filosofia là.

-Ma bene, mio caro Dante, sembra proprio che tu sia un uomo amante della cultura…

Alzandosi raggiunse la libreria.

-Ottime edizioni, anche ben tenute, e molto usate…

Sembra proprio che questa volta la sfida assuma un gusto nuovo. Non vedo l’ora di misurarmi con te…Contemplando la libreria, estrasse da uno scaffale una copia rilegata in pelle dell’Inferno e, sempre con il tomo in mano, l’elegante figura tornò poi a sedersi per estrarre dalla tasca interna della sua giacchetta bianca una stilografica e un foglio di carta color panna.

-Penso proprio di dover premiare un

così nobile avversario…

Iniziò quindi a tracciare un delicato motivo sul lato destro del foglio per poi, una volta terminato l’intreccio di linee, scrivere un nuovo oscuro enigma.

Fatto ciò chiuse la stilo, la ripose nel taschino interno e affacciatosi alla finestra disse: -Se soffrissi di vertigini...Poi saltò.

Ormai lontani, io e Leonardo discutevamo animatamente, seduti sui comodi sedili, in merito a quale delle nostre interpretazioni della lettera fosse la più corretta.

-Penso che riprenderemo la conversazione comodamente seduti al nostro tavolo, se sei d’accordo.-Saggia decisione- ribatté Leonardo.

-Come ogni volta, non trovo un buco, senti Leo, entra e inizia a prendere il tavolo, io ti raggiungo.Detto ciò fermai la macchina davanti all’Enoteca Pinchiorri e ammirai divertito l’espressione esterrefatta del mio giovane assistente.

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Narrativa

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-Ok… io vado…- poi, girandosi verso di me disse -Dev’essere uno scherzo, io non penso che …-Se vuoi- lo interruppi -possiamo fare altri 200 metri e andare da Ciccio Piada, cosa decidi?-Grazie ma io scendo qui – aggiunse poi velocemente, con un piede già giù dalla macchina -paga lei vero?Per tutta risposta lo cacciai fuori in malo modo dall’abitacolo, chiusi la portiera e iniziai a cercare un posto dove lasciare la mia belva nera.

Leonardo intanto stava cercando di rendersi il più presentabile possibile, non che non fosse ben vestito in quel momento, ma si sentiva comunque fuori luogo.

L’Enoteca Pinchiorri era, a detta di tutta Firenze, il ristorante migliore della città.

E anche lui condivideva l’opinione, si ricordava ancora quel lontano giorno in cui era stato cresimato dal vescovo della città, ma ancor di più nella sua memoria erano scolpiti i sapori delle deliziose portate che aveva gustato quella lontana sera del 199… constatò di non ricordarsi più nemmeno l’anno in cui si era cresimato.

Constatò anche che era rimasto as-

sorto nei suoi pensieri per almeno un minuto abbondante, fermo, solo, in mezzo alla strada, molto probabilmente con un’espressione ebete sulla faccia.

Controllò per un’ultima volta che non fosse uno scherzo del capo cercando la sua vettura in lontananza con lo sguardo, poi si fece coraggio e avanzò verso l’elegante portone di legno di quercia.

CHIUSO ORARIO: 20:30-00:00 TUTTI I GIORNI SI CONSIGLIA LA PRENOTAZIONE Ormai aveva già preso il telefono e iniziato a comporre il numero del suo capo quando notò un movimento dietro la tenda che velava l’immensa vetrata, vide comparire la testa di un anziano signore, poi una mano che indicava il portone e, prima che Leonardo potesse muovere un muscolo, il Nulla, la figura scomparve e l’Enoteca ritornò immobile.

Meditando su quello che pensava un miraggio, sentì dei passi avvicinarsi proprio mentre i cardini dell’enorme portone ruotavano sui propri assi.

Giunto a pochi metri da lui gli feci:

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-Gentile da parte tua aspettarmi- in tono sarcastico.

-Ho quasi fatto due volte il giro del quartiere e…- oltrepassandolo aggiunsi -… sono arrivato giusto giusto per presentarti ad un vecchio amico!

Ezio, come stai?-Più vecchio di un anno e non d’un sol giorno più ricco, ma facendo i conti non posso essere che felice, Dante. È da tanto che non ti vedo, e a proposito non penso di aver mai conosciuto il ragazzo dietro di te.-Lui è…- cominciai ma venni prontamente zittito.

-Dopo, dopo, davanti ai piatti della casa- disse -come posso trattenervi qua fuori in piedi mentre dentro c’è la comodità unita ai piaceri della tavola, entrate, prego!-Cerimonioso come sempre- scherzai.

Dopo essere passati sotto l’ampia arcata a tutto sesto del portone, entrammo in una lunga anticamera dalla volta a botte decorata sulla parete destra con un pregevole affresco raffigurante l’inferno dantesco, mentre sulla sinistra con la celestiale immagine del paradiso.

Uno spettacolo per gli occhi. Le luci,

saggiamente posizionate, mettevano in risalto la forse miglior opera di pittore senza volto.

La parete di destra era tinta da colori forti varianti dal rosso cremisi al nero pece, che rendevano con straordinario realismo il settimo cerchio dell’inferno, quello dei violenti contro Dio e il creato.

Su un immenso mare di sabbia infuocata erano raffigurati dannati, talvolta in piedi e talvolta seduti, ma tutti ugualmente flagellati da un’incessante pioggia di fuoco perenne e fitta, pensai io, come quando durante una fitta nevicata la neve cade senza essere disturbata dal vento.

Ormai alla fine dell’anticamera diedi uno sguardo veloce alla parete di sinistra e pensai: -Il paradiso lo ammiro al ritorno.Finalmente arrivammo in sala da pranzo, ossia un grande salone con un solido pavimento in mattone, delimitato da pareti altrettanto robuste e massicce, che esibivano fiere l’ipnotizzante motivo a spinapesce costituito da mattoni interrotti qua e là da rozzi blocchi di granito grezzo sporgenti e piccole facce di pietra sorridenti, ghignanti o beffarde, fatte della stessa dura roccia.

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-Allora Dante, ho preparato il solito tavolo sotto il pergolato e no, mi arrangio io in cucina.- previde abilmente i miei buoni propositi.

-Se sei qui ora, in questa situazione è meglio stare concentrati e dalla tua faccia sembra che ti sia piovuta una disgrazia tra capo e collo.- disse mestamente.

-Non ti si nasconde nulla, vero?- annuii -Più che una disgrazia la definirei una situazione imprevista, ma ti dico meglio a tavola…Così lasciai Ezio e mi diressi verso il tavolo, dove Leo aveva già preso posto.

-Allora, che te ne pare?- chiesi distrattamente.

-Beh, dalla piadina romagnola ad un pranzo luculliano ne passa di acqua sotto i ponti…- disse levando lo sguardo dal menù che reggeva in mano.

-Direi più che altro di vino nei bicchieri dato che siamo in un’enotecacontinuai tranquillante.

-Guarda che non me la dai a bere, vecchia volpe.- disse lui posando su di me i suoi occhi metallici, fattisi improvvisante attenti.

-Forse è meglio che non mi faccia più vedere al casinò- feci con aria offesa.

-Forza-Allora si vuota il sacco, eh?!- dissi, mentre Ezio traslava diligentemente sull’ampio tavolo dall’elegante carrello pieno di ogni ben di Dio vari antipasti, quali bruschette all’aglio vicino ad una piccola ciotolina piena d’olio, salumi misti e pane di segale.

-Allora Leonardo, vuoi mettere tu al corrente Ezio,- che intanto aveva preso posto - delle nostre elucubrazioni mentali?-Riguardo alla missiva?Annuii.

-Non sono un poeta, quindi non declamerò le rime di Spectre ma penso di poterle ben parafrasare.

In sostanza l’enigma parla di una rivoluzione e prendendo buona la frase come una possibile indicazione di quando colpirà e sempre presumendo l’impossibilità della concreta realizzazione di un golpe- bevve un sorso di rosso - abbiamo prima cercato date di rivoluzioni nella storia, antica e moderna, vicine al 20 novembre, ma non trovando nessuna corrispondenza siamo passati all’astronomia e ci è venuto in mente che il moto di rivoluzione della luna è di 30 giorni.-E siccome questo mese è iniziato sotto la luna piena pensiamo che colpirà la notte del 30 novembre, in quanto

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‘‘non accadrà rivoluzione che io non voglia’’ sta a significare che insieme alla rivoluzione lunare avverrà anche il furto.- Conclusi io, iniziando poi a sgranocchiare le bruschette intingendole nell’olio.

Allora Leonardo riprese la parola e guardando Ezio fece: -‘‘Fino a quando non avrò la terra nelle mie mani ed essa tornerà ad Ouranos’’ ci ha spiazzato completamente- disse con enfasi - fino a quando Dante non ha pensato alla geologia e alla mitologia.-Ouranos rappresenta il cielo stellato- aggiunse Ezio - e la terra può rappresentare una pietra, una pietra preziosa…- disse lasciando la frase in sospeso.

-Esatto- riprese Leo - e sapendo che la mostra riguardante, guarda caso, i tesori della terra di Palazzo Vecchio si conclude il 30 di novembre l’obbiettivo non può che essere la Volta Celeste, l’immenso lapislazzuli dal valore inestimabile.- concluse appassionato.

-Cresce bene il ragazzo- disse Ezio, guardandomi mentre mi deliziavo con il pane accompagnato dai salumi - ma ora vorrei sentire il maestro, e vorrei che questo povero giovane avesse di che mangiare- fece lui mi-

naccioso.

Passando il vassoio al mio partner, iniziai.

-Rimane ben poco da dire, le ultime tre righe sono di commiato e non hanno un significato occulto, però posso sganciare la bomba a patto che venga servita la migliore minestra di pane di tutta Firenze-Hai il coltello dalla parte del manico…- fece lui avvicinandosi al carrellino contenente le portate.

Iniziai riempiendomi il bicchiere di vino, un pregiato Chianti Classico, e dicendo: -Per quanto brillanti e sensate possano essere le nostre deduzioni, siamo costrette a rivederle alla luce di un nuovo intrigante enigma comparso sulla scrivania del nostro piccolo ufficio circa una mezzoretta faLeonardo quasi si soffocò con la minestra.

-Come è possibile, Dante?- fece lui, sorpreso, sbiancando improvvisamente..

-Aspetta! Sei serio? Come ha fatto, diamine… Se è uno scherzo sappi che mi hai quasi ucciso- Si fermò ansimando. -Vero che è uno scherzo?-Non scherzo mai.- feci io sorridendo per poi aggiungere con finta indiffe-

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renza.- non che ciò abbia ripercussioni catastrofiche sul nostro caso.-Ah. Ah. Ah.- scimmiottò nervosamente.- questa è una catastrofe!

Quando lo sapranno i giornali… ‘‘che dipartimento di idioti’’ penserà la città… quello ci frega come vuole!-Non penso affatto che il capitano sventolerà ai quattro venti la notizia e penso anche che adesso abbiamo in mano un indizio in più. Non rovinarti il pranzo, pensa invece di aver ricevuto un regalo-Sempre meglio di un pacco bomba suppongo.- disse, teso come una corda di violino.

-Comunque,- ripresi io- prendersi una pausa è il modo migliore per mettere in chiaro le idee e questo avvenimento è caduto a fagiolo.-Sai una cosa- intervenne Ezio- anche Dante fu portato qui dal suo capo quando io avevo pochi anni più di te, e come per te adesso anche lui si ritrovava davanti al suo primo caso.fece una piccola pausa.

-Stessa storia, stesso tavolo… un capo impassibile e un Dante ardimentoso, pronto a menare le mani.-Come te, ero al mio primo caso, e per giunta era una caso importante.

Stessa situazione di adesso.

La storia si ripete prima come tragedia e poi come farsa, e penso che tutta Firenze riderà di gusto al pensiero che un uomo in maschera sia entrato dalla finestra nel nostro studio. Sempre che si venga a sapere-Ti passo per buona l’idea che staccare serve a riordinare le idee- disse dopo aver ritrovato la sua professionalità - Allora mi spieghi cortesemente come ha fatto ad entrare? Non penso si sia fatto quattro piani tra i poliziotti chiedendo: ‘‘Scusate, devo recapitare una lettera che porterà un infarto a Leonardo!’’

-Il nostro ufficio si trova al quarto piano, ed escludendo il teletrasporto e la levitazione non rimangono molti modi con cui può essere entrato.

Dubito che si sia arrampicato stile spiderman per quattro piani in pieno giorno e nessuno l’abbia notato, e quindi a poco meno di 6 metri di distanza, precisamente sull’altro lato della strada, c’è un palazzo pieno di uffici alto cinque piani. Il resto è intuizione penso confermata dalle leggi della fisica, dato che non ho ancora fatto i calcoli, e applicata alla realtà.-

Immense grazie siano rese ai membri del personale ATA che perdono investono il loro tempo nel ciclostilare il nostro amato giornale!

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