14 minute read

Le ombre del COVID-19

Intervista ad Aldo Rocco Vitale

Pubblicato a metà del 2022 per la casa editrice Il Cerchio, e presentato il 23 marzo scorso alla sala “Caduti di Nassirya” presso il Senato della Repubblica, All’Ombra del Covid-19. Guida critica e biogiuridica alla tragedia della pandemia, con la prefazione di Vittorio Sgarbi (328 pagine, 29,00 Euro) [1], vuole ricostruire la vicenda della pandemia passando in rassegna il susseguirsi degli eventi, le dichiarazioni di esperti, politici, governanti, le informazioni provenienti dal mondo scientiSico e i provvedimenti normativi adottati.

Advertisement

L’autore, Aldo Rocco Vitale, giurista esperto di biodiritto, docente presso la Facoltà di Bioetica dell’Ateneo PontiSicio Regina Apostolorum di Roma, conduce la sua riSlessione giuridica e SilosoSica sulle diverse problematiche poste dalla pandemia, e sulle conseguenze che le decisioni del governo hanno avuto e hanno sul diritto e la democrazia. Mediante una meticolosa e arguta capacità di documentazione, l’autore propone al lettore una vastissima bibliograSia storica, SilosoSica, giuridica, teologica e magisteriale, insieme a dati presenti in letteratura scientiSica, ordinanze e sentenze dei tribunali, notizie date dagli organi di informazione italiani e stranieri, restituendo un quadro spesso contraddittorio e preoccupante. All’autore abbiamo chiesto di dialogare su alcuni temi che emergono dal suo lavoro.

Professore, ringraziandola per la disponibilità a concederci questa intervista, vorremmo iniziare chiedendole di parlarci del “criterio di inimicizia” così si potrebbe deFinire con il quale viene ormai affrontato qualsiasi tema nel dibattito pubblico. Quali sono le conseguenze derivanti da questa dicotomica suddivisione amico/nemico nelle scienze, nella politica, nel diritto e in ultima istanza nella vita sociale?

Aldo Rocco Vitale, nato a Catania (1983), laureato cum laude in giurisprudenza presso l’Università di Catania, Docente a contratto presso la Facoltà di Bioetica dell’Ateneo PontiSicio Regina Apostolorum, ha conseguito cum laude il dottorato di ricerca in “Storia e Teoria generale del diritto europeo” presso la Facoltà di giurisprudenza dell’Università Tor Vergata di Roma.

Consegue l’abilitazione forense e diviene Cultore della materia in Biogiuridica, in FilosoSia del diritto e in Teoria generale del diritto.

Ha al suo attivo numerose pubblicazioni scientiSiche e molte altre divulgative.

Ed socio dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani di cui è Segretario della Sezione di Catania “Sergio Cotta”; è socio del Centro Studi Rosario Livatino; è socio della Società Italiana di FilosoSia del Diritto.

Direttore scientiSico della “Scuola di formazione bioetica” della rivista ProVita Onlus che quest’anno ha celebra la sua settima edizione.

Tra le sue più recenti monograSie per le edizioni Il Cerchio All’ombra del Covid-19. Guida critica e biogiuridica alla tragedia della pandemia (marzo 2022) e Introduzione alla bioetica. Temi e problemi attuali (settembre 2019) e per le edizioni scientiSiche FrancoAngeli una sua monograSia dal titolo L’eutanasia come problema biogiuridico (settembre 2017).

In primo luogo grazie a lei e ai lettori della vostra pregiata rivista.

La domanda è densa e complessa, ma cercherò , nei limiti del possibile, di sempliSicare il problema.

Purtroppo oggi si vive in un habitat culturale che per quanto sia riconosciuto come post-ideologico, poiché successivo al tramonto delle grandi visioni ideologiche che hanno caratterizzato il XX secolo, non ha dismesso gli strumenti e le modalità operative dei grandi confronti ideologici, delle grandi religioni secolari che nel secolo scorso si sono affermate.

La tendenza alla dicotimizzazione della società , del dibattito culturale, del confronto dialettico, cosı̀, è rimasta del tutto inalterata, ma come energia evasa da quei canoni ideologici che in passato ne disciplinavano in un certo senso la potenzialità .

Oggi come un tempo, dunque, la logica del “noi” contro “voi”, dell’amico-nemico, del “puri” contro “impuri” continua ad essere profondamente presente a quasi ogni livello dello scenario culturale, tanto sui mezzi di comunicazione di massa quanto sui social media, tanto nella formazione scolastica quanto nel mondo accademico, tanto nei contesti del pubblico dibattito quanto nei gruppi privati come, per esempio, gli ordini professionali.

L’uomo del XXI secolo che cosı̀ tanto ha cercato di affrancarsi dalle ideologie del XX secolo, insomma, ha Sinito per adottare le stesse metodiche contrapposi- tive dell’Homo ideologicus da cui ha cercato di emanciparsi; si è sostanzialmente preso il motore da un veicolo e lo si è installato in un veicolo differente, di Palermo e poi alla Sapienza di l’Assemblea costituente per la Democrazia cristiana. Più volte ministro, sindaco di Roma dal 1956 al 1957. tanto presa in prestito dagli insegnamenti di uno dei maestri dimenticati della sapienza giuridica italiana, cioè Alessandro Passerin-d’Entreves [3] che a sua volta l’ha rubata ad Alexis de Tocqueville, perché solo le intuizioni geniali meritano di essere copiate e ricopiate più volte. ignorando a volte e facendo Sinta altre volte che trattasi comunque del medesimo identico apparato logico-argomentativo che ieri muoveva le grandi ideologie del XX secolo e che oggi muove l’Homo tecnologicus del XXI. La pandemia è stata, in tal senso, un banco di prova eccellente per l’evidenziazione di paradigmi ancora profondamente radicati, di queste logiche contrappositive e dicotomizzanti che hanno dilacerato il tessuto sociale, spesso perSino quello famigliare e, in deSinitiva, quello umano nella sua più profonda e autentica accezione. osserva le normative su ordine e sicurezza sempre con occhio critico, mantenendo la consapevolezza che queste non si possono venire a trovare in contrasto con i principi fondamentali del diritto […]»

«il giurista

Nel suo saggio lei esprime una profonda preoccupazione sulla sorte dello Stato di diritto, parla delle attuali condizioni di “salute del diritto”, cita alcuni passaggi degli interventi all’Assemblea costituente di due esponenti della DC, Tupini e Medi [2], e a più riprese oppone alla Figura del giurista quella del leguleio. Alla luce di ciò che è accaduto e continua ad accadere, qual è lo stato di salute del diritto in Italia? Inoltre, chi è davvero il giurista e in che cosa differisce dal leguleio?

Beh, la distinzione tra leguleio e giurista è troppo intelligente per essere farina del mio sacco; l’ho sol-

Io l’ho soltanto afSinata, approfondita e adattata al caso italiano. Ad ogni modo la distinzione è semplice nella sua formulazione originaria tocquevilliana: il leguleio è meccanicamente rispettoso della volont à del sovrano al Sine di garantire ordine e sicurezza, anche al prezzo della libertà , anche al costo di sacriSicare i diritti fondamentali; il giurista, invece, osserva le normative su ordine e sicurezza sempre con occhio critico, mantenendo la consapevolezza che queste non si possono venire a trovare in contrasto con i principi fondamentali del diritto, con la libertà e con i diritti naturali dell’essere umano. Alla luce di ciò , se il leguleio compiace il potere e lo serve, il giurista, invece, lo sSida e lo frena; se il leguleio si appella al mero bilanciamento degli interessi, il giurista conSida nella ratio iuris; se il leguleio sorregge il potere, il giurista, invece, corregge il potere; se il leguleio si limita ad applicare la legge, il giurista, invece, la critica, cioè la passa al vaglio dell’esame della ragion giuridica; se il leguleio predica la legalità , il giurista, invece, aspira alla giustizia; il leguleio, insomma, è il gran sacerdote del potere e lo stregone della norma, mentre, invece, il giurista è il profeta della recta ratio come ipotizzato da alcuni un criterio premiale di assistenza sanitaria?

Di questa saggezza erano ben consapevoli i padri costituenti che infatti hanno utilizzato più volte il verbo “riconoscere” in relazione ai diritti e alle libertà fondamentali che la Costituzione tutela e garantisce, nel senso che essi non sono “costituiti” o “concessi” dallo Stato, ma dallo Stato riconosciuti come anteriori e superiori e quindi non disponibili, non manipolabili dal potere politico se non come eccezione e nei limiti dettati dalla lettera e dallo spirito delle stesse disposizioni costituzionali.

Ecco, se vogliamo ridurre al nocciolo l’intera faccenda, la distinzione essenziale tra lo Stato di diritto e lo Stato totalitario; nel primo c’è una sfera giuridica intangibile che è rappresentata dalla persona umana e dai diritti naturali ad essa pertinenti; nel secondo, invece, come evoluzione dello Stato assoluto, il cittadino è un bene di cui il potere può disporre e che può perSino sacriSicare in vista di un bene superiore come, per esempio, l’ordine o la sicurezza, appunto.

«La gestione schizofrenica e sostanzialmente anti-giuridica della pandemia ha […] tracciato un pericoloso precedente, cioè l’idea che il diritto alla salute possa e debba essere tutelato soltanto se il cittadino mantiene un comportamento virtuoso»

Esiste una gerarchia fra i diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione? Come si può affrontare una crisi sanitaria senza sospendere lo Stato di diritto? Insomma, il diritto alla salute si può conciliare con gli altri diritti come, ad esempio, la libertà e il lavoro? È accettabile introdurre

Questo è uno dei principali problemi prima sostanzialmente impensabili se non come mero esercizio accademico che sono emersi dalla gestione della pandemia nell’ultimo triennio. Se la visione tradizionale ha sempre inteso paritariamente tanto il diritto alla salute quanto quello alla libertà , la cui sintesi si rinviene, per esempio, nella rilevanza giuridica e costituzionale della tutela del consenso informato, con l’avvento della pandemia la società occidentale in genere e quella italiana in particolare sembrano aver virato verso una inedita gerarchizzazione dei suddetti diritti per cui il diritto di libertà si può godere soltanto se e nella misura in cui sia compatibile con il diritto alla salute individualmente e collettivamente inteso.

Da questo proSilo si deve in ogni caso distinguere il secondo, cioè il problema dell’introduzione di un criterio premiale al Sine di veder tutelato il proprio diritto alla salute. La gestione schizofrenica e sostanzialmente anti-giuridica della pandemia ha, infatti, tracciato un pericoloso precedente, cioè l’idea che il diritto alla salute possa e debba essere tutelato soltanto se il cittadino mantiene un comportamento virtuoso, valutato in base alla sua maggiore o minore adesione ad un paradigma comportamentale prescritto dalla pubblica autorità

Proprio durante la pandemia, infatti, si è assistito ad una paradossale antinomia giuridica: la tutela del diritto alla salute è stata garantita non soltanto in modo condizionato, cioè in base all’adesione del singolo cittadino alla campagna vaccinale pubblica, ma per di più in contrasto con il diritto alla vita nella sua dimensione di capacità di procurarsi i mezzi economici idonei per il sostentamento proprio e della propria famiglia (ex art. 36 Cost.), come comprovano le sanzioni applicate ad alcune categorie di pubblici dipendenti (medici, sanitari, forze dell’ordine, docenti ecc.) a cui è stato sottratto lo stipendio nel caso di un loro riSiuto a vaccinarsi.

Il paradosso, gravemente antigiuridico, dovrebbe essere evidente per tutti e non soltanto per i giuristi; è come se lo Stato avesse dichiarato: per tutelare il vostro diritto alla salute, sono disposto a farvi morire di fame togliendovi ogni mezzo di sostentamento…! Contraddizioni e cortocircuiti davvero impensabili e francamente intollerabili, sebbene paciSicamente e grottescamente ammessi da buona parte dei giuristi (i quali, direi, in tutta la triste vicenda della pandemia, non hanno brillato per rafSinatezza concettuale, per capacità critica e né per preparazione umana) e dalla stessa Corte costituzionale con le recenti e giuridicamente anemiche sentenze n. 14, n. 15 e n. 16 del 2023 sul tema dell’obbligo vaccinale [4].

Se quattro o cinque anni fa qualcuno le avesse detto che fra non molto in Italia sarebbe stato necessario esibire un lasciapassare per entrare al ristorante, cosa avrebbe pensato? È stato un provvedimento utile, oltre che giusto, quello del green pass? Come è stato percepito dalla stampa internazionale?

Prima del giudizio sul fatto, occorre ben ricostruire il fatto.

Il green pass fu pensato in sede europea, con il Regolamento UE n. 953/2021, soltanto per facilitare gli spostamenti tra i Paesi comunitari e non di certo per impedire le attività economiche, l’esercizio delle libertà fondamentali, o per discriminare i non vaccinati tali perché esentati per ragioni mediche, o perché non rientranti tra i soggetti per cui era clinicamente necessario il vaccino, o perché non hanno avuto modo di essere vaccinati o, addirittura, perché hanno liberamente scelto di non farlo rispetto ai vaccinati.

Del resto, ciò emerge con estrema chiarezza dal punto n. 36 del suddetto Regolamento ai sensi del quale:

«It is necessary to prevent direct or indirect discrimination against persons who are not vaccinated, for example because of medical reasons, because they are not part of the target group for which the COVID-19 vaccine is currently administered or allowed, such as children, or because they have not yet had the opportunity or chose not to be vaccinated. Therefore, possession of a vaccination certiNicate, or the possession of a vaccination certiNicate indicating a COVID-19 vaccine, should not be a pre-condition for the exercise of the right to free movement or for the use of cross-border passenger transport services such as airlines, trains, coaches or ferries or any other means of transport. In addition, this Regulation cannot be interpreted as establishing a right or obligation to be vaccinated» [5].

In Francia, infatti, il green pass è stato pensato e utilizzato in modo differente, non venendo introdotto, per esempio, per gli ambienti lavorativi nonostante l’iniziale proposta del Governo di Parigi in tal senso poi ricondotto a pi ù miti consigli per l’infuriare di proteste e polemiche o per l’ingresso negli esercizi destinati alla ristorazione.

« […] con il ricatto della paura o della privazione dello stipendio e dei più elementari mezzi di sussistenza le masse odierne reagiscono con feedback positivi e non negativi, ubbidendo ai comandi dell’autorità anche quando questi sono contrari al diritto e all’umana dignità»

In Spagna è stato bocciato Sin dall’inizio in quanto considerato contrario ai principi costituzionali di quel Paese.

In Italia, invece, il green pass, introdotto con il DL n. 105/2021 del 23 luglio 2021 entrato in vigore il se- guente 6 agosto 2021 [6], è stato non soltanto pubblicizzato dal Governo medesimo (all’epoca presieduto da Mario Draghi) come strumento necessario e indispensabile per la prevenzione del contagio, cosa palesemente falsa già con un giudizio ex ante, e manifestatasi ancor più falsa alla luce di un giudizio ex post, ma per di più è stato utilizzato in modo contrario a come era stato inizialmente previsto dal suddetto Regolamento Europeo, divenendo efSicientissimo strumento di discriminazione biopolitica, creando una maggioranza di vaccinati in grado di poter esercitare tutti i propri diritti costituzionali e fondamentali, e una minoranza di reietti non vaccinati a cui sono stati negati alcuni diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, come il lavoro, la circolazione, l’istruzione e, in taluni mostruosi casi, perSino l’assistenza sanitaria, poiché inibiti all’ingresso all’interno di strutture ospedaliere pur nell’evenienza della stretta necessità , come nel caso della paziente oncologica respinta da una nota struttura ospedaliera romana o come nel caso di una donna di Sassari alla quinta settimana di gravidanza, a cui è stata negata la visita nonostante l’emorragia e i dolori in corso, e che ha subı̀to un aborto spontaneo nel parcheggio dell’ospedale del tutto priva di ogni assistenza medico-sanitaria e umana.

Il green pass in Italia ha svolto, insomma, una triplice funzione: in primo luogo, ha introdotto un obbligo vaccinale generalizzato de facto, non volendo il Governo introdurre un pari obbligo di diritto per non assumersi una cosı̀ vasta responsabilità nei confronti dell’interezza della popolazione; in secondo luogo, ha introdotto un efSicacissimo strumento digitale di controllo biopolitico; in terzo luogo, ha chiarito che con il ricatto della paura o della privazione dello stipendio e dei più elementari mezzi di sussistenza le masse odierne reagiscono con feedback positivi e non negativi, ubbidendo ai comandi dell’autorità anche quando questi sono contrari al diritto e all’umana dignità

Qualcosa di spaventoso, dunque, soprattutto perché oramai costituisce un precedente su cui in futuro potranno essere approvati e perfezionati strumenti analoghi in vista della trasformazione dei legami sociali secondo lo schema cinese dei cosiddetti “crediti sociali”. La cosiddetta “patente digitale del cittadino virtuoso” approvata di recente (settembre 2022) dal Comune di Bologna, dimostra tutto ciò con sufSiciente chiarezza e precisione. che poi dovrebbe essere il modo

Quasi alla Fine del suo lavoro, lei riporta parte dell’intervento di mons. Giampaolo Crepaldi pubblicato sul numero di gennaio-marzo 2021 del Bollettino di Dottrina Sociale della Chiesa. Mons. Crepaldi [7], citando il n. 46 dell’enciclica Centesimus annus, «la libertà è pienamente valorizzata soltanto dall’accettazione della verità», esamina appunto il legame tra libertà e verità relativamente alle limitazioni adottate durante il periodo dell’emergenza Covid, e avverte sulla possibilità che nuove emergenze «magari di tipo ecologico e ambientalistico» giustiFichino limitazioni della libertà e nuove forme di controllo. Perché secondo lei è un timore fondato?

Mons. Crepaldi è stato uno dei pochi coraggiosi del mondo cattolico in genere e degli uomini di Chiesa in particolare a far sentire la sua voce contro le bizzarrie e le nefandezze che sono state esibite durante il periodo di gestione della pandemia, e chi come me per formazione e coscienza ha sempre a cuore il rispetto della verità , che come insegna Benedetto XVI nella Caritas in veritate (n. 9) costituisce l’unica autentica forma di garanzia per la libertà e per lo sviluppo umano integrale [8], non cesserà mai di ringraziarlo abbastanza per questo suo coraggio in un periodo come quello pandemico in cui troppo spesso anche le autorità ecclesiastiche si sono troppo docilmente piegate alle ingiuste norme approvate dalle autorità civili.

Il mio è un timore fondato non soltanto perché come detto prima adesso c’è un precedente, e quindi da qui in poi siamo mentalmente predisposti ad accettare nuove simili prospettive ed eticamente e socio-politicamente pronti a subirle, ma per di più c’è chi già le teorizza in modo espresso, come accaduto, tra i tanti esempi possibili, e come infatti riporto al capitolo XIII del mio volume All’ombra del Covid-19 [9], con l’articolo pubblicato da Colin Drury su The Independent del 13 novembre 2021 [10] in cui si ipotizza la necessità che il Governo inglese al Sine di combattere l’emergenza climatica assegni delle quotecarbonio personali e mensili a ciascun cittadino inglese: entro quelle quote ciascuno sarà libero di muoversi, svolgere le proprie attività lavorative e ricreative; superata quella soglia i diritti fondamentali (lavoro, circolazione, istruzione, associazione ecc.) saranno come sospesi per evitare che il loro esercizio incida sulla crisi climatica; si potranno esercitare nuovamente il mese successivo quando si veriSicherà il re-start della propria quota-carbonio mensile.

Insomma: l’utopia ambientalista che si trasforma in distopia eco-biopolitica e, in sostanza, il dell’emergenza pandemica di ieri trasformato in pass dell’emergenza ambientale o energetica di oggi o di domani.

Non credo si debba aggiungere altro per comprende re la gravità di quanto accaduto, per di pi nestare dei molti e con il sorprendente risti, bioeticisti e uomini di Chiesa a cui andr ta un domani non soltanto la responsabilit morale e umana di quanto occorso Sin qui, ma anche di quanto si delinea che possa accadere da qui in poi.

L'OMS deFinisce la salute come «stato di completo benessere Fisico, psichico e sociale e non sempli ce assenza di malattia». Lei confronta questa de Finizione utopistica, inarrivabile per l'essere umano, con la deFinizione data dallo storico della medicina Giorgio Cosmacini, il quale afferma: «La salute non è lo “stato di completo benessere co, mentale, sociale” sancito nel 1948 dall’OMS […]. È invece una costante naturale e una variabi le storica: come costante naturale essa comporta una continuità, ripetitività, ritmicità, regolarità di funzioni dell’organismo che rendono biologi camente simili fra loro l’uomo greco antico e l’uomo d’oggi; come variabile storica essa com porta invece una mutazione di fatti e d’idee, di concetti e di valori, che crea tra l’uno e l’altro uomo una dissimiglianza o discontinuità perce pibili in termini socioeconomici, culturali, menta li» [11]. Come si dovrebbe secondo lei intendere il concetto di salute, in modo che il giurista possa concretamente individuarlo e riconoscerlo come diritto?

Sicuramente la deSinizione dell’OMS, che peraltro risale oramai al 1948, pecca almeno di ottimismo, poich é personalmente non conosco nessuno, nemmeno il sottoscritto, che possa ritenersi in salute secondo quel paradigma coniato dall’OMS, perch é almeno tutti abbiamo quanto meno un malessere Sisico, mentale o sociale.

Di Considerare Indegna La

«Il diritto alla salute andrebbe sganciato da quella “cultura dello scarto”, per di più ammantata di umanitarismo (che come tale è sempre un falso umanesimo), giustamente più volte denunciata da papa Francesco, e riferito alla persona nella sua interezza»

Ci ò premesso, appunto, bisognerebbe capovolgere la prospettiva: non nel senso che la salute sia assenza di malattia, ma nel senso che l’uomo è in quanto creatura costitutivamente malato; la sua è una malattia che oltrepassa la materialità e la sua componente biologica; la sua è una malattia ontologica, poiché appunto il suo essere creatura lo delimita come strutturalmente Sinito, precario e sempre deSicitario. Alla luce di questo ca- smo che opera in senso positivo chiedendo a ciascu no di essere sempre più prestante Sisicamente, mentalmente e socialmente (ecco perché la deSinizione dell’OMS è quanto meno ambigua prestando il Sianco alle attuali ideologie eugeniste e sostanzialmente anti-umane), e in senso negativo attraverso la diffusione di una cultura tanatocratica che richiede, anzi, esige la messa a morte dei soggetti non produttivi, delle cosiddette “vite indegne di essere vissute”, come per esempio il feto malato, il neonato malformato, il paziente cronico, il malato terminale, l’anziano o il soggetto che in virtù dei parametri socio-economici è da ritenersi non sufSicientemente o non più produttivo.

La diffusione della mentalità eutanasica è la conseguenza più diretta in tal senso.

Il diritto alla salute, dunque, andrebbe sganciato da quella “cultura dello scarto”, per di più ammantata di umanitarismo (che come tale è sempre un falso umanesimo), giustamente più volte denunciata da

This article is from: