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Introduzione

Il titolo in lingua greca dell’opera scritta da Ovidio, in lingua latina, è 15 libri di Metamorfosi e richiama l’architettura in 15 parti, in cui si strutturava la raccolta dei miti che il poeta latino rielaborò da originali della tradizione greca.

Nei primi due libri delle Metamorfosi sono narrati i miti relativi alla trasformazione del Caos nei vari elementi della natura, la creazione dell’uomo, il diluvio universale, l’incendio della terra causato da Fetonte, infine la rinascita degli uomini ad opera di Deucalione e Pirra.

Se facciamo attenzione, scopriamo che in quasi tutti i popoli della terra è presente il ricordo di un diluvio universale che in tempi remotissimi si abbatté sul genere umano provocando morte e distruzione. I miti del diluvio sono fra loro molto simili, anche se i popoli che li hanno elaborati appartengono a epoche e a luoghi diversi. La trama è analoga in tutte le versioni: gli uomini col passare del tempo divennero malvagi, abbandonarono la via del bene entrando in conflitto con la divinità che, in preda all’ira, punì l’umanità mandando sulla terra una terrificante inondazione. Si salvarono solo pochi uomini, quelli buoni, giusti, scelti dalla divinità per dare origine a un nuovo genere umano.

La più antica testimonianza sull’argomento ci viene da un poema, l’Epopea di Gilgamesh, che rappresenta l’esempio più alto della produzione letteraria di ambiente mesopotamico ed è frutto della fusione di molteplici racconti indipendenti, a lungo trasmessi in forma orale.

Un altro racconto del diluvio universale è presente nella Bibbiae ha per protagonista il patriarca Noè.

A lungo si è ritenuto che l’Epopea di Gilgamesh sia stata fonte per la narrazione biblica. Oggi questa relazione di dipendenza è messa in discussione ed è più diffusa l’opinione che il racconto biblico derivi da una tradizione indipendente molto antica.

Anche il mito greco di Deucalione e Pirra è un racconto del diluvio e presenta notevoli analogie con l’Epopea di Gilgamesh, che sembra avere radice in un effettivo incontro e scambio culturale verificatosi, nell’VIII-VII secolo a.C., nell’Asia Minore frequentata dai Greci.

Ovidio, narrando i miti che sono all’origine del cosmo, parte proprio da questo episodio dove si racconta che l’ira di Zeus fosse stata scatenata dagli atti di empietà commessi dai figli di Licaone, re degli Arcadi, il più grave dei quali era stato l’uccisione di un loro fratello, Nittimo, per offrirlo in sacrificio allo stesso padre degli dèi.

Quando Zeus seppe del delitto, si fece ricevere da loro sotto mentite spoglie. I figli di Licaone gli imbandirono un banchetto con le interiora di Nittimo. Proprio nel momento in cui stavano per cominciare a mangiare, Zeus si rivelò e concepì una punizione che fosse esemplare per le generazioni future: scatenò una terribile tempesta sulla terra. Solo Deucalione si salvò perché avvertito dal padre Prometeo, il titano che plasmò gli uomini e donò loro il fuoco.

Deucalione aveva sposato Pirra, figlia di Epimeteo e di Pandora, la prima donna che gli dèi avevano plasmato. Quando Zeus decise di annientare la stirpe dell’età del bronzo, Deucalione per suggerimento di Prometeo costruì un’arca, la equipaggiò con il necessario e vi salì insieme a Pirra. E Zeus, riversando una gran pioggia dal cielo, sommerse la maggior parte della Grecia tanto che tutti gli uomini morirono a eccezione di quei pochi che si erano rifugiati sulle cime dei monti vicini. Fu a quel tempo che le

montagne della Tessaglia si separarono e tutto il mondo al di là dell’Istmo e del Peloponneso fu inondato. Deucalione, trasportato nell’arca sul mare per nove giorni e nove notti, s’incagliò infine sul Parnaso e in quel luogo, cessata ormai la pioggia, uscì e sacrificò a Zeus Salvatore. Zeus allora gli inviò Ermes e gli concesse di scegliere ciò che voleva: egli scelse di essere il progenitore dell’umanità. Zeus allora gli ordinò di scagliare pietre dietro il capo e le pietre che gettava Deucalione divennero uomini, quelle che gettava Pirra donne.

A partire dal libro III, si entra nell’età dei semidei e degli dèi, e delle loro passioni per gli esseri umani. Si trovano qui racconti che hanno come protagonisti divinità dell’Olimpo che, secondo la tradizione greca, sono dotate di sentimenti e di aspetto antropomorfico e quindi spesso si innamorano o provano ostilità per gli esseri umani. Ci sono poi episodi che hanno al centro divinità minori, come le ninfe, i fauni, creature immortali che vivono però sulla terra, in natura, animandola. Un mondo, questo dei semidei, con cui i Greci spiegavano le forze che si sprigionano dalla natura e che l’evoluzione della scienza ha spiegato in modo razionale. Sono narrati quindi i miti di uomini tramutati in animali, in piante e in esseri inanimati come la pietra. Si giunge così al libro XII, in cui si narra del sacrificio di Ifigenia, della guerra di Troia fino alla morte di Achille. Con il libro XIII si passa dalla mitologia greca a quella romana: Ulisse e Aiace si contendono le armi di Achille. Poi viene narrata la fuga di Enea con il padre Anchise e il figlioletto Ascanio. Il libro XIV contiene l’ultima parte del viaggio di Enea, l’approdo in Italia e i racconti mitici sull’ origine di Roma. Nel libro XV, l’ultimo, ha particolare rilievo il discorso del filosofo Pitagora sulla metempsicosi, la trasformazione di ogni forma di vita come legge che regola l’universo. Pitagora, nel corso del

libro XV, afferma di esporre quanto gli ha dettato lo stesso Apollo: l’anima non muore ma, lasciata la sede precedente, vaga da un corpo all’altro, migra da noi nelle bestie e dai corpi ferini nei nostri. Nessuna cosa è stabile e ferma, ma tutto varia e si rinnova. L’opera di Ovidio si chiude con la divinizzazione di Giulio Cesare che viene accolto in cielo sotto forma di astro, e con la celebrazione di Augusto.

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