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Storie per crescere

Maria Strianese

Il piacere di apprendere

Gruppo Editoriale ELi

indice

cap. 1 • Anche i fiori sono dolci p. 5

cap. 2 • Il commendator Carloni p. 15

cap. 3 • Le biscotta p. 24

cap. 4 • Due uova al giorno p. 32

cap. 5 • Gita a sorpresa p. 40

cap. 6 • Super-mucche p. 48

cap. 7 • Voglio di più p. 54

cap. 8 • Giardini in pericolo p. 61

cap. 9 • Tutti i bambini hanno i denti p. 69

cap. 10 • Un piccolo aiuto per una grande impresa p. 78

cap. 11 • Gli alberi non possono scappare p. 86

cap. 12 • Tra mucche e galline p. 92

cap. 13 • Sempre più caldo p. 100

cap. 14 • Il giorno della Grande Abbuffata p. 110

cap. 15 • In soccorso dei mufanti e delle galmucche p. 118 Schede operative

p. 128

Capitolo 1

Anche i fiori sono dolci

C’era una volta… no, c’è ancora!

In un Paese non tanto lontano, in una casa dipinta di rosso e circondata da un grande giardino, abita la famiglia Verdi. Silvestro e Rosalba sono giardinieri e coltivano con passione fiori, ortaggi e piante di ogni tipo con cui rallegrare la vita dei loro compaesani.

Fiorella, la loro figlia, ha otto anni, la mattina va a scuola in bicicletta e il pomeriggio, dopo aver fatto i compiti, gioca con gli amici, si diverte a rincorrere le farfalle e a osservare il via vai laborioso delle formiche.

Come mai voglio raccontarti la loro storia?

Perché, in quel Paese, vive anche il commendator Carlo Carloni e, proprio a causa della sua

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ingordigia, accaddero cose incredibili: arrivarono i mufanti, i dolci si sciolsero tutti, l’albero di eucalipto fu in pericolo e...

Ma sarà opportuno andare per ordine e iniziare a raccontare la storia dal giorno in cui Silvestro decise di raccogliere alcune piantine fiorite, per regalarle a una persona molto speciale.

«Che belle, papà, a chi devi consegnarle?» domandò Fiorella.

«Sono il regalo per un amico» rispose Silvestro mentre sistemava le piantine in un cesto.

«Non saranno mica per Carloni?»

«Oggi è il suo compleanno».

«Ma lo sai che a lui interessano solo i dolci!»

«Anche i fiori sono dolci, in un modo particolare: addolciscono il nostro cuore» spiegò Silvestro.

«Sì, lo so, ma lui non può capire» si lamentò Fiorella.

«Non bisogna avere dei pregiudizi».

«Comunque» continuò a dire la bambina, «Carloni non è un amico. Non ti chiama mai, non ti fa gli auguri per il tuo compleanno e neppure il regalo. Perché ci sprechi ancora tempo?»

«Perché io sono suo amico. Carletto e io, quando avevamo la tua età, eravamo sempre insieme e, sai, ci divertivamo un mondo» ricordò Silvestro.

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Anche i fiori sono dolci

Si sentì trillare il campanello di una bicicletta. I compagni di scuola di Fiorella la stavano chiamando dalla strada.

«Vado a scuola, ciao papà!»

Fiorella saltò sulla bicicletta, lanciò un bacio al padre e filò via.

Silvestro continuò a scegliere con cura i fiori: garofani, violette, rose e qualche orchidea. Quando il cesto fu ben pieno, lo appese al manubrio della bicicletta e si avviò verso la villa del vecchio amico.

Silvestro sapeva bene che, a volte, una piantina può sembrare morta. I suoi rami sono secchi e spogli, senza neppure una fogliolina. Eppure, se continui a innaffiarla e a prendertene cura, può germogliare di nuovo. Ecco perché continuava a visitare il suo vecchio amico una volta all’anno, nel giorno del suo compleanno. Sperava che, dall’uomo freddo e cinico che era l’industriale

Carloni, potesse rifiorire il caro amico di un tempo, Carletto.

Silvestro pedalava sulla strada in leggera salita, ma non avvertiva la fatica. Era una splendida mattina e nel cielo azzurro, nel vento profumato di erbe nuove, si sentiva già aria di primavera.

Carloni viveva in cima alla collina, in una villa

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imponente circondata da un alto muro grigio.

Arrivato al cancello della villa, Silvestro suonò il campanello, entrò e sospirò di malinconia. Oltre il cancello, fino alla porta d’ingresso, neppure un fiore, neppure un alberello, ma un vasto prato, piatto e uniforme, di monotona erba verde. Al centro del prato c’era solo una grande fontana di marmo bianco, a forma di torta multistrato, dalla cui cima zampillava acqua tinta di bianco, come se fosse latte. Un monumento ai dolci.

Il commendator Carlo Carloni, infatti, era il più importante produttore di dolci di quel Paese. Le sue fabbriche sfornavano biscotti, torte, crostate, panettoni e merendine di tutti i gusti. Grandi cartelloni pubblicitari in strada strillavano: “I dolci Carloni sono tanti e sono buoni”. Da internet saltava fuori ogni momento: “I dolci Carloni sono meglio dei maccheroni”. In televisione cantavano a tutte le ore: “Mangia i dolci Carloni e non contare i bocconi”.

«Buongiorno signor Verdi» salutò la cameriera alla porta. «Anche quest’anno non ha dimenticato di passare per gli auguri. È l’unico che ancora si ricorda».

«Come sta signorina Marianna? E il commendatore?»

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Anche i fiori sono dolci

«Come al solito».

Silvestro seguì la cameriera fino alla porta dello studio di Carloni. Marianna bussò una volta, due volte, finché dall’interno si sentì un brontolio. Marianna aprì la porta, fece un inchino e annunciò il signor Silvestro al padrone di casa.

«Amico mio, ti vedo bene, buon compleanno» disse con tono allegro Silvestro, entrando.

La stanza era grande e immersa nell’ombra, la finestra era chiusa e l’aria era pesante. Carloni stava seduto alla scrivania, alzò appena gli occhi dallo schermo del computer, gli fece cenno di sedersi e borbottò: «Troppo lavoro, troppo lavoro».

«Allora riposa, lavora meno».

«Diminuire? Mai. Bisogna sempre crescere» dichiarò Carloni.

«Buon compleanno» ripeté Silvestro.

«Compleanno? Di chi è il compleanno?»

«Il tuo».

«Ah, già».

Silvestro posò il cesto sulla scrivania e disse: «Questi sono per te, potresti piantarli sul prato, i garofani starebbero bene accanto all’ingresso o attorno alla fontana, verrei volentieri a mettere un po’ di colore in giardino, lo sai. Le orchidee puoi sistemarle in casa, anche qui, darebbero un

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tocco di allegria, però dovresti far entrare un po’ d’aria. Posso aprire la finestra?»

«No».

«Oggi è una bellissima giornata, piena di sole».

«Il sole non mi piace» affermò Carloni, sgarbato.

«Gli uccellini cantano».

«Preferisco il rumore di un frullatore».

«L’aria è piena di profumi».

«E di insetti fastidiosi che ronzano e pungono».

Silvestro sospirò: «Ho portato anche delle violette, sono fiori discreti».

«I fiori attirano gli insetti».

«Attirano anche le api... che danno il miele...» tentò Silvestro.

Carloni, seguendo i propri pensieri, continuò: «Violette, sì, potrebbe essere una gustosa idea. Hai fatto proprio bene a venirmi a trovare oggi, potrei impastare un nuovo tipo di biscotti al gusto di violetta. Ho letto che tanti fiori sono commestibili e tu non me ne hai mai parlato. Fammi assaggiare».

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Anche i fiori sono dolci

Carloni tese la mano verso Silvestro. «Veramente li avevo portati per il giardino» provò a protestare Silvestro; tuttavia, allungò a Carloni una pianticella di violette. Carloni mise in bocca i fiori e li masticò, sputando le radici. «Uhm, non c’è male, gusto originale, pasticcioso, con l’aggiunta di qualche etto di zucchero sarà squisito».

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«Oggi è il tuo compleanno, dovresti svagarti, potremmo fare una passeggiata insieme...»

«Potrei infornare tutta una linea di dolci floreali» continuò a dire Carloni, senza ascoltare Silvestro. «Una crostata al gusto... come si chiamano quelli?» chiese Carloni indicando il cesto.

«Garofani. Ma non ti consiglio di mangiarli, potrebbero farti male» rispose Silvestro.

«Forse a te fanno male, o a tutti gli altri, io ho mangiato di tutto e di più, lo sai» commentò Carloni, tendendo la mano.

Silvestro aveva assistito tante volte alle prodezze alimentari di Carloni e, rassegnato, gli allungò oltre la scrivania la piantina.

Carloni ficcò in bocca un fiore, commentando: «Gradevole. Perfetto per una crostata. Ma adesso… tutti questi fiori mi hanno fatto venire fame».

Schiacciò quindi un pulsante e gridò nel microfono: «La torta!»

Dopo pochi minuti entrò la cameriera, spinse fino alla scrivania di Carloni un carrello su cui era posata una imponente torta, fece un inchino e corse via.

Carloni affondò la mano nella torta, ne staccò un pezzo e, velocissimo, lo inghiottì. Era una torta molto grande, eppure non ne offrì neppure

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Anche i fiori sono dolci

una fettina a Silvestro. Mentre leccava la crema dalle dita riprese a parlare: «I dolci sono il futuro, sono la civiltà. Per secoli gli uomini hanno dovuto faticare per un po’ di pane, andare a caccia per un pezzo di carne dura, ma oggi possono abbandonare questa alimentazione primitiva e, grazie all’industria alimentare, nutrirsi di dolci, soffici, gustosi, succulenti...»

«Certo, però non si può vivere di soli dolci».

«E perché mai?» gridò Carloni indignato.

«Mangiare troppi dolci fa male alla salute: i denti si riempiono di carie e…»

«Sciocchezze, menzogne disgustose messe in giro dai miei nemici, produttori di verdura!»

esclamò Carloni con disprezzo. «I miei denti stanno benissimo» e così dicendo allargò la bocca in un sorriso.

Silvestro conosceva bene quell’impressionante sorriso, eppure si irrigidì nervosamente sulla sedia e aggiunse, sforzandosi di essere gentile: «Ci sono tante altre cose buone che si possono mangiare, per esempio...»

«Hai assaggiato il mio budino al sedano? E i biscotti agli spinaci? Gli spinaci fanno bene alla salute, vero?»

«Sì, sì» balbettò Silvestro.

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«I bambini li mangiano?»

«Non sempre».

«Vedrai che con una glassa di zucchero caramellato li mangiano».

Silvestro fece una smorfia, ma l’altro non la notò e proseguì: «E le zucchine? Vomitevoli! Però ripiene di marmellata e ricoperte di cioccolato diventano gustose».

Carloni pigiò di nuovo il pulsante e gridò: «Portami una scatola di zucchine al cioccolato e una di merendine al merluzzo».

La cameriera riapparve con le scatole. Carloni le gettò davanti a Silvestro.

«Hai una figlia, mi pare, portale a lei, vedrai, niente più capricci davanti alla verdura e al pesce. E adesso via, ho da lavorare».

Silvestro uscì, sospirando. Non si aspettava che il suo vecchio amico cambiasse atteggiamento da un giorno all’altro… ma sperava che prima o poi sarebbe successo.

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Capitolo 2

Il commendator Carloni

La villa del commendator Carloni era una residenza enorme, che sarebbe bastata per trenta persone o forse di più. Ma Carloni ci viveva da solo, senza famiglia e senza amici. Certo, nella villa abitavano anche la cameriera Marianna, il pasticciere Cremino, la cuoca Galina, il segretario Somma, però erano dipendenti, mica amici, e mai una volta che Carloni dicesse loro “Buongiorno”, o chiedesse “Come stai?”.

Carloni passava tutto il tempo nel suo studio, a occuparsi delle sue fabbriche di dolci. Lavorava sempre, anche la domenica, il giorno di Natale... e il giorno del suo compleanno.

Nei primi anni di lavoro, usciva dallo studio solo per andare in camera da letto, a dormire,

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o per andare in cucina, ad annusare i profumi e a mangiare. Era una cucina enorme, con un forno in cui sarebbe entrata una mucca intera.

Ma Carloni amava i dolci più di ogni altra cosa: li amava come tu ami giocare a pallone e tu danzare e tu correre, come ami la mamma e il papà, o forse di più. E tra i dolci amava a dismisura le torte.

Mangiava la torta tutti i giorni, a colazione, a pranzo, a cena e pure a merenda. La cuoca aveva un gran da fare. A colazione torta al caffè, è ovvio; a pranzo torta al sugo e polpette, con contorno di torta fritta e torta di frutta; nel pomeriggio un buon tè con torta imbottita di salame; a cena brodo con tortellini ripieni di torta, oppure insalata di torta con maionese dolce. E non gli bastava.

Ogni giorno il pasticciere Cremino preparava una super torta per Carloni, prelibata e cremosa, che però nessun altro poteva assaggiare.

Il risultato era che, una torta oggi e una torta pure domani, Carloni aveva messo su molti chili e faceva fatica a muoversi. Così adesso prendeva sempre e solo l’ascensore per salire al piano di sopra e chiedeva di mangiare nel suo studio per non alzarsi dalla sedia.

Ogni lunedì un camion scaricava alla villa ven-

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tisei sacchi di farina, undici bidoni di burro e sessantadue scatole di uova.

Ogni mattina il pasticciere Cremino indossava un grembiule pulito, bianco come lo zucchero, e cominciava a impastare la torta del giorno: crostate strabilianti, babà imponenti, millefoglie abbondanti, cassate colossali. Non era una cosa facile, neanche per un provetto pasticciere, perché ogni mattina doveva inventare una nuova ricetta: torta al mandarino, al rosmarino, al cumino, al nocino, al semolino, al cotechino, al pecorino, al salamino, al tacchino, allo stracchino... al cardellino? No! Questo no!

Cremino era alto quasi due metri e aveva un gran naso appuntito in mezzo al viso scarno. Si diceva che non mangiasse mai le sue torte e neppure le assaggiasse. Inventava le ricette e ne verificava la bontà solo... a naso, dal loro profumo. Pare che proprio per questo motivo fosse un così abile pasticciere.

I cibi dolci lo disgustavano, perciò mangiava di preferenza taralli con il pepe, spaghetti con il peperoncino, minestrone con la paprika e altre pietanze piccanti e speziate.

Ogni mattina, Cremino bussava alla porta dello studio di Carloni, alle dieci in punto; entrava,

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Il commendator Carloni

faceva un inchino e presentava al commendatore la torta del giorno. Così fece pure quella mattina. «Buongiorno, commendator Carloni, oggi vorrei proporle una torta con crema di uva e glassa alla cannella».

«Impasta. Quanti chili?» «Dieci».

«Ne voglio di più. Falla da quindici, anzi da venti».

«Ha degli ospiti?» domandò speranzoso Cremino.

«No. Ma ho un forno grande abbastanza per una torta da venti chili».

«Sì, signore... però... vorrei chiederle il permesso di fare la torta un po’ più piccola oggi» disse Cremino, imbarazzato.

«Piccola?»

«Lei non riuscirà a mangiarne venti chili e...»

«È affar mio quanta ne mangio» rispose Carloni, irritato. «Fanne due, da trenta chili. Che razza di sfaticato!»

Cremino si fece coraggio e aggiunse: «Ci sarebbe un problema...»

Carloni si spaventò: «Il forno non è abbastanza grande?»

«Il forno è molto capiente» spiegò Cremino. «Il problema è un altro ed è abbastanza urgente».

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Capitolo 2

Il commendator Carloni

«È finita la farina?»

«Il camion ha appena scaricato i sacchi di farina».

«Uova e burro ci sono?»

«La dispensa è piena come al solito».

«Allora qual è questo problema?»

Cremino sospirò e dichiarò: «Ecco, quello che manca è lo spazio».

«Ma se hai appena detto che il forno è grande!»

«Però il frigorifero è pieno. Ogni giorno avanzano tante fette di torta e, anche in frigorifero, finiranno per andare a male. Bisognerà gettarle via».

Carloni si agitò sulla sedia: «E allora, che cosa vuoi dire, sforna!».

Cremino sollevò il cappello da pasticciere per asciugarsi la fronte sudata, non sapeva proprio come dirlo, e balbettò: «Avrei pensato... bisognerebbe decidersi... lei dovrebbe ordinarmi di fare meno torte o di regalarne qualcuna».

Carloni saltò sulla sedia, nonostante la sua mole, urlando: «Che cosa? Sei impazzito! Tu non devi pensare, devi impastare, è per questo che ti pago, e tanto. Fare meno torte! Regalare le mie torte! Comprerò un altro frigorifero, mangerò più torta, prenderò un congelatore. Sì, congelerai

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tutte le fette avanzate, se avanzeranno. E guai a chi le tocca. Non si regala neanche una briciola delle mie torte. Sono stato chiaro? E non voglio parlarne più».

«Sì, signor commendatore».

Cremino si inchinò, uscì in fretta e corse in cucina, dove lo aspettavano la cuoca e la cameriera, e annunciò con aria sconfortata: «Ha detto no».

«Che ragione c’è di fare così tante, enormi, torte se non riesce a mangiarle?» commentò Marianna.

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Capitolo 2

Il commendator Carloni

«Che spreco!» considerò Galina. «Basterebbe regalarne qualcuna. Farebbe felici tanti bambini». «Potrebbe fare una festa» aggiunse sconsolato Cremino. «Non viene mai nessuno a trovarlo, neppure la sua mamma il giorno del suo compleanno».

«È troppo egoista» commentò Marianna. «È troppo ingordo» aggiunse Galina.

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