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Giornata internazionale della memoria, io la vivo cosí

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Lo sguardo si volge al passato e anime disperse nel fumo chiamano il cuore di chi vive il presente. Si illuminano gli occhi e lacrime amare ripercorrono il tempo, come fossero torrenti che cambiano con le piogge e pieni dell'inverno gelido si dirigono verso il mare, per trovare uno sfogo naturale al dolore pungente e atroce dell'Umanità.

Asia Paladino, Margherita Ingegnere,Beatrice Ceravolo, Chiara Tutino

4C Liceo Scientifico

Al vento hanno lasciato il compito di far galleggiare i loro pensieri, quelli intimi, sentiti e profondi che hanno attraversato i momenti ultimi, ma infinitamente pesanti e tristi della vita che si spegneva.

Ignari della loro fine hanno attraversato penose giornate che infreddolivano il corpo: le unghie dei piedi scarni lasciavano passare con pungente sofferenza, il freddo straziante e la neve sotto la pianta dei piedi intrappolata anche il cervello che non riusciva a trovare più una ragione di vita.

Nube di anime senza volto

Nube di anime che passa l‘altra sponda nube, avvolgi l’urlo dolorante del bimbo che nasce e vive solo per un istante. travolgi la donna, inglobi l’uomo.

Che trova pace dopo la vita sotto la dolorosa gronda. Senza volto, senza labbra, senza te.

Passato sul tuo prato nero, ti guardo ancora, nube di cenere che mi fai rammentare il cammino pesante di chi non sentiva più la terra sotto la pianta del suo piede tu, con un ultimo soffio di vento continuerai a viaggiare nel tempo.

Resterà per sempre l'odore di labbra che osava proferire una ultima frase, un solo sospiro attraversava la triste crudele ignominia umana e lacrime asciutte lavavano i corpi senza fiato di uomini afflitti.

Le madri, tenere creature che sfioravano con il corpo quasi argilloso, pronto a sbriciolarsi al tatto, quel letto legnoso e duro come i sassi della scogliera più dura, quelle madri camminavano con passo lento verso le camere a gas, “le docce” cantando l’ultima ninna nanna, ai loro figli. I bambini guardavano fissi lo sguardo delle madri, che si perdeva nell'iride tumefatta, ma che lasciava ancora trasparire la dolcezza rassegnata dell’angosciosa sofferenza.

Nube di anime senza volto nube, avvolgi l’urlo dolorante del bimbo che nasce e vive solo per un istante. travolgi la donna, inglobi l’uomo.

Nube di anime che passa l‘altra sponda Che trova pace dopo la vita sotto la dolorosa gronda. Senza volto, senza labbra, senza te.

Passato sul tuo prato nero, ti guardo ancora, nube di cenere che mi fai rammentare il cammino pesante di chi non sentiva più la terra sotto la pianta del suo piede tu, con un ultimo soffio di vento continuerai a viaggiare nel tempo.

Mariapia Tavella

ITE Laureana di Borrello

Sangue in cielo e ghiaccio a terra

Sangue in cielo vedi o uomo

Che giochi con bambini in terra fredda fuma il forno del delirio, forma un arco intrappolato nel dolore di chi è nato per soffrire atrocità e spavento tra le tue braccia, o mortem, sorrido sol per un momento.

Il ghiaccio ti accarezza con gli aculei e tu cammini triste nel tuo mondo.

Anita Lamari

ITE Laureana di Borrello

Oltre la cella

Inermi non combattete più, uomini di azione e forza, contrastate ancora il dolore del mondo e raccogliete i cocci della vita. Non sentirete il sapore dell’ignava falciatrice

In gruppo avete vissuto Per morire insieme?

Combatte il vostro cuore se il corpo non ne ha la forza, e nell’oscurità oltre la cella vedrete la gente leggere e cantare ancora il vostro nome nel tempo.

Annamaria Zito

ITE Laureana di Borrello

Non lasciarmi sola” così urla ancora l’anima nel silenzio rumoroso e ruggente, stridente come il ferro nelle fucine e si innalza per toccare il cuore di ogni passante: bambino, giovane, adulto, anziano, quella voce lentamente entra nel cuore fino a pungere come la spina di un biancospino, ma come quella stessa pianta, che fiorisce a primavera e dà rigoglio a piccoli e teneri fiori bianchissimi, così essa chiama alla memoria menti candide e pure che sensibili vogliono cambiare le teste aride e ottuse dell’uomo che non vuole ricordare.

Oltre la cella

Inermi non combattete più, uomini di azione e forza, contrastate ancora il dolore del mondo e raccogliete i cocci della vita. Non sentirete il sapore dell’ignava falciatrice

In gruppo avete vissuto

Per morire insieme?

Combatte il vostro cuore se il corpo non ne ha la forza, e nell’oscurità oltre la cella vedrete la gente leggere e cantare ancora il vostro nome nel tempo.

Annamaria Zito

ITE Laureana di Borrello

Son io, ebreo e uomo

Identico al mio nome è il mio volto

L’amore per la mia gente nessuno mi ha tolto, la stella indosso con fierezza e orgoglio il nome in una carta ancora voglio, son io, ebreo e uomo colpito dalla peste sgomento e paura per essere diverso da chi di morte si veste.

Uomo triste e solo abbandonato dal mondo corri e non ti muovi il muro ti circonda, un albero di spine sovrasta il tempo e il cielo sei tu che sul tuo volto avrai per sempre un velo.

Aurora Cavallaro

ITE Laureana di Borrello

Le braccia sudice e scarne si appoggiavano al filo spinato e intrappolavano un breve istante di libertà che svaniva se il capo ascoltava ancora per guardare il fumo che dagli inceneritori volteggiava e formava strane figure e numeri tatuati nell'aria.

Antonio Marafioti - 4C Liceo Scientifico

Ricordo che volge spesso all'oblio nella quotidianità dell’inettitudine.

La camera grigia e buia In mano reggi l’uomo o triste tempo davvero vivi solo e con sgomento la morte tu trascini contro vento nel suo terribile e doloroso tempio.

Un bimbo rechi in mano

Ancora è vivo?

La camera si fa più grigia e buia si nutre di lezzo e ceneri di uomini appassiti e senza carne. pelle vedi soldato mentre guardi il film della vita che ti passa innanzi.

Francesca Rachele

ITE Laureana di Borrello

A piedi nudi, sul gelido terreno, d’inverno, percorro la strada che conduce verso la fine dei miei giorni.

La mano ormai stanca poggia le dita sul capo freddo e rimembro ancora i giorni in cui le trecce dorate scendevano sulle mie spalle, inebriandomi del buon profumo di pulito.

Or dunque rimane solo un ricordo.

Della dorata chioma le teste nobili ne fan vanto e le parrucche senza radice, si oscurano su di essi come un triste pianto.

La ferocia degli infedeli si cela nell’ombra con occhi crudeli, scruta e divora con sguardo profano la rara bellezza del genere umano.

Percossa, derisa, insultata e umiliata, dalle candide vesti persin denudata.

Soggiace paura, angoscia e tormento, nel profondo dell’animo l’esser donna è spavento.

All’udir delle urla delle povere genti, il cuor in petto duole e nell’anima giace il silenzio profondo, di chi nel buio vive e nel gelo del dolore muore.

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