TM Speciale Vino - Ottobre 2022

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speciale vino

p. 102 Una tradizione da bere

p. 104 Uno, due, tanti...Merlot

p. 108 L’aristocrazia dei vini

p. 110 I vini delle due montagne

p. 112 Sapori di stagione

p. 114 Qui dove anche il dormire è di-vino

p. 117 Itinerari da assaporare

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Una tradizione da bere A

dispetto dei suoi 15 mila ettari, la tradizione viticola riveste per la Svizzera una notevole importanza, sia culturale che economica. Con diverse decine di viticoltori e quasi 3mila produttori che contribuiscono a ripartire il lavoro a molti artigiani e piccole industrie (dagli stampatori di etichette agli importatori di tappi di sughero), la viticoltura rappresenta un’attività commerciale dinamica e fortemente integrata nel tessuto economico svizzero.

Culturalmente, la vite, e il vino, fanno parte del Dna del nostro Paese, da millenni.

L’attuale superficie vinicola è abbastanza stabile nel bilancio fra terreni sottratti dall’urbanizzazione e la rinascita di alcuni piccoli vigneti fra quelli abbandonati dopo che, a fine Ottocento, il parassita della filossera aveva falcidiato i vitigni svizzeri (disastrose le conseguenze in Ticino dove si passò dagli 8mila ettari del 1877 ai 915 nel 1980).

Una delle caratteristiche distintive della produzione nazionale è la grande eterogeneità dei prodotti su un territorio così piccolo, ma che presenta microclimi e suoli molto variati. Si contano sei regioni principali: Vallese, Vaud, Ginevra, Ticino, i Tre Laghi e la Svizzera tedesca. Pinot nero, Chasselas, Gamay e Merlot costituiscono il 70% dei vini prodotti.

Nel 2021 il consumo totale di vino in Svizzera è aumentato leggermente (+4,9 milioni di litri) raggiungendo quota 255 milioni di litri, principalmente grazie al maggiore consumo di bianco (+4 milioni di litri), mentre il consumo di rosso è rimasto pressoché stabile (+0,8 milioni di. litri).

Poiché la produzione indigena non copre che un terzo del fabbisogno, si importano grandi quantità, prevalentemente da Francia, Italia e Spagna. Tuttavia, grande è l’interesse per la produzione locale. Anzi, crescente.

Sebbene il mercato sia sempre più internazionalizzato, l’esercizio è non cedere all’appiattimento della globalizzazione, quando è proprio la territorialità a garantire il prestigio e il bouquet inconfondibile di un’etichetta.

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Uno, due, tanti… Merlot

Il primo impianto del nobile vitigno Merlot in Ticino è del 1906. Nel tempo si è rivelato a queste latitudini una varietà di uva molto versatile, dando origine a prodotti estremamente diversi fra loro, in funzione dei vari terroir di produzione e delle filosofia aziendali.

La Svizzera è la culla della produzione vitivinicola integrata, che si basa sull’idea di dare la precedenza ai meccanismi di autoregolazione naturali, utilizzando i prodotti di trattamento sintetici solo quando è necessario, applicandoli con precisione, per ridurre significativamente l’impatto ambientale. Un approccio per sperimentare il quale un territorio piccolo come il Ticino è l’ideale. Fra i più importanti per produzione, con circa tremila viticoltori, il Cantone si è at-

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speciale vino/ territorio
Creato alla fine degli anni ‘40, il ‘Marchio Viti’ nasce con lo scopo di valorizzare e promuovere la qualità del Merlot del Ticino.

tivato precocemente, incentivato dalla ricostruzione del patrimonio devastato dalla filossera. Nel 1906 si è così arrivati a impiantare il primo vitigno Merlot. Originario della Gironde (Bordeaux), è un’uva a bacca rossa ed è il secondo vitigno per importanza a livello mondiale dopo il Cabernet Sauvignon. È coltivato in tutti i continenti, anche se i migliori risultati organolettici si ottengono nei Paesi con climi miti che danno origine a vini eleganti.

Il suo nome deriva dal merlo, che a quanto pare ne apprezza la ricchezza zuccherina degli acini, dovuta alla sua maturazione precoce.

Tra le zone di produzione più prestigiose c’è il Pomerol e, quale patria adottiva, il Ticino. Quarto Cantone svizzero per estensione e luogo fertile, la vite è presente un po’ ovunque, da Chiasso alle prime rampe che conducono ai passi del San Gottardo. Gli oltre mille ettari di vigneti coltivati in Ticino sono attualmente coperti per oltre l’80% dal Merlot, assurto col passare del tempo a vero simbolo della vitivinicoltura cantonale. Negli anni ’80 si è iniziato a vinificare vini più strutturati e adatti all’invecchiamento, mentre nel 1982 ha avuto luogo la prima vinificazione in bianco del Merlot. Il successo è stato rapido e questo vino ancora oggi resta un’unicità a livello mondiale. Vitigno versatile, il Merlot è stato anche spumantizzato.

Il rimanente 20% di superficie vitivivicola è occupato da una ventina di varietà, fra le quali spiccano il Gamaret nelle uve a bacca rossa e lo Chardonnay in quelle a bacca bianca. «I terreni e il clima che caratterizzano le varie zone del Ticino, in gergo definite ‘terroir’, sono decisamente diversi fra loro», esordisce Andrea Conconi, direttore di Ticinowine, l’ufficio di promozione della vitivinicoltura ticinese. «A meridione, nell’area situata fra il lago di Lugano e Chiasso, i terreni sono contraddistinti dalla presenza di molta argilla, ricchi e profondi che, grazie al clima più caldo tipico di questa zona, danno origine a vini di grande eleganza e morbidezza. Le regioni situate a nord del Monte Ceneri sono invece caratterizzate dall’attività dei ghiacciai e dai torrenti che hanno plasmato il territorio lasciando depositi morenici e coni di deiezione, piuttosto pietrosi e ricchi di sabbia e limo. Queste caratteristiche di terreno, unitamente al clima fortemente influenzato dalla vicina

«Un unicum è l’ormai tradizionale bianco di Merlot, prodotto con uve Merlot, a bacca nera, vino bianco di grande piacevolezza da gustare nella sua giovinezza»

Produzione svizzera: il primato di Vallese e

Ripartizione delle superfici viticole per cantone, 2021

catena alpina, permettono la produzione di vini austeri, destinati anche a lungo invecchiamento», precisa il direttore di Ticinowine.

«Quella della vitivinicoltura ticinese è una realtà molto particolare», evidenzia Andrea Conconi, «Gestita da oltre 2700 viticoltori che coltivano piccoli appezzamenti sovente molto scoscesi. Una viticol-

In Svizzera sono censiti circa 240 differenti vitigni. Di questi, solo 75 compaiono nelle statistiche ufficiali dell’Ufficio Federale di Statistica. Le quattro uve più diffuse sono il Pinot Noir, lo Chasselas (autoctono), il Gamay e il Merlot (pari al 72% dell’intera coltivazione).

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Andrea
VD 26% GE 9% TI 8% AG 3% SH 3% TG 2% BE 1% BL 1% VS 32% Altri 25% ZH 4% Restanti 2% NE 4% GR 3% SG 1% FR 1%
Conconi, Direttore di Ticinowine
Fonte: Ufag Altri 27% Altri 24% Rossi e bianchi della Svizzera Gamay 14% Merlot 15% Pinot Noir 47% Chasselas 55% Müller-Thurgau 7% Chardonnay 6% Sylvaner 5%
Vaud
Fonte:
Ufag, 2021

Gli oltre 1000 ettari di vigneti coltivati in Ticino sono attualmente coperti per oltre l’80% da Merlot, vitigno assurto col passare del tempo a vero simbolo della vitivinicoltura cantonale.

tura quasi eroica, tipica delle zone alpine e prealpine nelle quali antiche popolazioni sono riuscite con grande fatica a strappare terra coltivabile alla montagna. La metà dei terreni coltivati a vite è costituita da degli appezzamenti che non superano i 2mila metri».

«Il Ticino rappresenta appena l’8% della superficie viticola svizzera, ma ha la prerogativa di essere l’unico cantone a sud delle Alpi, e beneficia per questo di un clima unico, diverso dal resto della Svizzera», sintetizza Andrea Conconi. Il Merlot ne è sovrano, ma il Ticino vanta anche un vitigno autoctono, la bondola, caratterizzato da tannini rustici e acidità pronunciata, «oggi viene coltivato solo nel Ticino, in particolare nel Sopraceneri. Per questo vitigno è stata presentata la candidatura come Presidio Slow Food», aggiunge Conconi.

Un cospicuo numero di produttoriuna quarantina, tutti con una produzione non inferiore alle cinquemila bottiglie all’anno - è rappresentato nella Corte del Vino, una realtà creata nel 2017, per far conoscere i vini ticinesi.

Una sorta di vetrina di tante produzioni locali raccontate attraverso circa 250 etichette.

Il mondo vitivinicolo locale è denso di elementi, la tradizione e il sudore, il gusto e la perseveranza, il sole e la geologia, le incertezze climatiche… le certezze: su tutte, la passione di chi vi lavora, spesso da generazioni.

«È un mondo che Ticinowine promuove, anche con diversi eventi: dalle Cantine aperte (che registrano fino a 30mila presenze) agli eventi tematici, come ‘Cinema nel vigneto’ o ‘Giallo nel bicchiere’. E, a breve, a dicembre, sarà la volta di ‘Vino in Villa’ a Lugano, a Villa Ciani», conclude Andrea Conconi.

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Simona Manzione

L’aristocrazia dei vini

Su tutti la lezione di Bordeaux, punto di riferimento per le classificazioni bordolesi e una ristretta selezione delle etichette più prestigiose. Poi la Champagne, la Borgogna, le Langhe e la Toscana, con la loro incomparabile tradizione, principali mercati dei vini rari e da collezione. Un settore che richiede importatori che sappiano garantirne la qualità e comunicarne il prestigio.

Un meccanismo perfetto ne fa la rete commerciale più antica e autorevole del vino: sin dalle sue origini, oltre due secoli e mezzo fa, la Place de Bordeaux orchestra la distribuzione delle etichette bordolesi garantendo un’esclusività che non teme svalutazioni e garantisce la qualità del prodotto e la magia di uno dei più apprezzati brand mondiali. «La genialità e la lungimiranza dei produttori e dei commercianti bordolesi sta nel complesso sistema distributivo che non avviene con

l’usuale vendita diretta dal produttore al consumatore o dal produttore al supplier, ma attraverso i négociant, che fungono da intermediari tra gli châteaux e i rivenditori di ogni parte del mondo, contrattando le allocazioni di ogni singolo vino bordolese: per ciascuno viene fissata una fascia di prezzo di riferimento in base alle caratteristiche dell’annata, il che esclude la concorrenza sleale e sostiene il prestigio del prodotto, comunicato anche grazie al supporto del marketing», spiega Alessandro Pagani, wine buyer di Arvi, società

specializzata nel segmento dei vini pregiati e da collezione, con sede centrale a Melano. Dei vini di Bordeaux è uno dei principali importatori: costituiscono il 50-60% del suo stock di oltre 800mila bottiglie.

Centrale per la distribuzione dei vini bordolesi è poi il meccanismo delle vendite en primeur: nell’aprile successivo alla vendemmia viene data la possibilità a sommelier ed esperti di degustare in anteprima i vini ancora nelle botti, per capire la struttura, la fattura, le qualità organolettiche dell’annata. A seguire, giornalmente, avvengono i rilasci dei vari vini sul mercato, i quali, avvalendosi di questa splendida rete di distribuzione, riescono a raggiungere i mercati più lontani e diversi in maniera pressoché simultanea. Il cliente ha la libertà di scegliere il formato essendo ancora in botte, sapendo che lo

L’eccellenza assoluta sono i cinque Premier Cru Classé stabiliti nel 1855, sotto Napoleone III, con la prima classificazione dei vini di Bordeaux. Arvi ne è tra i pricipali importatori. Tra bordolesi e selezionati nomi internazionali, nel suo stock conta oltre 10mila etichette in pronta consegna.

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speciale vino/ Arvi
Foto Marco Reggi Foto Marco Reggi

riceverà due anni dopo, al termine del processo di affinamento. «Il che è molto interessante sotto il profilo dell’investimento: a dipendenza delle annate e della caratura dei singoli prodotti, certi vini vedono il proprio valore aumentare anche in tempi brevi dopo il primo rilascio sul mercato», spiega il wine buyer di Arvi, che del suo giro di affari sui bordolesi vede un buon 50% incentrato proprio sulle vendite en primeur.

La Place de Bordeaux è diventata cruciale anche per la distribuzione di una selezionatissima scelta di altre produzioni internazionali - vini australiani, sudafricani, sudamericani, italiani, spagnoli, …ritenute meritevoli di essere qui commercializzate, indicativamente nel mese di settembre (i bordolesi a maggio-giugno).

Altre tre sono le principali aree mondiali attorno alle quali si concentra il mercato dei vini rari e da collezione. Nella regione della Champagne, da sempre protagonista con grandi nomi, negli ultimi dieci anni anche Maison di piccole dimensioni hanno vissuto una forte crescita, vedendo aumentare in maniera esponenziale i prezzi: una fetta di mercato fondamentale per chi vuole investire, ma fortemente speculativa.

«La Borgogna e le Langhe seguono logiche simili fra loro: con una grande tradizione, sono esplose dagli anni 2000 a livello di spinta commerciale e comunicazione del prodotto, raggiungendo prezzi elevatissimi a causa delle allocazioni sempre più risicate. La Toscana ha un prestigio accomunabile a Bordeaux, per i suoi ever green: Testamatta, Trinoro, Sassicaia, Ornellaia, Masseto, Tignanello, … primo traino dell’enologia italiana a livello internazionale», commenta Alessandro Pagani.

La novità è invece il profilarsi fra la clientela dei giovanissimi: in Europa, già nella fascia dei 18 e 25 anni si registra un boom sia di acquirenti attratti dal prestigio del bene di lusso, sia di chi si interessa, gira, visita cantine e si iscrive a corsi. Un enorme potenziale lo ha il bacino asiatico. Di nuovo, i commercianti bordolesi si stanno mostrando dinamici e intelligenti, ad esempio ammiccando a questi destinatari con un packaging apposito, si pensi agli ideogrammi disegnati dall’artista cinese Xu Bing per l’annata 2018 del Mouton Rothschild.

Durante la pandemia, Arvi è stata tra i primi importatori a offrire ai produttori

«Il sistema di vendite en primeur dei vini di Bordeaux, nella primavera successiva alla vendemmia, è molto interessante sotto il profilo dell’investimento: a dipendenza delle annate e della caratura dei singoli prodotti, certi vini vedono il proprio valore aumentare anche in tempi brevi dopo il primo rilascio sul mercato»

la possibilità di snellire la comunicazione e farsi conoscere a distanza, organizzando degustazioni online con la ricezione delle bottiglie a casa del cliente e la possibilità di dialogare con produttore e sommelier. Fa parte dei servizi alla clientela che sono il punto di forza di Arvi, insieme all’ampiezza dello stock, con una vasta ma attenta selezione di etichette internazionali (Borgogna, Rodano, Champagne e i maggiori produttori italiani, spagnoli, australiani, statunitensi e sudamericani) che va affiancarsi alle prestigiose classificazioni bordolesi, per un totale di oltre 10mila etichette in pronta consegna. Sono pochi i wine merchant a disporre di una tale profondità di stock, considerando anche gli importanti costi fissi di assicurazione e stoccaggio. E detiene anche un’impressio-

nante collezione di grandi formati, dalla Magnum da 150 cl ai 27 litri.

Oltre a mettere a disposizione di chi acquista il proprio caveau per conservare in condizioni ideali i vini pregiati - temperatura, umidità, luminosità -, offre anche il supporto per quanto riguarda tutti gli accessori necessari alla degustazione, come i Brass Decanter per il servizio dei grandissimi formati. Centrale è l’impegno nella divulgazione della cultura del vino, portando in Ticino e in Svizzera produttori da tutto il mondo a raccontare le loro etichette e con eventi come l’esclusiva degustazione dei grandi vini di Bordeaux presentati direttamente dall’Union des Grands Crus de Bordeaux, il prossimo 8 novembre a Zurigo, ed Explore Italy Tasting, che si terrà il 26 novembre: tutte le importazioni dirette italiane di Arvi esposte in assoluta esclusiva all’interno del caveau di Melano.

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Alessandro Pagani, wine buyer di Arvi La sala degustazione di Arvi, a Melano, cornice ideale per eventi privati o aziendali. Foto Marco Reggi

I vini delle due montagne

Una corte di giullari, cantastorie, saltimbanchi… Sulle pendici del Generoso e del San Giorgio, dai vigneti coltivati scrupolosamente da due amici, nascono le otto etichette di una cantina del Mendrisiotto, che di questo terroir sa esaltare l’unicità. Con carattere e grande equilibrio.

Né una tradizione familiare di viticoltura né sponsor su cui contare: nel mondo del vino si entra anche così. Per passione e con ostinazione, spirito imprenditoriale e desiderio di autenticità. In Claudio Widmer si è fatto sentire all’improvviso: dopo cinque anni di lavoro in banca, si fa strada il desiderio di creare un prodotto con le sue mani, a contatto con la natura. Un primo stage in un vigneto del Mendrisiotto conferma la sua vocazione, portandolo a frequentare l’Alta scuola di viticoltura ed enologia di Changins, nel Canton Vaud, dove incrocia Simone Favini, che conosceva solo di vista, entrambi cresciuti nel Mendrisiotto. Appassionato fin da piccolo, ha già vinificato il suo primo vino con uve provenienti dal comune di Salorino. Si incontrano nuovamente pochi anni più tardi, nel 2012: nel frattempo Claudio ha fatto esperienza a Bordeaux e in Cile; Simone è riuscito ad acquisire da un anziano del paese alcuni vigneti in un

territorio che ne concede ben pochi. L’affinità di spirito e visione li convince a unire le forze e i loro nomi, da cui nasce la Cantina Fa’wino.

«Questi primi dieci anni sono stati un ‘crescendo’ continuo grazie alla nostra ottima collaborazione e complementarietà. Da 5.000 bottiglie siamo passati a una produzione annuale di oltre 35mila; da poco più di un ettaro di vigna siamo arrivati a quattro che coltiviamo ancora personalmente. I nostri vini sono oggi interamente prodotti con uve di nostra produzione e lavoriamo personalmente i nostri vigneti in modo scru-

Da sinistra, il vigneto di Meride e quello di Salorino, rispettivamente sulle pendici del Monte San Giorgio e del Generoso, dove si trova la tenuta di Fa’wino. Qui nascono i Merlot Meride e Musa e le altre sei etichette dell’azienda, che ha appena compiuto 10 anni.

poloso e attento. Un lavoro minuzioso svolto ancora a mano, data la morfologia dei terreni. Ma il buon vino si fa con una materia prima impeccabile», raccontano.

L’unicità della natura del suolo, l’altitudine e il clima conferiscono ai loro “vini delle due montagne” - come amano definirli perché la tenuta è distribuita sulle pendici del San Giorgio e del Generoso -mineralità, eleganza e finezza. Sono

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speciale vino/ Fa’wino

«Non siamo amanti degli estremi: secondo noi i vini devono avere carattere e, soprattutto, equilibrio. Conduciamo delle vinificazioni che non stravolgono la natura dell’uva e che permettono di mantenere le caratteristiche del terroir: mineralità, eleganza e finezza»

otto: due bianchi, quattro rossi e due spumanti. La coltivazione ri spetta le norme della produ zione integrata, garantendo il più possibile la biodiver sità. Oltre al merlot, i prin cipali vitigni coltivati sono il cabernet franc, la syrah, il gamaret e l’ancellotta per i rossi, il sauvignon bianco, il chardonnay, il sémillon e il viognier per i bianchi.

«Non siamo amanti degli estremi: secondo noi i vini devono avere carattere e, soprattutto, equilibrio. Conduciamo delle vinificazioni che non stravolgono la natura dell’uva e che permettono di mantenere le caratteristiche del terroir. Controlliamo e gestiamo personalmente l’intero processo di pro duzione in vigneto e di trasforma zione della materia prima in cantina, dalla macerazione all’imbottigliamento. In primo luogo, cerchiamo di ottenere una qualità impeccabile dell’uva e, in seguito, di trasfor

marla attraverso dei processi enologici delicati per garantirne l’integrità ed esaltarne la qualità. Inoltre, i nostri interventi sul prodotto sono ridotti al minimo in modo tale da ritrovare in bottiglia la peculiarità dell’annata e la tipicità del terroir», spiegano i due colleghi.

Le loro etichette, con cui si sono già aggiudicati ripetuti riconoscimenti, portano freschezza affabulatoria anche nei loro nomi: Giullare, Cantastorie, Saltimbanco, Musa o Elsbeth, detto anche “il vino delle nonne”, perché casualmente era il nome delle nonne di entrambi, scelto per un assemblaggio di tre vitigni

bianchi aromatici, sauvignon bianco, sémillon e chardonnay.

Lo scorso 17 marzo, per festeggiare il simbolico traguardo del decennio di attività, i due fondatori hanno potuto organizzare la prima degustazione verticale invitando amici e colleghi a mettere a confronto le diverse annate. «Il nostro obiettivo è ora quello di consolidare l’azienda. Non vogliamo aumentare ancora molto il numero di bottiglie, per continuare ad avere ancora la possibilità di gestire personalmente le nostre vigne», dichiarano.

Il vino che a oggi più li rappresenta? «È sicuramente il Merlot Meride. Un 100% Merlot prodotto con uve dei nostri vigneti che si trovano nell’omonimo paese situato sul monte San Giorgio. Racchiude la mineralità dei suoi fossili: lo affiniamo esclusivamente in botti di rovere svizzero, per mantenere la sua identità», spiegano i due fondatori di Fa’wino. Già nel 2008 si aggiudicava il premio come secondo miglior Merlot svizzero al GranPrix du vin Suisse. Colore rosso rubino intenso, sentori di mora matura e ciliegia nera accompagnati da note vanigliate e tabacco da pipa, denso e sapido, termina con un finale all’insegna dell’ispirazione. Ideale da gustare nei mesi autunnali, con stufati accompagnati anche da sughi speziati, carni rosse e formaggi stagionati.

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Claudio Widmer e Simone Favini, enologi e fondatori di Fa’wino

Sapori di stagione

Con i primi freddi e le atmosfere velate dell’autunno, pietanze succulenti accompagnate da vini giusti sono una delizia per il palato e un’occasione di convivialità.

Le tavole autunnali sembrano rievocare fasti del passato. Ricche, gustose, profumate di aromi intensi. Selvaggina, funghi, formaggi e salse sono protagonisti. «Il tartufo è uno dei funghi più pregiati e aromatici e si sposa in modo eccellente con vini intensi e profumati come Merlot, Pinot Noir, Nebbiolo e Syrah tradizionale», esordisce Jan Schwarzenbach, Master of Wine per Mondovino, Coop. «Con la pasta al tartufo si servono i migliori vini da uve di Nebbiolo, ovvero il Barolo e il Barbaresco».

I vini che accompagnano la selvaggina devono essere meno aromatici, «poiché questa carne viene spesso utilizzata come componente di pietanze corpose, con contorno di cavolo rosso e spätzli. È bene quindi abbinarla a vini giovani, succosi e meno ricercati. Tra i vitigni svizzeri sono prefetti il Cornalin e l’Humagne Rouge.

Ben si prestano anche vini rossi di media intensità, ricchi di corpo come il Sangiovese e il Cabernet Sauvignon. Quali vini metterei su questa tavola?

Toscana Igt Rosso Villa Antinori (Italia, 2019): rosso granata carico e denso, interessante bouquet di bacche mature con note di catrame e aromi di prugna e confettura, al palato con un attacco in bocca ampio e fruttato, con bella complessità di bacche mature. In alternativa, Ticino Doc Merlot Selezione d’Ottobre (Svizzera, 2019) : rosso rubino carico, aromi di bacche mature, con una piacevole aromaticità, di medio corpo e rotondo, con una nota delicatamente astringente nel finale», consiglia l’esperto.

Dal sapore caratteristico, più intenso rispetto alla maggior parte di altre carni, la selvaggina riceve dal metodo di preparazione la componente aromatica decisiva al piatto. «Anche la salsa e i contorni vei-

colano le caratteristiche del sapore, di cui occorre assolutamente tener conto per la scelta del vino. Ogni vino cambia a seconda della ricetta a cui viene abbinato e anche della percezione della persona che lo assaggia, per la quale sono determinanti il proprio gusto e le proprie preferenze.

Quali vini abbinerei a questa particolare carne? Valais Aoc Dôle des Monts Maison Gilliard (Svizzera, 2019 ): rosso rubino scarico, invitante bouquet fruttato di bacche rosse, note discrete di lievito, attacco in bocca rotondo ed equilibrato, intensi aromi fruttati di Pinot al palato,

In apertura, alcune specialità tipiche della stagione: selvaggina e tartufo. Accanto, cioccolato amaro, che ben si sposa con un bicchiere di Porto. A destra, fondue, da accompagnare ad un bianco discreto e delicato.

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speciale vino / Coop

gustoso e pieno, finale lungo e fruttato. In alternativa, Ticino

Barrique Matasci Vini (Svizzera, 2019): colore rosso scuro. Al naso, note legnose pronunciate che promettono un piacevole fruttato. Un vino dalla struttura solida, con buoni tannini e un lungo finale», prosegue l’esperto di vini, in una ideale carrellata eno-gastronomica dal sentore autunnale.

Invitanti (quasi) tutto l’anno, le pietanze a base di formaggio vivono in questo periodo dell’anno un momento di grande successo.

«Il formaggio si presenta in un numero enorme di varianti, il che non semplifica la scelta del vino, ma la rende ancora più

«Il tartufo si sposa in modo eccellente con vini intensi e profumati come Merlot, Pinot Noir, Nebbiolo e Syrah tradizionale. Mentre per la selvaggina devono essere meno aromatici, quindi vini giovani, succosi e meno ricercati. Tra i vitigni svizzeri sono perfetti il Cornalin e l’Humagne Rouge»

interessante.

Un Camembert fre sco, dal sentore discreto e poco salato si accom pagna bene a vini diversi rispetto a uno Sbrinz stagionato dall’aroma intenso. Ogni for maggio ha un vino giusto. Tuttavia, in generale i formaggi si accompagnano meglio con i vini bianchi, poiché i tannini del vino rosso spesso entrano in conflitto con le proteine e con la percentuale di sale talvolta elevata del formaggio», spiega Jan Schwarzenbach.

Le pietanze a base di formaggio possono essere servite calde o fredde. Autunno e inverno celebrano le varianti calde della fonduta e della raclette. Anche il Camembert, il Tomme e lo Chèvre al forno o il formaggio alla griglia sono sempre più amati. Le pietanze calde a base di formaggio sono estremamente aromatiche e contengono una quantità di grassi relativamente elevata, caratteristiche che in effetti richiederebbero vini molto aromatici e ricchi di acidità. Tuttavia, «dato che la combinazione di un vino molto aromatico come il Gewürztraminer e il formaggio caldo sarebbe davvero troppo e un’acidità elevata stonerebbe con il forte contenuto di sale, risultano più adatti i

vini bianchi discreti e delicati. Questi vini passano in secondo piano rispetto alla pietanza, a cui resta il ruolo di protagonista.

Che cosa metto in tavola stasera con i formaggi?

Dézaley Aoc Grand Cru B. Bovy (Svizzera, 2019) : bouquet intenso di profumi floreali, delicato al primo sorso, buona complessità, leggermente minerale con gusto di pietra focaia, risulta corposo, di carattere e pastoso, finale morbido e lungo. Vigoroso e ricco di struttura. In alternativa: Valais Aoc Fendant Pierrafeu Provins (Svizzera, 2021) : giallo chiaro, bouquet profumato, note minerali e aromi floreali; al palato si presenta piacevolmente fruttato, corposo, ricco d’aromi, equilibrato nel finale», segnala il Master of Wine.

E per concludere… Le atmosfere autunnali invogliano a trattenersi dopo cena, chiacchierando. Cioccolato amaro odolci al cacao si completano con un bicchiere di Porto. «Magari della varietà Twany o bianco: Porto Osborne 10y, Porto Sandeman Fine Tawny, Fabelhaft Porto Tawny o Porto Sandeman Fine White certamente non deluderanno le aspettative», conclude l’esperto di Mondovino, Coop.

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Jan Master of Wine, Coop

Qui dove anche il dormire è di-vino

Un unicum in Ticino. Appena insignito di un importante premio, il Wine Hotel di Vacallo propone un concetto originale di accoglienza in un’atmosfera raffinata e conviviale.

alizzare il nuovo progetto. La vendita di 235 pacchetti, generando una raccolta di 112.270 franchi, è stata determinante per portare a termine l’oneroso investimento. Oggi le camere e gli spazi comuni si presentano interamente rinnovati, con un design che declina il tema del vino in tutte le sue sfaccettature. Dalla palette dei colori, che si ispira a quella dei vini e degli elementi presenti nei vitigni, come il paglierino, il granato, l’ambrato, il chiaretto, fino ai tanti oggetti e strumenti della tradizione enologica ripensati, qui, al servizio di una raffinata ed originale ospitalità alberghiera. Interessante il tema dei materiali utilizzati per le diciassette camere, che sono frutto di scelte sostenibili: il sughero (presente in ognuna di esse, è utilizzato come boiserie retro-scrittoio), i legni massello di noce e rovere, ma anche i tessuti naturali e le carte da parati rappresentanti temi/grafiche ispirati al vino. In quest’atmosfera disegnata abilmente, sono stati inseriti elementi d’arredo e di rivestimento in linea con le scelte cromatiche della singola camera. All’interno delle camere, sono disponibili dei calici per servirsi il vino, che può essere consumato in degustazione utilizzando gli speciali distributori collocati negli spazi comuni e che al momento risultano essere gli unici presenti in strutture alberghiere ticinesi, all’insegna dell’accoglienza e della promozione del territorio. La Lounge dell’Hotel è stata arredata con tavolini alti ed un grande tavolo convi-

IlConca Bella Boutique Hotel & Wine Experience, gestito dalla famiglia Montereale da quasi quarant’anni, è il primo ‘Wine Hotel’ in Ticino. È stato oggetto di una importante ristrutturazione, iniziata nel 2021, che ne ha ridefinito anche il ‘concept’.

La decisione di rinnovarsi, cercando nelle proprie radici e nella storia di famiglia la giusta leva, è stata accompagnata da un’interessante e innovativa proposta di crowdfunding: decidendo di acquistare pacchetti di diverso genere e importo, molti sostenitori hanno contribuito a re-

A sinistra, una delle diciassette camere del Conca Bella Boutique Hotel & Wine Experience, a Vacallo. Tutte recentemente rinnovate, le camere si ispirano al mondo del vino. Colori, materiali, arredi e accessori creano un’atmosfera accogliente ed originale.

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speciale vino/ Conca Bella Boutique Hotel&Wine Experience

viale, per uno spazio fresco, aperto e che ben si presta alla degustazione ed alla condivisione. La grande parete di fronte alla lounge ha dato forma al nuovo shop dove sono esposti prodotti del territorio. Non da ultimo, la reception, visibile da tutti gli angoli dell’albergo, è stata rinnovata nei materiali ed ha un nuovo corner dedicato alle attività della regione.

«Proponiamo ai nostri ospiti una esperienza ‘Wine a 360 gradi’», nota Michele Montereale che, con la madre Ruth, gestisce la proprietà, «tutto è pensato perché sia un’offerta enogastronomica autentica, con possibilità di visitare le più famose cantine del territorio».

Inserito nel tipico villaggio di Vacallo, grazie alla prossimità della Valle di Mug-

Best of Wine Tourism 2022

Il progetto ‘The First Wine Hotel Ticino’ è stato insignito del Best of Wine Tourism 2022 per la Svizzera, in occasione della 5a edizione degli Incontri svizzeri dell’enoturismo, lo scorso 2 settembre presso lo Château d’Aigle, nel Canton Vaud. Il premio è stato assegnato a sette esperienze enoturistiche svizzere. Di questi, la giuria ha attribuito il podio al Conca Bella, che ha vinto il premio Terre & Natura.

gio, del Monte Generoso e della regione del Mendrisiotto, il Conca Bella favorisce l’esperienza dei suoi ospiti all’interno di una regione che, di forte tradizione enologica, è ricca di diverse altre possibilità. Tappa amata dai buongustai, il ristorante dell’Hotel, recentemente rinnovato, ha oggi una nuova anima: «Stessa passione per la buona cucina e per l’ospitalità e stesso occhio di riguardo ai prodotti tipici locali, alla qualità e alla stagionalità, come è sempre stato, ma adesso con un concetto di accoglienza e di cucina più contemporaneo», sintetizza Michele Montereale, che spiega: «Dopo anni di ristorante stellato, i nostri ospiti sono accolti da un

Sopra, Ruth e Michele Montereale. La famiglia Montereale gestisce il Conca Bella Boutique Hotel & Wine

Experience dal 1984. A sinistra, sopra, l’Enoteca dell’Hotel propone 1.100 etichette, per un totale di quattromila bottiglie. A sinistra, sotto, il ristorante dell’Hotel, nella sua nuova versione. In basso, una delle pietanze proposte.

nuovo staff di cucina, un nuovo modo di fare ristorazione, un rinnovato ristorante più informale e semplice, anche quando si tratta di un menu degustazione».

Nella propria Enoteca, una delle più fornite del Canton Ticino, il Conca Bella ha selezionato 1.100 diverse etichette affidate a quattromila bottiglie. Mentre, gustare un buon bicchiere nell’accogliente Wine Lounge è l’occasione per assaporare tapas e Flammkuchen particolari. Non da ultimo, il Conca Bella ha ricevuto da poco il ‘Label Swisstainable’ del programma nazionale di Svizzera Turismo.

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Itinerari da assaporare

Che aspetto avrebbero le pendici del Lavaux senza i vigneti terrazzati che hanno valso alla regione vodese l’iscrizione nel Patrimonio mondiale dell’Unesco, o quelle del Vallese senza i loro muri a secco? La vite e il vino fanno parte dell’identità svizzera da millenni. Del suo paesaggio, della sua cultura. E dell’offerta turistica: dalle terrazze vignate alle cantine, destinazioni da visitare e assaporare.

Chasselas, Pinot Noir, Gamay, Merlot, Müller-Thurgau, Chardonnay, Arvine, Syrah, Sauvignon… nomi di vitigni che evocano una geografia enologica, coltivati in una o più delle sei regioni in cui si suddivide per convenzione la carta geografica della Svizzera del vino: il Vallese, nel cuore delle Alpi, dove i vigneti arrivano anche a mille metri di altitudine, il territorio vodese lungo le rive del Lemano, Ginevra alla confluenza tra Giura e Alpi, la Svizzera tedesca, costituita da una piccola miriade di zone più disperse, la regione dei Tre Laghi sui pendii del Giura, infine il Ticino, affacciato a sud. Ciascuna con le sue tradizioni e predilezioni, l’inventiva, la qualità e l’ostinazione che richiede questa passione. Chi portando all’eccellenza i grandi classici, chi incrociando e trovando nuove varianti.

L’eterogeneità di microclimi e suoli che caratterizzano il territorio si traduce nella varietà delle produzioni, caratteriz-

zata dalla propria specifica identità. Un bouquet anche di possibili destinazioni per il viaggio di un weekend, abbinando escursioni nella natura, degustazioni nelle cantine e offerta gastronomica. La Svizzera del vino si concede anche un paio di record: il vigneto più alto d’Europa, sotto il villaggio di Visperterminen, tra i 650 e i 1150 metri sopra il livello del mare, e quello più piccolo al mondo, Vigne à Farinet a Saillon, in Vallese: composto da tre soli vitigni, dedicati all’eroe popolare Joseph Samuel Farinet (1845-1880), un falsario che imitava solo pezzi da 20 centesimi e li distribuiva senza destare sospetti fra la popolazione. Misura 1,6 metri quadrati e dal 1999 è di proprietà del Dalai Lama, donatogli dall’Abbé Pierre. Il Vallese. Dei 15mila ettari coltivati a vite in Svizzera, circa un terzo si trova nel Vallese. Da Martigny e Fully fino a Briga nella valle del Rodano e Visperterminen in alto lungo la Visp, conta appezzamenti a volte estremamente ridotti, in parte per

la topografia, in parte per questioni successorie, che grazie a una formidabile commistione di suoli, esposizioni e climi - e al prezioso lavoro dei vigneron - producono un’enorme varietà di vitigni: circa 40, alcuni dei quali storici come il Petite Arvine, l’Amigne, l’Heida o l’Humagne Rouge. La città di Leuk ospita il vitigno più antico della Svizzera, un Cornalin, piantato più di 200 anni fa davanti all’antica Allet-Haus, dove l’imponente albero cresce in un’aiuola rialzata.

Lo Chasselas, tra le varietà più coltivate della regione, prende qui il nome di Fendant, con cui questo vitigno autoctono del Canton Vaud veniva nominato

Sopra, il treno dei vigneti conduce da Vevey a Chexbres, punto di partenza per le escursioni tra pendii e terrazzamenti che rendono questa regione unica al mondo. Non solo per appassionati di vino.

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© Switzerland TourismBafu /
q turismo / destinazioni da riscoprire
Photo Marcus Gyger

nel Cinquecento dal botanico basilese Johann Bauhin. Se il Dôle, tagliato con Pinot Noir e Gamay (altre delle due principali varietà, insieme al Sylvaner), è il tipico vino da tutti i giorni, una rarità assoluta è il bianco Vin du Glacier della Val d’Anniviers: nella botte più antica sono assemblate 130 annate.

Per un weekend dedicato alla scoperta dei vitigni vallesani, basta salire il sabato a bordo del Vinabus, partenza dalla stazione di Martigny. A Fully, Anne Carron-Bender, guida del patrimonio, racconta la Petite Arvine, vitigno emblematico di questa località, di cui quasi certamente è una varietà autoctona, menzionato per la prima volta a Sion nel 1602 con il nome di Arvena, che significa ‘arrivato’. Le analisi del Dna non hanno rintracciato alcun antenato: sembra una specie orfana e anche i tentativi di insediarla al di fuori del Vallese non hanno avuto successo malgrado la

richiesta elevata. Il viaggio prosegue con un pranzo a base di prodotti regionali nel ristorante Le Chavalard de l’Alliance, poi visita ai viticoltori Slow Wine per scoprire l’Humagne Rouge della cantina Le Bosset a Leytron, con il suo carattere ben temprato, dalle note di foglie di vite essiccate, di violetta, con un lato selvatico, e lo Johannisberg di Comby Vins a Chamoson, mentre allo Château di Vaas si assapora il Cornalin. Cena e notte al ristorante A Table dell’albergo Ibis Style di Sierre, poi la domenica tappa a Salgesch, per terminare alla tavola dello Château de Villa di Sierre, con cinque diverse raclette del Vallese e vini in abbinamento: in carta, più di 800 etichette del territorio.

Per chi preferisse spostarsi a piedi, tra Martigny e Leuk corre il Chemin du Vignoble, 74 km tra cantine e villaggi vitivinicoli tipici. Può essere suddiviso in quattro tappe. Nella valle del Rodano,

Spetta al Vallese il primato della superficie vinicola svizzera, un terzo dei 15mila ettari totali.

Sopra, il Domaine di Mont d’Or, vicino a Sion, caratterizzato dai tablars, i vigneti coltivati su terrazzamenti, tenuti in piedi da miracolosi muri a secco tipici della regione.

A sinistra, il Vigneto più piccolo del mondo, a Saillon: dedicato a un falsario idealista, è stato donato al Dalai Lama nel 1997.

nel Canton Vallese, i vigneti si estendono ininterrotti sui ripidi versanti; da Visp al lago Lemano, altri 100 chilometri su una superficie di 5200 ettari.

Vaud. Che la viticoltura sia fortemente radicata nel Canton Vaud,lo testimonia la tradizione della Fête des Vignerons di Vevey, che si svolge una volta per generazione, circa ogni vent’anni. La prima venne organizzata nel 1797 dalla Confrérie des Vignerons di Vevey come cerimonia ufficiale per premiare i contadini che si erano distinti nella coltivazione delle vigne, essenziale per la regione vodese, dove nel Medioevo la pratica della viticolura portata dai Romani si diffuse in prevalenza attraverso i monasteri per poi passare, alla loro secolarizzazione, ai Bernesi che presero il controllo dell’area, oppure ai Comuni, infine in mani private dopo la rivoluzione del 1798. Per la prima edizione della Fête venne montato per la

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Swiss Wine
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Switzerland Tourism / Photo Stephan Engler

prima volta il palco in Place du Marché, tuttora location della manifestazione. Se allora erano 2mila i posti , l’Arena progettata per la recente edizione del 2019, curata dalla Compagnia Finzi Pasca, ne ha contati dieci volte tanti per oltre 400mila spettatori nel corso delle venti ripetizioni

Con quasi 4000 ettari, il territorio vodese ha uno dei più importanti settori vinicoli della Svizzera, secondo solo al Vallese. Si suddivide in quattro grandi zone di coltivazione, che costituiscono altrettante mete di degustazione. La Côte si trova sul lato occidentale del Lago Lemano, da Morges a Nyon. La regione del Lavaux situata tra Losanna e Vevey-Montreux, è entrata nel 2007 nel Patrimonio Unesco e già da prima nell’immaginario collettivo con il suo musaico di terrazzamenti. Con i vigneti di Villeneuve, sul lato orientale del lago, inizia lo Chablais, che raggiunge Yvorne e Aigle e si estende fino ai vigneti attorno a Bex. Infine, sulle rive del Lago di Murten, a nord del Canton Vaud, si trovano le denominazioni Bonvillars, Côtes de l’Orbe e Vully.

I grandi laghi creano un microclima particolarmente favorevole. Dall’interazione di ghiacciai, fiumi e montagne è nata un’enorme varietà di terreni diversi, che si esprime nelle numerose e delicate note dei bouquet, tipiche dei vini bianchi freschi e fruttati prodotti con le uve Chasselas. Dei 35mila ettari di vigneti al mondo coltivati con questa varietà, 2.365 si trovano in questo Cantone, di cui sono una specie autoctona. In Borgogna esiste un paesino chiamato Chasselas, ma le viti omonime si ritrovano solo nei ricordi dei vecchi viticoltori. Un quarto della produzione totale di circa 25 milioni di litri è costituita dai rossi di Gamay e Pinot Noir, ma vengono coltivate sempre più spesso anche specialità tradizionali (Plant Robert, Mondeuse) e nuove (Gamaret, Garanoir, Doral).

Per scoprire il suo patrimonio ‘di-vino’ il Cantone propone 12 passeggiate enologiche, fra cui i vigneti di Morges, Chablais Aoc, Pays-d’Enhaut (con la possibilità di viaggiare sulla ferrovia Mob tra i due poli di Rougemont et Château-d’Oex), Côtes de l’Orbe Aoc (180 ettari e 25 vitigni, consigliata anche una sosta per ammirare i mosaici romani splendidamente conservati di una residenza di campagna), la nordica Vallée de Joux e Bonvillars Aoc. I 150 ettari del Vully Aoc sono a cavallo con il Canton Friburgo.

Incastonati sulla ripida costa soleggiata sospesa tra cielo e lago sulla sponda nord-orientale del Lemano, i vigneti vodesi del Lavaux portano anche l’etichetta Unesco, per la loro valenza culturale, oltre alla bellezza paesaggistica. Da visitare anche a bordo del trenino Lavaux Panoramic.

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© Régis Colombo/www.diapo.ch
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Bafu / Photo Marcus Gyger

Ma il più battuto è il percorso che porta ai vigneti di Lavaux: incastonati sulla ripida costa soleggiata sospesa tra cielo e lago sulla sponda nord-orientale del Lemano, a una decina di minuti di treno da Losanna, sono tra le zone paesaggisticamente più belle della Svizzera e di grande valenza culturale, come ha confermato la scelta di includerla nei siti del Patrimonio mondiale Unesco, mirabile testimonianza di un’interazione virtuosa e costruttiva tra uomo e ambiente. Per primi i Romani provarono ad addomesticarle quando ancora erano selvatiche e incolte, dovendo però cedere alla impervia morfologia e alle tecniche a loro disposizione. Furono poi benedettini e cistercensi ad avere l’intuizione di costruire delle terrazze sorrette da muretti in pietra per mitigare la pendenza del terreno e rendere più agevole la coltivazione e la raccolta delle

Il Musée de la vigne, du vin, de l’étiquette dello Château d’Aigle è un must per tutti i viaggi enoturistici, situato nel cuore dei vigneti vodesi, in una fortezza del XII secolo costruita dai Savoia per sorvegliare la valle del Rodano e i passi verso Berna. Fondato dalla Confrérie du Guillon, racconta e diffonde la cultura del vino.

uve. Proprio le pareti ripide e rocciose, che riflettono eccellentemente il calore, sono ideali per ottenere i vini rossi e soprattutto i vini da Pinot-Noir. L’impresa fece la fortuna dei principi-vescovi di Losanna, che ricavavano dalla produzione dei vini di Lavaux un quarto delle entrate dell’intera regione. Nei secoli generazioni di vigneron hanno saputo modellarle, rendendole fertili e produttive, preservandone l’unicità e la produttività anche grazie all’introduzione di nuove tecniche di coltivazione, ma sempre in rapporto simbiotico tra uomo e ambiente.

Da scoprire percorrendo i pittoreschi sentieri che collegano i minuscoli villaggi, arroccati sull’alto delle colline come Aran, Grandvaux, Epesses e Chexbres, con vista mozzafiato sulla catena delle Alpi savoiarde, o direttamente sulle sponde del lago come Pully, Lutry, Rivaz e Saint Saphorin. Ad esempio, con la passeggiata di due ore e degustazione. O in bici. O a bordo del Lavaux Express.

Complessivamente, nel Lavaux ci sono nove comuni con denominazione Aoc. Particolarmente noti sono i vigneti di Saint-Saphorin e Dézaley, i cui vini sono considerati tra i migliori in assoluto, molto apprezzati anche all’estero. Uno dei vigneti più antichi della Svizzera è lo Château d’Eclépens, nel distretto di

Morges, ai piedi della collina di Mormont, che domina la pianura di Orbe. In un diploma consegnato al figlio di Carlo Magno a Losanna nell’814, si apprende che l’imperatore possedeva delle vigne in quel luogo.

Merita una sosta il Domaine de Autecour, che si affaccia su La Côte dal villaggio di Mont-sur-Rolle. Classificato come monumento storico, è immerso in oltre 350 anni di storia e riflette influenze vodesi e sabaude. La tenuta è situata lungo le rive del lago su vigneti in pendenza che si estendono per oltre sei ettari. Si può degustare una delle quattro annate della tenuta, tra cui la cuvée Chasselas, dal 2011 elevata al rango di Premier Grand Cru. Inoltre dall’inizio degli anni 2000 un appezzamento di terreno è dedicato anche al raro vitigno Plant Robert, riproposta di un’antica varietà di Gamay, minacciata di estinzione negli anni Settanta, che ha subito conquistato gli intenditori.

A Rolle si terrà, il 5 e 6 novembre DiVINes! la fiera svizzera dedicata alle produttrici di vino: sempre più donne in Svizzera scelgono di lavorare nell’industria del vino - e in Ticino non ne mancano - per amore di questa professione o perché vi sono legate, anche eccellenti per le loro capacità di degustazione.

Ginevra e dintorni. Terzo cantone per produzione vinicola, Ginevra è stata pioniere dell’enologia. La prima a istituire una denominazione di origine controllata (ne conta ben 72) e ad anticipare il concetto di enoturismo ideando le Cantine Aperte da cui si sono ispirate tutte le altre regioni svizzere. I vigneti della regione presentano un suolo molto variato come il terreno morenico, dovuto alle alluvioni sulle rive del Rodano e Arve. Benché lo Chasselas rimanga il vitigno bianco dominante, i viticoltori di Ginevra hanno riportato grandi successi in occasione di concorsi internazionali con prodotti da vitigni classici come lo Chardonnay.

Se in molti offrono esperienze di degustazione, La Cave de Genève propone anche un’esperienza di Escape Game direttamente in mezzo ai suoi vigneti per finire in bellezza con un aperitivo. Sempre La Cave offre la possibilità, in periodo di vendemmia, di calarsi per mezza giornata nella quotidianità di un viticoltore, dalla raccolta grappoli alla pigiatura.

Due possibili itinerari escursionistici consigliati conducono lungo le due coste del Rodano. Sulla destra, partendo da

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© OTV
Raphaelle Vannay

La Svizzera del vino nella sua grande varietà. Dall’alto a sinistra, in senso orario: Ligerz, sulla riva sinistra del lago di Bienne; l’isoletta di Ufenau (Zh), dove si trovano uve dell’Abbazia di Einsiedeln, già coltivate nel Settecento; i vigneti di Neuchâtel, dove si produce anche il famoso Oeil de Perdrix; i 12 battelli attraccati alla Bürkliplatz che nella prima metà di novembre ospiteranno la versione autunnale di Expovina, a Zurigo.

Meyrin, un percorso ad anello di 26 km passa da Dardagny, Satigny (il più grande comune viticolo svizzero), Céligny e Malval per tornare a Meyrin, che è anche la sede del Cern, all’Esplanade des Particules 1 (ogni anno visitato da 120mila persone, soprattutto studenti). Lungo la strada sono presenti informazioni sulle varietà di uva e sulla produzione del vino, ristoranti e le numerose cantine per degustazioni. Sulla sponda sinistra, invece,

un tragitto più breve, di 4 ore, attraversa i villaggi di Hermance, Meinier, Jussy e Choulex.

La regione dei Tre Laghi. Sul Lago di Bienne, di Murten e di Neuchâtel si trovano vigneti che si sposano alle caratteristiche di queste tre regioni, a cavallo di cinque cantoni. I terreni secchi e sassosi sui pendii rivolti a sud-est sopra il lago di Bienne, poveri e molto calcarei, generano vini di grande carattere, ideali per lo Chasselas e per le varietà borgognone, lo Chardonnay e i Pinot. Nella zona attorno a Erlach e sull’Isola di San Pietro dominano i terreni molassici. Complessivamente più di 70 vignaioli coltivano una superficie vitata di oltre 220 ettari.

L’escursione lungo il Chemin des Vignes da Bienne a La Neuveville, sulla sponda settentrionale del lago, offre un’interessante panoramica sul lavoro dei viticoltori della regione.

Nella regione di Neuchâtel quasi 50 cantine perpetuano la tradizione del vino, distinguendosi per inventiva e qualità, con

specialità come Le Non Filtré, a base di Chasselas, creato nel 1974 per ovviare alla penuria di vino bianco e diventato un cult. Il vitigno rosso più coltivato a Neuchâtel e Berna è il Pinot Nero che produce ottimi vini rossi e il famoso Oeil de Perdrix, un vino rosato fine e fruttato creato a Neuchâtel. Per scoprire il fascino dei vigneti di Neuchâtel da Vaumarcus a Le Landeron, si possono seguire le indicazioni stradali ‘Route du Vignoble’.

Svizzera tedesca. L’insieme di 17 cantoni viticoli della Svizzera tedesca suddivide i suoi vigneti in tre regioni: occidentale con Basilea e Argovia, centrale con Zurigo, Sciaffusa e Turgovia, orientale con i Grigioni e San Gallo. Un quarto è piantato a Pinot Nero (localmente chiamato Blauburgunder) che produce stupefacenti vini dalle molte sfaccettature. In generale, sono i rossi a dominare i due terzi della produzione.

Con 608 ettari e circa 600 viticoltori, il Canton Zurigo è la regione vitivinicola più importante. Non si produce solo nel

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© Switzerland Tourism / Photo Roman Burri
Swiss Wine

Weinland (regione vinicola) a nord del cantone, attorno a Winterthur, ma anche sulle sponde del Lago di Zurigo e nel cuore della città, o addirittura sull’Isola di Ufenau, dove si trovano uve dell’Abbazia di Einsiedeln, lavorate nella sua cantina realizzata già nel 1704. Dal 3 al 7 novembre si svolgerà Expovina autunno, fiera su 12 battelli attraccati alla Bürkliplatz.

Nota per le mele e le fragole, la Turgovia, fra gli ultimi cantoni agricoli, si distingue nella produzione di bianchi: un tempo chiamati Riesling x Sylvaner, ora Müller-Thurgau, dal loro ‘inventore’ Hermann Müller-Thurgau di Tägerwilen, primo direttore dell’istituto agricolo sperimentale di Wädenswil, soprattutto il Sauvignon Blanc e il Grüner Veltliner.

Il sentiero del vino che attraversa la cittadina di Weinfelden, sede di alcuni dei migliori viticoltori della Turgovia, passando per i vigneti e le varie cantine costeggia il versante meridionale dell’Ottenberg con una splendida vista sulla valle della Thur e sulle Alpi.

Il Cantone di Sciaffusa conta circa 480 ettari di vigne, il Pinot Nero ne costituisce circa l’80%. Questo nobile vitigno della Borgogna qui trova le condizioni ideali per svilupparsi e prosperare: un suolo calcare ricco di nutrimenti e un clima secco e temperato. Hallau, il più grande comune viticolo della Svizzera tedesca, ne è la capitale; il Klettgau, che condivide una lunga frontiera con la Germania, ne è la regione di riferimento con quasi 400 ettari vignati. Ne restano invece solo 7 a Sciaffusa, che alla fine del Medioevo,

grazie alla sua posizione strategica vicina alla cascate del Reno, era il centro delle attività viticole della Svizzera orientale.

Al terzo posto per superficie coltivata si colloca il Cantone dei Grigioni, con 400 ettari, pochi rispetto alla grande superficie della regione. Ha la particolarità di coltivare vigneti su entrambi i versanti delle Alpi, nel Rheintal tra Fläsch e Bonaduz e nella Valle della Moesa tra Verdabbio e San Vittore nel Misox, al confine con il Ticino. Il primo è il regno del Borgogna: il Blauburgunder è sinonimo di vini rurali tradizionali, il Pinot Noir di vini più corposi, che vengono maturati in barrique. Il “Churer Schiller” è un’altra specialità locale, rosso molto chiaro: il Pinot Nero deve essere predominante e provenire dalla stessa parcella delle uve bianche che lo affiancano. A sud, prevale il Merlot. D’altronde siamo vicini al Ticino che ne è la patria svizzera, selezionato a inizio Novecento per rimediare alla devastazione causata dalla fillossera. Con pieno successo: oggi i suoi merlot d’eccellenza tengono bene il passo a livello internazionale.

I Musei del Vino . Zurigo, Argovia, Sciaffusa, Coira, … tutti hanno il loro museo del vino. Quello di Bienne è in una delle case più belle in riva al lago; a Ittingen invece si situa nel complesso del monastero della certosa. Il Museo Vallesano della Vigna e del Vino descrive l’evoluzione della viticoltura regionale. A Ermatingen, nel Canton Turgovia, la maestosa casa padronale della famiglia Ammann, viticoltori e commercianti di

La Wein Weg, itinerario cicloturistico di due giorni alla scoperta dei vini della Svizzera orientale, da Sciaffusa attraverso la regione vinicola zurighese fino a San Gallo. Sul percorso, oltre ai numerosi produttori che aprono le loro cantine, anche la Certosa di Ittingen, antico monastero, offre una pausa ‘spirituale’, con eccellenti vini locali.

vino, oggi trasformata in museo, presenta nell’ex scuderia di cavalli la storia della viticoltura dell’Untersee e la movimentata storia della regione.

Il Musée de la vigne, du vin, de l’étiquette dello Château d’Aigle è un must per tutti i viaggi enoturistici, situato nel cuore dei vigneti vodesi, in una fortezza del XII secolo costruita dai Savoia per sorvegliare la valle del Rodano e i passi verso Berna. Fondato dalla Confrérie du Guillon per salvare il patrimonio vitivinicolo in via di estinzione, riunisce strumenti, presse, alambicchi, botti, bottiglie, tappi, cavatappi, bicchieri e caraffe, con oltre mille etichette originali, affronta i temi di paesaggio, biodiversità, educazione al gusto, economia, compresa l’arte della celebrazione dei viticoltori e della vendemmia.

Ma il progetto più particolare è Les Celliers de Sion, un centro unico nel suo genere in Svizzera, insignito nel 2018 del premio svizzero dell’enoturismo. Nato dall’unione fra la Maison de Bonvin, la più antica azienda vinicola del Vallese, del 1858, che mette in evidenza i suoi domini e i suoi terroir, e della Maison Varone, che ha optato per una scoperta più sensoriale del vino. L’ambizione del loro Oenoparc è quella di sviluppare le competenze enoturistiche e di creare le condizioni ideali per un incontro tra consumatori curiosi ed esigenti, con vini di carattere prodotti in un paesaggio eccezionale e unico. Ad esempio, con la degustazione al buio, bendati, si imparano a usare i sensi in un nuovo modo. È ospitata da un’architettura innovativa, con un guscio in acciaio che evoca il tino e si integra alla perfezione nel paesaggio. Come i vigneti hanno sempre fatto e continuano a fare anche in quest’epoca tecnologica dove nessun ambiente artificiale può replicare l’alchimia tutta concreta e terrestre fra vitigni e terroir.

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@Thurgau Bodensee

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