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Leggende in Valsugana: la Tor Tonda di Marter

Leggende in Valsugana

Il tesoro della Tor Tonda (Marter)

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Si narra che un tempo, quando, gli abitanti di Novaledo si affacciavano alla finestra, durante le notti di luna piena, vedevano la “Tor Tonda” (Le prime informazioni della Torre Tonda risalgono a 1346. Con tutta probabilità faceva parte di una chiusa fortificata composta da più strutture e dallo scomparso Castel Tesobo. Sorge nella frazione di Marter di Roncegno. La tradizione la vorrebbe molto antica, tanto da definirla torre romana.) illuminata da azzurre fiammelle che si tramutavano in mille bagliori dorati, simili a zecchini d’oro. Il tutto spariva alle prime luci dell’alba. Ed era in quel momento che i contadini uscivano di casa per andare alla ricerca, ai piedi della “Tor Tonda”, di qualche zecchino d’oro. Ma le ricerche non portavano mai al risultato sperato. Come per magia, al termine della buia notte, le fiammelle e zecchini sparivano. Gli abitanti del luogo, però, non smettevano mai di parlare di un misterioso tesoro sepolto sotto la vecchia torre. Addirittura si parlava, durante lunghe notti invernali attorno al focolare, di un’antica e grande chiesa sepolta e fatta interamente di oro massiccio. Molti contadini, nei secoli, cercarono, ovviamente con esito negativo, l’accesso a questa antica chiesa. Ma un giorno accadde qualcosa di inaspettato. Era una domenica mattina quando un gruppo di ragazzi, passando davanti alla “Tor Tonda”, videro un signore seduto sopra un sasso. Era elegante e di bell’aspetto. Il signore si intrattenne con i ragazzi raccontando storie divertenti e interessanti. Ad un certo punto l’uomo si rivolse al gruppo di giovani amici dicendo: «Bene, carissimi, io adesso devo lasciarvi. Devo andare a controllare se il mio tesoro, sepolto qui vicino, è ancora intatto. Qualcuno di voi avrebbe voglia di accompagnarmi?». Ovviamente i ragazzi, sentendo la parola tesoro, non si tiranno indietro e accettarono di accompagnare il loro nuovo amico. L’uomo si diresse verso la “Tor Tonda”, l’aggirò per poi fermarsi. Si inchinò e afferrò un grosso anello di ferro e lo tirò sollevando una pietra aprendo, così, una passaggio che nessuno, fino a quel momento, aveva mia visto. I ragazzi, fra lo stupore e la curiosità, seguirono il loro nuovo strano amico scendendo nelle profondità della terra lungo una scala a chiocciola. Ad un certo punto tutti si ritrovarono in un lungo e stretto corridoio perfettamente illuminato da delle torce. I ragazzi seguirono l’uomo che li portò in una bella e ampia chiesa: era la famosa chiesa che spesso appariva nei racconti degli anziani. Era tutto interamente di oro massiccio. Ad un tratto il loro stupore fu disturbato da un strano rumore proveniente dall’altare maggiore: era un grande caprone nero che, con far minaccioso, si avvicinò al gruppo di amici, i quali, spaventati corsero via e in un lampo attraversarono il corridoio, salirono la scala a chiocciole per finalmente uscire. Una volta fuori si accorsero che il gentiluomo non era più con loro. «Forse lui e il caprone sono la stessa cosa?» -si domandarono i ragazzi. «Era il diavolo in persona?». Spaventati all’idea di essere stati in compagnia di Lucifero, tornarono al paese raccontando l’accaduto ai di Andrea Casna

La Tor Tonda

propri genitori. In poche ore la storia fu di dominio pubblico. Al centro delle chiacchiere e delle discussioni, nella piazza e nell’osteria, non l’incontro con il Diavolo, ma la scoperta del tanto desiderato tesoro. La popolazione non stava più nella pelle. Si stava già organizzando per una “spedizione” quando il parroco intervenne ammonendo i propri parrocchiani esclamando «è un tesoro maledetto, custodito dal diavolo sotto forma di caprone» (Caprone infernale. La rappresentazione „animalesca“ del diavolo è legata alle caratteristiche attribuite, nell‘antichità, alle divinità pagane. Il diavolo, infatti, nell‘immginario cristiano, avava piedi biforcuti, corna e barba caprina. Un‘aspetto non molto diverso da quello del dio greco Pan, o della divinità celtica Cernunnos.). E il sindaco: «Bene. Vorrà dire che con l’aiuto del signore