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Prologo Il medium è il messaggio
from Satana a Hollywood
by Edizioni NPE
Vi sono sempre state due o tre cose che non sapevamo di lei e che non avevamo il coraggio di chiedere (soprattutto perché non sapevamo a chi rivolgerci). Mi riferisco alla Mecca del cinema, quella che lì in America chiamano, con un genuino senso dell’iperbole, Tinsel Town o Città del finto oro. Naturalmente Hollywood ha avuto, fin dalle sue origini, innumerevoli cronisti di gossip – per la maggior parte donne, con la lingua e gli occhi imbrattati, ma non molto inclini alla scrittura – e tra gli anni Settanta e Ottanta un egregio fustigatore quale il cineasta di avanguardia Kenneth Anger, con Hollywood Babilonia I e II, libri perversamente divertenti.
Senza dimenticare che, di tanto in tanto, viaggiatori indiscreti e privilegiati tornano da Los Angeles e raccontano qualcosa che hanno appreso lì o cui hanno potuto assistere, magari in una festa di un famoso produttore: l’odore corporeo che emana Uma Thurman, i motivi per cui, nel Dracula di Coppola, Winona Ryder impose limitazioni severe ai baci di Gary Oldman, o l’arnese che costò un inopportuno ricovero in ospedale a Richard Gere. Si tratta, però, di un gossip orale e volante – e chissà, forse apocrifo – che lascia intatto il desiderio che un nuovo Anger o la rivista «Fotogramas» si spingano più in là e proseguano il compito di soddisfare, filtrando il sublime pettegolezzo, l’umano interesse che – una volta goduto l’articolo – risvegliano in noi le celebrità.
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Con questo libro che ci apprestiamo a leggere, Jesús Palacios (che, tra le altre cose correlate al mondo della letteratura e del cinema, è un uomo di «Fotogramas» e un curioso che include la cultura autentica tra i propri interessi) dà un apporto singolare alla nostra curiosità, sempre insoddisfatta, come tutte le passioni disordinate.
L’autore afferma, con grande modestia, che con Satana a Hollywood non pretende di realizzare un libro sul cinema, ma di illustrare nel contesto della grande fabbrica dei sogni la relazione che «illustri membri della fauna hollywoodiana hanno mantenuto e mantengono con altri membri della medesima fauna, ma non altrettanto illustri, come: i guru, gli stregoni, i santoni orientali, i medium, i teorici dell’impossibile, le sette e le società esoteriche più variopinte».
Tuttavia, visto che Palacios conosce troppo bene il mondo del cinema per limitarsi alla fisiologia dei pettegolezzi, il risultato, al termine di questo libro di trepidante interesse e pagine spesso oltremodo divertenti, è la sensazione che attraverso la sua trama esoterica e demoniaca sia possibile cogliere a fondo il perché di questo curioso intrecciarsi tra cinema e aldilà. Oppure, in altri termini, le radici umane e morali dalle quali sorge il falso oro che adorna i nostri più sfrenati sogni di spettatori. Lungo le sue pagine, Satana a Hollywood ci presenta un cast di stregoni e streghe che di norma non compaiono sullo schermo, ma che hanno lasciato il segno sugli attori e i registi.
Dal mitico Krishnamurti (Palacios si rammarica, e noi con lui, che a causa delle sue condizioni fisiche, che rammentano quelle di Rodolfo Valentino o di Ramón Novarro, rifiutasse l’offerta di recitare come dongiovanni, un ruolo che avrebbe potuto creare un nuovo prototipo, l’hindu lover) all’apostolo di Scientology Ron Hubbard, dal luciferino Aleister Crowley (Palacios dà uno splendido ritratto di questo personaggio bigger than life nell’appendice) al mellifluo Andy Warhol, l’assortimento è ampio e inevitabilmente inquietante. Ma vi figurano altresì le star che hanno creduto in un cielo buddista, di dianetico, induista o ufologico.
Alcune molto scaltre, come Shirley MacLaine, che fece il Cammino di Santiago ma lungo una via meno lattea di quella di Buñuel, altre decisamente fanatiche, come gli affascinanti
John Travolta e Tom Cruise, seguaci e persino predicatori di Scientology, oppure, in un capitolo appassionante, James Dean, del quale a causa del suo rapporto con l’attrice e groupiedi Ed Wood, Maila Nurmi, si racconta in dettaglio del possibile influsso che la vampiresca donna ebbe sulla morte del giovane attore.
Il libro di Palacios ci riserva inoltre – e questa è la prova definitiva del carattere di grande cinefilo del suo autore – sorprese e ingegnose trovate, come l’interpretazione psichedelica del perché venga dipinto di rosa il sottomarino in Operazione sottoveste, l’esilarante commedia di Blake Edwards interpretata da Cary Grant, il quale, come poi si venne a sapere,
all’epoca consumava lsd, o il mistero di David Bowie, che sembra custodisse in un luogo segreto i propri fluidi corporali, nonché unghie e capelli e altro, per per timore che potessero essere utilizzati magicamente contro di lui, al fine di non subire il fatale malocchio di cui, secondo Palacios, avrebbero sofferto giovani stelle, poi morte tragicamente, come Bruce Lee e suo figlio Brandon.
Forse un nuovo libro di Palacios su questa fonte inesauribile di curiosità dovrebbe centrarsi sulle forze occulte pulite, chiare, New Age e positive di un mondo dello spettacolo che diventa ogni giorno più politicamente corretto, per non dire più lezioso. In attesa di quel giorno salvifico, godiamoci la scienza (terrena) del nostro Palacios, scettico ma informatissimo, che sa cogliere i segnali diabolici degli angeles americani.