4 minute read

Interviste

Next Article
News

News

di Emanuele Scarci

La rapidità della distribuzione organizzata baluardo contro il discount

Intervista a Giorgio Santambrogio, amministratore delegato di VéGé, su futuro e prospettive dei retailer in Italia.

Le prospettive dei retailer, la forza del discount e della distribuzione organizzata, il processo di frammentazione dei retailer: di questi temi parla Giorgio Santambrogio, amministratore delegato del Gruppo VéGé.

Pandemia e restrizioni al fuori casa avvantaggiano la Gdo anche nel 2021. La perdita dell’1,6% del grocery stimata per il 2021 potrebbe risultare più contenuta?

Io reputo che le stime di inizio anno possano essere riviste positivamente, per una serie di concause. In primis, l’apporto della Pasqua (con il mondo, ahimè, ancora tutto fermo) che ha fatto sì che si realizzassero ottime performance di vendita; in seconda battuta le grandi superfici stanno andando decisamente meglio rispetto allo scorso anno, non avendo più il vincolo del decreto Lamorgese che inibiva la spesa fuori comune. Inoltre, spero di poter contare presto sui fatturati dei centri commerciali anche durante i week end: non comprendo la decisione del Governo di rinviare l’apertura e questo accanimento contro luoghi controllati, contingentati, sanificati in zone gialle. Per ultimo, paradossalmente, la riapertura progressiva della ristorazione, che sia come manager retail che come semplice cittadino auspicavo, rivitalizzerà il comparto del Fuori casa e dei nostri cash&carry, dove sappiamo che VéGé è assoluto leader in Italia.

Nel quinquennio 2015-2019 il canale discount è cresciuto del 25%, inoltre è quello a maggiore redditività. Finora le misure anti discount si sono rivelate poco efficaci. Che fare?

Chapeau ai discount: li rispetto moltissimo, li temo, ma reputo che la narrativa, che l’epica preferita dei media su que-

sto formato li disegni come se perennemente cantassero dalla cima del Monte Olimpo. Siamo in un periodo di recessione, di calo dei consumi in termini di downsizing di valore e molte famiglie italiane temono il termine del periodo di blocco dei licenziamenti. Tutto porta a indurre le famiglie italiane a cercare un’offerta, auspicabile di qualità, a un prezzo minore. O tale offerta è nei panieri della distribuzione “tradizionale” o altresì nei punti di vendita discount. In realtà, nella distribuzione organizzata (peraltro termine desueto) vi sono fior fiore di insegne (molte chiaramente in VéGé) che performano meglio dei discount, che assicurano più qualità, più servizio al cliente, più marche e prezzi altrettanto convenienti. Tutti inneggiano ai discount, senza dimenticare che molte insegne di tale comparto, hanno impiegato più di 20 anni a raggiungere le quote attuali.

Ritiene che la distribuzione organizzata possa meglio rispondere in termini di flessibilità aziendale alle sfide del mercato?

Assolutamente sì: i processi decisionali all’interno della cosiddetta distribuzione organizzata sono incredibilmente più snelli, rispetto ad altri modelli distributivi. Una maggiore flessibilità porta a una maggiore tempestività nell’affrontare i problemi o le opportunità quotidiane. E poi vorrei sottolineare lo spirito di squadra e l’attaccamento alla “maglia-insegna”, che io noto principalmente nei gruppi della Do. Inoltre la presenza dell’imprenditore, quotidianamente a fianco dei manager e dei collaboratori, è un’arma in più in termini di sprono, di controllo, di spinta, di condivisione della passione, che altri modelli non hanno o non riescono a scaricare a terra, come noi.

Il processo di polverizzazione della distribuzione moderna (scomparsa Auchan a favore dei dettaglianti, Carrefour e Coop Alleanza 3.0 che puntano sul franchising) come va inteso?

La mia sensazione è diversa. Nel settore agroalimentare italiano si assisterà, a mio avviso, nei prossimi anni a un fenomeno di polarizzazione di filiera. I consumi stanno variando: nel periodo pandemico è iniziato un processo (che sarà ancor più preponderante in futuro) di ampliamento sugli scaffali dell’offerta di prodotti di nicchia, locali, tassativamente italiani, con caratteristiche di free-from o richin. Tutte peculiarità che portano sostanzialmente le Pmi italiane ad aver un ruolo

maggiore rispetto alle multinazionali globalizzate. In sintesi, la mia sensazione è di una progressiva sana polverizzazione produttiva, in termini di numerica di fornitori. Nel retail, invece, il percorso, è antitetico: in futuro (un po’ alla Highlander: l’ultimo immortale) rimarranno solo pochi attori, i migliori e anche il parco insegne si asciugherà. Occorrerà infatti cavalcare ancor di più le economie di scala, sfruttare le sinergie, soprattutto nella supply chain e quindi la sensazione dell’attuale polverizzazione distributiva è un fenomeno temporaneo dovuto all’accadimento Auchan.

A che punto è il progetto per i negozi a insegna VéGé. Quanti soci hanno aderito e qual è l’agenda a breve medio termine.

Il progetto sta andando avanti molto bene, ha aderito una decina di soci, ma prima di vedere i primi punti di vendita (previsti nel secondo semestre dell’anno) occorre lavorare ancora di più nel back stage organizzativo del progetto, al fine di arrivare sul mercato senza sbavature.

Qual è il fatturato 2020 del Gruppo VéGé?

Gruppo VéGé ha chiuso il 2020 a 11,28 miliardi di corrispettivi, come somma di tutti i canali o, come piace dire a me, di tutti i touch point. Quindi abbiamo assolutamente confermato i dati di pre-chiusura. Ciò che mi inorgoglisce è la capacità e la bravura che hanno dimostrato i miei imprenditori nell’ottenere un incremento di vendita del 6,9% a parità di rete, sebbene sia stato un anno decisamente complesso e tribolato.n

This article is from: