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Rincari di energia e logistica:
gli impatti sulla Gdo
di Marco Usai


Èiniziato, senza dubbio, uno degli autunni più difficili per la distribuzione moderna del nostro paese. Neanche la pandemia aveva messo così tanto in discussione il modello di business di molte imprese della galassia distributiva nazionale che, soprattutto nel Food&Beverage, si riscoprono soggetti fragili di un sistema che negli anni è diventato forse, semplicemente, insostenibile. Emblematica la scena della conferenza stampa dello scorso 31 agosto nella sede di Confcommercio, con gli eterni rivali Coop e Conad seduti dalla stessa parte del tavolo, a siglare una storica unità d’intenti nel proporre misure di contenimento ai rincari energetici che stanno piegando l’economia del paese e riducendo il potere d’acquisto degli italiani. Rincari: da oltre un anno non si parla di altro, dalle materie prime alla logistica, fino all’energia. Prima la pandemia, poi la guerra, la speculazione finanziaria, l’aggravarsi della crisi climatica: piccola o grande che sia l’onda dell’evento, la distribuzione moderna rischia sempre il tracollo, con un risicatissimo utile medio di settore che gira intorno a un punto

percentuale. I sostegni chiesti e in parte accordati dall’ultimo atto del governo Draghi, il Decreto aiuti ter, rappresentano il solito pannicello caldo per tirare avanti ancora un po’, senza sciogliere tuttavia i tanti nodi del problema. Se ad agosto tutti i supermercati hanno spento le luci per un quarto d’ora, per accendere un faro sul caro bollette, entro la fine dell’anno molte imprese potrebbero abbassare la saracinesca. Definitivamente.
Logistica: gasolio ai massimi storici, si lavora per aumentare l’efficienza
Nel secondo trimestre del 2022, secondo i dati diffusi dal Ministero dello Sviluppo Economico, il prezzo dei carburanti ha raggiunto un livello mai toccato prima: il taglio delle accise non ha frenato la corsa dei prezzi alla pompa, con un valore netto Iva e accise più che duplicato rispetto a cinque anni fa per benzina e gasolio. Per un paese che muove oltre il 65% delle proprie merci su gomma si tratta di un impatto tremendo. In questo senso vivono una situazione paradossale le tante realtà che, anche nella Gdo, si sono mosse per prime sul fronte della transizione ecologica inserendo nella propria flotta mezzi alimentati da energia pulita, come il gas naturale liquefatto (Lng) o il biometano, il cui costo al kg è quasi triplicato in un anno. Lo sa bene Eurospin che, nel suo bilancio di sostenibilità 2020, aveva pianificato un aumento della flotta alimentata a gas naturale liquido entro il 2022, passando da 27 a 45 mezzi green in due anni e dovrà necessariamente rivedere i conti, provando a limitare l’impatto economico di questa scelta di sostenibilità ambientale. Ogni trattore a Lng con una percorrenza di 100mila km, secondo i dati EcoTransIT citati proprio nel report del discount italiano, riduce la Co2 di circa 31.000 kg/anno, equivalente all’assorbimento di una foresta di circa 3 ettari con più di 680 alberi. Il caro carburante colpisce, quasi sorprendentemente, anche Amazon che a partire dal mese di maggio ha modificato le tariffe di gestione logistica dei propri seller del 4,3%, in Italia e in altri paesi europei. «Nel 2022, ci aspettavamo un ritorno alla normalità a seguito dell'allentamento delle restrizioni dovute al Covid-19 in tutto il mondo – si legge in una nota dell’azienda rivolta ai venditori del proprio marketplace – tuttavia, l'inflazione e i prezzi del carburante hanno comportato ulteriori difficoltà. Non è ancora chiaro se i costi relativi all'inflazione aumenteIl caro carburante colpisce, quasi sorprendentemente, anche Amazon che a partire dal mese di maggio ha modificato le tariffe di gestione logistica dei propri seller del 4,3%, in Italia e in altri paesi europei.

ranno o diminuiranno o per quanto tempo dureranno. Invece di una modifica permanente delle tariffe, applicheremo per la prima volta una maggiorazione dovuta al carburante e all'inflazione, un meccanismo ampiamente utilizzato tra i fornitori della catena di distribuzione». Sembra stabilizzarsi, seppur non del tutto, il mercato della logistica via mare. Dopo mesi di turbolenze, colli di bottiglia e difficoltà nel reperire container, la situazione sembra si stia assestando su tariffe e tempi maggiormente accettabili. Rispetto al settembre 2021, quando il nolo “spot” di un container da 40 piedi poteva anche costare anche 13.000 dollari sulla tratta Shangai-Genova, il dato più aggiornato del Drewry World Container Index indica un costo quasi dimezzato (7.300 dollari al 19 settembre), ma comunque lontano dalle cifre medie degli anni pre-pandemia. L’Italia importa dalla Cina, stando ai dati dell’Osservatorio Economico del Governo Italiano, oltre un miliardo di euro di merci tra prodotti della pesca e dell’agricoltura, bevande, prodotti alimentari e apparecchiature per uso domestico elettriche e non elettriche. La crisi dei noli ha dunque determinato, negli scorsi mesi, rincari per alcune merceologie e veri e propri buchi negli assortimenti dei retailer italiani e non solo. Non a caso Lidl ha investito direttamente nel settore del trasporto marittimo, con la creazione della società armatoriale Tailwind

Shipping Lines, acquistando una portacontainer da 5.500 Teu e noleggiandone altre tre. Ad agosto i primi carichi di merce destinata ai punti vendita di tutta Europa sono stati consegnati nei porti di Barcellona e Koper, a pochi passi dalle banchine di Trieste. Letta con il senno di poi la scelta di investire direttamente nella logistica via mare sembra “scazzottare” con la discesa del mercato dei noli. In molti riconoscono, tuttavia, quella del discounter tedesco una scelta di maggiore affidabilità e regolarità nei tempi di transito e consegne, dopo aver patito negli ultimi tempi disservizi di non poco conto in termini di out of stock. Ci sarebbe da riflettere sulla sostenibilità del trasporto via mare, ad oggi alimentato in maggioranza da combustibili fossili. Recuperare i maggiori costi logistici di questi tempi si può, anche migliorando l’efficienza sulle altre fasi della supply chain. Su questo versante la crescita dei magazzini automatici appare ormai inarrestabile, a undici anni da quello (intra)visto ne “Il mago di Esselunga”, anche grazie al miglioramento continuo delle intelligenze artificiali. Senza scomodare l’efficientissimo modello Amazon, citiamo il magazzino di Castel San Giovanni di Tannico (Campari/Lvmh) che gestisce il suo magazzino da mezzo milione di bottiglie, sviluppato in verticale, con l’ausilio di numerosi robot e di una manodopera umana altamente specializzata. Interessante anche lo sviluppo, iniziato nel 2020, del progetto Conad Logistics che punta all’aumento del trasporto “franco fabbrica”, consentendo alla cooperativa di aumentare l’efficienza controllando direttamente aspetti non di poco conto, come la saturazione dei mezzi, la gestione del reverse logistics, la selezione di trasportatori in linea con le policy dell’azienda.


IL PUNTO DI VISTA DI ASSOLOGISTICA
Assologistica è la realtà associativa delle imprese di logistica, dei magazzini generali e frigoriferi, dei terminalisti portuali, interportuali e aeroportuali, che rappresenta oltre 250 aziende operanti in Italia. Abbiamo intervistato il presidente Umberto Ruggerone.
Periodo difficile per logistica: tra aumenti dell’energia e la carenza di container e autisti. Il settore rischia il collasso? Non amo stare sopra le righe. È certamente un momento complesso, con criticità come quelle che ha segnalato e anche altre. Occorre avere buon senso ed essere realisti. La situazione venutasi a creare comporterà delle difficoltà operative che imporrando scelte, le quali principalmente si tradurranno in un incremento dei costi. Sono due anni che segnaliamo questo trend: lo dicevamo quando l’inflazione era ancora ben lontana dai valori attuali. Non mi si parli di tempesta perfetta e inattesa… quando invece sarebbe bastato guardare le previsioni del tempo.

Eroi durante la pandemia, gli autotrasportatori sono ritornati a essere figli di un Dio minore? Sventurata la terra che ha bisogno di eroi. Scriveva Brecht. E la sventura sta nella non conoscenza. Gli operatori della logistica, tutti, e tra i quali gli autotrasportatori sono i più “visibili” garantiscono quotidianamente al Paese di vivere e di lavorare, ma è un lavoro ignoto ai più, anzi peggio. in gran parte svalutato proprio per scarsa competenza, ahinoi talvolta anche da parte dei decisori. Conoscere il valore della logistica è fondamentale per comprenderne innanzitutto le ricadute sull’economia di scala che creano vantaggi competitivi e anche le possibili prospettive di crescita, anche dal punto di vista occupazionale. Un’opinione pubblica cresciuta con lo slogan “consegna gratuita” difficilmente può comprendere che la consegna è il risultato di funzioni correlate colme di competenze e professionalità che meritano di essere riconosciute.
Logistica, largo consumo, Gdo: una collaborazione spesso non facile. Quali sono gli ambiti di miglioramento? Noi come Assologistica abbiamo siglato un’importante collaborazione con Federdistribuzione sulla base di proposte e progetti cui stiamo lavorando. Le cose facili non sono quasi mai utili. Occorre comprendere che essendo ciascuno parte di una filiera distributiva, pur nell’ambito dei propri ruoli specifici, solo attraverso un’azione sinergica è possibile efficientare il sistema, altrimenti la curva della performance si livella al punto più basso. Una catena ricava la sua forza dalla equipollenza degli anelli, una catena di metallo, con un solo anello di plastica, avrà la forza di una catena di plastica. Quindi - per non eludere la domanda - il primo tema su cui lavorare assieme è quello della filiera estesa. All’interno di questa prospettiva ogni progettualità condivisa ha senso.
Automazione, digitalizzazione, sostenibilità: quali scenari per la logistica del 2030? L’individuo. I risultati sono solo il prodotto - e non la somma algebrica - delle competenze. Formiamo gli individui, poi le persone, i cittadini e infine i lavoratori, qualunque funzione occupino. Noi come Assologistica stiamo lavorando molto sulla formazione, con collaborazioni e attività a ogni livello: scuola dell’obbligo, ITS post diploma, università e formazione continua di dipendenti e manager. Su questa base di conoscenze le innovazioni tecnologiche attuali e che verranno potranno esprime tutte le loro potenzialità rivoluzionarie. E poi basta con questi proclama di sostenibilità, spesso solo ambientale, che si concretizzano in qualche consulenza, un comunicato e un pantone verde che entra nel logo. La sostenibilità – innanzitutto - deve essere sociale, di governance e ambientale. Quindi in questi ambiti occorre declinare il proprio impegno personale, professionale e come aziende. Ma, come diceva Bohr “nulla esiste finché non è misurabile”, sicché è indispensabile che i metodi di valutazione anche della sostenibilità siano adeguati al contesto specifico. Importare da altri ambiti sistemi di rating può essere fuorviante e anche negativo.
Caro energia. Resistere e risparmiare, aspettando la primavera
Resistenza e risparmio sono le due parole chiave per l’impresa italiana nei prossimi mesi. Almeno fino alla prossima primavera, quando la spinta inflazionistica dovuta al caro energia dovrebbe, secondo le ultime stime dell’Ifo di Monaco, perdere vigore per ritornare a livelli accettabili nel 2024. Nel frattempo, le bollette dei prossimi sei mesi rischiano di essere una mazzata insostenibile per molte imprese della filiera del largo consumo, produzione e distribuzione, soprattutto per le tante piccole e medie realtà che rappresentano la spina dorsale del sistema. Senza un intervento dei governi, nazionale ed europeo, sarà un inverno lungo e difficile. Sul tema dei sostegni, il mondo della distribuzione è riuscito a fare quadrato, chiedendo il riconoscimento dello status di imprese energivore e, quindi, destinatarie delle misure emergenziali per affrontare gli extra costi. Qualche numero a supporto della tesi: la distribuzione moderna (dati Federdistribuzione 2022) consuma circa 12,2 TWh/anno, il 4% del totale dei consumi di energia elettrica del paese, distribuiti su un totale di oltre 17 milioni di metri quadri di superfice di vendita. Gran parte viene assorbito dalla catena del freddo, con consumi evidentemente incomprimibili in reparti in cui si arriva a sviluppare quasi la metà del fatturato totale. Il format più energivoro, secondo le elaborazioni di Inres Coop su dati Enea e Nielsen, è quello dei Super (400-2500 mq) con 4,5 TWh, seguito dai discount (2 TWh) e dal libero servizio (0-400 mq) con un consumo di 1,4 TWh. Per superstore e iper la quota è la medesima, pari a 1 TWh/anno.


Secondi dati dell’Ufficio Coop-Nomisma, la distribuzione moderna ha assorbito circa un terzo dell’inflazione in acquisto, trasferendo sullo scaffale solo il 9,2% degli aumenti di listino dell’industria nell’ultimo anno, con una netta differenza tra canali: secondo Maura Latini, ad di Coop, intervistata a margine della presentazione del Rapporto Coop 2022 lo scorso 8 settembre, il discount ha riversato sui clienti una percentuale doppia rispetto al resto della distribuzione. Ma con l’impatto dei rincari energetici sui margini, che abbiamo già visto essere assai risicati per molte realtà, sarà praticamente impossibile non aumentare ulteriormente i prezzi, con il conseguente deterioramento del potere d’acquisto delle famiglie: le previsioni di Inres Coop, presentate nell’anteprima dal rapporto Coop 2022, raccontano di un’incidenza media dei costi energetici sul conto economico dei retailer che passa dal 1,7% del 2019 al 4,7% del 2022, con una proiezione al 2023 che sale al 5,2%, fermo restando il regime delle agevolazioni 2022. Molti supermercati chiuderanno, inevitabilmente, il 2022 con i conti in rosso e anche per questo si rendono necessari, oltre agli scontati sostegni, modifiche legislative in materia di riduzione del capitale per perdite e di riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale. Tutta materia per il nuovo governo.

Le azioni già in campo per il risparmio energetico
Federdistribuzione, attraverso il decalogo per il risparmio energetico diffuso nelle scorse settimane, ha individuato dieci azioni pratiche per diminuire sensibilmente i consumi delle strutture commerciali dei propri associati. Piccole cose, come chiudere le porte dei locali per evitare dispersioni termiche o spegnere le insegne luminose negli orari di chiusura. A onor del vero la distribuzione è già da tempo impegnata nelle azioni di risparmio energetico: quasi la totalità delle insegne hanno investito su illuminazione a basso consumo con luci a Led e impianti di riscaldamento e aria condizionata con pompe di calore. Ma si lavora anche di cesello, come fa per

esempio MD che, dopo un test su dodici filiali, ha deciso di ridurre del 50% l’illuminazione dei punti vendita in determinate fasce orarie, con un risparmio stimato di circa 10 milioni di KWh su una rete vendite di circa 800 punti vendita. La politica energetica dell’insegna del patron Patrizio Podini si basa su impianti fotovoltaici installati sui punti vendita di nuova realizzazione e sui centri di distribuzione, monitoraggio dei consumi della rete da remoto, segnalazione in tempo reale ai singoli negozi degli allarmi “porte aperte delle celle”, sensori per la regolazione della luminosità e l’accensione e spegnimento degli impianti, che sono solo alcuni esempi dell’attenzione in termini di sostenibilità e contenimento dei consumi e degli sprechi energetici. Pronto anche il piano di risparmio energetico di Coop, che porterà, nelle previsioni del presidente Marco Pedroni, a un risparmio percentuale di venti punti. In primis, abbassando la temperatura nei negozi, anche seguendo le indicazioni del piano del governo pubblicato nelle scorse settimane. In parallelo efficientando le attività energivore interne come quelle del forno. Più ostico il tema delle chiusure domenicali e nei festivi, su cui la posizione di Pedroni è chiara: «non mi sembra una buona idea. Per molti consumatori è un’apertura di servizio, per alcune realtà, come i centri commerciali, la domenica è il primo giorno di fatturato. E poi la catena del freddo rimarrebbe comunque in attività. Se il governo, invece, farà una norma per ridurre il nastro orario giornaliero da dodici a dieci ore ci organizzeremo, con una certa flessibilità nel poter decidere quando aprire e chiudere». L’impatto del caro energia sugli assortimenti, infine, si farà sentire sia sui prezzi che sugli assortimenti, in particolare sulla numerica e sugli out of stock. L’esempio più eclatante è quello del pellet da riscaldamento: la campagna 2022 ha già registrato prezzi più che raddoppiati e un mercato fortemente squilibrato tra domanda in rialzo e minore disponibilità di prodotto, soprattutto

Coralis portavoce delle difficoltà della piccola distribuzione
Da vent’anni alla guida del consorzio Coralis, interprete di quella piccola distribuzione organizzata che sui territori si contrappone a colossi e multinazionali, Eleonora Graffione espone il suo punto di vista sulle criticità di questo momento.

Come sta affrontando la crisi energetica la piccola distribuzione organizzata? Cosa sta facendo il consorzio Coralis per i suoi associati? Da anni negoziamo un accordo quadro con un gestore dell’energia per i nostri imprenditori. Non tutti ne usufruiscono perché l’argomento è ostico, c’è poca conoscenza del mercato energetico e la paura di ritrovarsi con contratti insoddisfacenti e magari con il rischio di interruzioni del servizio ha il sopravento. Ciò diminuisce la possibilità di avere tariffe agevolate e concorrenziali con gli altri operatori. In questo particolare contesto purtroppo l’accordo quadro non dà migliori chance e nulla serve il volume d’affari o la contrattazione. Insomma siamo, come si suol dire, al palo, con incidenza di costi altissimi e incapaci, lo dico a livello di Distribuzione Organizzata, di fare iniziative comuni efficaci. Abbiamo aderito all’iniziativa di chiusura delle luci per un quarto d’ora, forse era più efficace una vera e propria serrata… magari di mezza giornata.
È favorevole alla chiusura anticipata dei supermercati per risparmiare energia? Assolutamente sì, ma non solo per questo, servirebbe anche a migliorare la gestione del personale e la qualità di vita. La Distribuzione Organizzata dà un servizio encomiabile, lo abbiamo dimostrato anche durante il lockdown, ma non possiamo essere ostaggio di orari impossibili a discapito della qualità di vita del nostro personale. E questo vale sia per l’apertura complessiva che per alcune festività. Un nostro distributore (Pascar, ndr), per esempio, ha lanciato una campagna che sarà in vigore dal 1° ottobre con la chiusura anticipate alle ore 20.00 anziché 20.30 di tutti i suoi supermercati. Ci sarà un problema di accesso al credito per i piccoli imprenditori della distribuzione? Questo può essere l’altro vero problema, in questi contesti operatori come quelli che io rappresento non sono favoriti dal sistema bancario; anche in caso bisognerebbe fare negoziazioni usufruendo delle associazioni di categoria e con delle semplificazioni che ad oggi sono il vero ostacolo.
Questa crisi potrebbe accelerare fenomeni di concentrazione nel frastagliato mondo Gdo italiana? Ci sarà una nuova stagione di acquisizioni o partnership tra insegne? Più che accelerare le concentrazioni, qui siamo di fronte all’impossibilità di portare avanti il business e il rischio è di vedere la piccola impresa che è costretta a chiudere. I processi di aggregazione o di partnership sono molto lunghi e lontani dalla mentalità italiana, la diffidenza la fa da padrona e questo va a discapito della possibile crescita.
L’inflazione da costi favorisce la fuga dei consumatori verso il discount? È un fenomeno prevedibile soprattutto per le famiglie a basso reddito e non solo. Vedo però sempre più all’orizzonte una razionalizzazione della spesa anche in nome di un minor spreco e grande attenzione a packaging e false promesse di risparmio. Credo che su questo sia l’industria che la distribuzione debbano riflettere.



a causa delle mancate esportazioni di legno da Russia, Ucraina e Bielorussia. Altro fronte di crisi è sul mondo del vetro, con le vetrerie che prospettano un fermo dei forni nei prossimi mesi e l’inevitabile ripercussione sul comparto del beverage. E se qualcuno pensa di ridurre, temporaneamente, la numerica di freschi e surgelati per spegnere qualche frigorifero non prettamente necessario, addirittura il comparto delle ricorrenze potrebbe (il condizionale è d’obbligo) subire il contraccolpo dei rincari: non è peregrina l’ipotesi che qualche produttore possa rivedere i piani industriali, anticipando i tempi delle operazioni di cottura del prenotato, nell’incertezza di cosa succederà da qui al Natale sul mercato dell’energia.n

Il Decalogo di Federdistribuzione


l Spegnere le insegne luminose e le apparecchiature non necessarie in concomitanza con gli orari di chiusura dell’attività commerciale.





l Ridurre l’intensità luminosa del punto vendita e spegnere o ridurre in modo significativo l’illuminazione in ambienti poco frequentati.





l Regolare la temperatura ambientale dell’attività commerciale (riscaldamento/raffrescamento) nell’ottica di contenere i consumi. l Interrompere la funzione di riciclo dell’aria nelle ore notturne.


l Tenere chiuse le porte di ingresso per evitare dispersioni termiche in assenza di lame d’aria.
l Ridurre la temperatura dell’acqua utilizzata all’interno dei locali.
l Utilizzare in maniera efficiente l’energia elettrica e il gas naturale per la cottura dei cibi, monitorando i relativi consumi energetici. l Utilizzare in modo efficiente le celle e i banchi frigoriferi, attraverso un corretto caricamento degli stessi, limitando le aperture allo stretto indispensabile e sensibilizzando anche la clientela a tal fine.
l Utilizzare in modo efficiente gli elettrodomestici in dotazione all’attività commerciale.
l Razionalizzare l’organizzazione del lavoro al di fuori degli orari di apertura al pubblico (pulizie, caricamento banchi, ecc.) al fine di ridurre i consumi energetici.

