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Appalti pubblici, il “manifesto” delle associazioni
from GSA 3/2015
by edicomsrl
Appalti di servizi per la gestione dei patrimoni pubblici: in occasione del recepimento delle nuove Direttive europee sugli appalti pubblici le imprese chiedono al Governo semplificazione e qualità nelle gare per garantire risparmio, legalità ed efficienza. Il risultato è il “Manifesto del mercato dei servizi per i patrimoni immobiliari urbani e pubblici”. Ecco i punti-cardine.
Mentre è ormai avviato in Parlamento il processo di recepimento delle nuove Direttive europee sugli appalti pubblici, che cambierà non poco le dinamiche del settore, le Associazioni di rappresentanza delle imprese che operano nei servizi alle Pubbliche Amministrazioni propongono una piattaforma comune di richieste al Governo.
L’auspicio che sta alla base dell’iniziativa è quello di non lasciarsi sfuggire l’occasione per un miglioramento del mercato in direzione della trasparenza, dell’efficienza e anche, cosa che non guasta visti i tempi non facili, del risparmio. Quanto a quest’ultimo aspetto, è ormai chiaro che le passate politiche di tagli lineari non hanno sortito gli effetti sperati, causando perdipiù, in molte circostanze, un abbassamento qualitativo dei servizi prestati. Occorre dunque percorrere
di Simone Finotti
altre vie, come quelle indicate dalle associazioni imprenditoriali di rappresentanza nel “Manifesto del mercato dei servizi per i patrimoni immobiliari urbani e pubblici” promosso dalle principali Associazioni del settore dei servizi di Facility Management - Afidamp, Assistal, Confco-
operative, Fise Anip, Fnip, Legaco-
op Servizi - con il supporto scientifico di Patrimoni PA net.
Un comparto che cresce, in Europa e in Italia
D’altra parte l’importanza del mercato del facility management, in Italia, sta crescendo sempre più ed è comprensibile che questo settore inizi a far sentire la propria voce. Anche perché ne va della qualità di ambienti cruciali per la nostra vita come scuole, ospedali, case di cura, uffici pubblici e via discorrendo. Il fenomeno ha una portata europea, ma in Italia va ancora più veloce che altrove. Il comparto dei servizi di facility management per la gestione e la valorizzazione dei patrimoni immobiliari e urbani delle PA (manutenzione, pulizia, igiene ambientale, energia, security, logistica, ecc.), cui appartengono migliaia di PMI e diversi grandi operatori, rappresenta un settore economico in continua e costante crescita (+ 10,4% nel solo 2012 - Dati ANAC, già AVCP), nonostante la crisi che ha condotto alla contrazione di altri settori, con un impatto enorme in termini occupazionali (2,5 milioni di occupati potenziali del comparto, secondo le stime dell’Osservatorio Nazionale per il Facility Management di Cresme Europa).
Anche in piena crisi
Altri dati significativi: nel periodo 2007-2011, quindi in piena crisi economica, il numero di bandi pubblicati è cresciuto del 51%. Sempre nel periodo considerato, a cui si riferiscono gli ultimi dati di Osservatorio Nazionale Facility Management- Cresme Europa, la variazione della base d’asta calcolata sugli importi totali è stata del 58% (da 24 a 38 miliardi di euro). Il volume stimato potenziale è di 130 miliardi di euro e il contributo potenziale alla formazione del prodotto interno lordo, stando all’elaborazione di Patrimoni PA net, tocca l’8,3%. Numeri importanti che potrebbero crescere ulteriormente se il Paese adottasse politiche ad hoc volte alla “riqualificazione” del patrimonio pubblico esistente (un impegno concreto per il “green building” potrebbe generare 400mila posti di lavoro e portare ad un risparmio di 1,2 miliardi l’anno di spesa di consumi energetici per la PA).
Rivedere il codice degli Appalti Ed è proprio in relazione a questa sempre più importante filiera di mercato che è nato il Manifesto del mercato dei servizi per i patrimoni immobiliari e urbani pubblici. Attraverso questo documento le Associazioni chiedono al Governo ed al Parlamento che il nuovo Codice degli Appalti, che scaturirà dal Disegno di Legge per il recepimento delle Direttive Europee sugli Appalti attualmente in discussione alla VIII Commissione del Senato, sia davvero lo strumento che sblocchi la situazione attuale, permettendo alle PA di manutenere, mettere in sicurezza e rendere efficiente il patrimonio immobiliare e
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MARZO 2015 urbano pubblico del nostro Paese. Infatti, a fronte dei dati sopra esposti, nel nostro paese manca una disciplina che tenga conto delle specificità di settore e degli aspetti peculiari del comparto dei servizi che continua ad essere considerato meno strategico e meno rilevante del comparto manifatturiero e di quello delle costruzioni; su tale ultimo comparto, peraltro, è stata di fatto sostanzialmente modellata fino ad oggi tutta la regolamentazione in materia di appalti pubblici. Va ricordato infatti che, a tutt’oggi, il testo base che disciplina gli appalti pubblici è il decreto legislativo 163/2006 (con successive modifiche), che in molte parti avrebbe bisogno di un’opera di “svecchiamento” e razionalizzazione soprattutto per ciò che riguarda il settore dei servizi. Il “vecchio” documento, infatti, appare per molti aspetti più calibrato per lavori e forniture, e non sempre idoneo a gestire le specificità del comparto dei servizi.
Mattioli: “Più dignità ai servizi nel nuovo Codice Appalti”
Proprio su questo aspetto insiste Lorenzo Mattioli, dinamico presidente di Anip e portavoce del Tavolo delle Associazioni promotrici del Manifesto: “Il nuovo Codice degli appalti - afferma Mattioli - dovrà riconoscere pari dignità al settore dei servizi e a quello dei lavori pubblici, entrambi essenziali per la ripresa del Paese. Al Governo chiediamo di rispondere ad esigenze trasversali e comuni: la semplificazione delle norme, la riduzione dei costi per le imprese nelle procedure di gara e un maggior riconoscimento della qualità rispetto al prezzo da parte delle stazioni appaltanti.”
Per Mattioli, che torna anche sulla spinosa questione dei tagli lineari, “i costi sociali ed economici che derivano da un taglio indiscriminato dei servizi per i patrimoni pubblici sono sicuramente maggiori rispetto all’ipotetico risparmio di risorse pubbliche. Le amministrazioni pubbliche devono essere messe in condizione di gestire, manutenere e mettere in sicurezza gli edifici, le infrastrutture e il territorio”. A questo proposito il recepimento delle nuove Direttive Europee è un’opportunità da non sprecare e può davvero essere l’occasione per rilanciare l’intero comparto dei servizi nel segno della legalità, della qualità della vita nelle città, della riduzione della spesa pubblica, della difesa dell’occupazione e della sicurezza sui luoghi di lavoro. E anche, lo ribadiamo, per dare pari e distinta dignità a comparti e mercati diversi tra loro - quali sono quello dei servizi pubblici e quello dei lavori pubblici - entrambi essenziali per la crescita economica e di competitività del Paese.
Il “Manifesto”: i punti cardine
Il processo di recepimento delle nuove Direttive Europee (“Direttiva Appalti” 2014/24/UE, “Direttiva Concessioni” 23/2014/UE, “Direttiva Utilities” 25/2014/UE) deve rispondere ad esigenze trasversali e comuni, quali: • la semplificazione delle norme e delle procedure; • la dematerializzazione dei processi di affidamento dei contratti pubblici; • l’omogeneizzazione dei comportamenti delle stazioni appaltanti e la loro qualificazione; • la massima apertura del mercato alle PMI come previsto dallo “Small Business Act”. Ma deve altresì rispondere a peculiari esigenze del comparto dei servizi pubblici, quali: 1. la regolamentazione specifica della programmazione e della progettazione; 2. la corretta qualificazione degli appalti, con particolare riguardo ai contratti misti e alla linea di demarcazione delle prestazioni costituenti “servizio” rispetto a quelle appartenenti ad altri comparti; 3. l’efficace classificazione dei servizi; 4. il criterio di aggiudicazione più confacente alle caratteristiche proprie delle attività oggetto di affidamento (offerta economicamente più vantaggiosa); 5. la valorizzazione degli aspetti reputazionali e di esperienza delle imprese; 6. la più corretta tutela del lavoro (connessione dell’affidamento al pertinente CCNL), dell’occupazione e della sicurezza sui luoghi di lavoro, nonché dell’ambiente e del territorio; 7. l’efficace ed attendibile verifica dell’anomalia delle offerte, da svolgere sulla base di elementi di costo oggettivi e verificando l’effettiva compatibilità tra componente qualitativa (offerta tecnica) e componente quantitativa (offerta economica) delle offerte; 8. l’incentivazione del pagamento diretto delle imprese subappaltatrici; 9. l’utilizzo degli strumenti di flessibilità messi a disposizione dalle Direttive Europee nella fase di gestione dei contratti di appalto nel rispetto della certezza dell’oggetto degli stessi e della parità di trattamento degli operatori economici.
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