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Appalti pubblici di servizi: una strada sempre in salita per le micro e piccole imprese

18

GENNAIO 2016

appalti pubblici di servizi: una strada sempre in salita per le micro e piccole imprese

A colloquio con Francesco Gennarielli, presidente nazionale Imprese di Pulizia di CNA – Servizi alla comunità. Il ddl sugli appalti? Bene le misure per la partecipazione delle PMI, ci preoccupano la clausola sociale e la violazione del principio della libertà sindacale, sancito dalla Costituzione. Ma aspettiamo il nuovo Codice.

Siamo in un momento decisivo per il futuro degli appalti pubblici: con il nuovo Codice alle porte e i meccanismi in atto di aggregazione degli acquisti da parte della Pubblica Amministrazione gli scenari stanno cambiando non poco. Tutti gli attori del mercato ne sono a vario titolo coinvolti. Non ultime le imprese più piccole, per le quali quella degli appalti pubblici di servizi si profila come una strada sempre in salita. A lanciare l’allarme è Francesco Gennarielli, presidente Imprese Pulizia di CNA – Servizi alla Comunità: “La materia appalti è sempre un tema molto caldo e dibattuto, per le piccole imprese, per un duplice motivo: l’enorme potenzialità che rappresenta per la crescita e lo sviluppo economico delle imprese e le difficoltà di accesso al mercato che le imprese più piccole hanno da sempre. Oggi il tema è particolarmente sentito visto che il disegno di legge delega sugli appalti è ormai in dirittura d’arrivo ed entro aprile 2016 avremo il nuovo Codice degli appalti.”

di Giuseppe Fusto

Cosa pensa del ddl? “Il dibattito parlamentare sul disegno di legge delega ha in parte recepito alcune nostre indicazioni: in particolare sulla necessità di migliorare le condizioni di accesso al mercato delle piccole imprese, la necessità di un maggiore, e migliore, utilizzo della suddivisione in lotti e la semplificazione delle procedure per gli appalti di piccola dimensione. In ogni caso, al di la dei principi generali, approvati dal disegno di legge delega, decisiva sarà la declinazione degli stessi in disposizioni normative che confluiranno nel nuovo codice. In tal senso, desta, invece, parecchia preoccupazione l’inserimento della cosiddetta “clausola sociale”. In particolare, si fa riferimento al principio, secondo il quale per gli appalti pubblici di servizi, “labour intensive”, ovvero ad alta densità di manodopera, quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50% dell’importo totale del contratto, vadano privilegiate le imprese che applicano il contratto collettivo nazionale del lavoro più vantaggioso per i lavoratori.”

Ci vuole spiegare meglio? “Tale formulazione, attraverso il mero richiamo al CCNL che presenta le migliori condizioni per ciascun comparto merceologico o di attività, se non opportunamente modificata, in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, di fatto produce una discriminazione che ne favorisce uno solo, tra tutti i contratti esistenti. Ciò in palese violazione del principio della libertà sindacale ex art. 39 della Costituzione. In assenza di meccanismi in grado di determinare con certezza il valore delle previsioni economico-normative dei CCNL, fare riferimento al solo parametro della retribuzione nella determinazione delle migliori condizioni per i lavoratori, è assolutamente insufficiente. Per essere ancora più chiaro, si introdurrebbe una penalizzazione per tutto il comparto dell’artigianato che applica il contratto sottoscritto dalle associazioni maggiormente rappresentative del mondo artigiano: CNA, Confartigianato e Casartigiani”.

Cosa si dovrebbe fare secondo voi? “Il vero obiettivo della previsione, a nostro avviso, deve essere quello non di attribuire impropriamente validità ad uno specifico CCNL, bensì di impedire l’applicazione dei CCNL sottoscritti da organizzazioni datoriali e sindacali di non accertata rappresentatività, che prevedono trattamenti retributivi potenzialmente in contrasto con la nozione di retribuzione sufficiente, ex art. 36 della Costituzione. Per quanto concerne l’introduzione della c.d. “clausola sociale” volta invece a promuovere la “stabilità occupazionale del personale impiegato”, non possiamo non sottolineare che in un settore ad alta intensità di lavoro, la competizione tra le imprese si svolge essenzialmente sul terreno della qualità delle risorse umane impiegate nell’appalto. Di conseguenza, l’imposizione di un obbligo a carico dell’impresa vincitrice dell’appalto di assorbire il personale dell’impresa uscente, equivale ad un sostanziale impedimento della libera concorrenza. Inoltre, non si può non tenere in debito conto il parere espresso dall’Autorità Nazionale Anticorruzione che sottolinea, come “il riassorbimento dei lavoratori deve essere armonizzabile con l’organizzazione dell’impresa subentrante e con le esigenze tecnico- organizzative e di manodopera previste nel nuovo contratto e con adeguata considerazione delle mutate condizioni, del contesto sociale e di mercato o del contesto imprenditoriale in cui dette maestranze vanno ad inserirsi.”

Insomma la strada che le piccole imprese devono percorre è sempre in salita… “Non dobbiamo mai dimenticare che il settore delle pulizie in Italia è rappresentato da oltre 41mila imprese di cui circa il 74% sono imprese artigiane. Sarebbe opportuno, invece, approfittare del momento di riscrittura delle norme e delle regole di accesso al mercato pubblico come un’opportunità per utilizzare, in chiave innovativa, gli appalti come leva per lo sviluppo di tante micro e piccole imprese che danno lavoro a circa 500 mila persone.”

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GENNAIO 2016

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