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Il compostaggio di comunità

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igiene urbanaigiene urbana

aprile-giugno 2017

il compostaggio di comunità

di Bruno Casula

Regole più semplici per il compostaggio di comunità. I vantaggi di questa soluzione sono molteplici: per gli utenti, per le aziende di igiene urbana, per i Comuni, per l’ambiente.

Dal 10 marzo 2017 le procedure per avviare un’attività di compostaggio di comunità sono diventate più semplici, grazie a un decreto ministeriale che snellisce l’iter burocratico e definisce meglio il ruolo dei soggetti coinvolti e dei comuni. Com’è noto il compostaggio è una tecnica per ottenere ammendanti agronomici dalla parte organica dei rifiuti attraverso il controllo e il miglioramento del naturale processo aerobico di decomposizione biologica degli scarti per effetto della flora microbica presente nell’ambiente. Può essere praticato sia a livello domestico, con una compostiera casalinga in giardino, che a livello industriale. Tra questi due estremi si colloca il compostaggio di comunità, introdotto dalla Legge n. 221/2015 conosciuta come legge “Green economy”, cioè quello praticato collettivamente da diversi nuclei famigliari – possono essere poche decine o centinaia – oppure da attività quali ristoranti, alberghi, mense che conferiscono i loro rifiuti nella medesima apparecchiatura. Il nuovo Decreto Ministeriale n. 266/2016, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 23 febbraio e presentato pubblicamente a Roma il 28 marzo dalla Direzione generale per i rifiuti e l’inquinamento (Rin) del Ministero dell’Ambiente, stabilisce i criteri operativi e le procedure autorizzative semplificate per avviare l’attività. Punto di partenza del provvedimento è l’individuazione del soggetto abilitato a beneficiare del regime semplificato, ovvero il cosiddetto “organismo collettivo” che l’articolo 2, comma 1, lettera e) definisce come «due o più utenze domestiche o non domestiche costituite in condominio, associazione, consorzio o società, ovvero in altre forme associative di diritto privato che intendono intraprendere un’attività di compostaggio». Gli organismi collettivi così inquadrati devono semplicemente inviare al Comune di competenza un modulo (Allegato 1 al D.M.) con la segnalazione certificata di inizio attività, contenente il regolamento sull’organizzazione dell’attività di compostaggio che sarà vincolante

per le utenze dell’organismo collettivo, le uniche autorizzate a conferire i loro rifiuti organici nella struttura creata appositamente. Provvederà poi il Comune a darne comunicazione all’azienda che gestisce i rifiuti e sarà sempre il Comune a trasmettere agli organi competenti i dati ricevuti dal legale rappresentante dell’organismo collettivo sulle quantità dei rifiuti conferiti, sul compost prodotto, sugli scarti e sul compost che non rispetta le caratteristiche dettate dalla norma. I dati raccolti saranno utili per calcolare la riduzione della tassa rifiuti ma anche le percentuali di riciclaggio dei rifiuti urbani pubblicate ogni anno dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione dell’Ambiente). Sono esclusi dall’applicazione del decreto le attività di compostaggio di comunità con capacità di trattamento complessiva superiore a 130 tonnellate annue, mentre per le attività di capacità complessiva inferiore a una tonnellata il decreto prevede una procedura ulteriormente semplificata (art. 10 e Allegato 1B). Se a seguito delle ispezioni previste emergessero violazioni delle disposizioni del decreto, per esempio quantità e qualità del compost, il Comune può impartire opportune prescrizioni mentre il responsabile può diffidare l’utente che non si attiene al regolamento e chiedere lo stralcio dell’utenza se non si adegua. Segnalare eventuali difformità e inadempienze rientra nei compiti del conduttore dell’apparecchiatura, che è una figura fondamentale e competente che si occupa del funzionamento dell’apparecchiatura, vigila sulla provenienza dei rifiuti (esclusivamente dagli utenti dell’organismo collettivo) sulla tipologia degli stessi e provvede al corretto bilanciamento tra rifiuti organici e strutturante e ovviamente al rilascio del compost prodotto alle utenze secondo il piano di utilizzo. Oltre ai vantaggi diretti derivanti da una fiscalità premiante per i cittadini e dalla riduzione dei rifiuti urbani prodotti da una comunità, il Consiglio di Stato sottolinea che la diffusione del compostaggio di comunità favorisce anche la diminuzione delle emissioni di gas serra, l’incremento della fertilità dei suoli, il contrasto all’erosione e alla desertificazione, la tutela dei corpi idrici e in generale fa crescere la sensibilità ambientale collettiva.

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