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L’autosufficienza impiantistica è intesa a livello regionale

L’autosufficienza impiantistica

è intesa a livello regionale

di Sergio Capelli - ESPER

In Italia, fra rifiuti urbani e rifiuti speciali, si producono annualmente 173 milioni di tonnellate di scarti. Scarti che è necessario gestire e valorizzare secondo le normative europea e nazionale, ovvero secondo i principi di sostenibilità, indicati chiaramente dalla gerarchia europea di riferimento, e secondo il principio di prossimità, finalizzato a limitare il “turismo dei rifiuti” sul territorio (solo i rifiuti urbani generano un traffico stimato di 49 milioni di km ogni anno). Se la gerarchia delle azioni è chiara e nota, il principio di prossimità è ancora fluido e oggetto di ricorsi e azioni legali, in particolare sulla localizzazione degli impianti di trattamento. Il motto “Rifiuti Zero, Impianti Mille”, fatto proprio da Legambiente, richiama la necessità di dotare diffusamente il territorio nazionale di stabilimenti per il riciclo e la valorizzazione della materia, eppure ci sono territori che rifiutano nuovi impianti in

1 https://lexambiente.it/materie/rifiuti/59consiglio-di-stato59/15387-rifiuti-impianti-destinati-al-recupero-di-rifiuti-urbaninon-pericolosi.html 2 La digestione anaerobica in UE è codificata come riciclo, se proveniente da RD e se il prodotto finale è adatto ad uso come fertilizzante (dunque con postcompostaggio del digestato)

Il Consiglio di Stato delibera in merito a un ricorso piemontese: l’obiettivo dell’autosufficienza degli impianti è stato valutato a livello regionale e non con riferimento ad ambiti territoriali più ristretti.

nome di una autosufficienza a livello locale. Proprio la dimensione del “livello locale” è l’argomento del contendere su cui si è registrata una sentenza che sembrerebbe mettere un punto fermo. Se per quanto riguarda i rifiuti speciali non esistono perimetri geografici di riferimento ed è il mercato a dettare legge, un ragionamento differente va fatto per gli RSU su cui il principio di prossimità ha un valore irrinunciabile. Ma come si perimetra la prossimità? Per dare un segnale, una risposta, si è resa necessaria una sentenza del Consiglio di Stato. È quanto successo in Piemonte, in provincia di Biella, dove un gruppo di cittadini si è opposto, appellandosi alla tutela della biodiversità e delle filiere agroalimentari locali e al principio di prossimità, all’autorizzazione di un impianto dedicato alla produzione di biometano mediante trattamento in processi di digestione anaerobica e compostaggio di rifiuti organici (rifiuti urbani non pericolosi) selezionati. Dopo il respingimento del ricorso da parte del Tar del Piemonte (sentenza n. 225 del 20 aprile 2020), è intervenuto anche il Consiglio di Stato, confermando quanto deliberato in precedenza. Ma più che l’esito a colpire sono le motivazioni con cui il CdS arriva al pronunciamento contro i ricorrenti1. In sentenza si legge: “Il piano regionale di gestione dei rifiuti urbani e dei fanghi di depurazione della Regione Piemonte riporta il fabbisogno di trattamento di frazione organica per l’anno 2020, evidenziando che, considerando l’intero territorio piemontese, risulta un fabbisogno impiantistico non soddisfatto pari a 38.400 t rispetto alle potenzialità attualmente autorizzate ed in esercizio. Il punto 12.5 del piano precisa che, aggiungendo anche la frazione verde, come strutturante, è ipotizzabile che il quantitativo complessivo possa raggiungere circa 60.000 t e tale esigenza si suppone possa essere soddisfatta sia tramite la realizzazione di nuovi impianti, sia potenziando le linee impiantistiche già presenti sul territorio. Pertanto - nel rilevare che non è prevista alcuna preclusione per l’insediamento di nuovi impianti di recupero, anche in presenza di differenze di fabbisogno tra i singoli ATO, e nel considerare che il piano si è limitato ad individuare i fabbisogni della regione - può ritenersi che la Regione Piemonte abbia inteso considerare il territorio regionale come sostanzialmente unitario e non come rigidamente suddiviso per ambiti. In altri termini, l’obiettivo dell’autosufficienza degli impianti è stato valutato a livello regionale e non con riferimento ad ambiti territoriali più ristretti.” Il territorio di riferimento per il principio di prossimità e di autosufficienza impiantistica è dunque quello relativo all’intera regione e non ad ATO o ambiti territoriali più ristretti. Tale impronta spazza dunque il campo da visioni eccessivamente localistiche, che rischiano di essere una zavorra per un Paese che in tempi di transizione ecologica ed energetica, di riconversione green dell’economia, ha l’obbligo di raggiungere ambiziosi obiettivi in termini di riciclo2 e decarbonizzazione (come previsto dalle normative europee). D’altra parte, è necessario sottolineare come la pianificazione impiantistica sia in capo all’ente Regionale, che deve confrontarsi con un’ampia rosa di determinanti (a puro titolo esemplificativo citiamo l’esistenza di aree protette o l’accessibilità viaria). È dunque ragionevole pensare che ciò che in alcune aree non è possibile implementare venga realizzato altrove, sempre sul territorio Regionale.

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