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CRAT: 2020 donazioni e uso sangue in calo e iperimmune

Nel 2020 donazioni e uso sangue in calo, il punto sull’iperimmune

Intervista di / Beppe Castellano /

Abbiamo fatto il punto della situazione trasfusionale con il dottor Corrado Sardella, responsabile del CRAT Veneto (Coordinamento regionale attività trasfusionali). Di questo inizio 2021 i dati a pag. 6/7. Ma com’è andata in Veneto nell’anno “terribilis” 2020?

Dottor Sardella, nel 2020 abbiamo retto?

I dati 2020 sono già stati inseriti nel Sistra del Centro nazionale sangue, anche se abbiamo tempo fi no al 30 marzo per validarli e renderli defi nitivi. Ci sono aspetti tecnici sempre da verifi care, nel passaggio fra sistemi informatici diversi. In ogni caso, per il 2020, è palese che in termini sia di sangue, sia di plasma abbiamo raccolto meno dell’anno precedente. Questo ovviamente per i mesi critici dovuti all’emergenza Covid-19.

Anche i consumi però calavano...

Esatto. Il Sistema trasfusionale è riuscito ad adeguarsi all’emergenza Covid e al minor bisogno. Nessuno, in ogni caso, in Veneto e in Italia è rimasto senza sangue. Dove serviva è arrivato. Il calo non è dovuto ai donatori che non venivano, anzi... Sono stati i due mesi di confi namento totale, le necessarie misure di sicurezza e distanziamento, i Centri chiusi perché in ospedali Covid-19, la necessità di prenotare la donazione quando serviva, per non rischiare di buttar via sacche. Con le attività chirurgiche ridotte, meno incidenti nelle unità di emergenza, si sono dovuti “calmierare” gli accessi dei donatori. Ai quali va davvero un plauso perché sempre disponibili con entusiasmo.

E il plasma? Leggero calo anche qui...

Come plasma abbiamo raccolto anche qui meno, anche se sempre meglio rispetto alla media nazionale. Il Sistema trasfusionale del Veneto è stato messo a dura prova anche con la raccolta del plasma iperimmune. Oltre l’attività “normale (sempre con gli ormai noti problemi generalizzati di organico, ndr) c’è stata una fase iniziale, che continua, in cui abbiamo dedicato risorse umane alla “Banca del plasma iperimmune” anche per la notevole quantità di potenziali donatori che si proponevano. Tutti gli idonei sono stati comunque prelevati.

E a quanto ci risulta, tutti ad alto titolo anticorpale. Ma quanti ammalati sono stati trasfusi e guariti? Dati clinici certi sull’effi cacia?

Dobbiamo sempre essere chiari. Il plasma iperimmune non è ancora una terapia consolidata, classifi cata clinicamente come “certa” nel trattamento del Covid-19. È una terapia che stiamo valutando, anche in Veneto, all’interno di studi protocollati. È l’unico modo per avere una risposta scientifi camente seria. Studi fi nora pubblicati a livello mondiale giungono a conclusioni in parte favorevoli, in parte no. In tutti gli studi, però, il momento più critico è capire “quando” farlo. Precocemente ha più possibilità di funzionare. Di fatto, su tanti cui è stato trasfuso, non si sono registrati eventi avversi. Chi lo ha ricevuto è guarito. Quel che non possiamo stabilire con certezza scientifi ca è se sono guariti per il plasma o per l’insieme delle terapie adottate.

Sono stati autorizzati in Italia gli anticorpi “monoclonali”. Se il dottor Sardella fosse ricoverato in ospedale con Covid-19 e gli proponessero “plasma o monoclonale”?

Bella domanda. Io sceglierei il plasma. Il tipo di anticorpi nel plasma riconoscono la complessità del virus, il monoclonale viene “costruito” per aggredire una singola parte del virus. L’immunoglobulina del guarito ha più vantaggi del monoclonale che, però, può essere prodotto in laboratorio in quantità illimitate.

Il personale? Novità in questo senso?

Sempre scarso, non sono stati fatti altri concorsi. Oppure andati deserti. Ma è un problema generale in Sanità, oggi più che mai. Dovremmo cominciare a pensare a soluzioni alternative.

Tipo affi dare alcune prerogative mediche nella raccolta a infermieri laureati e formati?

Per i donatori periodici già conosciuti può essere benissimo una nuova strada.

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