12 minute read

Premio editoriale Il Croco (II edizione), pag

Servizio STAMPA

II Edizione PREMIO EDITORIALE IL CROCO

Advertisement

L’Editrice POMEZIA-NOTIZIE - via Catilina 6 - 00071 Pomezia (RM) - Tel. 3494175191 – Email: pomezianotizie22@gmail.com - organizza, per l’anno 2023, la II Edizione del Premio Editoriale Letterario IL CROCO, suddiviso nelle seguenti sezioni: Raccolta di poesie (in lingua o in vernacolo, max 500 vv.); Poesia singola (in lingua o vernacolo, max 35 vv.); Racconto, o novella, o fiaba (max 8 cartelle. Per cartella s’intende un foglio battuto a macchina – o computer - da 30 righe per 60 battute per riga, per un totale di 1800 battute); Saggio critico (max 8 cartelle, c. s.).

Le opere, assolutamente inedite (con titolo, firma, indirizzo chiaro dell’autore, breve curriculum e dichiarazione di autenticità) devono pervenire, in unica copia, per posta ordinaria o per piego di libri (non si accettano e, quindi, non si ritirano raccomandate) a: Pomezia-Notizie presso Manuela Mazzola - via Catilina 6 - 00071 Pomezia (RM), oppure - ed è il mezzo migliore, che consigliamo - tramite e-mail a: pomezianotizie22@gmail.com entro e non oltre il 31 maggio 2023.

Le opere straniere e quelle in vernacolo devono essere accompagnate da una traduzione in lingua italiana.

Nessuna tassa di lettura.

Essendo Premio Editoriale, non è prevista cerimonia di premiazione (se si dovesse decidere di tenerla, gli Autori partecipanti saranno avvisati in tempo tramite e-mail) e l’operato della Commissione di Lettura di Pomezia-Notizie è insindacabile. I Premi consistono nella sola pubblicazione dei lavori.

All’unico vincitore della Sezione Raccolta di poesie verranno consegnate 20 copie del Quaderno Letterario Il Croco sul quale sarà pubblicata gratuitamente la sua opera - lo stesso Quaderno verrà allegato al mensile Pomezia-Notizie (presumibilmente a un numero tra agosto e ottobre 2023) e sui numeri successivi saranno ospitate le eventuali note critiche e le recensioni. Gli altri Autori selezionati della Sezione riceveranno offerte vantaggiose per l’eventuale pubblicazione delle loro opere in altri Quaderni Il Croco.

Ai primi, ai secondi e ai terzi classificati delle sezioni Poesia singola, Racconto (o novella, o fiaba) e Saggio critico, sarà inviata gratuitamente copia del mensile - o del Quaderno Letterario Il Croco che conterrà il loro lavoro. Pomezia-Notizie, comunque, può sempre essere letta, sfogliata eccetera su: http://issuu.com/domenicoww/docs/ (il cartaceo è, in genere, riservato agli abbonati e ai collaboratori).

Per ogni sezione, qualora i lavori risultassero scadenti, la Commissione di Lettura può decidere la non assegnazione del premio.

La mancata osservazione, anche parziale, del presente regolamento comporta l’automatica esclusione.

Manuela Mazzola

Direttrice responsabile di Pomezia-Notizie e Organizzatrice del Premio

IL CROCO

i Quaderni Letterari di POMEZIA-NOTIZIE il mezzo più semplice ed economico per divulgare le vostre opere. PRENOTATELO!

NUVOLE DI FINE ESTATE

Si fanno e sfanno le nuvole da cui il sole sbircia o splende con l’azzurro: fervore di commiati anche lassù. Giocoliere sul capo un cumulo bigio: pare un cammello e si dissolve in cirri, isole chiare che vanno… Oltre naufraga un fiocco nella luce: è un angelo e già s’è rarefatto. Altre nuvolette leste si mutano in profili di paesi, in sagome di volti familiari, in barche per remare.

Come queste nuvole la vita è cangiante cosa, ora più nera ora quasi rosa.

Rocco Cambareri

Da: Versi scelti, Guido Miano Editore, 1983.

QUANTI PAESAGGI

Quanti paesaggi ho visto nei miei viaggi, quante cattedrali, quanti palazzi, quanti fiumi e quanti laghi! Ma di visioni nuove e cose belle gli occhi miei mai non son sazi, e quanti ancora paesaggi, quanti palazzi e quante cattedrali, e fiumi e laghi, e cose belle ancora restano al mio desiderio di vedere! Una speranza ancora mi rimane: se queste belle cose, questo mondo, l’uomo futuro non distruggerà, io so che un dì dall’alto di un altro mondo, eterno, l’occhio mio le rimirerà.

31 luglio 2022

Mariagina Bonciani

Milano

EN HAUT

En haut au-dessus du velux la course effrénée des nuages en bas la ligne d’arrivée a encore reculé

Irène Clara

Francia

LA SMORFIA

La notte fa la smorfia al mio vissuto.

In storie latitanti il mio alter ego resta impaniato in involuti enigmi che incubano apprensioni perturbanti.

E ogni sogno è l’isotopo d’un altro. La non vita attanaglia la mia vita.

Corrado Calabrò

Da: Quinta dimensione, Mondadori, 2021.

Recensioni

FRANCA ALAIMO

UNA CORONA DI LATTA

e-book n° 42, a cura della redazione di www.larecherche.it (scaricabile dal sito www.ebook-larecherche.it), Maggio 2010, pagg. 42.

Se si parla di corona di conseguenza deve esserci anche un regno e se non stiamo parlando del regno d’altri tempi, di quelli esistenti solo nelle fiabe, allora, in questo caso trattasi del reame fatto di parole ben accordate fra esse grazie alla relativa loro ‘regina’: la poetessa critico letterario scrittrice siciliana, Franca Alaimo. Ma lei ha voluto che fosse Una corona di latta, materiale semplice perlopiù fatto di stagno, nell’ambito d’un florilegio di poco più di trenta sue liriche dove il protagonismo ha lasciato il posto alla presenza di soggetti che non hanno ambito a ruoli importanti, al voler stare nel mezzo della scena. Sarebbe come un regnante visto in giro con panni dismessi, o meglio al ‘re nudo’ della novella di Hans Christian Andersen (1805-1875), quel personaggio oramai convinto per suggestione d’indossare l’abito più prezioso per lui composto fantomaticamente al telaio dei telai. «Mi posero sul capo una corona di latta/ Per celare le ferite delle tempie,/ Poi mi appellarono la regina matta/ E mi rivestirono di parole empie./ Mi sono giocata ai dadi carne ed ossa/ E del mio amore è stato fatto scempio/ Ma resterà sull’orlo della fossa/ La mia poesia come una rosa rossa.» (Pag. 21). La poetessa Alaimo ama descriversi verso dopo verso come in una dichiarazione infinita d’affetto verso la bellezza versificatoria e si sente, s’è sentita perlomeno “sovrana” nell’attraversare il verdeggiante prato del reame da lei stessa edificato con spontaneità innanzitutto. Anche se compaiono soggetti di poche pretese in effetti è sempre lei, Franca Alaimo, che si mostra sotto mentite spoglie e si racconta, ovvero racconta l’ambiente in cui vive e lavora (scrivendo), i suoi limiti, le sue debolezze, il suo sentirsi A mani nude. «A mani nude, a cuore nudo, andai/ Ed era la città un vascello di vento,/ Nuvole, vele fra la terra e il cielo./ Alla mia anima la coronata/ La consacrata la sacrificata, gli dei/ Mostrarono sé stessi doppiando immagini/ Negli specchi traslucidi degli occhi./ E gli angeli tremarono posando/ Su me le dita diafane, mormorarono/ Parole di tristezza, un fato strano e sublime./ Ed io, prima che dal mescolio furioso/ La divisione fosse con la luce,/ Volando negli spazi folli e neri,/ Gridai forte il rosso,/ Gridai forte il giallo,/ Cantai deliri di parole blu.» (Pag. 28). Il rosso, il giallo e il blu sono i colori primari dalla cui unione, a due a due, scaturiscono i colori secondari e le relative gradazioni. I tre primari furono i pigmenti scelti dai seguaci del movimento pittorico francese fauvisme della prima metà del Novecento, con a capo Henri Matisse (1869-1954, che stesero su tela non mescolandoli fra di essi in modo da acquistare la valenza selvaggia della tinta nella

sua versione pura. Quindi, venne espletata la libertà del primitivo cromatismo nell’adoperare i tre colori fondamentali senza alterarli fra essi, perché la semplicità in fondo rende meglio qualsiasi cosa, qualsiasi concetto, così come una corona di latta posta sulla testa di chiunque può dare l’idea d’un regnante, d’una regina, d’un impero… «Quando nacqui, presso la mia culla/ Come in una fiaba vennero tre fate/ E una disse: “Povertà, bocca affamata,/ Bambina senza nenie. Nulla!”./ E l’altra: “Vento di tramontana!/ Ragazza barcollante e solitaria!”,/ E mi punse con una spina il cuore./ La terza così parlò premendo la bocca/ Sull’orecchio: “Brace! Filo d’oro!/ O tutta fiori, bella donna d’amore,/ I tuoi versi di nettari e colori/ Arderanno sotto la cenere del mondo”.» (Pag. 6). Nel mentre s’è descritta Franca Alaimo ha azzardato un raffronto tra lei e la poetessa del movimento acmeista, Anna Achmatova (1889-1966), che ha attraversato la Rivoluzione d’Ottobre e le due guerre mondiali, ebbe tre mariti e un figlio, Lev, deportato in Siberia per pena commutata dopo ch’era stato condannato a morte e nell’arco di diciassette lunghi mesi l’Achmatova, in attesa della sentenza finale, stette in fila per ore con tutti gli altri parenti dei detenuti pur di avere notizie o di consegnare qualcosa al figlio. Esperienza che diede come sofferto frutto il poemetto Requiem vergato da lei (Anna Achmatova) tra il 1939 e il 1940. «Anche da me venne lo stralunato/ Iddio dicendo: poiché hai avuto/ Più di un grammo di follia/ Prova a scrivere poesia/ Così come fece Anna dalla/ Prigione del sacrificio eterno,/ Tutti i mesi e giorni in attesa,/ d’inverno,/ E a primavera, sotto il muto/ Ordine degli anni e del fato./ Prova oltre il tempo fermo della vita/ E le sue sponde di liquido mortale/ Ad alzare i tuoi aquiloni di carta/ Dal cielo che ti inghiotte/ All’altro dove un’enorme stella/ Ti guarda dritta negli occhi.» (Pag. 14).

Isabella Michela Affinito

MANUELA MAZZOLA PAOLO SOMMARIPA PITTORE DELL’ARTE IMMAGINARIA

Il Convivio Editore, Castiglione di Sicilia (CT) 2022, Pagg. 160, € 20,00

Manuela Mazzola è romana (nata nel 1972), di formazione letteraria con indirizzo antropologico, appassionata di arti figurative, è alla sua sesta pubblicazione e dedica il presente saggio al concittadino (nato nel 1959), di cui al titolo stesso, Paolo Sommaripa pittore dell’Arte Immaginaria; entrambi residenti a Pomezia (Roma). Il volume si presenta di ottima fattura e contiene trentasei illustrazioni a colori commentate. Claudio Vannuccini nella prefazione giudica scorrevole il saggio, “capace di far comprendere in modo chiaro gli stati d’animo dell’artista nel confezionamento delle sue opere”. Sintetizzo l’esergo di Ludwig Van Beethoven sulla creazione d’arte, nella seguente formula, che mi sembra funzionale al testo: espressione divina.

Chi conosce il pittore-illustratore ne tronca il nome in Sommarì, che lui ben volentieri gradisce come segno facilitatore di comunicazione, tant’è che concepisce la sua arte come trasfigurazione in libertà, intendendo con ciò che “il pensiero si fonda con la fantasia creando dipinti che prendono spunto dalla realtà”. Con ciò ritengo che, essendo il pensiero impalpabile, quello che noi produciamo, non appartiene più solo a noi e ogni fruitore l’intende a modo suo. Quel momento fa da perno poiché “passato, presente e futuro vengono avvertiti nel medesimo istante”, si fondono; mi viene da dire che il “tempo” si comporta come una cosiddetta vite senza fine. Confesso che l’approccio argomentativo sull’arte immaginativa mi lascia perplesso.

Paolo Sommaripa, nella sua nota introduttiva, dichiara di essere rimasto affascinato da giovanissimo dalle opere di Vincent Van Gogh e di Giorgio

De Chirico, di non seguire alcun modello e che per spirito libero agisce d’impulso; nel suo Modello dell’Immaginario, Egli dice “fuoriescono ricordi lontani di pagliai ad essiccare al sole nella campagna romana, al paese dove sono cresciuto” (in Mazzano Romano). Aggiungiamo che si tratta di una usanza che si tramanda da molto tempo e che resiste tuttora. Egli è un organizzatore molto attivo di mostre, di conferenze, di laboratori d’arte, tanto che dal 1998 è Presidente dell’Associazione AssoPleiadiArte. Dichiara che è mosso dalla convinzione che l’arte deve veicolare la comunicazione.

Nell’immediatezza della lettura avevo pensato a luoghi fisici, perciò quanto sopra mi è sembrato propedeutico alla comprensione dell’Arte Immaginaria. Difatti la nostra Autrice, per formazione specialistica, inquadra l’argomento sotto l’aspetto della antropologia culturale, considerato che il pensare e l’agire dell’essereumano sono il risultato complesso delle molteplici interrelazioni, dell’ambiente e delle esperienze vissute, di cui tutti siamo impastati, così pure il nostro pittore. E, perciò, le azioni delle persone non sono riconducibili a schemi rigidi, bensì sono fluttuanti, direi che lo sono come lo è lo “spazio-tempo”; o, capovolgendo quanto diceva l’antico filosofo Eraclito, cioè che ‘tutto scorre’, direi invece, che nell’arte del Sommarì ‘tutto si ripresenta’.

Nel caso specifico Manuela Mazzola si limita a passare al vaglio soltanto dipinti che riguardano tre temi, nell’ordine: il Sacro, l’Umano e la Natura. Credo comunque che Paolo Sommaripa nelle sue opere voglia comunicare la sua “visione del mondo”, il suo mondo interiore; in altre parole, Egli si identifica con le sue opere. Ebbene, credo che questo atteggiamento sia comune agli ideatori in ogni specifica attuazione d’arte e di pensiero.

Senza volere stravolgere il testo, penso che il “luogo di marginalità”, riferito dalla Nostra, vada inteso non come spazio fisico, bensì come luogo interiore ritrovato attraverso le opere su cui l’Artista imprima le proprie impronte digitali o in senso più ampio il modo di essere del pittore trasferito al fruitore. Parimenti intendo il “museo dell’arte immaginaria” come enunciazione di prodotti metafisici, pensieri tra il reale e lo spirituale, cioè tra il suolo terreno e il cielo divino. Concetti entrambi affidati alla libera interpretazione, alla fantasia di ciascuno, che prescindono dai supporti e dai mezzi rappresentativi (tela, foglio, tavolette di legno, carta e cartoncino e perfino la rete web; così acquerello, pastello, tempera, acrilico, gessetto, olio, matite, carboncino, ecc.). Invitare i fruitori ad affidarsi alla sensibilità propria, significa trasformarli in visionari, nuovi dei. Non so quanto questo aiuti alla comprensione dell’arte immaginaria.

Credo che il pensiero fondante dell’insegnamento del Maestro stia qui: nel momento della ricerca si è assaliti da ansia, ma nel momento della creazione o dell’invenzione o della scoperta, le persone si illuminano di spiritualità, sprigionano quel briciolo di divinità che si portano fin dall’origine. Allo stesso tempo nelle opere di ingegno o artistiche anche di rappresentazioni del divino o della natura si rivelano l’essere umano, il creatore e il creato. “Io sono un esploratore, un’anima in viaggio alla ricerca di un linguaggio, alla ricerca delle miserie umane” (Sommaripa, p. 37). In questo pensiero è possibile assimilare l’essere umano a una membrana osmotica, cioè che si lasci attraversare nei due sensi, materiale e spirituale, umano e divino. Ancora: l’essere umano in quanto senziente ha sentimenti, in quanto fornito di ragione ha intelletto; tuttavia, niente è intelligibile in modo assoluto. In altri termini nella comunicazione, fondamentale è il linguaggio e come le parole si leggono conoscendone le lettere, così il logos si comprende conoscendo le singole parole, la grammatica e pure la simbologia. Senza dimenticare il coacervo delle emozioni e delle conoscenze, nonché il loro sedimento e il crivello o il filtro che ne operano la selezione. Insistiamo ancora, per la comprensione del mondo è basilare la concezione del tempo, nelle sue varianti interpretative. Paolo Sommaripa rappresenta il tempo negli umani e nei soggetti sacri, attraverso il corpo e cioè la postura del soggetto, l’atteggiamento, le pieghe, le sue parti, le angolazioni, le ombre; mentre la natura si lascia leggere più agevolmente attraverso le stagioni.

Ci troviamo difronte a stati d’animo, a sommovimenti interiori, ad analisi psicologiche e altro, difficili da decodificare, che liquidiamo, direi, con formule come ‘mondo surreale’, ‘linguaggi onirici’, ‘dimensione metafisica’, ‘altrove’, che vogliono dire tanto, ma che sono poco palpabili. Poiché l’argomento richiede specifiche conoscenze, e anche per non avvitarmi, ho preferito sorvolare sulle citazioni facenti capo a studiosi come Edward Burnett Taylor, Ulf Hannerz, Bauman, Alfred Gell e Giuseppe Pucci, Alessandro Mancuso, P. Cabin e Gilbert Durand, Jacques Lacan, Edgar Morin, Mariella Combi, Marcel Mauss, e altri, nonché lo stesso Sommaripa.

Manuela Mazzola commenta le immagini rilevandone l’essenza. La Madonna è rappresentata in una serie di dipinti con il capo reclinato, unitamente ad alcuni particolari dove, praticamente, la variante è affidata ai colori del velo che la ricoprono; nelle varie versioni, i dipinti esprimono malinconia (blu), dolore (rosso), serenità (celeste),

This article is from: