
3 minute read
Storia di un uomo buono
Incorrere in un giudizio negativo è inevitabile, ma come sarebbe senza alleati? Cosa può portare alla rovina un animo fragile?
Elisabetta Contin I E
Advertisement
Per ingannare il tempo, avrei piacere di raccontarti la storia di questo mio amico. Il personaggio da esso incarnato non presenta caratteristiche particolari, anche se al fine della narrazione probabilmente sarai in disaccordo. Invece ti assicuro che, in fondo, si trattava di un uomo come un altro. Costui era amato dalle persone a lui care e rispettato dai propri colleghi (sebbene non coprisse un ruolo di rilievo all'interno della ditta.) Non spiccava nelle relazioni sociali, e sosteneva di essere portatore di un grande difetto. Durante una discussione infatti, che fosse lavorativa o confidenziale, faticava ad articolare un discorso. Ciò avveniva poichè questo pover ’ uomo temeva la sconfitta verbale più di ogni altra cosa. Riteneva infatti che la dimostrazione della valenza e della correttezza di un proprio ideale fosse indice di una straordinaria virtù. Ma la forte pressione emotiva, unita alla preoccupazione di un eventuale insuccesso, lo privava di lucidità. Non riusciva a far altro che biascicare due frasi banali, vuote di significato, spesso contraddittorie tra loro, le quali non si dimostravano utili alla causa. La paura del fallimento diventava così la sua stessa rovina. Perciò, privo di qualsiasi mezzo di difesa, si vedeva costretto ad arrendersi, e ad abbracciare la tesi altrui, qualunque essa fosse. Poco a poco, stanco delle continue e insopportabili disfatte, iniziò a evitare il confronto. Molti se ne approfittarono, tanti lo derisero e lo manipolarono, alcuni se ne allontanarono, poiché delusi e annoiati da un carattere così insulso. La gente smise di prenderlo sul serio. Cominciarono a chiamarlo stupido, ma egli non li stava ad ascoltare. Possedeva tuttavia altre qualità. Era premuroso, tanto che, nel caso in cui avesse contratto febbre e raffreddore, si barricava in soffitta, per non contagiare i propri familiari. Lì vi passava giorno e notte, cercava di renderla adatta affinché essa soddisfacesse ogni suo bisogno, non se ne allontanava fino a quando il malanno non fosse passato. Era tanto servizievole che per la strada prestava sostegno agli anziani in difficoltà, ai clochard senza età, scongiurando pregiudizi. Il nostro amico si intratteneva con passatempi particolari; durante le passeggiate per esempio si divertiva a scavalcare i muretti, e prendeva la rincorsa ogni qual volta ne scorgesse uno. Amava compiere lunghi tragitti in auto, senza prefiggersi necessariamente una meta precisa. Non si faceva 62
problemi a camminare scalzo per la via sterrata, e spesso veniva sorpreso a dondolarsi sulle altalene. Così cominciarono a chiamarlo ‘’ strambo ’’ , ma egli si rifiutava di sentire. Aveva inoltre questo vizio fastidioso: riempiva i propri aneddoti di menzogne. Sosteneva che l’interlocutore si sarebbe annoiato se i propri racconti non fossero riusciti a suscitare stupore. Tali falsità perciò al momento della narrazione avrebbero reso interessante qualcosa che di per sé non lo era. Questo sistema però risultava fallibile, e spesso lo faceva sentire solo e denigrato. Cercava affetto, lo elemosinava da chiunque gliene potesse offrire. Provò di tutto, desiderava essere accettato dalla sua gente, la quale si limitava a giudicare e allontanare coloro che per indole non corrispondessero a certi parametri comportamentali. Lo classificarono definitivamente come pazzo, ed egli, capendo che non c ’ era legge più potente della critica comune, a cui anch’ esso dovesse sottostare, comprese e accettò questo appellativo. Smise di farsi vedere in città, sparì di punto in bianco, poiché il suo animo in mezzo a tanta aridità cominciò ad appassire. Così si spense al buio, spirò di nascosto, senza fare troppo rumore, senza attirare troppa attenzione.