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bwv565

prefazione

- voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo1 -

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vabbè. lo so anch’io che avevo già scritto per altre occasioni queste poche righe. sì, so di ripetermi. con il passare degli anni succede. a tutti. soprattutto quando non c‘è nessun motivo d’inventarsi un modo nuovo di dire cose che, nonostante tutto, sono state raccontate per bene. mah. così da anni vado chiedendomi se il tempo sia una variabile costante o una costante variabile. gesù, ancora oggi non so darmi una risposta. so che il tempo scorre. e so anche che, malgrado sia riuscito a zittire la sua voce metallica2 e l’ostinato cinturino di evgenij3 non stringa più il mio polso, non ho potuto fermarne il suo scorrere della sabbia. ho tentato di salvarmi andando a ritroso come il tempo di testour4. non mi sono salvato. come tutti anch’io devo fare i conti con lui. e le ore. forse per questo sono diventati temi ricorrenti nelle mie pagine. sono andato alla ricerca del tempo perduto. non quello di marcel (proust). ma il mio. già perché quando il tempo stava prendendomi per mano per trascinarmi nella strada dalle illusorie regole dove vince chi sa mettersi in mostra (poco importa il modo) l’ho preso io per mano e costretto a seguirmi. mi aveva chiesto, lui: rinunci al rolex? a pierre cardin? al verde del dollaro usa e all’oro della sterlina? avevo risposto: rinuncio. sapevo che stavo barattando quel mondo per un pezzo di pane e cipolla. ma libero. ho lasciato agli altri