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Biografia di Giovanna Pirini pag

di Giovanna Pirini

Augusto Ponti (foto H) è nato a Cervia il 18 ottobre 1920 ed ha vissuto a Castiglione di Cervia fino al febbraio del 2016, poi a Milano Marittima fino al 23 settembre 2020, giorno della morte. Era solito dire: “Non arriverò ai cent’anni, sono troppi, non li voglio!”; infatti, è scomparso a soli venticinque giorni dal compimento del centesimo anno d’età! (foto Q momenti diversi della vita di Caputo) I genitori, prima della sua nascita, adottarono una bimba orfana, che indossava spesso un cappottino; si chiamava Augusta e tutti la chiamavano “la caputina”. La bimba morì a seguito della “spagnola”; quando nacque quel bambino, ultimo di cinque figli, i genitori vollero chiamarlo Augusto, ma egli si fece sempre chiamare da tutti “Caputo”, in ricordo della “caputina”, firmando così anche i suoi quadri. Fin da ragazzo ha manifestato il suo interesse per l’arte, che si è concretizzato nella passione per il teatro e in un’incessante ricerca pittorica, che lo ha portato a sperimentare tecniche e materiali diversi. All’inizio usava prevalentemente gessetti, poi una conoscente, la signora Franca Cicognani, studentessa presso l’Università, gli portò, da Bologna, la prima scatola di colori ad olio che, a Castiglione o a Cervia, ancora non si trovavano. Da quel momento in poi ha usato, prevalentemente, colori ad olio; conservava a lungo e con cura i suoi colori e, anche se vecchi e molto consumati, li custodiva gelosamente. Lavorava, generalmente, appoggiandosi su una sedia, o su improvvisati “tavoli inclinati” (foto K). Occasionalmente usava anche gessetti ad olio e pastelli; stendeva il colore su qualunque materiale riuscisse a trovare, usando preferibilmente le dita, ma anche turaccioli, straccetti, raramente

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Foto A Pittura su acquasantiera

pennelli. Le vicende che più lo hanno segnato sono state quelle legate alla Seconda Guerra Mondiale: prima l’esperienza del fronte in Albania, poi, all’età di circa vent’anni, la deportazione in un campo di lavoro in Germania, dove ha vissuto due anni, dal 1943 all’estate del 1945. Chiunque abbia parlato con lui gli ha sentito dire, almeno una volta, queste parole: “Io sono morto in Germania nel 1943”. La scuola primaria “G. Carducci” di Castiglione di Cervia, nell’anno scolastico 2000/2001, ha realizzato il libro “Per non dimenticare”, all’interno del quale sono raccolte alcune testimonianze di Caputo sulle tristi vicende legate alla guerra. Al suo ritorno si è occupato assiduamente della famiglia; era molto legato all’anziana madre, ai fratelli e alle sorelle ancora in vita. Di tanto in tanto era solito allontanarsi da Castiglione per rivedere i suoi compagni “del tempo di guerra” o per visitare le città d’arte: i monumenti famosi, le chiese, i musei e le mostre catturavano la sua attenzione e suscitavano il suo interesse. Spesso, durante questi spostamenti, lo accompagnava la carissima amica Daniela, insegnante di lettere che, da qualche decennio, Caputo definiva “la badante colta, quella che sa di greco e di latino”. La profonda amicizia con Daniela lo accompagnò per tutta la vita: senza dubbio è la persona che lo ha conosciuto meglio,

Foto K

Vecchi colori ed improvvisata postazione di lavoro

Foto C Pittura su mattonella di cotto Foto P Pittura su coppo Foto B Olio su bigoncia per vendemmia

con la quale Caputo non aveva remore di alcun tipo; d’altra parte, come sa chi lo ha conosciuto, ne aveva ben poche con chiunque! Un giorno Caputo, come era solito fare, andò a far visita a Daniela e, non trovandola, per riferirsi al fatto che sia lei, sia la figlia, erano spesso fuori casa, lasciò, sul muro del garage, la scritta “…e le poiane volano a destra e a manca…”, con tanto di disegno degli uccelli in questione. Daniela, anziché disapprovare il gesto che le aveva “imbrattato” il muro, lo interpretò come l’espressione di un artista all’opera, tanto da conservare nel tempo “il ricordo delle poiane nel garage”. Foto L Olio su tagliere di legno Durante la sua lunga vita Caputo ha svolto anche il mestiere di rammendatore; nel tempo libero, però, con dedizione costante e passione sempre viva, amava occuparsi di pittura e di disegno, attività a cui si è dedicato fino a pochi mesi prima della morte. Non ha mai frequentato l’Accademia di Belle Arti, ma il suo studio è sempre stato pieno, letteralmente ed in ogni angolo, di bellissimi atlanti, enciclopedie, volumi vari e riviste di pittura o di pittori famosi (foto X). Disegnava e pitturava qualsiasi cosa gli capitasse fra le mani; ancora oggi, un passante attento può scorgere il disegno di una rondine sul muro di un’abitazione situata proprio lungo la via Rondinella, dove Caputo ha abitato per molti anni (foto M). Coloro che lo andavano a trovare “nella sua piccola e bella casetta”, come la

Foto G Olio su “teggia romagnola” Foto G Olio su “teggia romagnola” Foto D Olio su sottopentola

definì il professor Gregorio Sacchetti nell’articolo che si legge nel numero dell’aprile 2016 de “Il Romagnolo” (pagine 5448 e 5449), non potevano fare a meno di apprezzare gli angeli pitturati sul muro del pozzo situato nel giardinetto di casa (foto M). Amico dell’artista cervese Margherita Conventi Amadori, le commissionava la realizzazione di acquasantiere, che poi impreziosiva con i suoi dipinti (foto A). Fu amico del ceramista Giacomo Onestini, di cui apprezzava tantissimo le realizzazioni su vasi e altri oggetti d’arredo. Caputo amava pitturare anche su mattonelle di cotto (foto C) o sui coppi (foto P). Cresciuto in campagna, i lavori e gli oggetti legati al mondo agreste ispiravano i suoi dipinti. Non riusciva a non dipingere, ad esempio, il coperchio di una bigoncia per vendemmia (foto B), oppure oggetti di vita domestica, come la “teggia romagnola”, una teglia, generalmente in terracotta, usata dalle “azdore” per cuocere la piadina (foto G). Dipingeva volentieri anche su un piatto qualunque, un sottopentola (foto D) o un tagliere di legno (foto L). Per ricordare l’amicizia che lo legava alla signora Rosa di Castiglione, chiese che una sua nipote gli portasse un’asse da bucato, sulla quale dipinse una natura morta con la dedica, ormai sbiadita, “...i ricordi non si cancellano...” (foto F). Anche i piccoli vassoi per pasticceria (foto V) erano presi di mira per i suoi “pastrocchi”, oppure le sportine di carta (foto S), o i cartoni, di varie forme e dimensioni, accatastati ovunque, in at-

Foto F Olio su asse da bucato (fronte) Foto F Olio su asse da bucato (retro con dedica)

tesa dell’ispirazione adatta per riempirli (foto Y). Amava molto i mobili in legno, in particolare quelli “della nonna”, di arte povera e consultava, volentieri, riviste di antiquariato. Non sapeva resistere al fascino della parte interna dell’anta di una credenza: per lui sarebbe stato un vero peccato non arricchirla di colori! (foto R) Una vecchia sedia, quasi distrutta, catturava, immancabilmente, la sua attenzione; allora, perché non dipingere sul tessuto dello schienale? (foto T). Anche il fianco di un vecchio cassetto, con il tipico “incastro a coda di rondine”, poteva essere la base su cui dipingere (foto N). A chi gli domandasse il motivo per cui amasse così tanto “le cose di un tempo, non alla moda”, Caputo rispondeva: “Pecora! Capire niente…”. Era solito dire: “Ti piace questo quadro? No, quest an te dag (no, questo non te lo do) perché piace troppo a me! E’ una carezza questo quadro!” A chi commentasse: “Ma che bello! L’ha dipinto lei?”, replicava: “Ma io non sono mica un bidone! I miei pasticci…non sono pasticci! Un Caputo sta bene ovunque…non pensare all’arredamento moderno o antico, un Caputo sta sempre bene!”. Aggiungeva, come riportato anche nell’articolo di Letizia Magnani (“Il Resto del Carlino”, domenica 25 marzo 2012): “Io sono un autodidatta, non ho mai venduto i miei quadri, ma tutti ne hanno almeno uno in casa”. Infatti, nonostante una vasta produzione di opere, che conservava gelosamente in ogni angolo della

Foto S Pittura su sportine di carta

Foto Y Olio su cartone Foto Y Olio su cartone

Foto N Olio sul fianco di un vecchio cassetto Foto R Olio sulla parte interna dell’anta di una credenza Foto T Olio sul tessuto dello schienale di una vecchia sedia

casa, è sempre rimasto estraneo al circuito ufficiale delle mostre. Diversi anni fa ha esposto, comunque, in alcune gallerie, riscuotendo riconoscimenti ufficiali, in particolare, nel 1975, a Ferrara, a Castel San Pietro Terme, a Rimini. Dal 25 al 29 marzo 2012 la professoressa Elisa Venturi ha curato una sua personale presso “Casa Umberto Foschi” a Castiglione di Cervia, nell’ambito della rassegna “Artisti a Casa Foschi”, organizzata per l’Associazione Culturale Castiglionese “Umberto Foschi”, con il patrocinio del Comune di Cervia e della Fondazione Casa di Oriani. Ora, con il patrocinio del Comune di Cervia, con il patrocinio del Comune di Ravenna – Assessorato Decentramento, con la collaborazione dell’Associazione Culturale Castiglionese “Umberto Foschi”, dell’Associazione Culturale a Promozione Sociale “Francesca Fontana”, dell’Associazione Culturale “Casa delle Aie” Cervia e grazie alla disponibilità dell’Associazione Culturale “Menocchio” a concedere l’utilizzo della Sala Rubicone, all’interno degli splendidi Magazzini del Sale di Cervia, alcune opere di Caputo potranno essere visionate da un pubblico più vasto.

Foto Q Caputo nel 1975 Foto Q Caputo nel 2000

Foto Q Caputo nel suo studio (anno 2011) Foto Q Caputo mentre “pasticcia”, con la complicità della luce del sole che irrompe nella stanza (anno 2015)

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