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I misteri del villaggio Colombo

Nel piccolo villaggio molto popolato di Colombo nello Sri Lanka, viveva una famiglia formata dal padre Robin, uomo alto ed esile, gran lavoratore e persona socievole, la moglie Rosy, donna grassottella, un po' scontrosa e le due figlie, una di tredici e l’altra di diciotto anni di nome Anna e Lucy.

La piccola era una bambina molto vivace e dispettosa, Lucy invece era molto riservata. Era molto bella, con degli occhi neri e lunghissimi capelli lucenti come la seta che spesso legava con delle trecce.

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Il villaggio era composto da graziose capanne fatte in legno, paglia e bambù. Al loro interno c’era un piccolo angolo cottura e dei letti fatti con stuoie di paglia colorate e fatte a mano da Rosy. Oltre alle capanne c’erano i campi dove si coltivava il riso, il tè e tantissimi tipi diversi di spezie profumatissime. Inoltre all’interno del villaggio tanti recinti in cui si allevavano pecore, capre e galline, utilissime per la carne ed il formaggio che si ricavava dal latte, tutti prodotti che gli abitanti si scambiavano. Spesso si riunivano per celebrare matrimoni e far festa.

Insomma, nel villaggio Colombo regnava la pace. Tutti andavano d’accordo e si aiutavano a vicenda.

Robin mattiniero come sempre si mise a portare il suo gregge al pascolo. Nel mezzo del cammino incontrò la signora Amelia, la persona più anziana del villaggio, che stava prendendo l'acqua dal pozzo.

Robin tutto contento la salutò: - Buongiorno signora Amelia, adesso come si sente?

Amelia si girò di scatto e sorrise quando vide e lo ricambiò: - Buongiorno Robin, mi sento molto bene, la gamba non mi fa più male. - Sono contento. - rispose lui.

Mentre le pecore riposavano nel prato i due incominciarono una lunga discussione. Parlando del più e del meno arrivarono a discutere degli strani eventi che erano successi da poco tempo nel villaggio. - Pare che questo essere agisca di notte come mi hanno riferito gli altri e ho sentito da altri contadini che i loro animali stanno cominciando a scomparire a uno a uno. - disse Amelia con la preoccupazione in viso. - Sì, lo so, per fortuna nessuno dei miei animali è ancora scomparso, ma ho timore che possano scomparire anche loro. Se succede, sarebbe un disastro per la mia famiglia, non saprei più come ricavare soldi per sfamarla. - ammise lui tristemente.

Amelia cercò di tranquillizzarlo: - Speriamo che dio sia dalla nostra parte e che non succeda qualcosa di brutto.

Amelia se ne andò dopo un bel po' e Robin si mise a fare un pisolino e quando si svegliò il sole stava calando e allora radunò tutte le pecore e si mise in marcia verso casa.

Durante quella notte di luna piena gli scomparì una gallina ma Robin non ci fece molto caso, la seconda notte gli scomparì una pecora e dato che la fonte di cibo e denaro per il contadino erano le pecore egli iniziò a preoccuparsi. La terza notte sparì un uomo del villaggio e a quel punto Robin era così

terrorizzato che quasi non dormiva la notte. Ma da quel momento il rapitore misterioso non si fece più rivedere.

Passato un mese il contadino non ebbe più paura e quindi riprese la sua vita quotidiana. Una notte Robin si era addentrato nel bosco vicino a casa sua per raccogliere legna e altri materiali ma ad un certo punto si imbatté in una scena che lo fece diventare pallido dalla paura. Un uomo si stava trasformando in un essere orribile: era molto alto, con occhi rossi, denti aguzzi, le sue braccia diventarono delle lame affilatissime, dalla bocca usciva acido che dissolveva all’istante e al posto delle gambe aveva tentacoli viscidi. Robin scappo via dalla paura.

L’essere orribile iniziò a parlare con una voce roca e molto spaventosa alla sua vittima: - Bene, bene, ma chi abbiamo qui, carne fresca, stavi cercando di scappare, eh?

A Robin gelava il sangue e con voce tremolante disse: - C... Chi sei?

E il mostro rispose: - Io mi aggiro di villaggio in villaggio per mangiarmi a poco a poco ogni suo abitante fino a quando non ne resta neanche un minimo pezzetto.

Robin era molto spaventato per la sua famiglia ma il mostro proseguì: - Molto tempo fa ero anch’io un contadino, vivevo in una fattoria su un promontorio ma un giorno molto sfortunato mentre stavo portando al pascolo le mie greggi, arrivò una tribù di indigeni che mi uccise e ora voglio solo vendetta. - ma quanto Robin non sapeva era che si trattava solo uno stratagemma dell’essere per far arrivare i suoi seguaci e così fu.

All’improvviso arrivarono altre quattro creature altrettanto spaventose: uno aveva la testa da capra ma vi era un particolare questa era metà normale e metà scheletro ed era di statura alta, un altro era basso con un solo occhio e un solo dente, un altro era di media statura ma il suo corpo era attraversato da una

lama e al posto della testa aveva dei serpenti a sonagli. L’ultimo essere aveva una grande gobba da cui spuntavano delle grosse lame e aveva una testa di cavallo ma non aveva gli occhi.

Robin era così terrorizzato che scappò, mentre gli altri si lanciarono al suo inseguimento. L’essere con la testa di serpente disse con una voce sibilante: - Dove sei?

Robin si sentiva circondato. Per sua fortuna trovò una caverna per rifugiarsi e lui sapeva che sarebbero ritornati per dargli la caccia.

Si addormentò lì e il mattino seguente corse verso il suo villaggio per raccontare tutto, ma nessuno gli credette. Robin aveva provato ad avvertirli ma lo derisero tutti e la gente del villaggio era ignara del pericolo a cui andavano incontro.

Quindi andò a rivolgersi al saggio del villaggio che gli disse con voce roca: - Molti anni or sono ho sentito parlare di cinque creature spaventose che si aggiravano da queste parti ma fino ad allora credevo che fosse solo una leggenda. - fece un colpo di tosse e continuò - Ecco a te una guida delle creature leggendarie di questi luoghi.

Robin ringrazio e se ne andò via. Tuttavia, quella stessa sera sua figlia Anna uscita fuori casa per prendere l'acqua dal pozzo fu rapita. Ancora una volta Robin non fu creduto e, benché scoraggiato e deluso, non volle arrendersi: era disposto a tutto pur di salvare sua figlia. Durante la notte insonne, pensò e ripensò. All'alba decise di addentrarsi nella foresta. Portò con sé una grossa ascia e un'antica pozione lasciatagli dal saggio. All'improvviso sentì dei rumori, dei lamenti e delle grida, capì subito che era la voce di sua figlia.

Robin urlò: - Anna, Anna sto arrivando, ti salverò.

In quel momento il mostro uscì fuori dal suo nascondiglio, aveva un aspetto orribile e Robin indietreggiò.

Il mostro gli si rivolse con voce cavernosa: - Sei arrivato, adesso tu e tua figlia farete una brutta fine. Era da tanto che aspettavo. - Lascia mia figlia e prendi me, ti prego, lei è solo una bambina.

Intanto dalla bocca del mostro usciva uno strano liquido gelatinoso. Anna implorava aiuto, così Robin scagliò la sua ascia contro il mostro. Lo colpì dritto in testa, per un attimo la sua furia si placò, e Robin ne approfittò per strappare Anna dalle sue grinfie.

Le sussurrò: - Ti riporterò a casa, Anna.

Si nascosero nella stessa caverna che lo aveva riparato la prima volta: era un luogo buio, umido e puzzolente. Anna era sporca, piena di graffi e lividi e avevo una grossa ferita sulla fronte. Ma mentre i due credevano di poter scappare, ecco che arrivò il mostro.

Urlò contro di loro: - Non dovevi prenderti gioco di me, ora pagherete con la vita.

Afferrò Robin, lo avvolse tra i suoi tentacoli e lo fece volare in aria. Anna cercò di colpirlo con un grosso sasso, ed ecco che anche lei venne avvolta dai tentacoli. - Morirete, morirete entrambi. Avete osato sfidarmi. - e ghignò.

Anna, nel frattempo, estrasse dai suoi capelli un fermaglio appuntito e lo conficcò in uno dei tentacoli, il mostro urlò, si dimenò, perse sangue e, mentre quello era in preda al dolore, i due riuscirono a liberarsi cadendo a terra.

Robin gridò a sua figlia: - Anna, devi metterti in salvo, subito, scappa via. - Non posso lasciarti da solo papà, lo sconfiggeremo insieme.

Ma il padre insistette, spingendola fuori dal nascondiglio. Intanto il mostro si riprese, così afferrò Robin per i capelli, lo picchiò, lo colpì con un ferro caldo. Ormai l'uomo era privo di forze, non riusciva a difendersi e si abbandonò al suo destino. Il mostro gli si avvicinò e spalancò la sua bocca grande. Ma prima di finirvi dentro, Robin si giocò la sua ultima carta: estrasse dalla tasca la sua pozione e gliela buttò addosso, sul corpo e sugli occhi.

Ma ecco che l'essere mostruoso lo divorò. Robin aveva perso la sua battaglia? Sarebbe riuscita la pozione a far effetto sul mostro? Sarebbe ritornata la serenità nel villaggio Colombo?

Questo forse sarebbe rimasto un grande mistero…