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Introduzione
Ritorno alla storia
Sappiamo bene che il passato non può essere modificato, ma solo studiato e compreso. A volte è perfino difficile mettere insieme i pezzi, ricostruire immagini e narrazioni verosimili di una storia e di un’epoca che non abbiamo vissuto e a cui non siamo mai appartenuti. Possiamo definirci testimoni del tempo quando riusciamo a percepire odori, emozioni e sapori. Eppure, nonostante questo, ci scopriamo incredibilmente attratti e vulnerabili di fronte alla ricerca di tracce – a volte perdute – di storie lontane. Secondo Oscar Wilde il solo fascino del passato sta nel fatto che è passato. Una verità, seppur parziale. A volte il passato è inafferrabile, o nel migliore dei casi è affidato alle memorie di chi tramanda fatti e personaggi con la stessa passione di un ragioniere che compila i registri contabili. Non c’è nulla di male in tutto questo, sia chiaro. Ma per capire davvero il presente non è sufficiente analizzare i dettagli analitici di fatti elencati in sequenza e collocati geograficamente in un determinato ambito. Quello che soprattutto noi che amiamo la montagna ricerchiamo è la passione, l’emozione, il valore dell’esperienza. Non ci è sufficiente il dato da ricordare, non ci appagano i Bignami che fanno sintesi delle cose. I nostri viaggi nella storia hanno, infatti, qualcosa in più. È per questo che negli ultimi mesi, sulle pagine di Montagne360, abbiamo creduto utile riportare a galla frammenti di storie note e mai perdute. L’abbiamo fatto unendo ingredienti essenziali: studio, ricerca, passione, emozioni. Perché non ci basta sapere il risultato finale, ma desideriamo piuttosto conoscere e approfondire il percorso che ha portato a quel risultato. Lo abbiamo fatto a marzo grazie a Davide Chiesa, che dopo due secoli ha svelato il mistero della storica prima salita all’Ortles da parte di Joseph Pichler. Era il 1804. Abbiamo ripetuto l’esperienza il mese scorso, ad aprile, con il racconto dei primi 70 anni del Trento Film Festival. E la narrazione, assai più recente, è passata dal racconto corale dei testimoni. Tante voci, tante visioni, tanti aneddoti e, di conseguenza, altrettante emozioni. Nel focus di questo numero la storia rivive nelle parole scritte da Pietro Crivellaro e da Gilles Chappaz, entrambi giornalisti e scrittori. Crivellaro, membro del Club Alpino Accademico Italiano, con puntuale lucidità racconta i primi due secoli delle guide di Chamonix. Una lettura appassionante, quasi romanzesca. Oscilla tra l’attendibilità scientifica di un saggio e il racconto descrittivo di un contesto che, attraverso i secoli, Crivellaro ci aiuta a comprendere e capire. Gilles Chappaz, Chamoniard doc, figlio e fratello di una guida, è l’autore per Edizioni Guérin di Le roman des guides, un libro fuori dal coro sulla storia delle guide di Chamonix. In un’intervista Chappaz ci offre il suo punto di vista sulla vicenda. Il nostro viaggio nella storia, ovviamente, non finisce qui.
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Luca Calzolari
Grand Mulets (Edmund T. Coleman, Collezione Payot)