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ESSERE GREEN COSTA POCO
from Small giants 5
by BFCMedia
Piccole azioni piuttosto che interventi su larga scala: lo studio di Alessandro Creazza, direttore del Green Transition Hub della Liuc, mette in evidenza il gap nella logistica tra Pmi e multinazionali e i prossimi step per favorire la transizione ecologica
di Edoardo Prallini
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Nell’era dei modelli Esg (Environmental, social e governance) e del cambiamento climatico, la riduzione dell’impatto ambientale è una priorità anche e soprattutto per le imprese. Un’efficiente gestione e pianificazione delle attività che si svolgono nell’ambito della catena di distribuzione, dall’acquisto delle materie prime all’uso del consumatore, dal trasporto al consumo di energia, richiede una logistica attenta al riciclo e alla minimizzazione dell’emissione di co2. Una logistica green, per intendersi, che può portare benefici non soltanto al pianeta, ma anche al business delle aziende stesse. Tuttavia la consapevolezza al riguardo, in Italia, pur essendo in miglioramento, non è abbastanza diffusa sul tessuto imprenditoriale. Le multinazionali sembrano aver raggiunto un buon livello di informazione verso la sostenibilità e la logistica verde. Il 95%, infatti, ha obiettivi dichiarati che persegue nel tempo. Per le piccole medie imprese, invece, ci sono ancora dei passi in avanti da fare.

“L’elemento principale che distingue le multinazionali dalle Pmi è la pressione normativa”, afferma Alessandro Creazza, professore associato di Logistica e supply chain management e direttore del Green Transition Hub della Liuc, con il quale a ottobre 2022 ha realizzato uno studio proprio sulla logistica green. “Il tema è il bilancio di sostenibilità. Nelle multinazionali è obbligatorio, mentre nelle Pmi ci sono due possibilità: se è richiesto dal cliente o dal committente viene realizzato, altrimenti è visto spesso come un costo”. Non stupisce se oggi, tra le piccole e medie imprese, il 45% non abbia ancora preso in considerazione questo percorso di transizione ecologica. Piccola eccezione per quelle che lavorano nel settore della logistica dei trasporti: “Anche se sono più piccole rispetto alla manifattura, sono già sostenibili perché devono rispondere a un committente”. Altro elemento in grado di fare la differenza tra azione e immobilismo sembrerebbe il lavoro svolto dal top management. Più un’azienda è di grandi di- mensioni, più i ruoli dirigenziali sono in grado di trasmettere ai dipendenti gli obiettivi da perseguire entro un certo arco temporale.
Tuttavia la situazione per le Pmi è in mi- glioramento e la normativa pubblicata dalla Commissione Europea a dicembre 2022 può essere un importante punto di svolta. L’informativa di sostenibilità è ormai al centro di un importante processo di regolamentazione, con il perfezionarsi di svariate novità regolamentari adottate all’interno dell’Unione europea. A dimostrarlo la Crsd (Corporate sustainability reporting directive), direttiva secondo cui tutte le grandi aziende dell'Ue dovranno divulgare i dati sull'impatto delle loro attività sulle persone e sul pianeta e sui rischi per la sostenibilità a cui sono esposte. Ponendosi all’interno delle azioni del Green deal europeo e dell’Agenda per la finanza sostenibile, estende i soggetti coinvolti (comprese le Pmi quotate e, su base volontaria, anche le non quotate), prevede l’adozione di standard unionali per rendicontare la sostenibilità e getta le basi per l’adozione di standard di trasparenza sulla sostenibilità a livello globale.

Le soluzioni verdi per diminuire l’impatto ambientale e contribuire ad una logistica più verde non prevedono necessariamente interventi su larga scala, costosi e invadenti. “Abbiamo notato che a fare la differenza spesso sono azioni semplici di pianificazione dell’attività logistica”. Una soluzione per trasportare gli oggetti, per esempio, è utilizzare le cassette della frutta che, una volta lavate e sanificate, grazie alla carat-
Occhio al vertice
teristica di poter essere schiacciate, andranno ad occupare poco spazio all’interno dei camion. “Così si possono caricare molto di più i mezzi, con il conseguente risultato di riuscire a trasportare più prodotti e meno aria. In questo modo si ottimizzano i viaggi e si riducono emissioni e costi”. Altre possono riguardare la pianificazione delle spedizioni per sincronizzare le consegne con i clienti e ridurre i tempi di attesa dei camion nei magazzini. Conseguenze dirette? Riduzione dei veicoli in circolazione, diminuzione delle emissioni di co2 e anche dei costi operativi. “Spesso si pensa alla sostenibilità come ad un cambiamento che implichi grandi investi- menti, ma non è così. Invitiamo le imprese a concentrarsi innanzitutto sulle piccole iniziative. Nell’indagine che abbiamo realizzato emerge che sono proprio questi piccoli interventi a risolvere l’inefficienza operativa”. Tra le misure adottabili anche il monitoraggio dei consumi degli edifici: “Esistono ormai software economici che permettono di identificare quali sono i diversi consumi nei vari spazi di lavoro. Questa tecnologia permette di individuare i consumi trascurabili che però pesano sui costi operativi, come ad esempio l’aria condizionata utilizzata nelle aree poco affollate”.

Anche perché l’aspetto che oggi accomuna
La logistica verde in Italia
Il sondaggio: la vostra azienda ha degli obiettivi di sostenibilità dichiarati?
(es. bilancio di sostenibilità, bilancio sociale, codice etico)
Highlights
• 95% circa delle aziende multinazionali ha obiettivi di sostenibilità dichiarati;
• Influenza di logiche Esg e leggi a livello internazionale;
• Tra le Pmi il 45% NON ha dichiarato obiettivi di sostenibilità;
• Gli investitori istituzionali preferiscono le Pmi attente all’ambiente;
• Settore logistica e trasporti: il 53% ha obiettivi dichiarati;
• Settore manufatturiero: il 41% ha obiettivi dichiarati;
L’elemento comune a tutte le aziende è la necessità di ridurre i costi energetici: installare pannelli fotovoltaici è un ottimo punto di partenza per ottimizzare le spese tutte le imprese, grandi o piccole che siano e indipendentemente dal settore di appartenenza, è proprio quello: la necessità, specialmente nell’attuale congiuntura economica, di ridurre i costi energetici. “È senz’altro uno dei primi interventi da fare, soprattutto nei magazzini. È preferibile istallare pannelli fotovoltaici e sistemi di produzione di energia alternativa oppure sostituire gli impianti di illuminazione con sensori di movimento e luci a led”, precisa Creazza. Un altro tema su cui lavorare è quello della formazione delle risorse umane. L’eco-driving, ovvero la formazione per autisti al fine di imparare a guidare meglio per ridurre i consumi è un fenomeno ancora troppo poco diffuso. Ma il vero tallone d’Achille delle

Pmi è un altro: la scarsa misurazione delle prestazioni sostenibili. “Solo il 38% delle realtà rispondenti misura le proprie prestazioni ambientali. Il trasporto è il settore che viene più misurato. Mentre le Pmi ancora non sono abituate a farlo, non adottano particolari modelli né fissano specifici Kpi”, continua Creazza. Le piccole medie imprese fanno più fatica a recuperare il dato, processarlo e pubblicarlo, anche perché non sono costrette a pubblicare il Report di sostenibilità. E questo rende più difficile il processo. “È proprio su questo che stiamo cercando di lavorare sempre di più: senza la misurazione è più difficile capire dove andare ad agire e in quale comparto attuare processi di efficientamento energetico”.


