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UP SOCIALE

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32 \ UP MAGAZINE AREZZO \ PRIMAVERA 2020 e domani come sarà?

PAURA, SPERANZA, FIDUCIA, INCERTEZZA, OTTIMISMO, INQUIETUDINE: PREVEDERE IL FUTURO NON È MAI STATO COSÌ COMPLICATO E GLI STATI

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D'ANIMO SI ALTERNANO VELOCEMENTE. COME AFFRONTARE IL P OST EMERGENZA? COSA ASPETTARSI DOP O LA QUARANTENA? UP LO HA CHIESTO A QUATTORDICI PERSONAGGI CHE I LETTORI AVEVANO GIÀ TROVATO SULLE NOSTRE PAGINE. E CHE CI HANNO SVELATO I LORO PUNTI DI VISTA

cristiano stocchi atlantide adv

domani come sarà? Diverso! Nonostante stiamo tutti cercando di tornare prima possibile alla normalità, di tornare a fare quello che facevamo prima, dobbiamo renderci conto che il domani sarà diverso. Ma diverso non vuol dire peggiore, tutt’altro... Da grandi problemi scaturiscono sempre grandi opportunità. Questa esperienza ci ha reso tutti più “semplici” e a livello personale mi auguro che continueremo ad esserlo anche in futuro: spero di continuare a trovare il tempo di fare il pane in casa, una passeggiata in collina, e stare di più con la mia famiglia. Ma al tempo stesso saremo inevitabilmente sempre più connessi. Per quanto riguarda invece il mio settore, quello del marketing e della comunicazione, sono molto ottimista. Sono sicuro che ci saranno cambiamenti profondi e prese di coscienza forti da parte di tantissime aziende sull’importanza di comunicare bene e con gli strumenti giusti. Per il piccolo fruttivendolo sotto casa era impensabile, prima di marzo 2020, ricevere ordini via mail o whatsapp e fare la consegna a domicilio. Domani anche il piccolo fruttivendolo dovrà avere un sito E-Commerce. Atlantide Adv è sempre stata una famiglia più che un’azienda, ma in questo momento di difficoltà ci stiamo ancora di più riscoprendo uniti, tutti insieme a lottare per un unico obiettivo. Questo è rassicurante, come è rassicurante constatare che sta crescendo la consapevolezza di trattare con maggior riguardo e cautela il mondo che ci circonda. Adesso però è arrivato il momento di fare un passo avanti e programmare una fase successiva. Dobbiamo imparare a utilizzare tutte le precauzioni necessarie e a convivere con il virus per far ripartire la nostra economia il più velocemente possibile.

ggi stiamo vivendo un momento di eccezionale complessità, il Coronavirus sta mettendo alla prova tutta la nostra società, ha stravolto la vita del pianeta come mai era accaduto nella storia, come nemmeno i conflitti mondiali erano riusciti a fare, complice anche il livello di condivisione dovuto ai vari social network. Non è mai stata veramente la “mia quarantena”, ma la “nostra quarantena”, con gli eventi condivisi e le infinite video-chiamate durante la giornata, l’attesa dell’ultimo decreto in tarda serata, commentato in diretta sulle chat. Non c’è mai stata così tanta partecipazione alla vita politica del paese: il virus ci ha imposto di modificare i nostri modelli sociali, lavorativi e di vita, e inevitabilmente lascerà un segno indelebile sul nostro futuro. Domani mi auguro come tutti di poter tornare alla normalità, a volte con gli amici facciamo battute sulla mancanza del suono del Telepass o delle code tra Arezzo e Valdarno. Ma la realtà sarà diversa, dopo gli attacchi dell’11 settembre ci siamo abituati ad un nuovo modo di viaggiare, con nuovi standard di sicurezza e limitazioni su cosa e come portare con noi nei nostri viaggi. All’inizio è stata dura, ma ci siamo adattati. Il dopo me lo immagino così, avremo nuove limitazioni e disposizioni per viaggiare, per lavorare e per condividere il nostro tempo e il nostro spazio; ci adatteremo anche a questo! La sorveglianza invasiva sarà considerata un piccolo prezzo da pagare per la libertà insostituibile di stare con le altre persone.

francesco fumagalli grafiche badiali

beppe angiolini

sugar

rima di tutto, oggi, dobbiamo pensare al bene comune, che in questo momento è rappresentato dalla salute pubblica, e all’affetto vero di cui siamo ancora capaci. Un pensiero forte anche a chi com- batte in prima linea (medici, infermieri, personale sanitario), alla protezione dei nostri anziani e, purtroppo, a tutti quelli che non ce l’hanno fatta. Pensando al futuro invece, ho parlato con un mio vecchio amico che nella vita fa il professore al liceo classico: la prima lezione che ha dato online ri- guardava il verbo greco “kryno”, da cui deriva la parola “crisi”, quella che stia- mo vivendo. “Bene - mi ha aggiunto

- questo verbo significa scegliere, avere un’opportunità”. Crisi e opportunità. Vedo il disastro di uno stop prolungato per chi produce e chi vende. Vedo che nel decreto “Cura Italia” la politica si è completamente dimenticata del settore moda, ma poi sono orgoglioso di appartenere a un mondo dove da Armani a Gucci, a Prada, dalle piccole alle medie e piccolissime imprese, tutti hanno riconvertito la loro produzione in camici e mascherine per la sanità, eroicamente in prima linea. Tutti insie- me. Grande prova: il “nessuno si salva da solo” come nella bellissima solitaria preghiera del Papa a San Pietro. E il futuro, che mi auguro molto vicino? 1 - abbiamo imparato a non denigrarci e ad essere orgogliosi di noi stessi; 2 - si è rafforzato in noi il senso di solidarietà e responsabili- tà: non siamo una somma di individui, ma una co- munità; 3 - nelle immagini delle città vuote, aldilà dell’angoscia, abbiamo riscoperto la grande bellezza del nostro Paese e abbiamo più voglia di difenderla. Stesso discorso vale per l’ambiente. E allora la moda? Credo che i negozi diventeranno sem- pre più luoghi di incontro tra le perso- ne, non solo clienti e committenti, dove si eserciterà sempre più il rispetto per oggetti che significano idee e lavoro. Del resto non troppo tempo fa Anna Wintour sottolineava che gli abiti van- no scelti, amati, conservati e, perché no?, tramandati. Detto questo, avrà importanza se metteremo in vetrina collezioni di due stagioni? Forse, in futuro, molto meno. Queste giornate senza adrenalina ci hanno costretto a riflettere. Credo che chi produce, vende o compra, abbia un comune denominatore: rispetto, responsabilità, onestà intellettuale e professionalità. Parole che non saran- no più di moda ma la “MODA”.

on ho dubbi che ci rialzeremo e saremo nuovamente pronti a spiccare il volo con la grinta e l'energia che da sempre contraddistinguono gli italiani. Magari avremo qualche ferita in più e magari cadremo di nuovo ma crescerà l'esperienza. E avremo nuove consapevolezze; dei nostri limiti come delle nostre potenzialità. Nel mercato ci sono sempre stati gli alti e i bassi. Diciamo che questa volta è un basso particolarmente difficile e doloroso. Ma possiamo imparare qualcosa come apprezzare di più il tempo con noi stessi e con la famiglia, l'ambiente e il rapporto con gli altri. Io ho avuto dimostrazioni di affetto commoventi. Quando ho annunciato le nostre difficoltà ai dipendenti, ma anche l'intenzione di non mollare e di aiutare, per quanto possibile, il territorio, mi sono arrivate decine e decine di risposte cariche di speranza, di forza, di entusiasmo. Ho capito di avere accan- to persone eccezionali che lottavano insieme a me. Io e mia moglie Barbara abbiamo deciso di destinare parte della produ- zione alla realizzazione di mascherine chirurgiche in tessuto non tessuto e di devolvere una parte del ricavato delle vendite on line a favore delle necessità della città. Siamo grati ad Arezzo, amiamo moltissimo questo territorio che ha avuto un ruolo determinante nel nostro successo imprenditoriale e ci sentiamo parte di questa splendida comunità. Ho trovato doveroso cercare il modo di dare una mano. Non ripongo molta fiducia nella politica ma credo fortemente negli imprenditori del mio Paese. L'italiano ha fantasia, creatività, ingegno. E queste qualità ci permetteranno di ripartire prima e meglio di altri. Inoltre, se io sono riuscito a fare una videoconferenza credo che tutto sia possibile.

piero iacomoni monnalisa

emergenza che viviamo lascerà tracce nella vita quotidiana perché lascia una scia di morti e una ferita profonda nelle coscienze: sarebbe uno spreco buttare via questa esperienza che, per quanto negativa, è destinata ad insegnarci molto. Innanzitutto, come ha detto lo scrittore David Grossman, ci siamo resi conto che il bene di ciascuno di noi è il bene di tutti ed è determinante per il futuro dei nostri figli. Siamo parte di un unico Stato, siamo interconnesssi uno all’altro. Abbiamo scoperto che “solidarietà” non è una parola vuota: non è l’elemosina che si fa ai bisognosi, ma un punto di riferimento nelle società democratiche. Abbiamo riscoperto l’importanza del lavoro e il suo valore sociale, come servizio per la collettività. Le sfide che saremo chiamati ad affrontare richiederanno una dirigenza preparata, che sappia trovare soluzioni praticabili con una visione di ampio respiro. Avremo bisogno, ora più di prima, di una classe dirigente in grado di muoversi verso orizzonti nuovi che richiedono competenza. Il virus ci ha insegnato che non è più l’epoca dei dilettanti. Abbiamo un disperato bisogno di investire in formazione e ricerca. Altro aspetto che la situazione attuale ha messo in luce è l’eccesso di burocrazia, un’atavica debolezza italiana e un problema che gli imprenditori denunciano da anni perché rischia di far implodere il sistema produttivo. Le attività della mia famiglia sono un esempio di interconnessione tra filiere produttive che potrebbero sembrare, a prima vista, distanti. Il gruppo non si occupa solo di oreficeria ma fa parte di una filiera molto più vasta, circolare che coinvolge UnoAerre e Chimet. Con UnoAerre ci occupiamo di moda e abbiamo una clientela distribuita in tutto il mondo, utilizzando anche le materie prime reperite e riciclate in modo etico e sostenibile da Chimet. Non è un caso che in questa crisi sanitaria, economica e sociale, Chimet sia rimasta aperta perché considerata strategica per l’economia nazionale. Per chiudere, quindi, rovescerei la prospettiva: questa crisi ci indica la sola

cristina squarcialupi

unoaerre - chimet

strada percorribile. Abbiamo bisogno di una maggiore attenzione al lavoro, alla salute, all’istruzione e all’ambiente. Da qui dovremo ripartire per affrontare quel nuovo mondo di cui tutti parlano.

marco sanarelli mely's

onostante tutte le precauzioni prese per garantire la continuità del lavoro, salvaguardando la sicurezza dei collaboratori, abbiamo dovuto chiudere anche noi. Ma lo abbiamo accettato perché ci siamo resi conto della gravità della situazione. Non posso però cancellare la desolazione che ho visto negli occhi del mio personale. In un’azienda che, viva Iddio, ha lavoro, la desolazione è coincisa con lo smarrimento: e adesso che si fa, quanto durerà, cosa succederà? Abituati alla routine giornaliera dei tempi normali, ci spaventa questa clausura con poco spazio di movimento. Stiamo riscoprendo i valori della famiglia, della solidarietà, del rispetto, della reciprocità, ma abbiamo perso quella cosa fondamentale che avevamo sempre sottovalutato, la libertà. Quando sarà tutto finito, sono sicuro che la assaporeremo con altri occhi, sentimenti, valori e con molta più umanità. Il 2020 segnerà un ribasso di ricavi che, nella migliore delle ipotesi, si attesterà intorno al 10% e, nella peggiore, intorno al 30% su scala nazionale. Di sicuro l'emergenza ha prodotto nelle aziende cambiamenti importanti che resteranno anche dopo: telelavoro, conference call, video conferenze, video riunioni tecniche, video sessioni di vendita. Chi non riuscirà a strutturarsi in tal senso, farà molta fatica. Il made in Italy però ne uscirà rafforzato e bisognerà trovare delle soluzioni per le piccole aziende, in modo da non perdere il patrimonio che può tornare utile a tutta la filiera. Per quanto riguarda Mely's, il rientro determinerà un senso di appartenenza maggiore verso l'azienda, una produttività maggiore, la consapevolezza di avere la fortuna di un lavoro e uno sguardo positivo per i giorni a venire, anche se dovremo continuare a non abbassare la guardia.

o credo che non tutto il male venga per nuocere. Noi italiani siamo sempre stati bravi a rialzarci dopo le brutte cadute. Guerre, terremoti, epidemie: anche se impoveriti e indeboliti, abbiamo sempre trovato, proprio nel momento del bisogno, idee e strategie per rialzare la testa e andare avanti. Magari cambiati, ma senza mai fermarsi. Dall’inizio dell’epidemia ho avuto modo di assistere a profondi mutamenti imprenditoriali: ho visto aziende del mondo delle confezioni interrompere il loro tipico ciclo produttivo per cucire camici e mascherine, aziende di cosmesi produrre gel e creme igienizzanti, aziende che non potendo rimanere aperte al pubblico e accogliere i clienti all’interno del proprio esercizio, adoperarsi per attuare un servizio di consegna a domicilio. Tra questi ultimi, noi. Tali scelte imprenditoriali hanno permesso da una parte di mantenere la saracinesca alzata e dall’altra anche di offrire un servizio utile alla collettività. Non solo, non è da escludere che tali mutamenti avvenuti in condizioni di emergenza/urgenza, continueranno ad esistere anche passata l’epidemia. Gli italiani si sono sempre contraddistinti per il loro incredibile estro e per le loro capacità di adattamento alle situazioni più disparate. Fa parte della nostra natura: non rimanere fermi a piangersi addosso, piuttosto muoversi, reinventarsi e rialzarsi. Questa nostra capacità è emersa fin dall’inizio dell’epidemia, sta emergendo e proseguirà con maggior forza quando l’epidemia sarà finita. Perché finirà. Pertanto sono estremamente fiducioso in una ripresa economica che non inizierà nel preciso istante in cui terminerà l’emergenza, ma ci sarà. E non si farà attendere troppo.

riccardo biagioni showgarden

leonardo fabbroni fabbroni serramenti

ome sarà domani? Sicuramente domani sarà diverso da quello che è stato fino a febbraio 2020. Da un punto di vista umano, credo che in certe situazioni vengano fuori i veri caratteri delle persone e questo ci permetterà di valutare meglio chi siamo e chi abbiamo intorno. Da un punto di vista economico, niente sarà come prima. Dobbiamo essere in grado di ristrutturare le nostre aziende e, se necessario, cambiare i nostri comportamenti abituali. Ci sarà da faticare ma possono nascere anche nuove opportunità. Certamente ci vorranno aiuti concreti da parte dello Stato per far ripartire l'economia reale e non le solite promesse da conferenza stampa, seguite nella realtà da mille intralci per chi vuole lavorare seguendo le regole. Per quanto mi riguarda, penso che riscoprire il calore della casa, il valore del tempo da dedicare agli affetti più cari, abbia fatto bene un po' a tutti. Io questa dimensione familiare la considero un valore aggiunto sia per me che per la mia professione: se guardo la storia della nostra azienda, mi convinco che è proprio così. Lavoriamo da sempre con il territorio, la maggior parte dei nostri affari è legata ad Arezzo e ne siamo soddisfatti. Proprio da qui, dal nostro essere artigiani, bisognerà ripartire per dare un nuovo slancio all'economia e alle nostre famiglie.

mauro valenti arezzo wave

er me sarà un domani da reinventare, una nuova vita con cose da apprendere e altre da mettere da parte. La sosta forzata mi ha fatto fare delle riflessioni che non avrei avuto il tempo di immaginare prima del coronavirus. Finora ho sempre avuto la fortuna di vivere offrendo opportunità e sogni. Con PiazzaGrande, in più di 30 anni, migliaia di persone hanno trovato lavoro, casa e altre opportunità importanti: come editore sono stato un tramite felice, un mediatore di carta. Con ArezzoWave penso di aver offerto a varie generazioni, anche in questo caso nell’arco di tre decenni, giorni e notti con molti momenti di felicità. Domani vorrei continuare a muovermi in questo mare. Però non so ancora bene con quale mezzo e come saranno le onde. Mi piacerebbe trovare un'isola e un porto o una stazione di arrivo, insieme a chi condividerà con me tali passioni. In questi giorni di blocco casalingo, con Arezzo Tv ho riaperto gli archivi di ArezzoWave per realizzare decine di puntate della storia del festival che ha portato il nome della mia città nel mondo e milioni di giovani in città. Questo è il passato che vorrei facesse parte del mio futuro. Spesso, in giro per i miei viaggi, mi infilo in un Hard Rock Cafe, una catena di bar e testimonianze musicali famosa in tutti i continenti. Se devo fare un sogno, mi piacerebbe creare una sorta di Hard Rock Cafe ad Arezzo, chiamato ArezzoWave Station, per far rivedere tutto quello che è passato da noi in quei giorni: cultura, musica, costume, impegno sociale e tendenze artistiche. Ci vedo dentro prodotti locali, una piccola università del rock, bar, luoghi di formazione per dare brio, ritmo e musica ad una città da risvegliare tutti insieme dopo questo periodo buio. Ecco, questo vedo per il domani. Sarà un tragitto duro, lungo e senza soste. Ma è già questa la sfida più importante e i compagni di strada, anche voi se lo volete, saranno bellissimi. Buon viaggio y suerte hermanos!

i sicuro domani non sarà peggio di oggi. Peggio di così è impossibile. I danni prodotti dalla pandemia, i morti che abbiamo dovuto piangere, quest'atmosfera di paura resteranno nella nostra memoria. La gente è spiazzata, non vede il pericolo ma sa che c'è, che potrebbe annidarsi in un amico, in un familiare. La realtà ci è cambiata in un istante, velocemente, proprio secondo lo stile dei nostri tempi. Ma dall'apocalisse si rinasce, quindi prima o poi le cose andranno meglio, anche se vedo davanti a noi un futuro moralmente sgretolato. Ci riprenderemo piano piano, cambiando le abitudini e gli stili di vita. Io mi sento un po' fuori dal coro. Ho un'età, un vissuto, una corazza psicologica e professionale che mi proteggono. Non ho l'orizzonte né il tempo per pensare a chissà quali stravolgimenti della mia quotidianità. In termini di inquietudine, di incertezza, di fragilità ho già dato. Quando me ne stavo seduto sui gradini del tribunale fallimentare di Arezzo, senza un soldo, con i pignoramenti in corso, con i creditori alle calcagna, avevo paura. Oggi no. Mi auguro che venga meno l'ipocrisia di chi continua a ripetere che a casa si sta bene e quasi sempre è un ricco, con trenta stanze a disposizione. Chi vive in trenta metri quadrati a casa ci sta male, vuole tornare a fare quello che faceva prima. Domani come sarà? Non lo so, ma tutto questo ce lo butteremo alle spalle. E lo dico facendo appello alla mia razionalità, non alla mia debolezza: la gente adesso è fragile, spera che il mondo diventerà più bello, più giusto perché ha bisogno di sentirsi rassicurata. Io, se ci rifletto con lucidità, credo che l'uomo riuscirà a saltare l'ostacolo come ha fatto altre volte in passato. La storia ci insegna sempre qualcosa.

Enzo Ghinazzi pupo

ome sarà il domani? Molti dicono che questa pandemia cambierà tutto e che nulla sarà più come prima. Se però guardiamo alla pandemia del 1918, finita l’emergenza e sotterrati i morti, il mondo non ebbe nessuna trasformazione radicale, e tutto tornò com'era. Ma rispetto al 1918 c’è una radicale differenza. Grazie alla rete, esiste una condivisione estrema delle storie e delle esperienze: quasi metà della popola- zione mondiale è chiusa in casa e sta sperimentando questa nuova realtà ogni giorno. Se nel passato il dolore era vissuto solo nelle famiglie degli scomparsi, oggi appartiene a tutti. Questa estrema e simultanea condivisione, può essere qualcosa di dirompente. I salti evolutivi nella storia dell’uomo nascono quando qualcosa accade contemporanea- mente nelle menti e nei cuori di tante persone. Idee e soluzioni che prima erano impensabili, diventano improvvi- samente pensabili e necessarie. L'umanità sta sperimentando sulla sua pelle una crisi globale, che è solo un minuscolo accenno di crisi ben più gravi che dovremo affrontare nel futuro, come ad esempio il cambia- mento climatico e tutto quello che ne potrà conseguire. Da un certo punto di vista è un regalo della provvidenza, perché rappresenta le prove generali, un assaggio di quello che accadrà tra 20 o 30 anni. Abbiamo anche il privilegio di vedere una teoria astratta come quella dell'effetto farfalla che diventa realtà: un evento insignificante e minuscolo accaduto in un angolo remoto del mondo, che in tre mesi sconvolge le vite di tutta l'umanità. Come sarà quindi il mondo, finita la crisi acuta dell'emergenza? Tutti ci troveremo davanti a un bivio. Alcuni penseranno che per proteggersi la soluzione è chiudersi nei localismi e alzare le barriere, mentre altri avranno compreso che per i problemi globali esistono solo soluzioni globali, coope- rative e coordinate. Sarà quindi più forte la paura del futu- ro che ci spinge a chiuderci o la fiducia nelle capacità dell’uomo, di tutti noi?

luca lani

citynews

Dal “braccio di ferro” tra questi due approcci dipenderà il nostro domani. La prossima crisi è dietro l’angolo e il tempo stringe.

orlando fiordigiglio accademia pugilistica aretina

o paura che la rispo- sta sia nascosta nel modo in cui affron- tiamo l’emergenza odierna. Qualcuno più attento, ordinato e coscienzioso rispetta le restrizioni e si comporta con senso civico e rispetto nei confronti della collettività; qualcuno più “furbo”, disordinato o menefreghista le rispetta a piacimento. Ecco come vedo il domani: chi oggi si comporta secondo i protocolli dettati dalle autorità sanitarie, anche domani manterrà un certo stile di vita. Avrà im- parato la lezione. Questa guerra senza bombe ci ha segnati e questo modo di vivere ce lo porteremo dietro per molto tempo ancora. Staremo molto più attenti all’igiene e a tante piccole problematiche che oggi davamo per scontate. Ci sono poi i più spregiudicati, i menefreghisti o gli opportunisti che resteranno tali anche un domani. Da padre spero in un futuro con più consa- pevolezza, con più rispetto. Avevamo tutto e non ce ne eravamo accorti, avevamo una vita meravigliosamente normale e non siamo riusciti a darle il giusto significato. Spero poi in un vaccino che ci sollevi da queste paure, da queste angosce, da questo carcere, anche se non del tutto, perché come tutti gli anni l’influenza e i virus torneranno… Purtroppo vedo anche un futuro di re- cessione. Non voglio parlare di econo- mia perché non ne sono in grado, ma non credo si debba essere degli eco- nomisti per capire che sarà dura. Forse non proprio come un dopo guerra, anche se tutto dipenderà dalla durata. E vedo un futuro con un grande vuoto, una grande risorsa in meno che questo virus ci ha depredato, i nonni. Nonostante ciò, anche se sempre con la guardia alzata, rimango ottimista, perché questo mi ha insegnato la boxe, a lottare sempre. E quel minuto che mi fermo all’angolo, serve solo a recupe- rare le forze per rialzarsi e riattraver- sare nuovamente l’inferno verso quel sogno che solamente io vedo.

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ifficile rispondere a questa domanda da un punto di vista globale. Sono sicuro che, per quanto riguarda la nostra attività, sapremo affrontare al meglio anche questo imprevisto sulla nostra tabella di marcia, che conta centinaia di eventi e ricevimenti ogni anno, ma non riesco ad immaginare come sarà il futuro quando tutto questo sarà finito. Essendo fornitori dell’area hospitality dell’Atalanta Calcio, abbiamo avuto la percezione che la situazione si stesse aggravando quando, in piena notte, ci hanno comunicato che il giorno dopo Atalanta-Sassuolo non si sarebbe giocata. Era il 23 febbraio, a Bergamo i casi di contagio stavano crescendo in maniera esponenziale. In un primo momento ci siamo rimasti male: tutto il materiale era già pronto e caricato nei furgoni. Ma poi ci siamo resi conto del pericolo scampato, sia per noi che per tutti i nostri cari, e abbiamo capito quanto siamo stati fortunati. In questo periodo stiamo supportando i tantissimi promessi sposi, italiani e stranieri, costretti a rinviare il loro ricevimento, fissato in calendario in questi mesi. Poi ci sono le coppie che hanno programmato il giorno più importante della loro vita verso la fine dell’anno: ci chiedono se sarà possibile riunire amici e parenti. Stiamo cercando di mantenere un’attitudine positiva, rimanendo in trepidante attesa del ritorno alla normalità, consapevoli del fatto che l’amore non si può fermare. Spero proprio che, finito questo brutto capitolo della storia mondiale, potremo tutti festeggiare di nuovo insieme. E in sicurezza.

orrei essere ottimista, lo sono per natura, ma adesso non riesco. Sarà per la lista dei decessi che passa ogni sera al telegiornale, sarà per la paura negli occhi della gente, delle mie figlie, sarà perché mi rendo conto che questa pandemia cambierà per sempre il nostro modo di stare con gli altri e, di conseguenza, la mia professione. Nessuno parla del domani, si naviga a vista, senza certezza, raccogliendo le poche speranze. Mi confronto ogni giorno con i miei colleghi, con i ristoratori di Arezzo e i timori sono forti e condivisi: se non saranno trovati una cura e un vaccino, probabilmente non torneremo più a goderci una serata al ristorante con gli amici. Ci saranno misure talmente restrittive da non poter essere sostenibili (distanze, indumenti, imposizioni per lavoratori e per i clienti). Ho undici dipendenti. La mia attività va bene e posso permettermi di stare un mese, due mesi senza ricavi. E poi? Non so darmi una risposta. Penso ogni giorno come potermi reinventare, magari proponendo la consegna a domicilio. Ma mi scende una lacrima al pensiero che, in questo modo, dovrei dire addio a quella che è la mia cucina. Le specialità che propongo all'Antica Fonte vanno assaporate al momento, fredde o riscaldate non avrebbero lo stesso sapore. Al mio ristorante ho dato tutto, gli ho dedicato la mia vita. E sono orgoglioso di quello che ho ottenuto: la bontà dei miei piatti, i numerosi riconoscimenti, la soddisfazione dei tanti e affezionati clienti. Compirei di nuovo ogni passo se potessi tornare indietro. Ma il futuro adesso è incerto. Il mio e quello dell'intera categoria a cui appartengo. In ogni caso adesso è giusto pensare alla salute per lasciarsi finalmente alle spalle questo brutto e doloroso periodo. Sicuramente saremo più sensibili e più forti e, tornando a sorridere e scherzare, capiremo come disegnare la nostra strada.

luca fabianelli antica fonte

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