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Food packaging: imballaggi sostenibili e nuovi scenari

A Cura Del Dipartimento Packaging

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Le politiche europee per l’economia circolare

La non corretta gestione dei rifiuti in plastica ha comportato inquinamento e dispersione degli stessi sia nell’ambiente terrestre sia in quello marino attirando ormai quotidianamente l’attenzione dei media sul problema. Di fronte a questo tema è aumentata anche la sensibilità del consumatore, che presta un sempre maggior interesse quando si parla di salute degli ecosistemi, di impatto ambientale e di sostenibilità. In media, ogni europeo produce quasi 180 kg di rifiuti di imballaggio all’anno e, gli imballaggi, sono tra i principali prodotti impiegati nei materiali vergini: il 40% della plastica e il 50% della carta utilizzate nell’Unione Europea sono infatti destinati agli imballaggi1. Nonostante gli sforzi compiuti a livello nazionale ed europeo, la quantità di rifiuti prodotti non è in diminuzione: ogni anno nell’Unione Europea le attività economiche generano complessivamente 2,5 miliardi di tonnellate di rifiuti, equivalenti a 5 tonnellate pro capite; se non si agisce in tempi brevi, si registrerà un ulteriore aumento del 19% dei rifiuti, soprattutto per i rifiuti da imballaggio in materiale plastico. Per porre fine a questa tendenza occorre uno sforzo considerevole. In linea con l’obiettivo di neutralità climatica, previsto dal Green Deal2 entro il 2050, nel 2015 la Commissione ha individuato, nell’aumento del riciclaggio della plastica, una condizione necessaria per conseguire il modello di economia circolare e, nel 2018, ha adottato una strategia europea al fine di limitare gli impatti negativi dell’inquinamento da plastica. La circolarità e la sostenibilità devono essere integrate in tutte le fasi della filiera, dalla progettazione alla produzione, al fine vita. In linea con l’obiettivo di neutralità climatica entro il 2050, previsto dal Green Deal, nel marzo 2020 la Commissione europea ha proposto il primo pacchetto di misure per accelerare la transizione verso un’economia circolare, come annunciato nel Piano d’azione per l’economia circolare. In quest’ottica, al fine di limitare gli impatti negativi dell’inquinamento da plastica, occorre eliminare gli imballaggi superflui ed eccessivi, accrescere la capacità di riciclaggio e aumentare il contenuto di riciclato negli imballaggi, compresi quelli alimentari, pur garantendo un elevato livello di tutela della salute.

Al fine di perseguire gli obiettivi proposti, le misure adottate sono finalizzate a:

1 Green Deal Europeo Commissione europea – Comunicato stampa del 30 novembre 2022

2 https://commission.europa.eu/strategy-and-policy/priorities-2019-2024/european-green-deal/delivering-european-greendeal_it

- prevenire la produzione di rifiuti di imballaggio, ridurne la quantità, imporre restrizioni agli imballaggi inutili e promuovere soluzioni di imballaggio riutilizzabili e ricaricabili;

- promuovere il riciclaggio di alta qualità (“riciclaggio a circuito chiuso”), rendendo tutti gli imballaggi presenti sul mercato dell’UE riciclabili in modo economicamente sostenibile entro il 2030;

- ridurre la complessità dei materiali di imballaggio, ivi compreso il numero di materiali e polimeri utilizzati.

Nel novembre 2022, la Commissione europea ha proposto nuove regole a livello europeo sugli imballaggi. Queste comprendono una proposta per migliorare il design degli imballaggi, dotarli di etichettatura chiara e incentivare il riutilizzo e il riciclo. La proposta include anche una transizione verso plastiche a base biologica, biodegradabili e compostabili.

Nel febbraio 2021, il Parlamento europeo ha richiesto norme più severe sul riciclo con obiettivi vincolanti, da raggiungere entro il 2030, per l’uso e il consumo di materiali.

Nell’ottobre 2022 il Parlamento ha approvato una revisione delle norme sugli inquinanti organici persistenti (POP) per ridurre la quantità di sostanze chimiche pericolose nei rifiuti e nei processi di produzione3. Le nuove regole introdurranno limiti più severi, vieteranno alcune sostanze chimiche e manterranno gli inquinanti lontani dal riciclaggio.

Imballaggi per prodotti carnei e salumi: scenari attuali Attualmente i materiali impiegati nel confezionamento dei prodotti carnei, che siano salumi in tranci o peraffettati, sono realizzati con polimeri di origine petrolchimica, in genere poliaccoppiati di materia plastica, a base

3 https://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/ society/20220930STO41917/inquinanti-persistenti-definizionieffetti-e-normativa-ue di poliestere, poliammide, polietilene, aventi come polimero barriera nei confronti dell’ossigeno uno sottile strato di Etil Vinil Alcool (EVOH), oppure poliaccoppiati eterogenei a base di plastica, carta e alluminio. Per i tranci o i pezzi interi, confezionati sottovuoto, troviamo spesso anche accoppiati con alluminio in foglia o poliestere metallizzato.

Anche per il confezionamento dei salumi preaffettati, confezionati in atmosfera protettiva, si utilizzano vaschette in materiale plastico multistrato generalmente costituito da Polietilentereftalato (PET) barrierato con Etilene-alcool polivinilico (EVOH) e polietilene (PE); l’utilizzo di multistrati consente di ottenere imballaggi con elevate proprietà barriera ai gas e al vapore acqueo e garantisce ai prodotti confezionati lunghe shelf-life commerciali, ma pone seri problemi di riciclo a causa della complessità ed eterogeneità dei materiali utilizzati. I film top pelabili delle vaschette, anch’essi multistrato, contengono inoltre inchiostri, adesivi e additivi, ossia sostanze chimiche che, aggiunte alla matrice polimerica, conferiscono particolari funzioni agendo da plastificanti, antiossidanti, coloranti, antistatici, anti condensa (antifog) e stabilizzanti UV. Pur nel rispetto dei criteri di sostenibilità, l’imballaggio deve continuare a fornire una protezione ottimale del prodotto, che rimane sempre l’aspetto fondamentale, in quanto l’impatto ambientale del prodotto è di gran lunga maggiore dell’impatto ambientale del packaging 4

Imballaggi sostenibili per prodotti carnei e salumi: nuovi scenari

Molti sono gli sforzi in essere da parte delle aziende per raggiungere gli obiettivi prefissati dall’Unione Europea per rendere gli imballaggi di più facile riciclo, orientandosi sia verso l’impiego di monomateriali facilmente riciclabili, realizzati con una elevata percentuale di materiali da riciclo che verso l’impiego di plastiche biodegradabili e compostabili56. Queste ultime costituiscono un’importante possibilità da incentivare per la riduzione dell’utilizzo di plastiche da fonti fossili.

Attualmente il maggior numero di ricerche nel campo dell’applicazione dei biopolimeri riguardano la conservazione dei prodotti a base carne fresca, con lo scopo di prolungare la shelf-life di qualche giorno, e si concentra sull’applicazione di rivestimenti, in particolare, l’utilizzo

4 https://www.european-bioplastics.org/bioplastics/

5 Heller M.C., S.E.M. Selke, G.A. Keoleian. Mapping the influence of food waste in food packaging environmental performance assessments. J. Ind. Ecol., 23 (2) (2019), pp. 480-495.

6 Pilz H., Vermeidung von Lebensmittelabfällen durch Verpackung: Update 2017 denkstatt, Vienna (2017) https://denkstatt.eu/ publications/?lang=de di soluzioni in grado di filmare sui materiali stessi di imballaggio oppure di applicazioni effettuate direttamente sul prodotto.

Gli imballaggi in materiale plastico tradizionale, ossia di origine fossile, fino ad ora utilizzati, sono ancora difficilmente sostituibili con quelli in materiali biopolimerici, per le limitate proprietà barriera che sono necessarie soprattutto per gli alimenti carnei conservati per i quali è richiesta una lunga shelf-life. Fra i film di materiali biodegradabili più utilizzati troviamo i polilattidi, derivati dell’acido lattico (PLA), un poliestere termoplastico, biodegradabile e compostabile e può essere termoformato nelle linee già in funzione, senza cambiamenti e costi aggiuntivi. Si tratta di un materiale trasparente, con elevata lucentezza, possiede ottima resistenza agli UV, ottima barriera a odori e aromi, ma moderata barriera ai gas (ossigeno e anidride carbonica) e al vapore d’acqua.

Scotennatrice manuale JHSL

Settore di applicazione: Macelli, salumifici, prosciuttifici

Questo nuovo utensile ad alta efficienza è stato progettato per la rimozione manuale di pelle e membrane da tutti i tipi di carne: suina, bovina, avicola. Ottimale per la rifilatura di prosciutto e speck, anche stagionati. Rimozione di grasso, spellatura del pesce e petto di pollo, rimozione di membrane del tacchino e del bovino. Facile da usare, semplice pulizia e manutenzione. Disponibile in 3 differenti spessori per soddisfare tutti i tipi di lavorazione. Ideale anche per la scotennatura in economia di suini, scrofe e cinghiali.

Le vaschette in PLA vengono realizzate in termoformatura, sulle medesime linee di produzione dei materiali tradizionali ma, considerate le moderate proprietà barriera di questo polimero, il granulo non viene impiegato tal quale, viene additivato e/o mescolato con alcool polivinilico (PVOH) ossia polimeri che consentono di raggiungere bassi valori di permeabilità all’ossigeno e avere barriere paragonabili ai multistrato tradizionali. Le vaschette che possono essere impiegate nel confezionamento di salumi preaffettati sono a base di PLA, ma si tratta di compound di PLA ad alta barriera (PLA HB). Anche i film impiegati per la chiusura devono possedere i medesimi requisiti, pertanto contengono polimeri barrieranti nei confronti dei gas, come PVOH, oppure strati di cellulosa e sono sottoposti a trattamenti che ne migliorano notevolmente le proprietà barriera come, ad esempio, metallizzazione con alluminio depositato sottovuoto o rivestiti con ossidi di silicio o alluminio (tecnologia al plasma).

Un altro biopolimero che sta trovando applicazioni nel confezionamento alimentare è il polibutilene succinato (PBS), un polimero termoplastico semicristallino appartenente alla famiglia dei poliesteri alifatici che presenta eccellente biodegradabilità, processabilità e un buon bilancio di proprietà meccaniche che lo rende paragonabile a polimeri tradizionali come il polipropilene. Il PBS viene generalmente prodotto da fonti fossili, e solo raramente viene ottenuto da risorse rinnovabili. PBS è uno dei più recenti biopolimeri sviluppati a livello industriale e rappresenta una valida alternativa, anche economica, ad altri biopolimeri come il PLA. Può essere usato come polimero matrice o in combinazione con altri biopolimeri come l’acido polilattico (PLA) e la cellulosa per un incremento delle proprietà barriera dell’imballaggio infatti il suo impiego è diffuso nelle strutture multistrato dei film impiegati come top saldanti.

Con l’obiettivo di incrementare le proprietà barriera dei biopolimeri, il dipartimento Packaging della Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari, ha partecipato, come partner, a due importanti progetti di ricerca finanziati dalla Biobased Industries Joint Undertaking (BBI JU), oggi Circular Biobased Europe Joint Undertaking (CBE JU), che opera nell’ambito del programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’Unione Europea. Nel progetto di ricerca ECOFUNCO7 (ECO sustainable multiFUNctional biobased COatings with enhanced performance and end of life options), sono stati sviluppati rivestimenti a base biologica, per substrati biopolimerici e cellulosici, con lo scopo di migliorare le proprietà barriera, le prestazioni e il fine vita degli imballi. In particolare, sono state selezionate, estratte e funzionalizzate molecole bioattive come proteine, cutina, polisaccaridi, polifenoli, carotenoidi da fonti di biomassa per lo sviluppo di nuovi coating da applicare a un biopolimero compostabile e a un materiale cellulosico per la realizzazione di due prototipi di imballaggio per il confezionamento di salumi preaffettati. I materiali e gli imballaggi, vaschette e top saldante in cellulosa e in materiale biopolimerico, rivestiti con i coating funzionalizzati, sono stati prodotti sulle normali linee di lavorazione dei materiali tradizionali.

7 https://www.ecofunco.eu/

Alimentazione Aria compressa (6 bar)

Larghezza lama 95 mm

Larghezza taglio 82.5 mm

Spessore di taglio da 1.5 a 6 mm (vari modelli disponibili) Peso 1.8 kg

Nell’ambito del progetto di ricerca PROLIFIC 8 (Integrated cascades of PROcesses for the extraction and valorisation of proteins and bioactive molecules from Legumes, Fungi and Coffee agro-industrial side streams) è stato invece sviluppato un film attivo antimicrobico, a base di acido polilattico (PLA), con incrementate proprietà barriera ai gas e meccaniche. Il film è stato testato per incrementare la shelf-life di carne fresca, in particolare hamburger, confezionati con tecnica skin.

Parallelamente, oltre all’impiego di materiali compostabili, le aziende si sono indirizzate verso lo sviluppo e l’impiego di imballaggi in Polietilen Tereftalato (PET) monomateriale ad alta barriera e con elevate percentuali di PET riciclato (rPET).

Il 10 ottobre 2022 è entrato in vigore il nuovo Regolamento (UE) 2022/1616, che abroga il Regolamento (CE) 282/2008, relativo ai materiali e agli oggetti di materia plastica riciclata destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari.

La norma, nello specifico, disciplina:

- l’immissione sul mercato di materiali e oggetti di materia plastica, destinati al contatto con gli alimenti, contenenti plastica riciclata;

- lo sviluppo e il funzionamento di tecnologie, processi e impianti di riciclo, per produrre materia plastica riciclata da utilizzare in detti materiali e oggetti di materia plastica;

- l’uso a contatto con i prodotti alimentari di materiali e oggetti di materia plastica riciclata e di materiali e oggetti di materia plastica destinati a essere riciclati.

Secondo le disposizioni del regolamento è possibile immettere sul mercato materiali e oggetti destinati al contatto con gli alimenti (MOCA) di materia plastica riciclata fabbricati:

- con una tecnologia di riciclo idonea, in grado di riciclare i rifiuti in materiali e oggetti di materia plastica

8 https://www.prolific-project.eu/ materia prima rinnovabile e proviene da foreste gestite in maniera sostenibile e certificate (PEFC) e (FSC). Gli imballaggi, a base carta, sono fra quelli più riciclati in Europa9 riciclata sufficientemente inerti e sicuri da un punto di vista microbiologico;

Come metodica di valutazione per determinare il livello di riciclabilità dei materiali e prodotti a prevalenza cellulosica (carta e cartone) è stato adottato il sistema Aticelca 501:2019. Quando la carta viene accoppiata ad altri materiali, il suo grado di riciclabilità si abbassa dai livelli A+, il livello di più alta riciclabilità, e A ai livelli B e C. In base a questa classificazione l’accoppiato raggiunge un grado B o C a seconda del materiale. A volte gli accoppiati necessitano di un processo di riciclo più complesso che produce una quantità di scarto superiore alla media. La carta è riciclabile se la frazione di plastica non è maggiore del 40% in peso e se supera la prova di riciclabilità (Norma UNI 13430). Il test di riciclabilità attualmente non è obbligatorio. Dal 16 febbraio 2023 al 16 maggio 2023 è aperta la consultazione pubblica sulla revisione del sistema di valutazione della riciclabilità Aticelca 501 e la revisione del regolamento all’uso del marchio “Riciclabile con la carta – Aticelca 501”.

Un imballaggio cellulosico è spesso composto da più dell’80% da cartoncino vergine, la rimanente parte è costituita da un film di polietilene a bassa densità (LDPE), oppure da un film di PE EVOH pelabile, che garantiscono le elevate proprietà barriera necessarie.

- oppure con una nuova tecnologia, purché questa sia conforme al capo IV del Regolamento.

Nell’Allegato I del regolamento sono elencate le tecnologie di riciclo idonee per la produzione di plastica riciclata destinata alla fabbricazione dei MOCA, tecnologie già valutate positivamente dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA).

Nell’allegato I del suddetto regolamento sono elencate le tecnologie di riciclaggio idonee “Suitable technologies”, che in base al vecchio Regolamento (CE) N.282/2008 dispongono di dati sufficienti per dimostrare che l’output dei processi di decontaminazione sia rispondente ai Regolamenti (CE) N.1935/2004 e Regolamento (UE) N.10/2011:

- riciclaggio meccanico del PET post-consumo (con autorizzazione dei singoli processi) partendo da un PET post consumo contenente al max il 5% di materiali utilizzati a contatto con materiali o sostanze non alimentari;

- riciclaggio a partire da cicli di prodotto in una catena chiusa e controllata (con l’uso di uno schema di riciclaggio) partendo da polimeri/materiali fabbricati conformemente al Regolamento (UE) N.10/2011.

Grazie a questa nuova normativa, l’utilizzo di vaschette a uso alimentare in rPET è attualmente possibile fino al 100%. Il materiale riciclato può essere impiegato in vaschette termoformate, sia nella versione multistrato (cosiddetto “sandwich” in cui si alternano uno strato di PET vergine, uno di RPET e uno vergine) sia nella versione monomateriale (100% RPET). Attualmente sono presenti sul mercato vaschette per il confezionamento in atmosfera modificata di salumi preaffettati con percentuali di rPET che possono raggiungere percentuali elevate (50 - 65%).

Anche l’utilizzo di packaging cellulosico ad alta barriera si sta affermando tra i più tradizionali materiali da confezionamento dei salumi preaffettati, per l’elevato grado di riciclabilità dell’imballaggio e l’utilizzo di una

Si tratta di un packaging in grado di garantire la protezione del prodotto nel tempo, di preservarne le caratteristiche organolettiche, offrire una buona barriera a ossigeno e vapore d’acqua e buone prestazioni nella fase di confezionamento (macchinabilità e saldabilità).

Mentre sono già diffusi i packaging cellulosici accoppiati alle plastiche (dal settore dei salumi, agli snack, prodotti lattiero-caseari e vegetali), meno presente sul mercato è l’accoppiata con le bioplastiche. Sono però in corso numerosi studi che presuppongono, anche per questo materiale, una prossima diffusione sui mercati. Non meno importanti sono le esigenze estetiche e di marketing. L’imballaggio in carta evoca nel consumatore l’idea di un imballaggio sostenibile, riciclabile e in grado di ridurre la dipendenza dalle plastiche tradizionali.

Qual è la soluzione più sostenibile?

Per definire quale imballaggio risulta più sostenibile di un altro senza incorrere in greenwashing, occorre valutare il reale impatto ambientale di un manufatto lungo tutto il suo ciclo di vita. Questa valutazione è possibile effettuarla con una analisi matematica, LCA (Life Cycle Assessment), che tiene conto del consumo di energia e delle emissioni prodotte per la produzione dell’imballaggio in tutte le fasi, dall’estrazione della materia prima fino allo smaltimento finale.

L’argomento è sicuramente complesso e la risposta che si può certamente dare è che “non è facile individuare la soluzione”. Il vero obiettivo dovrebbe essere quello di ridurre tutti gli imballaggi, ottimizzare la progettazione, ridurre gli spessori, incrementare i sistemi di riciclaggio, sviluppare soluzioni di imballaggi flessibili più rispettose del riciclaggio e porre maggiore attenzione alla creazione e all’adozione di un modello di economia circolare. La collaborazione tra produttori di imballaggio, aziende alimentari, aziende di riciclaggio e trasformatori è fondamentale per accelerare i progressi verso soluzioni di imballaggi flessibili più sostenibili.

9 https://ec.europa.eu/eurostat/

Linea hamburger Risco

La linea di formatura ad alte prestazioni Risco è adatta alla produzione di hamburger dall’aspetto e dalla qualità artigianali/gourmet e può essere utilizzata con impasti di carne bovina, suina o avicola, ma si adatta perfettamente agli impasti vegetariani e vegani.

La lavorazione inizia da una materia prima accuratamente selezionata, proveniente da carne o legumi, precedentemente preparata e macinata per ottenere prodotti dalle qualità organolettiche eccellenti e inconfondibili.

Le porzioni degli hamburger vengono effettuate dall’insaccatrice continua sottovuoto Risco della serie advanced. Il cuore della macchina è il cilindro-pompa servo-azionato a rotore e palette Risco, che è stato sviluppato e migliorato in mezzo secolo di esperienza maturata dall’azienda nell’engineering per l’industria alimentare.

Su richiesta, e in base al modello di insaccatrice, è possibile abbinare un macinatore in linea RS 70 a doppio coltello che permette di rifinire al meglio la texture del prodotto e assicurare al consumatore un hamburger raffinato dalla consistenza più morbida e piacevole.

L’ampia tramoggia e il caricatore idraulico per vagonetti da 200L assicurano la completa autonomia operativa della linea durante il ciclo produttivo, dove l’intervento umano è ridotto al minimo.

Il passaggio all’hamburger finito avviene nella formatrice ATM 201. Il sistema permette di regolare a piacere l’altezza finale dell’hamburger con la massima semplicità.

La dotazione della formatrice ATM 201 prevede anche un rullo accessorio opzionale per ottenere una superficie rigata e un vero aspetto homestyle. Completa la linea hamburger un sistema modulare con disimpilatore e messa in vaschetta. In base alle esigenze di produzione, la dotazione di questo siste- ma può essere integrata con un magazzino multiplo di vaschette, un modulo interfogliatore per la carta o una bilancia con feedback in tempo reale.

L'insaccatrice Risco dedicata alla produzione di mortadella e altri prodotti emulsionati.

• Sistema a doppio vuoto per l’eliminazione totale dell'aria

• a cura di Marco Iammarino1, Andrea Chiappinelli1, Michele Tomaiuolo1, Marco Iammarino1 , Maria Grazia Basanisi2, Gianfranco La Bella2, Giovanna La Salandra2, Rosaria Marino3, Antonella Santillo3, Marzia Albenzio3

1 Laboratorio Nazionale di Riferimento per il trattamento degli alimenti e dei loro ingredienti con radiazioni ionizzanti - Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Puglia e della Basilicata, Via Manfredonia 20, 71121 Foggia, Italia

2 Struttura Semplice “Ricerca, Sviluppo e Innovazione” - Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Puglia e della Basilicata, Via Manfredonia 20, 71121 Foggia, Italia

3 Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimenti, Risorse Naturali e Ingegneria (DAFNE) - Università di Foggia, Via Napoli 25, 71122 Foggia, Italia

Introduzione

L’uso di conservanti come additivi nei prodotti alimentari è una pratica comune per migliorare la sicurezza e prolungare la shelf-life. Fra i diversi additivi, i nitriti e i nitrati sono utilizzati nei prodotti carnei trasformati perché sono in grado di compiere svariate funzioni: stabilizzano il colore dei tessuti, ne esaltano l’aroma e il sapore, prevengono l’ossidazione dei lipidi ritardandone l’irrancidimento, esplicano azione batteriostatica nei confronti dei batteri gram-negativi e sporigeni, in modo particolare verso il Clostridium botulinum, mediante un meccanismo complesso che dipende da diversi fattori. Non si conoscono altri additivi chimici in grado di esplicare contemporaneamente tutte queste funzioni e ciò spiega il loro larghissimo utilizzo. Tuttavia, la Commissione ridurrà prossimamente i livelli d’uso di nitriti e nitrati consentiti negli alimenti, con lo scopo di limitare per quanto possibile il tenore di nitrosammine per salvaguardare la sicurezza alimentare.

In sostituzione dei suddetti conservanti diversi studiosi hanno testato tecnologie innovative. Tra queste, si possono annoverare l’uso di piante e prodotti di origine vegetale, ricchi in composti bioattivi come poligono, rutina, sofora, thè verde, origano, uva, rosmarino, acerola, ecc. Questi composti possono essere utilizzati per le loro proprietà antimicrobiche e antiossidanti, che possono aiutare a prevenire l’ossidazione dei lipidi e l’insorgere di alterazioni microbiologiche. Altre tecnologie innovative che sono state testate includono l’aggiunta di particolari ceppi di lattobacilli, come ad esempio Lactobacillus fermentum, che possono produrre acido lattico e altri composti antimicrobici utilizzabili come agenti conservanti, e il trattamento ad alte pressioni, che può aiutare a ridurre la carica microbica dei prodotti carnei. Tuttavia, una delle principali difficoltà nella ricerca di alternative ai nitriti e nitrati nei prodotti carnei è rappresentata dalla necessità di garantire la sicurezza alimentare nei confronti del Clostridium botulinum. Questo patogeno è altamente tossico e richiede l’uso di dispositivi di sicurezza a elevata protezione per poter svolgere attività sperimentali in laboratorio, il che rappresenta un importante ostacolo alla ricerca. Recentemente, è stato dimostrato che il Clostridium sporogenes può essere utilizzato come surrogato del botulinum in laboratorio. Questa specie è molto simile al Clostridium botulinum dal punto di vista morfologico e genetico, ma non è tossica e le sue spore sono più resistenti ai trattamenti termici.

In questo contesto, l’irraggiamento degli alimenti è una tecnologia sicura e innovativa di stabilizzazione alimentare che può ridurre o eliminare microrganismi e insetti. Se correttamente effettuato, questo trattamento non compromette le caratteristiche nutrizionali e organolettiche dell’alimento, inoltre, è da sottolineare che è assolutamente sicuro in quanto non rende il cibo radioattivo. Il trattamento con radiazioni ionizzanti dei prodotti alimentari consiste dunque in una sorta di “sterilizzazione a freddo” del prodotto, in grado di inibire la proliferazione di microrganismi alteranti e/o patogeni, e di non alterare le caratteristiche nutrizionali, sensoriali e organolettiche dei prodotti trattati. Quest’ultima caratteristica risulta molto importante per i prodotti a elevato valore nutrizionale e per i prodotti tipici, che potrebbero subire significative modifiche a seguito dei classici trattamenti termici di stabilizzazione.

Tuttavia, bisogna anche considerare che ogni nuova tecnologia di stabilizzazione comporta inevitabilmente delle modifiche sulle caratteristiche organolettiche e nutrizionali del prodotto, che potrebbero anche comprometterne la commerciabilità. Pertanto, è necessario prevedere degli studi finali di tali caratteristiche al fine di apportare eventuali modifiche e ottimizzazione del trattamento radiante.

Il progetto M.A.R.I. (Meat Additives Replacement by Irradiation)

Il progetto vedrà la partecipazione di 3 strutture principali: il “Laboratorio Nazionale di Riferimento per il trattamento degli alimenti e dei loro ingredienti con radiazioni ionizzanti” e la Struttura Semplice “Ricerca, Sviluppo e Innovazione”, entrambi afferenti all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Puglia e della Basilicata, e il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimenti, Risorse Naturali e Ingegneria (DAFNE) dell’Università degli Studi di Foggia. Il Progetto si avvarrà inoltre di altre collaborazioni esterne, tra cui le più significative sono senz’altro alcune macellerie del luogo.

Il coordinamento delle attività progettuali è affidato al Responsabile Scientifico del progetto, Dott. Marco Iammarino, Ricercatore Sanitario dell’IZS-PB, coadiuvato dal Project Manager, Dott. Michele Tomaiuolo, collaboratore di ricerca, sempre dell’IZS-PB.

Lo scopo del progetto è quello di sviluppare e ottimizzare un trattamento di stabilizzazione dei prodotti carnei, mediante irraggiamento, in grado di ridurre notevolmente le quantità di nitriti e nitrati aggiunti o addirittura eliminarli, anche mediante l’ausilio di particolari formulazioni a base di estratti vegetali e batteri lattici. Tale innovazione potrà inoltre essere valutata, in futuro, anche per l’applicazione su altri prodotti alimentari, relativamente alla sostituzione di altri additivi chimici con potenziali effetti tossici (es. solfiti, BHT, benzoati, ecc.).

Le metodologie

La prima fase del progetto prevede un monitoraggio su campioni di prodotti carnei in commercio, concentrando l’attenzione su quelli che normalmente vengono trattati con nitriti e nitrati, ovvero: salumi, wurstel, prosciutti, bacon, ecc., in modo da definire con la massima precisione possibile quelle che sono le concentrazioni. In questa fase saranno a disposizione del progetto le metodiche accreditate presso la Struttura Complessa “Chimica” dell’IZS Puglia e Basilicata.

Sulla base dei dati a disposizione dopo il monitoraggio, sarà creato un opportuno disegno sperimentale per lo sviluppo delle formulazioni di prodotti carnei oggetto di studio, che potranno essere preparate presso una macelleria del luogo. Verrà utilizzata una procedura di progettazione degli esperimenti per la stesura di un piano analitico dettagliato prima di eseguire le analisi. I risultati finali saranno valutati in termini di carica microbica totale e in termini di inibizione della crescita del Clostridium sporogens. In sintesi, i prodotti carnei selezionati saranno preparati senza ausilio di nitriti e nitrati, ma utilizzando dosi crescenti di irraggiamento (da 0.5 a 5 kGy), con la possibilità di aggiungere alla formulazione estratti naturali di origine vegetale ad azione antiossidante e altri ingredienti, come, ad esempio, i formulati batterici. I trattamenti verranno somministrati singolarmente e in modo combinato in base al disegno sperimentale sviluppato. Il controllo sarà rappresentato dall’aggiunta di dosi standard di nitriti e nitrati ai formulati.

I risultati finali saranno verificati mediante una serie di determinazioni, sia di tipo microbiologico che di tipo chimico, volte anche alla valutazione dei profili sensoriale, lipidico, proteico e aromatico. Infine, verranno valutate eventuali modifiche al trattamento radiante, in grado di ottimizzare il processo anche in termini di effettiva commerciabilità dei prodotti.

Monitoraggio di nitriti e nitrati

Le determinazioni di nitriti e nitrati per il monitoraggio dei prodotti carnei prelevati in fase di commercio verranno eseguite utilizzando un metodo di cromatografia ionica validato in accordo con la vigente normativa europea e accreditato ACCREDIA.

La determinazione quantitativa dei nitrati e nitriti eventualmente presenti viene rilevata mediante retta di taratura correggendo il valore ottenuto per il recupero stimato in fase di validazione.

Disegno sperimentale (DOE)

La fase di progettazione comprenderà step di screening con piani fattoriali (FF) per la selezione delle variabili influenti e disegni compositi centrali (CCD) per la determinazione dei set sperimentali ottimali. Le analisi dei DOE saranno effettuate mediante ausilio di algoritmi di analisi dei contrasti e metodo delle superfici di risposta. Le variabili sperimentali saranno la dose di irraggiamento e l’eventuale aggiunta di particolari ingredienti al prodotto.

Preparazione dei campioni

Dopo aver selezionato le tipologie di prodotti carnei, e aver sviluppato le formulazioni da sperimentare, i campioni verranno preparati con e senza nitriti e nitrati, con aggiunta o meno di formulazioni da estratti vegetali e di formulati batterici, e impiegando come materiale di riferimento il Clostridium sporogenes, microrganismo comunemente utilizzato nel campo della ricerca scientifica come surrogato per clostridi patogeni. I campioni preparati subiranno un successivo irraggiamento utilizzando un irraggiatore a raggi-X a bassa energia (Figura 1: RS-2400, Radsource Inc., Texas, USA) a dosi di irraggiamento stabilite in fase di disegno sperimentale.

L’approccio omico è fondamentale per identificare potenziali biomarcatori di esposizione alle radiazioni, ed è indispensabile elaborare i dati grezzi generati mediante software di “Data Processing”, utilizzando tecniche di analisi statistica univariata come ANOVA, Volcano plot e analisi di normalità e omoschedasticità, oltre a tecniche multivariate come l’analisi delle componenti principali (PCA), l’analisi dei cluster gerarchici (HCA) e metodi di discriminazione lineare (LDA) e avanzati come il PLS-DA.

Ovviamente, la gran parte delle attività di ricerca saranno svolte presso i laboratori della Struttura Complessa “Chimica” dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Puglia e della Basilicata, sede del Laboratorio Nazionale di Riferimento per il trattamento degli alimenti e dei loro ingredienti con radiazioni ionizzanti.

Tuttavia, importanti e significative attività saranno svolte anche presso i laboratori dei due partner del progetto, ovvero la Struttura Semplice “Ricerca, Sviluppo e Innovazione”, sempre dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Puglia e della Basilicata e il gruppo di ricerca di “Zootecnia Speciale” del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimenti, Risorse Naturali e Ingegneria (DAFNE) (Università di Foggia).

Nell’ambito del progetto la S.S. Ricerca, Sviluppo e Innovazione (U.O. 2) metterà a disposizione le proprie competenze in ambito microbiologico, valutando l’effetto dell’irraggiamento delle carni su microrganismi alteranti e/o patogeni eventualmente presenti, con particolare riferimento al Clostridium botulinum. Per tale scopo sarà impiegato Clostridium sporogenes, microrganismo comunemente utilizzato nel campo della ricerca scientifica come surrogato per clostridi patogeni. In particolare, ceppi di C. sporogenes saranno coltivati in condizioni anaerobiche per consentire la sporulazione con opportuni terreni colturali. I campioni saranno contaminati con sospensioni di spore a diverse concentrazioni e dopo irraggiamento saranno analizzati per la numerazione delle spore.

Per quanto concerne l’U.O. n.3 del progetto, le principali aree d’interesse del gruppo di ricerca di Zootecnia speciale del dipartimento DAFNE dell’Università di Foggia sono le seguenti: i) valutazione della qualità delle produzioni zootecniche e della messa a punto di strategie e tecnologie innovative per un suo miglioramento, ii) identificazione di indicatori endogeni per la determinazione della qualità e tracciabilità dei prodotti di origine animale, iii) valutazione e monitoraggio del benessere animale.

Analisi dei campioni

I campioni verranno analizzati per determinare le caratteristiche chimico-fisiche generali come il pH e l’attività dell’acqua. Successivamente, mediante analisi microbiologiche, verrà valutato l’effetto ottenuto dall’irraggiamento – e dalle varie formulazioni – su microrganismi alteranti e su quelli patogeni, con particolare riferimento al Clostridium sporogenes

L’irraggiamento, così come altri trattamenti fisici, può influire sulla composizione chimica e sui valori nutrizionali degli alimenti. Alcune radiazioni ionizzanti interagiscono con l’acqua e altre molecole biologiche creando diversi sottoprodotti radiolitici che agiscono come agenti ossidanti e possono modificare la struttura molecolare della materia organica. Questo può portare alla rottura di legami specifici come S-H, O-H, N-H e C-H. I macronutrienti come proteine, carboidrati e lipidi sono relativamente stabili a dosi fino a 10 kGy, mentre i micronutrienti, soprattutto le vitamine, possono degradarsi. Tuttavia, sono necessari studi più approfonditi per comprendere le possibili modifiche che le radiazioni ionizzanti possono apportare ai diversi tipi di nutrienti. I lipidi, insieme alle proteine, sono i principali componenti del tessuto muscolare e svolgono ruoli fondamentali in vari processi cellulari e attività fisiologiche. In particolare, per quanto riguarda la carne, i lipidi contribuiscono alle sue proprietà nutritive e sensoriali. È quindi importante studiare il profilo lipidico degli alimenti trattati con radiazioni ionizzanti utilizzando tecnologie e metodologie appropriate. A tale scopo i campioni, dopo opportuno trattamento di estrazione, verranno analizzati mediante spettrometria di massa ad alta risoluzione (LC-HRMS) per ottenere profili lipidomici non target (Figura 2).

Le valutazioni analitiche avranno l’obiettivo principale di caratterizzare la qualità nutrizionale e la qualità organolettica dei prodotti carnei, posto che, da un lato, si postula un effetto migliorativo del trattamento sulle suddette caratteristiche dell’alimento e, dall’altro, gli attributi nutrizionali e organolettici hanno il maggiore impatto sull’accettabilità del prodotto da parte del consumatore.

Per quanto riguarda la qualità nutrizionale, oltre alla determinazione del contenuto percentuale di umidità, proteine, lipidi e ceneri, verrà effettuata l’analisi della componente acidica mediante la preparazione degli esteri metilici degli acidi grassi (FAME) e analisi gascromatografica. Inoltre verrà effettuata l’analisi dei profili ossidativi lipidici e proteici (TBARS e ROS) e verrà valutata l’attività antiossidante dei formulati carnei in base alla capacità di scavenging dei radicali liberi di alcuni composti. La valutazione organolettica riguarderà la determinazione: a) dei parametri colorimetrici, b) del potere di ritenzione idrica, c) della forza di taglio (Warner-Brazler Shear Force, WBSF) e l’analisi del profilo tissurometrico (Texture profile analysis, TPA).

Risultati attesi

Il progetto si prefigge, dunque, di raggiungere diversi risultati:

• Lo sviluppo e l’ottimizzazione di nuove tecnologie di stabilizzazione dei prodotti carnei basati sull’impiego di radiazioni ionizzanti, accoppiati a particolari formulazioni alimentari, in grado di garantire la sicurezza alimentare di tali prodotti. Il principale parametro di valutazione sarà la totale inibizione dello sviluppo del Clostridium sporogens, in assenza o presenza di quantitativi notevolmente ridotti di nitriti e nitrati.

• Caratterizzazione del profilo microbiologico complessivo dei prodotti carnei irradiati. Tali parametri risulteranno significativi, assieme alla capacità del trattamento di non modificare in modo sostanziale le caratteristiche originali dei prodotti trattati, in relazione agli aspetti organolettici e nutrizionali.

• Studio dell’impronta chimica degli alimenti irradiati. Tale argomento rappresenta una nuova frontiera nella sorveglianza della sicurezza alimentare ed è fondamentale per rassicurare i consumatori sull’utilizzo di alimenti trattati con radiazioni ionizzanti. I risultati che si otterranno sotto l’aspetto lipidomico saranno utili sia ai fini della valutazione sulla composizione dei prodotti carnei irradiati, sia per lo sviluppo di nuovi approcci per l’identificazione del trattamento con radiazioni ionizzanti su tali matrici.

• Valutazione di un’estensione del campo di applicazione di tale innovazione tecnologica anche per altre combinazioni additivo/prodotto alimentare.

Il progetto di Ricerca “Valutazione dell’irraggiamento quale tecnica di stabilizzazione dei prodotti carnei alternativa all’impiego di nitriti e nitrati (M.A.R.I. – Meat Additives Replacement by Irradiation)” è stato finanziato dal Ministero della Salute, nell’ambito della Ricerca Corrente 2022 (Codice progetto: IZSPB 04/22 RC).