N70

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Cateredazionale

semiserio per una rivista goliardica, ma non troppo L’abbiamo fatto strano, il precedente numero 69bis. Colpa del Carnevale, che ce l’ha fatto ribaltare da capo a piedi, per ogni verso, dando retta a tutti quei letterati, poeti, artisti, studiosi che vi è capitato o vi capiterà o, purtroppo, non vi toccherà mai d’incrociare a scuola, mentre passano seri tra i seri, imbalsamati in didascalici medaglioni di vita e opere, impolverati tra le pagine intonse o stropicciate dei vostri manuali di letteratura, storia dell’arte e filosofia.

Così il Caterpillar ha ricordato fino a che punto discende dalla… complessa, multiforme, lunghissima e in gran parte nostrana… tradizione del genere “comico”, in cui la rivista studentesca - paraletteraria e paragiornalistica - trova innumerevoli padri nobili nel campo delle arti.

Inutile fare esempi tanto per citarne pochi, dai secoli della classicità fino al Novecento e oltre.

Perciò anche questo numero ricorda con quel sapore, anche felliniano, dell’amarcord, le note comico-realistiche e giocose - talora solo scanzonate, talora satiriche fino all’irriverenza, quasi sempre autoironiche, - che animavano gli anni scolastici e universitari di studenti del passato, a Bergamo come altrove.

Perciò il Caterpillar per così dire interroga i più disparati artisti ed esperti di comunicazione, rimuovendo e sfondando ogni confine interno ed esterno alla scuola.

Perciò la redazione compone-scompone-ricompone tutto quel che la incuriosisce o appassiona tra le righe di questo giornale, tra fili di fumetto e pezzi di cronaca e d’opinione, in recensioni, romanzi d’appendicite e sceneggiature di un teatro in cerca d’autore. E soprattutto in mezzo a voi che sfogliate o leggete oppure cestinate, nei vostri scritti, messaggi, bestiari scolastici e pose fotografiche.

Tutto qui? Per ora. Il meglio è ancora da venire, come sempre. Tutto da vedere, di pagina in pagina, e prossimamente da sentire...

De priminibus disputationes

Mascheroni est ominis diviso in partes tres, quorum unam impiegati statali sunt, aliam studenti “normali”, tertiam qui ipsorum lingua “Pueri primae”, nostra “Primini”appelantur.

Apud scholam meam multi primini et priminae sunt et ii, etiam si simili videntur, multus differenti sunt.

Primini maschi (qui attributos maschilos habent) piccoli et rapidi sunt et currunt per corridoios saltando et ad bar primi giungendo et rubando nobis totas facaccias et totos paninos ligabuos.

Primini maschi paulam altezzam habent et sviculant sub bancone bar sbraitando “Focacciam volo!” “Cocam Colam et tres Goleadoros volo!” et cibum ab nos sottraggunt!

Ego quaero: cur sic bastardi sunt? Quid nos iis fecimus? Nos iis benem volemus ! Sed, si hoc faciunt, eliminandi sunt!

Tamen non toti primini sic brutti et captivi sunt: intra primini, enim, etiam priminae sunt! Nos priminis feminis multum benem volemus, magno cum gaudio miramus et cum eas vicini simus ormoni nostri impazziscunt!

Priminea gnocche sunt! Corpora splendida, sodos sederes et prosperosos pettos habent, sed nos, pauperos arrapatos studentos, non volunt. Enim priminae masculos adultos cum muscolis et bono aspecto cercant, nos non guardant, et Sanga, qui totis ci probat, multus infelix est.

In conclusione, primini quod captivi sunt priminaeque quod ad nos eam non dant, eliminandi sunt!

Alessandro 4^ A rainman@gmx.it

Ave atque Vale,

Note degli autori: si ringraziano Benedetta Volpi, Roberto Legrenzi e Mauro “Superrocco” Pelly per i ritocchi della traduzione e Caio Giulio Cesare per l’incipit. Ogni riferimento ai primini è puramente casuale, non ho nulla contro i primini, non parlerò mai male di loro se non in presenza del mio avvocato.

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Il direttore Ongis festeggia con il Cater il decimo anno al timone del quotidiano bergamasco

Un’eco che dura da quasi 130 anni

«Il segreto? Ascoltare le persone e pubblicare in modo equilibrato, libero e coraggioso notizie positive che le toccano da vicino, cogliendo quel che è sostanziale e fa la differenza» Il direttore del giornale bergamasco per eccellenza, L’Eco di Bergamo, e del settore informazione di Bergamo Tv, ha accolto l’invito del giornale mascheroniano per eccellenza, il Caterpillar, a un’intervista. Molto disponibile, aperto, pronto a soddisfare ogni curiosità, Ettore Ongis si è lasciato intervistare nel laboratorio A del nostro istituto, accompagnato dal preside Paolo Catini.

Laureato in filosofia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, Ongis sembrava aver trovato la sua strada nel mondo della scuola. Fino al 1983, quando si trasferì a Roma. La Rai gli spalancò le porte della comunicazione, assumendolo a contratto nella redazione di Radiodue, in qualità di programmista e regista. Una trasmissione radiofonica tirò l’altra - da «3131» a «Ominbus» e «Scusi ha visto il pomeriggio» - fino all’esordio dietro le quinte del piccolo schermo e alla vittoria al concorso per aiuto-registi nell’87. L’anno seguente la svolta, che lo condusse tra le pagine della carta stampata, del settimanale milanese “Il Sabato”. Da lì il passaggio alla redazione de L’Eco di Bergamo, del quale dieci anni dopo divenne direttore. Quest’anno taglia il traguardo del decimo anno di direzione.

Lei ha sempre desiderato fare il giornalista?

«No, non avevo le idee chiare su che cosa fare dopo l’università. Per fortuna è la vita che ha scelto per me. La mia prima esperienza da giornalista è stata nel mondo della Rai. Durante il quarto anno di università alcuni dirigenti Rai vollero selezionare e

reclutare dei giovani. L’anno successivo mi trasferii a Roma e venni assunto a Radiodue. Vinsi anche un concorso, ma l’ambiente romano e l’azienda Rai non erano adatti per me: nel mondo della radio e della televisione si passa troppo in fretta dal far tutto al non far niente. E io non so stare con le mani in mano. Così lasciai Roma e fui assunto come praticante giornalista nella redazione de “Il Sabato”, a Milano. Poco dopo entrai nella redazione de L’Eco di Bergamo; per così dire, mi sistemai».

Quali furono i suoi primi incarichi nel quotidiano bergamasco?

«All’inizio lavoravo nella redazione Interni ed Esteri; poi sono stato trasferito alla Cronaca, assumendo di volta in volta responsabilità sempre maggiori: da vice capo servizio della redazione provincia a coordinatore di tutta la cronaca. Infine, caporedattore, vice direttore e direttore del giornale».

Le piace il suo lavoro?

«Il lavoro del giornalista è bellissimo: non fatelo, ma è un mestiere bellissimo».

In che cosa consiste il suo lavoro di direttore?

«Vi racconto la mia giornata tipo. Dovete sapere che i giornalisti non vedono mai l’alba: si alzano tardi e vanno a dormire a notte fonda. Io mi sveglio intorno alle 9 e mi trovo sul tavolo della cucina una mazzetta con dodici giornali. Subito, con la tazza della colazione in mano, mi immergo nella lettura, appuntandomi ciò che mi colpisce e mi interessa.

Nel frattempo comincia a squillare il cellulare. Il

Il direttore de L’Eco di Bergamo Ettore Ongis nel suo ufficio

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grande direttore Andrea Spada mi ripeteva spesso che ogni giorno un quotidiano contiene almeno dieci gravi errori: “Se ti chiamano in nove per protestare, vuol dire che è andata benissimo”. Fra telefono e letture arrivano le undici. A mezzogiorno si tiene la riunione di redazione: è il primo momento importante, con tutti i responsabili, che serve a impostare l’edizione del giorno dopo. Verso le 13.30 prepariamo la bozza, pur sapendo che non sarà il modello definitivo: i fatti superano sempre tutto ciò che è già stato programmato. Dalle 15 in poi la mia segretaria ha programmato gli appuntamenti con i lettori o con chi vuol parlare col direttore per i motivi più vari. Dalla presentazione di un’iniziativa alle richieste di chiarimento, dalle questioni economiche all’organizzazione della redazione. Nel frattempo si accavallano le decisioni su come trattare una notizia, su quale spazio assegnarle e a chi farla seguire. Per questo è importante sapere ciò che la gente si aspetta da noi e pensa di noi. Dalle 20 in poi, quando finalmente la corsa rallenta, impostiamo la prima pagina. In seguito c’è il tempo per scrivere, rispondere ai lettori, programmare le nuove iniziative e controllare gli articoli più delicati che usciranno la mattina successiva. Intorno all’una il giornale è finito e pronto per essere stampato. La mattina dopo si ricomincia da capo».

Ha mai pensato di creare un inserto che riguardi il mondo dei giovani?

«Qualche anno fa l’Eco pubblicava un mensile chiamato “Bergamo Giovani”: era un strumento ricco e innovativo, ma aveva un costo molto alto e veniva distribuito gratuitamente insieme al giornale.

Alla fine si è deciso di sospenderne la pubblicazione.

O si è attrezzati, anche economicamente, o è meglio lasciar perdere. Un giornale per i giovani è poi difficile da realizzare, perché i ragazzi hanno un loro linguaggio e vivono in un mondo diverso da quello degli adulti, in cui lo spazio dei sogni supera spesso quello della realtà. Ed è bene che sia così. Per questo ho anche sempre pensato che non sia giusto imporre ai ragazzi la lettura dei giornali, nemmeno a scuola.

Piuttosto sarebbe importante offrire agli studenti i criteri per leggere criticamente i media, in modo da aiutarli a non lasciarsi troppo condizionare e omologare. Fino a venticinque anni la Gazzetta dello Sport è il giornale più adeguato. Il problema si pone in seguito, quando in età ormai adulta si continua a leggere solo quella e non si sfoglia nessun altro giornale».

Pensa che per gli adulti sia un dovere leggere il giornale?

«Sì, ritengo sia un’opportunità importante: se gli adulti non conoscono come vanno le cose, e non confrontano le loro idee con altre idee, faranno

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sempre più fatica a capire come procede il mondo e a spiegarlo ai loro figli. Ritengo che chi non legge nemmeno un giornale sia meno attrezzato di uno che lo sfoglia» .

Un giorno internet potrà sostituire i giornali di carta?

«Internet è un bellissimo strumento - lo uso anch’io, ci passo delle ore - ma non sostituirà i quotidiani cartacei. Sono due cose diverse. E’ come dire che la televisione sostituisce la radio. A mio parere i giornali spariranno a una sola condizione, che gli adulti perdano definitivamente la curiosità e si accontentino della superficie delle cose. Occorre il tempo per approfondire, se non si vuole gettare il cervello alle ortiche. Internet, per sua natura, non ha tempo di rielaborare le informazioni e le spiega in generale (a parte alcuni siti specialistici), in modo da fornire un’informazione aggiornata, rapida e d’impatto».

Come ha fatto L’Eco di Bergamo a “sopravvivere” così a lungo?

«I giornali sono come gli uomini: crescono lentamente, ma possono morire in fretta. Io penso che il segreto per resistere sia cambiare continuamente, cercando di intercettare le attese e l’interesse delle persone. Anno dopo anno gli uomini e le società evolvono, e così deve fare anche il giornale, che è un prodotto fatto da persone. Come? Aggiornando la sensibilità su ciò che fa notizia. Nelle scuole di giornalismo la prima cosa che si insegna è che la notizia non è il cane che morde l’uomo, ma l’uomo

che morde il cane. Il problema è dunque capire, in un dato momento storico, chi sta mordendo chi.

Faccio un esempio. Fino a vent’anni fa, due persone che festeggiavano sessant’anni di vita insieme non costituivano una notizia. Era un fatto normale ed era casomai un divorzio a fare notizia. Oggi, invece, un matrimonio che dura a lungo è un fatto insolito (se andiamo avanti così, fra pochi anni sarà qualcosa di eccezionale) e dunque la notizia sta in quel legame che resiste alle intemperie del tempo. In ogni caso, se un giornale fallisce è soprattutto perché i giornalisti non capiscono più da che parte va il mondo. E non a caso, i nostri giornali, così autoreferenziali e astratti, stanno pagando a caro prezzo la loro distanza dalla vita reale».

Quanto conta in questo senso la vicinanza al territorio dei propri lettori?

«E’ fondamentale. Un giornale senza un territorio è un dirigibile, che prima o poi (più prima che poi) si sgonfierà. Se L’Eco vive da 129 anni è proprio perché riporta gli avvenimenti di una determinata città e di una provincia. Il giornale locale favorisce il senso di appartenenza: coloro che lo leggono si identificano in una “stirpe” di simili. Lo favorisce soprattutto al giorno d’oggi nel quale la globalizzazione ci sta privando delle radici e sempre meno sappiamo chi siamo. Penso che per un bergamasco L’Eco sia come il saluto di un familiare al mattino. Un amico che gli dice: “Sei ancora a casa tua!”». Mi fa molto piacere anche il fatto che i bergamaschi che vivono all’estero si aggiornino consultando il nostro sito web».

In che modo si selezionano le notizie da pubblicare?

«Ci sono avvenimenti di grande rilevanza che fanno parte dell’agenda del mondo. Altri di importanza

nazionale, altri ancora, di rilievo locale. Poi entrano in scena le novità vere e proprie: nel giornalismo il fatto nuovo ridimensiona sempre il precedente. A corredo vanno messe le informazioni curiose, che attirano l’attenzione del lettore. E infine ci sono le scelte personali di ogni giornalista, del direttore e dei suoi collaboratori. Compito di un giornale non è però solo fornire informazioni, ma anche e soprattutto assegnare ad ognuna di esse un peso, un’importanza, pagina dopo pagina». È molto importante l’ordine con cui le notizie vengono presentate sul giornale?

«Sì, importantissimo. Lo ripeto: un giornale non offre solo la notizia, bensì l’importanza della notizia. Va sempre tenuto presente che i mezzi di comunicazione, lo si voglia o meno, hanno grande influenza sui cittadini e infatti “tutti parlano di ciò di cui parlano tutti”, degli argomenti più trattati dalla televisione e dai giornali. Una grossa responsabilità, altro che informazione neutra».

Quali ritiene siano le notizie più belle?

«Col passare del tempo mi piacciono sempre di più le notizie che riguardano le persone comuni.

Di solito i giornalisti inseguono i potenti e le mode e non si soffermano molto sul primo che capita.

Oggi mi sorprende la quotidianità positiva. Tenete presente che il nostro è un mestiere che rende un po’ cinici: quando scoppia una guerra o una bella polemica le redazioni vanno in fibrillazione, perché hanno qualcosa su cui scrivere. Invece, più vado avanti e più capisco che nel nostro universo nichilista, la notizia non è tanto “il male”, quanto piuttosto scoprire l’eroismo feriale di tanta gente anonima, come quello di genitori che fanno crescere il proprio figlio malato o di persone che dedicano la propria vita a qualcun altro. Sono convinto che oggi, anche sul piano strettamente giornalistico, questa ricchezza, questa positività superi tutte le altre».

Quali sono le qualità fondamentali del bravo giornalista?

«Oltre alle inevitabili doti tecniche (scrittura e sintesi) e all’orecchio per le notizie, ci sono tre condizioni indispensabili. L’equilibrio, ossia la capacità di camminare sul filo delle cose restando padroni di se stessi; la libertà, che non è dire quello che si vuole (vincoli ci saranno sempre e comunque), ma aderire a ciò che è vero e fa crescere una società; infine, il coraggio. Tanto coraggio, perché stiamo tutti diventando sempre meno tolleranti. In altre parole, il bravo giornalista è un uomo umile e certo, che sa fare un passo indietro affinché i fatti vengano alla luce e che non si piega facilmente di fronte alla prepotenza, di qualunque genere sia».

Alice e Elena

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Cronaca Interna

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ALLA RESA DEI CONTI SU L’ECO DI BERGAMO

ATLETI D’ANNATA

La 2° B e la 4° A si aggiudicano ex aequo il Gran Premio G. Luca Ferrara: sono le classi più sportive dell’anno.

Entrambe totalizzano 110 punti, dedicandosi a discipline diverse: gli studenti del secondo anno ad atletica e sci, quelli del quarto a unihockey e calciobirillo.

Si piazzano sul podio anche la 2° C con 98 punti e la 5° G con 90.

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...il mondo?

da un’altra prospettiva

non riesco proprio a dare un senso a tutto quello che mi circonda, io provo, non mi voglio arrendere ma è difficile trovare uno scopo di tutto, è difficile rispondere a quelle domande che ogni giorno mi faccio, è difficile capire le mie decisioni e quelle altrui; è difficile inoltre credere in qualcosa rischiando di ritrovarsi faccia a faccia con la morte, di rovinare tutto quello che si ha costruito, di perdere la speranza in un mondo migliore, dove tutti possono davvero dire quel che pensano, dove le persone possono cominciare a camminare a testa alta e dimenticarsi dei fantasmi che hanno creato, dove puoi essere felice, dove tutti riescono a vivere insieme in armonia e dove tutti possono pensare e decidere con la propria testa. io mi chiedo chi sono gli “altri” per reputarsi superiori, non trovo un valido motivo per questo, tutti abbiamo qualcosa di speciale e utile, certo in qualcuno è più visibile ma questo non vuol dire che sia più importante. le persone non hanno il diritto di negare agli altri quello di cui sono invidiose, non hanno il diritto di giudicare qualcuno strano. se ci pensiamo bene chi è la persona strana? o meglio chi è normale? ritengo che la normalità non esista. tutti noi abbiamo almeno un poco di pazzia, ma di certo questo non ci dà il diritto di giudicare, perchè questi nostri giudizi poterbbero essere come frecce nel cuore di qualcuno, nella sensibilità che ben pochi possiedono o per lo meno non si sono ancora dimenticati di avere. allora concludo con un appello: impegnamoci a non togliere niente a nessuno e soprattutto scaviamo dentro noi perchè potremmo scoprire di avere qualcosa che non avremmo mai pensato di possedere e così finalmente ci accorgeremo di quanto siamo stupidi a dimenticare, potremmo finalmente ritrovare quello che abbiamo perso

Il mondo è cambiato. Lo sento nell’acqua. Lo sento nella terra. Lo avverto nell’aria. Molto di ciò che era si è perduto perché ora non vive più nessuno che lo ricorda Scrive Tolkien ne Il Signore degli Anelli. Questo fatto ora è più vero che mai: il mondo è cambiato e continua a cambiare. E non lo si vede solo da quanto l’uomo sta edificando, modificando il territorio in cui vive, ma anche dal progresso, dai dibattiti, dai problemi. Molto di quello che ci circonda lo abbiamo costruito in millenni, quello che ora si scopre è basato su secoli di studi e altre scoperte.

Anche solo cento anni fa gli uomini comuni parlavano di agricoltura, dei problemi che avevano per vivere, oggi si discute di Paesi in via di sviluppo e di Ogm. I conflitti miravano ad ampliare propri territori, ora le cause delle guerre sono pretesti economici, ad esempio per impadronirsi di quello che è soltanto del liquido nero che ha la sola capacità di fornire energia, il petrolio.

P.s. il nero non è il mio colore preferito!

Si potrebbe andare avanti all’infinto proprio perché il mondo sta cambiando e noi avremo una parte importante in questo mutamento. Ci sentiamo spesso ripetere che siamo il futuro del mondo, ed è vero!

Saremo i politici di domani e avremo il potere, con le nostre decisioni di cambiare la vita di molte persone; avremo l’occasione di cambiare in meglio questo mondo e rimediare agli errori che sono stati fatti. Ed è per guardare avanti che l’uomo ha capito che la cosa più importante è la memoria del proprio passato: perdere questa memoria significa perdere se stessi, perdere la strada per la propria felicità. Per questo, poi, noi andiamo a scuola. So che può sembrare una motivazione banale, ma a pensarci bene non lo è, perché i problemi vanno affrontati con intelligenza e buon senso e queste qualità vengono affinate con lo studio. E anche se l’ignoranza, a volte, dona felicità, la conoscenza porta lontano…

Giulia

Federica

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metti 2 UOMINI I ritratti inediti dei bidelli più famosi della scuola, Sergio e Severo. Dal desiderio di studiare, di lavorare Ecco l’intervista che molti di voi aspettavano da tempo: Sergio vs Severo. I due bidelli più famosi della scuola, due caratteri diversi, due vite diverse, due prospettive diverse, una sola domanda: potete dire di conoscerli davvero?

Raggiungiamo Sergio al secondo piano dell’ala nuova del nostro istituto. Seduto in cattedra, con sguardo minaccioso, ci chiede «Che c’è?». Gli proponiamo l’intervista. Ma il registratore non funziona. E Sergio cerca in tutti i modi di svincolarsi.

Riuscite infine nel nostro intento, ci precipitiamo a cercare la nostra seconda vittima. Severo sta pulendo la 2° A e ci chiede se possiamo intervistarlo mentre pulisce i banchi. Naturalmente acconsentiamo e iniziamo a sparagli domande a raffica.

SERGIO (foto di repertorio)

SEVERO (foto giovanile)

Che lavoro facevi prima di fare il bidello?

«Studiavo. Ho fatto il liceo linguistico, perché mi sa«Bella domanda. Sono figlio di falegnami e ho lavorebbe piaciuto andare all’estero, ma dove abitavo io, rato per i primi anni nelle arti grafiche, dove mi sono in Sicilia, la situazione era disastrosa. Sono andato al infortunato». nord e sono arrivato a Bergamo per caso. Ecco perché sto qua».

Che lavoro avresti voluto fare?

«Sarei voluto andare all’estero».

«Avrei voluto fare il veterinario, ma nella mia famiglia era diverso. Mi dicevano: “Ue, tipo vuoi lavorare o vuoi lavorare?”. E io ho risposto: “Ma no io voglio lavorare”».

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allo specchio e di educare al sogno di una vita all’estero e alla ricerca di una prospettiva stra-ordinaria nella natura A parte i banchi sporchi, cosa più ti infastidisce di noi studenti?

«Ogni messaggio che vi do, ve lo do sempre per farvi capire che la realtà non è come la pensate voi bimbi.

Ogni rimprovero che faccio è per educarvi a vivere. E mo’ (ora) io non mi stupisco di niente, perché vi vedo come dei bambini».

«L’arroganza dei giovani. E lo so bene perché ho due figli. Ma non sono tutti arroganti!»

Cosa ti piace fare nel tempo libero?

«Tempo libero non ce l’ho, non ce l’ho proprio! Se l’avessi, avrei studiato ancora, solo che non me lo permettono. Volevo iscrivermi a Geometra solo che non mi hanno lasciato perché ho tre figli».

«Vado nei boschi e su al Canto Alto e cerco funghi e fragole con il mio cane Aladino».

La cosa più stupida che hai visto fare dagli studenti.

«Ce ne sono tante! No, tantissime! Però in questo momento non mi viene in mente nulla. Per esempio io pulisco il pavimento, ma se tu mi passi sul pavimento bagnato rischi di rimanere in carrozzella, capisci? E poi non parliamo di quando vi tirate le biro in faccia…».

«Vedevo la gente che si faceva i cannoni in classe.

Guardate che anche i muri hanno le orecchie! Fuori potete fare quel cavolo che vi pare, ma a scuola no».

La cosa più stupida che hai fatto da studente?

«Non aver proseguito gli studi». Ma non hai mai fatto qualche stupidata? «No, quello mai. Non mi sono mai unito a individui che potessero peggiorarmi o mettermi in mezzo a casini».

«Ne ho fatte tantissime. La più grande è stata quella di appiccicare un biglietto sulla schiena della professoressa, tipo pesce d’aprile: quella si è incavolata e mi ha pure sospeso per una settimana!»

Cosa pensi di Severo/Sergio?

«Che è severo! È un collega come gli altri. Severo va capito. Lui aggiusta tutto quello che rompete!».

«A parte il fatto che è siciliano? Penso sia un disperato (in senso buono naturalmente eh!)».

Vuoi dire qualcosa ai lettori del Caterpillar?

«Leggete fra le righe».

«No, no, più di così che devo dire?».

Cosa farai dopo aver finito quest’intervista?

«Continuerò a lavorare come sempre. La vita rimane quella!».

«Scoperò il pavimento e poi andrò fra i boschi con l’Aladino».

Possiamo farti una foto?

«No, no, quando dico no è no. Voi mi vedete tutti i giorni e tutti sanno chi è Sergio. Bisogna rispettare la democrazia e io dico no».

«Facciamo così: ve ne do una io di quando ero giovane e avevo pure i capelli lunghi e neri!».

Alice ed Elena 11

Agenda caterumoristica Alzi la mano quel santo che non ha mai scaricato nulla da un programma P2P. Sigla che significa rete paritaria, perché ognuno carica e scarica, a differenza di quello che succede con i siti web normali, dove si può solo caricare a pagamento.

Si scaricano film e canzoni piratati, in alcuni casi addirittura programmi, cioè si scaricano illegalmente delle “opere di ingegno” quindi coperte da copyright.

La legge italiana sul P2P stabilisce infatti che, «al fine di promuovere la diffusione al pubblico e la fruizione per via telematica delle opere dell'ingegno e di reprimere le violazioni del diritto d'autore, l'immissione in un sistema di reti telematiche di un'opera dell'ingegno, o parte di essa, e' corredata da un idoneo avviso circa l'avvenuto assolvimento degli obblighi derivanti dalla normativa sul diritto d'autore e sui diritti connessi». Praticamente ogni cosa che viene scaricata tramite P2P è illegale (altrimenti perché non scaricarla liberamente da un sito qualsiasi).

A proposito di siti, ce ne sono alcuni che diffondono i file .torrent che se caricati da opportuni client come Vuze o Utorrent permettono di scaricare il file prescelto. Siti come www.tntvillage.scambioetico.org e www.mininova.org, che non vengono chiusi perché non archiviano i file “proibiti”, ma si limitano a ospitare i rispettivi torrent. Mininova è un sito senza limitazioni: chiunque può caricare liberamente qualsiasi cosa, mentre tntvillage prevede dei limiti “ etici”: non si possono caricare torrent di musica a meno di 18 mesi dalla pubblicazione, film, anime e cartoon con meno di 18 mesi dalla prima divulgazione nell'idioma in cui viene effettuata la condivisione, software, giochi per PC e per console con meno di 6 mesi dalla prima distribuzione.

Altri client, ad esempio eMule ed eLephant (che tra l’altro carica anche i torrent), permettono di scegliere i file che l’utente intende scaricare o decide di condividere senza dover visualizzare pagine web per ricercare i file. Purtoppo però sono zeppi di virus…

Insomma, tntvillage si è dato una regola, ma si sta attivando per far diminuire i tempi di copertura del copyright che ora sono di 70 anni dalla morte dell’autore (nel caso dei film, di tutti quelli che hanno partecipato alla realizzazione, mentre tntvillage sta cercando di farlo abbassare a 20 anni. E’ stata aperta la petizione “Condividere non è rubare”, all’indirizzo http://firmiamo.it/legalize-p2p, che già conta 2300 firme. Quindi, O voi che piratate e contribuite alla diffusione del P2P, fate ciò che vi dice la coscienza: la legge dice di non scaricare… Ma se davvero bramate film e programmi “gratis”, firmate, firmate, FIRMATE!

Quando lo scatto è naturale Se sei un fotografo a caccia di fenomeni, naturali, o uno scienziato col pallino per lo scatto, clicca www.bergamoscienza.it e partecipa entro la fine dell’anno scolastico al concorso “Un click sui fenomeni, in natura e in laboratorio”

Si va in scena Giovedì 4 giugno 2009 alle ore 20.30 spettacolo di teatro, musica, poesia, danza in Auditorium Liceo scientifico statale Lorenzo Mascheroni Bergamo, via Borgo Santa Caterina 13 12

messaggeria x Tony 5F: ogni giorno sei sempre più bello… vorrei tanto uscire con te… by una di 4L x Mignonne: ma come è bello andare al mare con i riccioli al ventoso!! Com’è bello, andiamo, dai, andiamoci insiemeee!!! by Dolly 3 =)) x Mastu 3B: finiscila di infilare le tue sozze dite nelle nostre parti intime. by tutta la tua classe x Federica 3B: mi piaci un casino… vuoi un placcaggio d’amore?? by (ammiratore segreto)3 x Ugo 3B: ti aspettano in ala vecchia… x bidello Sergio: le finestre le chiudiamo noi!! by tutto il tuo settore x le Sare: siete tutte figheeeeee! Del Masche x Fiammetta (o come cazzo ti chiami!): senza tutto quel fondo tinta non sei nessuno! ripigliati… by chi ti vuole bene [però anonimo!] x Cisani 5°: sei un grillo parlante docciante! tua Babol x Cipollina e Patatina 2I: che minestrone sarebbe senza di voi? by Carotina x Rambo 3B: Te set andat al NAMBER?? Pota, ta crede che so n’dacc al NAMBER! by GNARO x paini di tutto il mondo: non disperate! arriverà il giorno del paino-pride! by un esoso paino e smargiasso e aporetico. x Tato 2H: ti prego ritorna eri il più figo del Mascheroni… ci manchi! x Povere 3P: puzzi! lavati ma usa il sapone e cambia l’acqua x Sasso e Lupo 1G: siete bellissimi by 2 secret lover! x uno di 1G: ti prego guardaci by E.F. x le fan di Kung Fu Fighting: Chips chips! It’s wonderful! by Winx x le polle di 4E: Enchantix! by xxx x bifolca: ti voglio benissimo! by ... x 5°: siete tutti dei voyueristi… vouyeristi… voeyeristi by ... x bella bionda-riccia 4E: ci osssssssservano dalla sssssserratura!! by Frolla x Paolo Q. 1F: sei la sostanza dei miei sogni erotici più profondi… by l’oggetto del tuo Desiderio x Forci 4D: te fo c’è una verifica domani… salti come al solito? x la mia seguace di 1G: un affettuoso saluto da Gandalf e Saruman x la redazione: perché non fate ancora il sondaggio dell’anno scorso “i più carini” inserendo anche i primini? sarebbe bello!! by 2°… x quella (che ipotizziamo essere una tipa) qui sopra: allora… preminentemente il titolo della rubrica era “Top of the gnocc”, in secondo luogo ci teniamo a precisare che non è nel nostro business assecondare i desideri delle ninfomani

di questo plesso; ad ogni modo ci impegneremo a sondare i generatori di razionalità (vale a dire i restanti individui) per decidere se ottemperare la tua richiesta o meno: nel caso in cui la vertenza fosse di accordare la mozione, ci adopereremo per divulgare l’avvenuta approvazione in tutto l’istituto, grazie per l’attenzione, la Redazione. x Alex 2M: vado matta x il tuo stile e ti adoro! by un’inquilina del corridoio = ) x Kiara: …….CIAK……. CIAK……. accidenti com’è faticoso!!!! by Zio Paperone x il biondino di 5°: viva il proteus! by ciccipuzzi x me stesso: sono troppo grande… mamma mia! by io so chi x Guitarman: 6 davvero grande!!! ti stimo fratello!!! by un ammiratore =) x tutti… i “barboni”: attenti che piove!!! x Giò Garatta 1F: ti Vogliamo Benee! grazie di tutte le volte che ci vai a prendere la merenda! by le tue amiche =) x Cigo 4D: ceeeeeeeeeeeeego… eeeh uiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!! by uno a caso x Narsete di coso : Taro stai attento perché è arrivata l’ora… il cinghiale è alle tue spalle... by Zeus X Emma 4G: Vedo che hai assecondato i miei desideri più proibiti: i tuoi capelli rosso fuoco mi accendono di passione..! by colui che ti cerca nelle sale buie dei cinema (ps ma dove sei sparita???)

ipse dixit Pieranti: leggimi la frase 12…

Alunno: questa non l’ho fatta, profe…

Pieranti: (cantando?!) Frase lì, frase là, chissà domani che cosa sarà?

Alunno: profe, ma questo problema si può risolvere anche in questo altro modo?

Torri: sì, e tu sei una testa di caciucco!!

Colombo a Zappa: hai finito di prendermi in giro, Zappalalalalala?

Pezzotta: se avesse avuto 18/3… che non è intero…

Carrara: qualche ragazza magari si vestirà a Carnevale da Molly Malone (ndA: Molly era una prostituta) Vittori: Tarolla cosa stai facendo: Taro: pensavo allo scaglionamento delle pagine da studiare..

Vittori: Scaglionamento? Eh… se ci mettiamo una “o”…

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s t u d FALLI e n t o r u Carrara:Let’s correct the exercise… who is number 2?

Alunno: Baldi, ma è assente...

Carrara: number 18?

Alunno: Martinelli, ma ha già corretto..

Carrara: number 8?

Alunno: Cazzaniga, ma è in America…

Carrara: grrr… Filippo correggi tu!

Vittori: dopo la rivoluzione francese i rampolli con i costumi sgargianti possono continuare a fare feste…

[C’è bagnato in terra] Sergio: ue… non metteteci i piedi… e neanche le scarpe…

Trieste: 6+6 (uccelli) fa 12…

Buzzo: no… 6x2 fa 12…

Pezzotta: il raggio c’è… e la mia palla c’è sempre!

Medolago: prof, posso chiedere una cosa, se non veniamo in gita dobbiamo venire a scuola?

Trieste: dipende…

Medolago: da cosa?

Trieste: da che domanda mi devi fare… ma me l’hai già fatta?

Trieste: se, per esempio, io mi tolgo gli occhiali non riesco ad ascoltare…

[Baldi attorciglia il cordino della tenda intorno a Gualdi] Trieste: no questo non si fa Baldi: era per attirare l’attenzione…

Trieste: ma di chi?

Baldi: ma la sua profe!

Carullo: …mi chiama orso yogi Vittori: chi?

Carullo: Signorinelli…

Vittori: eh… è facile rispondergli…

Pezzotta: vedete questo esercizio è un’applicazione della trigonometria alla topografia… non c’è niente di trascendente…

D’Antonio: Ma profe!… continua a guardarmi male!!…

Gervasoni G.: Allora ti guarderò con occhi dolci e melliflui! Cambierò colore così potrò esprimere tutta la tenerezza che provo per te e tutto quello che non ti ho mai detto!!! [a proposito di D’Annunzio] Perrini: S’era giocato tutto alla ROULOTTE [d’azzardo].

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Alunno: se non fosse per il rilassamento degli addominali, sarebbe un bell’uomo.

Laffranchi: perché parli del risultato di matematica durante l’ora di arte??

Bellu: Sono collegamenti interdisciplinari, profe!

Ambra: Nerone accusò i cristiani di una cosa anche un po’ banale… aver dato fuoco a Roma.

Ambra: Lucini è morto da solo.

Prof: tempus al plurale fa tempora; oggi indichiamo l’osso delle tempie con l’appellativo temporale… sapete perché?

Alunno: forse perché con il tempo ci si stempia….

D’Amico: What’s the name of this boy?

Interrogato: His name is Ash. Alunno: come i pokèmon!

Marchesi: … un po’ come voi che venite a scuola per il puro piacere della cultura, no?

Alunno: Noi veniamo a scuola per inerzia…

Graziano: Ragazzi, credo di non riuscire a sopravvivere per mercoledì.

Alunno: Un “NOOO” doloroso al 3: 1… 2… 3…

Classe: NOOOOOO! Graziano: Grazie ragazzi Marchesi: Beatrice aveva un colore perlato Alunno: come il suo maglione Marchesi: No, il mio al massimo è panna ed è un colore che annuncia un’epatite Alunno: abbiamo scoperto perché muore Brevi: Iodice stai zitto o ti spedisco nell’intermundia e te la faccio sentire io la nostalgia dell’uno Bene!

Cherillo: La direzione del vettore velocità rimane costante?

Andreini: No. Cherillo: E il verso?

Andreini: No. Cherillo: la smettiamo di rispondere a monosillabi?

Andreini: Sì.

[All’interno della redazione del Caterpillar] Capa: se non si potesse contattare Piero Angela, chi vorresti intervistare? non dirmi Alberto…

Scrittore 1: mah… Obama?

Scrittore 2: ahah! puntare un po’ più in alto no? conosci il Padre Eterno?

Scrittore 1: sì, l’ho aggiunto su Facebook!

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Viaggio al centro della Seconda Repubblica Il giornalista Travaglio: «Dalle indagini su rapporti tra Stato e mafia all’informazione, troppo spesso cane da riporto della politica con il bavaglio alle intercettazioni e la tendenza alle markette, fino alla satira che allena la mente»

Fare il giornalista non è semplice: certe cose non si possono o forse non si vogliono dire per non rischiare una querela, oppure perché si può cambiare opinione o ci si deve oltremodo impegnare per conoscere i fatti. Ma ci sono giornalisti che affrontano questioni scomode e, in barba a denunce, s’impegnano a ricostruire vicende discutibili e retroscena della politica italiana.

E’ il caso di Marco Travaglio, cronista torinese che collabora con varie testate tra cui l’Unità. Questi ha lavorato con Indro Montanelli a Il Giornale e deve molta della sua fama all’intervista in cui raccontò a Daniele Luttazzi, nel programma televisivo Satyricon, l’origine delle fortune di Berlusconi e i suoi presunti rapporti con la mafia attraverso il suo libro L’odore dei soldi. Oggi cura anche la copertina del programma televisivo Annozero ed è in tourneè con lo spettacolo Promemoria, in cui illustra la politica italiana degli ultimi quindici anni. Proprio nella data bergamasca di questo spettacolo abbiamo avuto l’onore di conoscerlo.

Nei suoi spettacoli più recenti ha presentato, leggendo il libro Promemoria, la storia d’Italia

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negli ultimi 15 anni: è cambiato qualcosa da Tangentopoli in poi?

«Certo, è cambiato tutto.

All’epoca la magistratura poteva agire libera, mentre oggi sembra che stia tornando all’andazzo degli anni ’50 e ’60, quando non si accorgeva dei reati dei colletti bianchi. E’ sempre più eccezionale il caso di magistrati che vogliano “infilarsi” in indagini che riguardano il potere. All’epoca l’informazione raccontava di tutto e di più e faceva a gara a scoprire gli scandali, adesso fa a gara a nasconderli. Si è ribaltato tutto in questi ultimi 15 anni».

Nel suo libro La scomparsa dei fatti ha descritto il giornalismo italiano come il cane da riporto della politica. In che condizione è l’informazione politica in Italia?

«Quella. Di cane da riporto. Ovviamente non tutta, bisogna precisare che in una categoria di migliaia e migliaia di persone c’è un po’ di tutto. Diciamo che l’andazzo prevalente è quello del “tutto va ben madama la marchesa”, quello del “non disturbiamo il manovratore”, la tendenza alle markette, ai soffietti, alle trombette che ho segnalato giovedì sera ad Annozero, quando ho letto imbarazzanti citazioni da articoli di giornale in cui Berlusconi, Letta e Bertolaso venivano dipinti come Garibaldi, Mazzini e Cavour e che facevano un po’ ridere, sembravano cronache degne dei cinegiornali del Ventennio…».

Come il tono con cui le ha lette.

«Beh, era automatico, sembravano brani dei cinegiornali Luce: quando ti dicono l’uomo della Provvidenza… Ma l’uomo della Provvidenza…» …era Mussolini.

«Dai Patti Lateranensi non s’era mai più sentita una cosa del genere. A nessuno sarebbe mai venuto in mente di definire Craxi, Forlani, Andreotti, De Gasperi l’uomo della Provvidenza. Stiamo impazzendo».

Però, come ha detto, ci sono giornalisti che stima.

«Assolutamente sì, ce ne sono a centinaia. E moltissimi che sono bravi, che magari non stimo

perché non conosco e che molto spesso scopriamo quando all’improvviso vengono denunciati o subiscono attentati. Tra quelli che conosco ce ne sono parecchi che ammiro e dai quali cerco di imparare: questo è anche il Paese che ha visto pubblicare Gomorra (Viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra, libro-inchiesta pubblicato da Roberto Saviano nel 2006, ndr), La casta (Così i politici italiani sono diventati intoccabili, libroinchiesta dei giornalisti Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo del Corriere della Sera edito da Rizzoli nel 2007, ndr), dei libri importanti. Abbiamo la Gabanelli con i suoi inviati di Report (programma televisivo d’inchiesta in onda su Raitre, ndr) e molti colleghi di Annozero che io stimo moltissimo.

L’Italia per fortuna è piena di giornali, radio e televisioni dove si fa bene giornalismo. Dico solo che l’ambiente dell’informazione quindici anni fa andava in una certa direzione, adesso parte di esso va in un’altra».

In un altro suo libro, Il bavaglio, lei descrive le cosiddette leggi-bavaglio, una delle quali colpisce fortemente la libertà di informazione: di cosa si tratta?

«La legge cosiddetta sulle intercettazioni che, oltre a vietare di fatto ai magistrati di fare intercettazioni, va anche a limitare, anzi abrogare la possibilità per i giornalisti di raccontare non solo le intercettazioni, ma anche tutti gli atti di indagine. Così si è stabilito il principio per cui le indagini devono restare coperte da segreto e da impubblicabilità assoluta degli atti, non soltanto nella citazione testuale, ma anche nel contenuto, fino all’inizio del processo. Dato che in Italia tutti i processi sono molto lunghi, il giornalista, prima di parlare di un’inchiesta, dovrà aspettare anni e anni, mentre i cittadini avrebbero il diritto di sapere subito».

«La legge - prosegue Travaglio - prevede galera e multe salatissime per i giornali e gli editori che parlino di un’indagine in corso prima del processo: ancora non potremmo riferire che hanno arrestato quelli che hanno ucciso Franco Ambrosio (imprenditore napoletano, ndr), non potremmo dire che hanno arrestato gli stupratori della Caffarella e che prima sono state arrestate e tenute in galera per 40 giorni due persone che non c’entrano niente (due rumeni detenuti perché accusati di aver compiuto uno stupro nel parco romano della Caffarella e rilasciati dopo essere stati scagionati dalle analisi del Dna, ndr).

Potrebbero arrestare il vicino di casa di qualcuno per pedofilia e quel qualcuno non può saperlo fino a quando inizia il processo. E, se lo rilasciano senza che si sappia perché l’avevano arrestato, magari il suo vicino gli affida i figli mentre va a fare la spesa. Poi quando inizia il processo si scopre che è accusato di pedofilia e si pensa “Ah, cavolo! Avendolo saputo, i

miei figli me li portavo dietro”.

E’ una specie di coitus interruptus, di congelamento delle informazioni che non puoi dare ai cittadini quando serve saperle e che puoi dare solo quando ai cittadini non servirà a niente saperle».

Fra tutti i fatti su cui ha indagato in inchieste o articoli giornalistici, qual è quello che l’ha indignata di più?

«Talmente tanti… Ma la cosa che mi fa più indignare è quando ti avvicini alle indagini sui rapporti tra politica, Stato e mafia nei mesi e negli anni delle stragi: le indagini sulle trattative tra carabinieri del Ros e Mafia, quelle sulla mancata perquisizione del covo di Riina e sui (presunti, ndr) rapporti tra Berlusconi e Dell’Utri e la Mafia, l’intervista al giudice Borsellino che parlava di queste cose e poi venne ammazzato meno di due mesi dopo. Ecco, queste sono cose che m’indignano profondamente perché rivelano cosa è successo negli anni ’92 e ’93 e rivelano anche che tutta la classe politica non vuole che se ne parli.

C’è gente che non ha mai fatto nulla per aiutare i magistrati a fare luce su questi fatti, anzi ha fatto di tutto per coprirli. Così l’opinione pubblica non sa niente di eventi fondamentali che hanno praticamente dato il via alla Seconda Repubblica, in cui viviamo senza sapere che è nata da quel sangue, da quelle stragi, da quelle trattative».

Per quale ragione tanti cittadini scendono in piazza per ascoltare un comico come Grillo parlare di politica e di giustizia?

«La gente va in piazza a sentire queste cose perché evidentemente ha l’impressione che i mezzi e modi tradizionali di informazione non informino adeguatamente, come dovrebbero e potrebbero. Grillo racconta delle cose vere e fa pure scompisciare dal ridere, perciò le persone vanno anche volentieri ad ascoltarlo…».

Ma perché proprio un comico?

«Beh, i politici raccontano anche un sacco di palle e ti fanno pure annoiare a morte, mentre un comico contemporaneamente diverte e soprattutto fa allenare il cervello a fare certi collegamenti. E collegando i fili si accende la lampadina. La satira altera questo linguaggio politico e aiuta».

Lei è un oppositore della legge sull’indulto. Tuttavia Filippo Facci, in un articolo de Il Giornale, scrive che lei ha usufruito dell’indulto in uno dei suoi tanti processi con l’onorevole Previti. E’ vero?

«Falso. Cazzata totale. A parte che l’indulto è una legge dello Stato, non l’ho fatta io. In secondo luogo l’indulto viene applicato se si ha una condanna definitiva: io non ho una condanna definitiva. In terzo luogo l’indulto casca se non si è avuta la sospensione condizionale della pena, cosa che io ho avuto».

Narsete di Feiez Sat5

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Non solo sole in Sicilia Dall’inviato Qual è la prima cosa che l’Orobico medio associa alla Sicilia?

Il sole più splendente. Seguono immagini di degrado e mafia.

Una visione opposta a quella che si ha di una città lombarda come Bergamo, insomma.

Prima tappa della gita è l’isoletta di Mozia, uno dei più antichi insediamenti urbani nella regione. Ci si arriva solo dopo una decina di minuti su di un piccolo traghetto, accompagnati da nuvole grigiastre e da un forte (e freddo!) vento. Non c’è molto: qualche piccola casuccia, una strada che circonda completamente l’isola, una vegetazione verde e suggestiva.

L’esperienza delle classi 3 e 4 H testimonia che, purtroppo, a fine marzo di sole ce ne è gran poco nella zona occidentale della Sicilia, un’isola straordinaria capace di stupire con aspetti contrastanti e contraddizioni, un po’ come una qualsiasi giornata fatta di luci e tenebre, come gli ultimi giorni di marzo nel palermitano in pantaloncini e maglietta a maniche corte, tra l’aria fredda nelle vie e il vento sferzante sulle colline.

Il tesoro dell’isola è un’antica abitazione, ora museo, appartenuta all’ottocentesco mr inglese Whitaker, archeologo di professione: oltre a poter rimirare qualche oggetto antico, ci si imbatte nella celeberrima statua greca del Giovane di Mozia, illustre esempio di ordine e bellezza ricordato nei libri di Storia dell’Arte.

Oltre alle proporzioni perfette del suo corpo e all’effetto di “lino bagnato” del vestito, si rimane sconcertati da qualcos’altro, che forse non si coglie immediatamente:

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In pagina precedente, i due “gemelli”, particolare d’interno di Chiesa di S. Gesù a Palermo, tovaglia souvenir, Efebo di Mozia e la beata tra gli Adoni di 3H. In questa pagina, tempio di Segesta, uno spaccato di 3H in un parco di Palermo, veduta bucolica presso Selinunte e tempio nella stessa località, la 3H alla residenza normanna della Zisa nel capoluogo

è strano che una così preziosa e famosa opera d’arte si trovi in un edificio tanto anonimo, che pochi chiamerebbero “museo”. Un vero peccato, perché il “Giovane” merita certamente una collocazione migliore, “sotto i riflettori” di un grande ente museale facilmente raggiungibile.

Ormai sera, ci si sposta a Palermo per depositare le valigie in albergo.

Nonostante la facciata lasci un po’ a desiderare, come quella degli edifici che lo circondano, l’interno è confortevole e accogliente. Dopo cena si esce per cercare un locale in cui fermarsi e rilassarsi un poco. Percorrendo nel bel mezzo della via le stradine quasi completamente deserte, si commentano vicoli bui e

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maleodoranti, pneumatici forati di una vettura quasi ogni 7-800 metri, un’auto semicarbonizzata da immortalare in uno scatto mal parcheggiata un po’ sul marciapiede un po’ a lato strada, parti di case diroccate, ecomostri in prossimità dei templi greci, splendenti nella perfezione delle forme e nella rigorosità delle geometriche leggi armoniche. Appesi ai balconi i vestiti, alcuni dei quali raggiungibili da chi cammina, e per terra puzza di piscio, che spinge i passanti ad evitare con certosina attenzione le pozzanghere scure ai lati dei marciapiedi. Si contano le auto con le gomme bucate - in media una ogni 7-800 metri - fantasticando su azioni di mafia. Piccoli segnali della presenza criminale sono visibili anche ai più ignari turisti, come i bossoli di proiettile sul bordo di una strada, cerchiati con il gesso da una squadra di Carabinieri. Quasi completamente convinti che di lì a poco sarebbe spuntato un tipo con coppola e lupara e non dimenticando motivi di speranza dati da persone come Chicco Alfano nella sua quotidiana lotta alla mafia, si giunge infine in una pasticceria, dove si possono comprare i rinomati dolci tipici siciliani.

Cassate, cannoli, arancine (ebbene sì, è femminile!)… queste sono solo alcune delizie che si posso gustare, quasi dimenticando quello che si è appena visto per le strade.

Ma, se ci si mette piede di giorno, Palermo non è affatto come il classico Bergamasco si aspetterebbe.

Lasciano senza fiato lo splendore di un’antica

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capitale, la cattedrale che racconta le sue influenze normanne e saracene e la tomba dell’imperatore Federico II di Svevia, che è solo uno dei siti religiosi visitabili in città. E si può “scoprire” la vicina Monreale, con i suoi splendidi mosaici e il portico sorretto da colonnine, ciascuna delle quali con un capitello diverso.

Così - dalla Chiesa dei Gesuiti, esempio di candido barocco, a quella dell’Ammiraglio, ricoperta di ieratici mosaici bizantini - un monumento dopo l’altro, ciascuno dei quali sembra cullato e protetto dall’onniveggenza del Cristo Pantocratore di Monreale.

Esperienza da non perdere è passeggiare per il mercato di Palermo, tra l’odore di pesce, le grida dei commercianti e la visione, per alcuni orripilante, di capretti sventrati esposti sui banconi. A qualche ora di auto, tra questa città e Agrigento, sorgono le località di Segesta e Selinunte, arcinote per i resti greci di teatri e templi. Che dire se non che sono, semplicemente, stupendi? Radici più antiche dell’isola, sono in grado di riportare il visitatore, per poche ma intense ore, all’originaria Trinacria.

Dunque, qual è la prima cosa che si associa alla Sicilia? Una terra magnifica, capace di incutere timore se si percorrono le sue stradine di notte e di stupire per l’esplosione di gusto, di cultura e di vitalità. Eh sì, non c’è solo sole in Sicilia!

Delizia del genere umano

C’èunmomentoincuil’aereo,appenapartito,èancorainclinato,impegnatoascalareilcielo:nonhaancora raggiuntoilsuopostotralenuvole.Epuoiguardarlodaterraesentiredavverodivoleresseresuquelpuntino lontanochenonhaancorapresounadecisione,ametàtraterraesole,prontoaqualsiasirottaeapparentemente libero,sospesonelvuotocomeunapromessa.Ilcieloèlibero,senzabarriere,enoi,ragazzidi4Ge4I,voliamo come bolle nell’oceano, piccole e libere di andare ovunque.

Tuttacolpadiquelvolubilecielod’Irlanda

Lagrandineerabenvisibileattraversoleampievetratedell’aeroportodiDublino.Enoi,italianidairitmilenti, ridevamostupitidicome,inunistante,mutasseilclima,osservandoilnostroprimocielod’Irlandatrasportati daitappetimobili,semprepiùvicinialconfrontodirettoconilvento.Ovviamenteuscimmoperdentidallasfida metereologica,perchéinIrlandal’ombrellononserve,mateneaccorgisoloquandoseisulposto.

Alcaldodell’ostello,trafotodiattriciinbiancoeneroedicowboyperfinzione,ascoltavamolestoriediunragazzocheavevasceltodiviaggiare;pocopiùcheventenneenomadegiàdatempo,liberoesploratoredelmondo.

Cercavamodiimmaginarequelloches’intuivadallesueparole,provandoascorgerglisulvoltoletraccedellasua casabrasilianainmezzoairicordidellesuesemprenuove,numeroseterre.Comelui,unsardotatuatoeunbelga unpo’italiano,echissàquantialtri…Etàcosìvicineallanostra,masceltetantodiverseeaffascinanti:peruna sera,davantialcoraggiodiesseresempredipaseggio,cisiamosentitiancorapiccoli,maancheunpo’iseirati da quella libertà.

DallacapitaleallavoltadiCarrigaline-cheavremmochiamatocasaperunasettimana-erastranoosservare ilbuiocheavvolgevailpullman:collineecampinascostitralefittegoccedipioggia,soloqualchelucearancione lontanaadilluminarelerovinediuncastellosolitario.Ilnostropaesinosembravaprogettatodauncostruttore senzafantasia(oforsesolounpo’ossessivo)cheavevareplicatolasuacasettaapuntainunalungaseriedivie tutteuguali,doveavremmoscopertocheerafacileperdersiancheperlanostraguidairlandese.NellacittàdiCork sipotevanoincontrareragazzichevendevanotrifogliperl’imminentefestadiSanPatrizio;ilverdedominavanei 21

negozidisouvenirtrapecorelleefolletti,mentrelacelebreGuinness,proibitaaldifuorideipubcometuttigli alcolici,daval’illusionedipoteresserecomprataoffrendosicomelogosumaglietteesuboccalidibirravuoti,lungo gliscaffali,accantoascatoledicioccolatiniaromatizzatiall’IrishCoffee.Durantelelezioniabbiamoimparato inlinguaoriginale(l’irlandesedellatradizione)vecchiecanzonicheparlavanodiuominichevenivanoinseguitida capreevistounfilmdoveunopseudo-Gesùvenivacrocifissotraallegricondannatichegliconsigliavanodialways lookonthebrightsideoflifefischiettandoeungiovaneinsegnantemagroesaltellanteincitavaaimprovvisareun pezzorockinpiedisuibanchi…Insomma,inIrlandacisidiverte.Laseraunparcositrasformavanelnostro ritrovo,occasionepersocializzareconiragazzidelluogoche,interessatiallanovitàitaliana,sottolestelleraccontavanodellalorovita,cosìcomenoidellanostra.Siamotornaticapacidiballareun’autenticaIrishDancing:a coppiesicercavadinoncadere,muovendosicomesullapistadaballodellefestedipaese,esitentavadisuperare l’imbarazzopernoncontraddiregliordinidelnostroinsegnante,professionistadallosguardoseriochenonammette esitazioni.Ipranzipreparatidallanostrahostfamilyciaccompagnavanogiornodopogiorno,conlalorovarietà digustieaccostamenti,dalcioccolatoallamentafinoalformaggioarancionechetuttinoiguardavamoconunpo’ disospetto.Dopoun’analisiattentadeinostrisacchettieunoscambioconqualcunochesembravaavesseunpanino più invitante, in massa ci dirigevamo verso McDonald’s e le sue patatine internazionali.

L’oceanocheavevamosoloimmaginatoguardandolecartinediquest’isola,cisispalancòdavantiilgiornoincui andammoalleCliffofMoher,strapiombisull’Atlanticodoveilventochescompigliaicapellieilprofumodell’acquasalatafannosentiredavverodiessereinunpostospeciale,dovelanaturaimpediscedirimanereindifferenti. ‘..dovunquetustiaviaggiandoconzingarioreilcielod’Irlandasimuoveconteilcielod’Irlandaèdentrodite..”

Roby 22

Lavenditadelletorteèormaiunatradizionenellanostra scuola,grazieallaqualeciimpegniamonell’aiutarepersone piùsfortunatedinoi.Finoadoggiisoldiraccoltisonostati impiegatinellacostruzionediunlaghettoinBangladesh, graziealsupportodiGisellaAschedamini,dasempreimpegnatainquestezone.Possiamodireconsoddisfazioneche lacostruzionedellaghetto,indispensabilefontedisostentamentoperl’economialocale,èormaigiuntaalterminegrazie anchealnostrocontributo.Laconclusioneeilsuccessodi questainiziativacihaspintoacontinuareconlaraccoltadi fondiperilBangladesh,cheoraavràcomefineaiutaresei studentesseacontinuarelascuola.SempregrazieaGisella siamovenutiaconoscenzadelladifficoltàperquesteragazze nelproseguireglistudi:lapovertàrendeimpensabilesostenerelespesescolastichesuperiorinellacittàdiDacca, checomporterebberoancheuntrasferimentodalloropiccolo villaggiononprivodicosti.Studiareèilprimopassoper costruirsiunfuturomigliore,ecièsembratodoverosoaiutarequestenostrecoetaneenellorocamminoversounavita piùserena,liberadalgravepesodellapovertàcheoggile opprime.Eccodiseguitoalcunedelleletterechecihanno spedito.Grazieatuttiperquellocheavetegiàdatoeper quello che darete.

Dear friend, Myheartylovetoyou.Ihopeallofyourfamilymembers arewellbythegraceofGod.Iamwelltoo.IamMaria Loretta Murmu, I am Santal. I have four sisters and twobrothers.Myfatherisafarmerandmymotherisa housewife.Myfatherissufferinginmanydiseasesfromlast twoyears.Botharenowunabletowork.Wehavenopiece ofland.Threesistersandonebrothergotmarriedandnow theyliveseparatedfromus.Ihaveoneyoungerbrother,he is taking a three years course on electricity.

So it is a very difficult day for our family. I read in college,andnextmonthIwillappearfinalexam.ReallyIam verygratefultoyouforallyourkindness.Ihaveagreat desireforleader,andmydreamisbecomingtruethanksto thehelpofFr.Frankoandyou.PrayformesothatIcan beagoodleaderbesidemystudy.AtthesometimeIcan lead the children always in God’s way.

May God bless you. No more today.

Yours ever, Maria Loreta Murmu

Gruppo Solidarietà

Lettere dal Bangladesh

20-03-09 Dear friend, Takemycordiallove.Hopeyouarewell.Iamfinetoo.

I am Palladio Moat. I am a student. I read in class six.

OurschoolnameisKalaChanPurrhighschoolandcollege.

I came from Joy Parham, now I live in Dhaka. My father’snameisLithiaMoat,heisafarmer;mymotherdied whenIwasachild;Ihaveonebrotherandthreesisters:one sisterreadsinclassnineandoneinclassfour.Myfather isilliterate,andheistheonlyonememberofthefamilythat earnmoney.ReallyIamveryhappytogetmoreopportunity tocontinuemystudy,Igiveyouthanksforallyourhelp.

TodayIcanstaywithothersgirlsduringtheday,andI getmanyexperiencesfromhere.Wefollowsomerulesand weprayeveryday,athingthatIdon’tdoinmyfamily.I like it very much.

Dear friend,

At the end again I give you thanks. No more today.

At first my hearty love. Hope you are well, I am well too. My name is ShaplaTudu, I am a student of class nine.IamaSantal.Myfather’snameisBarnabesTudu, heisenougholdandhecan’tworknow.Mymotherdiedin 1990.Wearesixbrothersandsixsisters.Theyareuneducatedbecausemyfamilyhasnotthemoneyfortheschool.I gotthechancetogethighereducationbythegraceofyou.

ThereforeIgiveyouthanksandIamverygratefultoyou, becausetodayIcaneatthreetimesandIcanstudy.It seemstomelikeadream.Iprayforyouandyoualsopray forme,sothatIcanbeaneducatedpersonandasocial worker in the future. No more today.

Yours ever,

Yours ever, Shapla Tudu

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Passeggiando negli spazi della pittura tonale Cornali: «Ricerca artistica, madre e moglie sono tutta la mia vita, intensa, tra un fare e un disfare. Ricordo gli allievi che mi commossero chiedendomi di tornare a insegnare»

Sulla soglia dello studio di Mario Cornali sembra proprio di entrare in un luogo magico, trasportati dalla pittura e al contempo sorpresi dall’umiltà dell’artista.

Cornali è nato a Bergamo l’8 settembre 1915. Ha frequentato la Scuola d’arte Andrea Fantoni dal 1928 al ’29 e la Scuola del nudo all’Accademia Carrara di Bergamo tra il ’31 e il ’32. Scuola di nudo a cui per tradizione erano ammessi solo i migliori allievi e che, come ricorda lo stesso Cornali, costava ben 50 lire.

Dal ’29 al ’35 lavorò come apprendista e aiutante nello studio del pittore, nonché decoratore, scenografo e restauratore di affreschi, Giovan Battista, detto Nino, Nespoli (Palazzago, 1898 - Bergamo 1969). Dopo il servizio militare di leva negli anni 1936 e ’37, si mise in proprio eseguendo decorazioni e affreschi in chiese; lavoro che alternò con attività pittorica di studio e che gli creò la possibilità di esordire in occasioni espositive.

Ma «fui richiamato nell’ottobre del ’40 - ricorda lo stesso Cornali - Poi feci domanda per andare al fronte della ex Iugoslavia: non ebbi mai rimpianti. In tempo di guerra, talora potei dipingere indisturbato, talora dovetti arrangiarmi a dipingere senza pennelli, con le dita». Quindi mostra dei paesaggi e i ritratti dipinti (o talora modellati, su piedistalli) per cui faceva posare i fratelli e in seguito gli amici artisti.

Nel ’42 Cornali ebbe l’opportunità di esporre per la prima volta (la seconda, nel ’48) alla Biennale di Venezia, nel padiglione delle forze armate, e a Roma in una mostra degli “artisti in armi”.

Riprese la normale attività artistica nel 1945 e, tra il ’47 e il ’52, fece parte del gruppo «Arte artigianato orobico», che fu avviato da Luciano Rumi e portato avanti da Nino Zucchelli e in cui Cornali collaborò con altri artisti come Franco Normanni, Erminio Maffioletti, Domenico Rossi e Roberto Algisi. Così

realizzò numerose opere di carattere decorativo e artigianale nel campo della ceramica e partecipò con il Gruppo a prestigiosi eventi espositivi, meritando il Premio nazionale della ceramica a Vicenza nel ’53.

Si distinse in premi storici come quello della Miniera del ’46 e il Dalmine degli anni ’50: l’artista ricorda in particolare il primo premio alla Mostra nazionale d’arte sacra eil secondo al concorso dell’Autoritratto che si tennero a Bergamo tra fine anni ’40 e primi ’50, quando egli poté riprendere a dipingere ad olio.

Dal 1966 al ’78 ha insegnato Figura disegnata al Liceo artistico statale di Bergamo.

Maestro, quando ha cominciato a dipingere?

«Tutta la vita, - risponde Cornali - dipingevo già all’asilo e alle elementari».

Quale valore ha l’arte nella sua vita?

«Tutto. E’ molto importante, è tutta la mia vita. Ho sempre amato l’arte e vissuto il mestiere di pittore. Una vita intensa, che non è solo realizzare il quadretto, ma è una vita del fare e disfare» (e lo dice indicando uno dei suoi quadri appesi alla parete dello studio, visitato e rivisitato più volte a distanza di anni, ndr).

Che cosa le piace di più dipingere?

«Amo molto il paesaggio. Quando andavo in Brianza a fare affreschi, godevo il paesaggio: viaggiavo in bicicletta, per ragioni economiche. Ho dipinto anche

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paesaggi valdostani (come quello che l’artista indica e che fu ammesso alla Biennale di Venezia del ’48, ndr), umbri e marchigiani. E amo molto i paesaggi toscani».

Che cosa vede nel paesaggio?

«L’atmosfera e l’ambiente. Anche chi lo abita».

La sua è una pittura tonale, per così dire tipicamente bergamasca: dalle tonalità basse, sobrie, quasi austere…

«Amo per natura le tonalità non violente e prediligo i toni grigi (propri di una ricerca pittorica spaziale, ndr)».

Per un pittore è importante allestire mostre personali?

«E’ molto importante. E’ bene farle perché, se vanno bene, aiutano l’entusiasmo, se vanno male, fanno prendere e superare qualche batosta».

Le ha dato soddisfazione insegnare “l’arte” ai suoi allievi?

«L’arte non è quella che faccio io, ma quella che insegnano grandi del passato e del presente. Comunque insegnare mi ha dato soddisfazione: ho trasmesso qualche cosa. Quando ho dato le dimissioni sono i miei allievi sono venuti a casa a prendermi. Perciò sono rimasto al Liceo artistico, ho continuato a insegnare.

Questo fatto mi aveva commosso molto».

Quali artisti l’hanno in certo modo influenzata?

«Subivo l’influenza di tutti: ero un giovane di

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provincia. Da ragazzo ho lavorato per il pittore Nespoli, che era stato allievo di Ponziano Loverini (direttore dell’Accademia Carrara all’inizio del ’900, ndr): gli preparavo i colori e lo aiutavo ad affrescare.

Sono cresciuto così. E avevo la possibilità di vedere artisti e mostre».

A quale altra particolare esperienza si è dedicato nella sua vita?

«Nel campo dell’arte, all’affresco: il primo l’ho realizzato a 14 anni come apprendista del pittore Nespoli.

L’affresco non concede ritocchi e non permette di ottenere la stessa intensità dei colori ad olio. Nella vita, ho sempre amato mia mamma, innanzitutto, e mia moglie, per tutto il resto della mia vita».

Come affrontava i lavori su commissione?

«Come li sentivo».

Quali sono i suoi quadri preferiti?

«Mi piacciono molto il quadro “La madre”, dove è appunto raffigurata mia madre: credo sia uno dei quadri più riusciti. E un interno con un tavolo e dei colori. Questi mi piacciono molto per il soggetto, la composizione, gli spazi…».

Come vede il futuro dell’arte?

«I passaggi sono molto importanti. Come quelli che ci sono stati, specialmente in Italia: gli anni in cui si guardava Bergamo che guardava Loverini e il Novecento».

«Adesso sto qui nel mio studio, - conclude Cornali - dipingo, non mi interessa vendere molti quadri (non sono mai stato attaccato ai soldi)».

Giulia

L’EX ALLIEVO SALVI: «UN BUON MAESTRO»

Quale ricordo conservi del rapporto con Mario Cornali, tuo insegnante di figura al Liceo artistico statale di Bergamo?

«Ho avuto un bellissimo rapporto - ricorda Gianluigi Salvi - Egli è stato un insegnante riservato, attento agli studenti e molto preparato nel campo dell’arte e delle composizioni figurative come il disegno dal vero o il nudo dal vero.

Cercava di capire la sensibilità di ogni studente e di indirizzarlo assecondando le sue affinità. Fuori dalle mura scolastiche ho avuto con lui un ottimo rapporto di amicizia e di stima sia come uomo sia come artista: discutevamo d’arte, ogni tanto divertendoci».

Il suo metodo d’insegnamento catturava l’attenzione degli allievi?

«Certo, ci invogliava, conquistava la nostra attenzione spiegandoci l’importanza della costruzione del soggetto e nello stesso tempo lasciava libertà di espressione personale, incitando lo studente a perseguire la proprie affinità artistiche».

Agli occhi dello studente com’era il professor Cornali?

«Una persona molto timida e rispettosa verso le opinioni dei giovani: ci faceva capire le cose senza interferire con il nostro modo di essere».

Nelle pagine precedenti, Mario Cornali, “Autoritratto”, olio su tela, 1997 “Paesaggio brianzolo”, olio su tela, 1955 e “Paesaggio lacustre” degli stessi anni “Paesaggio” (bergamasco) dipinto a 19 anni (foto Francesco Mangili) Interno, olio su tela, 1987 “Mia madre”, olio su tela, 1963.

In questa pagina, “Natura morta”, olio su tela, 1962 e Mario Cornali al lavoro nel suo studio nel 2006 (foto Alfredo Cannatello)

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G.

De Luigi, dal piccolo al grande schermo «Sono attore di tv, cinema e teatro per poter mettere all’opera tutto me stesso.

Comico, per poter vedere la realtà da un’ altra prospettiva, utile anche nella vita»

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E’ lui o non è lui… certo che è lui... Fabio De Luigi!

Egli rappresenta lo show man a 360° forse uno fra le persone più versatili - come direbbe la Celentano della televisione italiana.

Nato a Rimini l’11 ottobre 1967, trascorre un’infanzia felice e - salto pindarico - si laurea nel 1992 (quando sono nata!, ndr) all’Accademia delle belle arti di Bologna.

Ci vuole più di un box per ripercorerre la sua carriera, tra radio, televisione (numerosi anche gli spot televisi di cui è stato testimonial), cinema e teatro. In cui si potrebbe definire una costante: il genere comico con un tocco di bellezza.

Dato che egli ha sempre collaborato con donne dello spettacolo bellissime quali Micelle Hunziker, Vanessa Incontrada, Elisabetta Canalis e Ilary Blasi.

CINEMA 1998 1999 1999

TELEVISIONE 1998 1999 2000 2000/04 2005 2005 2005 2005 2007 2008

“Facciamo cabaret” Italia 1 “Mai dire gol” Italia 1 “Mai dire Maik” Italia 1 “Mai dire domenica” Italia 1 “Love bugs” Italia 1 “Mai dire lunedì” Italia 1 “Festivalbar” Italia 1 “Love bugs 2” Italia 1 “Mai dire martedì” Italia 1 “Le Iene” Italia 1

2006 2007 2008 2008 2008 2008

“Matrimoni” regia di Cristina Comencini “Asini” regia di Antonello Grimaldi “Tutti gli uomini del deficiente” regia di Paolo Costella 1999 “Il partigiano Johnny” regia Guido Chiesa 2000 “Se fossi in te” regia di Giulio Manfredonia 2001 “Il gruppo” regia di Anna Di Francisca 2001 “Un Aldo qualunque” regia di Dario Migliardi 2002 “Le misure dell’amore” regia di Paolo Genovese, Luca Miniero 2004 “E’ già ieri” regia di Giulio Manfredonia 2004 “Ogni volta che te ne vai” regia di Davide Cocchi 2005 “Madagascar” regia di Eric Darnell - Tom MacGrath, Dreamworks “Natale a New York” regia di Neri Parenti “Natale in crociera” regia di Neri Parenti “Come Dio comanda” regia di Gabriele Salvatores “Natale a Rio” regia di Neri Parenti “Ex” regia di Fausto Brizzi “Gli amici del Bar Margherita” regia di Pupi Avati

RADIO 1996/97 “Il programma lo fate voi” Radio 2 1997 “Buono domenico” Radio 2 2002 “Il cammello di Radiodue” Radio 2

TEATRO 1991 “Un titolo comico” di F. De Luigi 1992 “Non capisco come sia successo” di Fabio de Luigi 1993 “La vera storia di Fabio” di Fabio De Luigi, regia di Fabio Biondi 1997 “Tafano show” di e con Fabio De Luigi, Natalino Balasso, Savino Cesario, regia di Antonio Catania 1999 “Biol” di F. De Luigi e Paolo Cananzi, regia di Fabio Biondi.

1991 “Un titolo comico” di Fabio De Luigi 1993 “Non capisco come sia successo” di Fabio de Luigi 1995 “La vera storia di Fabio” di Fabio De Luigi, regia di Fabio Biondi 1997 “Tafano show” di e con Fabio De Luigi, Natalino Balasso, Savino Cesario, regia di Antonio Catania 2002 “Irma la dolce” di Alexandre Breffort, regia di Jérome Savary 2006/07 “Il bar sotto il mare” di Stefano Benni, regia di Giorgio Gallione (al PalaCreberg di Bergamo il 18/01/2007)

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Insomma Fabio De Luigi è una di quelle persone che hanno già dato molto e molto daranno ancora!

Sono le 15.34 di un normale venerdì da redattori del Caterpillar.

Sono le 15.34 del venerdì in cui ci fiondammo dal laboratorio D al telefono della scuola per intervistare il mitico Fabio. …tu…tu…tutu…

Fabio: Pronto ?

Clood: Ciao Fabio, sono Claudia, un’alunna di terza liceo. Ti chiamiamo per l’intervista…

Fabio: Ah sì, certo… ciao Claudia.. tutto ok? (…battito cardiaco a mille…e dopo qualche secondo…)

Clood: Un po’ emozionata, ma tutto ok… E tu sei pronto per l’interrogatorio?

Fabio: Aspetta che accendo la lampada così sembra più vero…

Clood: Chi o che cosa ti ha spinto a intraprendere la carriera di attore comico?

Fabio: Mah… La persona che mi ha esortato sono io stesso. Questo lavoro è quello che ho sempre voluto fare. Dopo aver frequentato il Liceo Artistico, mi sono iscritto all’Accademia di belle arti a Bologna. E ho esordito come comico nel 1990.

Clood: Andavi bene a scuola?

Fabio: Andavo bene nelle materie che mi interessavano come disegno, storia, italiano… insomma… materie umanistiche. In matematica dopo il primo anno si è aperto nella mia testa un buco nero che gli scienziati non sono ancora riusciti a spiegare…

Clood: Chi è stato il tuo modello?

Fabio: Domandone. Ero fan sfegatato di Peter Sellers (che, per chi non lo sapesse, è stato un celebre attore,

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regista e sceneggiatore inglese, ricordato per le spiccate doti comiche, l’abilità nei travestimenti e nelle imitazioni, ma anche in ruoli drammatici, ndr).

Lui era imbattibile. Ora sono stati fatti alcuni remake di suoi film: ne ha realizzati di grandi, come «Oltre il giardino» (diretto nel 1979 da Hal Ashby, ndr) e la «Pantera Rosa».

Clood: A quale personaggio che hai interpretato ti sei affezionato di più?

Fabio: I personaggi sono come dei figli, li allevi, li crei tu. Vuoi bene a tutti e non fai preferenze. Così, al volo, ti direi Ingegnere Cane, Olmo, Lucarelli e Medioman (personaggi interpretati in Mai dire lunedìmartedi-Grande Fratello..., trasmissioni televisive con

la Gialappa’s Band, ndr).

Clood: Ma come nasce un personaggio?

Fabio: Domanda bastarda questa: sembra fatta da un giornalista. Mi divertivo anche io, assieme agli autori, a creare personaggi immaginari (tranne eccezioni dalla personalità spiccata quale Lucarelli). Devi dargli un loro mondo. Come personaggi televisivi sono nati tutti in collaborazione con la Gialappa’s band, con la quale mi sono molto divertito. Per esempio l’Ingegner Cane è nato nel periodo in cui si parlava del ponte sullo stretto di Messina. L’abbiamo pensato come colui che facesse la parte del cretino. Per quanto riguarda i personaggi del Grande Fratello, mi veniva richiesto di interpretarne uno all’anno (se riuscivo). Per fare Patrick ho dovuto insistire molto: ce ne erano altri ancora più forti.

Clood: Sei attore non solo televisivo, ma anche di cinema e teatro. Quale ambito del tuo lavoro ti piace di più?

Fabio: Mi piace fare il comico, in ognuno di questi contesti di lavoro e in ogni modo in cui si può esprimere la comicità. Mi piace recitare, perché ritengo che lo strumento, che per un attore è se stesso, sia da

utilizzare completamente. far finta di essere qualcun altro è una cosa che mi prende e diverte molto! E, recitando in campo cinematografico, ho potuto anche scoprire quanto sia affascinante vedere a distanza di mesi ciò per cui hai lavorato.

Clood: Qualche chicca sul tuo nuovo film «Gli amici del bar Margherita» diretto da Pupi Avati e uscito ad aprile?

Fabio: E’ una storia ambientata in un bar di Bologna, nel 1954, poco dopo la fine della guerra. Un gruppo di amici, che avevano un sogno da realizzare, ma che non lo realizzeranno più, sono visti dagli occhi di un ragazzino come degli eroi quando, in realtà, sono come dire... - degli assurdi disgraziati e stanno sempre a cazzeggiare al bar.

Clood: Che cos’è la comicità?

Fabio: E’ una cosa reale vista però da un’altra prospettiva… che la rende buffa!

Clood: C’è mai stato un periodo buio in cui hai pensato che la tua carriera stesse per finire? La comicità ti ha aiutato?

Fabio: Sì sì, la comicità aiuta. Aiuta ad adattarsi ed evolvere in quella che Darwin chiama selezione naturale!

Clood: Ok, la tortura è finita… ciaooo e a presto!

Fabio: Ah, gia’ finita?! Grazie e a presto.

Clood The Beast of Rasphius Marco, Giovanni, Paolo A sinistra, Fabio De Luigi e Cecilia Dazzi ballano al ritmo “mai liscio” di una bizzarra storia d’amore in “Ogni volta che te ne vai”, commedia sentimentale diretta da Davide Cocchi da un’idea dello stesso De Luigi e di Antonio Piazza e Fabio Grassadonia.

Nelle pagine precedenti e seguente, Fabio De Luigi recita in scene tratte dallo spettacolo “Il bar sotto il mare”, regia di Giorgio Gallione, dove l’autore Stefano Benni, scrittore umorista, ha immaginato che una sirena abbia imprigionato in fondo al mare un’umanità strana, naufragata dal mondo, che, con sagace spirito comico, narra le proprie avventure oltre i confini dell’assurdo.

E Fabio De Luigi in “azione” cinematografici tratti dai film “Come Dio comanda”, regia di Gabriele Salvatores, “Ex”, regia di Fausto Brizzi, e “Natale a Rio”, regia di Neri Parenti

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Suona: la musica è in te Si ritiene che effettivamente l’uomo abbia fin dalla nascita una predisposizione alla musica: c’è alla nascita e chi fin da piccolo suona e la coltiva può svilupparla, altrimenti essa finisce, per così dire, nel dimenticatoio. In un certo senso è quello che ho fatto io e che continuo a fare. E bisogna ammettere che la mia esperienza ha dato fondo alla teoria di cui sopra.

Ma che cos’è la musica?

Etimologicamente questa parola trae origine da un aggettivo greco (μουσικός/mousikos) riferito alle Muse. Il termine Musica indicava appunto tutte le arti di queste Muse ed alludeva a qualcosa di Bello e Perfetto.

Per come la vedo io la musica è la massima forma di comunicazione, d’arte, d’espressione e di divertimento. L’ultima forse è un po’ personale, ma per quanto riguarda la comunicazione – sembra scontato – la musica appartiene a tutti ed è praticata in tutta la terra.

Come Arte, la musica racchiude bellezza, armonia e creatività: tutte caratteristiche difficili da trovare insieme, ancora più difficili da unire se siamo noi a scrivere. La parola musica può comunque far presumere che si parli di qualcosa che si ascolta, si sente, viene insomma percepita dal nostro orecchio: tutto vero, ma la musica in realtà non è solo suono, deve essere equilibrio tra suono e silenzio. In un pezzo come si deve, oltre a questo equilibrio, non deve mancare l’armonia: essa è ciò che collega la melodia al ritmo. A mio avviso oggi molti brani non contengono questi fattori tutti insieme; quindi diventa difficile definirli brani orecchiabili. Il problema sarebbe proprio sapere cosa sono l’armonia, la melodia e il ritmo. L’armonia è la combinazione simultanea di suoni che in qualche modo siano affini, la melodia è una successione di suoni o di accordi generata con un senso compiuto (e possiamo unire armonia e melodia nella tonalità), mentre il ritmo è un susseguirsi di accenti con una regolarità periodica.

Come forma d’espressione, a prescindere da quale sia la nostra scelta fra l’attuale infinità di artisti e generi musicali, l’ascolto suscita in noi emozioni e sensazioni profonde. A livello emotivo è difficile capire che cosa produca tali reazioni nel nostro cervello: un input può essere dato da

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un pezzo solo strumentale, da una sua determinata sequenza di accordi, come dal testo che lo correda. E’ proprio il caso delle colonne sonore: vi sono determinati parametri che vengono seguiti quando si vogliono indurre nello spettatore sensazioni particolari, quali tristezza, felicità, paura, sorpresa eccetera. A questo proposito è doveroso introdurre l’ambito della Musicoterapia: questa branca della medicina utilizza delle terapie basate sugli effetti prodotti proprio attraverso l’apparato uditivo, con l’obiettivo di soddisfare alcune esigenze fisiche o emozionali del paziente. In definitiva possiamo dedurre che la musica è qualcosa che si muove con l’uomo nello spazio e nel tempo. Con essa è infatti possibile compiere un excursus nella storia, se pensiamo che spesso nelle canzoni si rispecchia la società, con i suoi valori, mutamenti e problematiche.

La musica diventa anche un fondamentale punto di contatto, specialmente tra i giovani, sia come argomento di discussione, sia come motivo di incontro per chi suona. Ovviamente il perché questo fenomeno riguardi in particolar modo i giovani risiede nel fatto che vi è stato un forte sviluppo tecnologico negli ultimi anni che ha appunto favorito una diffusione capillare della musica: mi ricordo che fino alla fine degli anni ‘90 erano diffusissimi i dispositivi “Walkman”, ossia i lettori portatili di MC (musicassette), che sono stati poi sostituiti dai CD players con l’avvento del compact disc, che immagazzinava anche venti brani in un diametro di 12 cm, a sua volta sostituito dagli MP3 players, quando si è diffuso l’MP3 (MPEG 1 Layer 3), che comprimendo i file audio consentiva di immagazzinare una quantità superiore di brani. Ultimamente comunque pare stiano tornando in voga i mitici LP (Long Playing, ossia i dischi in vinile), probabilmente per una questione di qualità, anche se pochi si rendono conto che la qualità del sonoro non è riscontrabile senza un adeguato mezzo di riproduzione. E, visto ormai l’attaccamento alle ultime tecnologie (Ipod, Creative Zen ecc), per gran parte della popolazione musicista è sufficiente avere file MP3 a 320kbps (--> questa è la bitrate, in base alla quale si può valutare la perdita di informazioni dovuta a compressione: più il valore e alto, meno informazioni vanno perse, più qualità ha il file).

Ascoltare la musica resta comunque una cosa

stupenda e non c’è niente di meglio di una buona canzone se si è giù di corda o semplicemente non si sa che cosa fare. Ma chi come me suona qualche strumento concorderà che c’è molta più soddisfazione a suonare un pezzo di persona, da soli o anche in gruppo. E quando lo si fa bene può anche diventare un mestiere stupendo: quando si suona in pubblico la cosa importante da sapere è che si fa per gli altri più che per se stessi. Quindi un consiglio a tutti i musicisti, qualunque strumento suoniate (voce compresa): non smettete mai di fare Musica, di pensarla e di inventarla in ogni momento. La musica è in noi.

Guitarman

Carlos Santana

Il Ritorno delle Valchirie Ci eravamo lasciati parlando dei nostri quasiconterranei Lacuna Coil che, ad onor di cronaca, in queste settimane sono tornati in testa alle classifiche riscuotendo grande successo con ’Spellbound’, il singolo che anticipa l’uscita del loro nuovo album.

L’italia ha partorito un’altra goth band degna di nota, i romani Theatres Des Vampires. Fortemente inspirati al black metal, caratteristica che li ha accomunati ai più famosi Cradle of Filth, le loro canzoni si distinguono per il tema ricorrente del vampirismo che li porta ad introdurre dei brani sinistri cori, un uso persistente della chitarra elettrica e, durante i concerti, a richiamare queste tematiche attraverso coreografie e costumi d’epoca.

Con la loro musica fatta di agghiaccianti urla, di sussurri in flebile francese (ma, proprio come i Lacuna Coil, cantano prevalentemente in inglese...) e di inquietanti cori in latino, si guadagnano un posto di tutto rispetto nel mondo del gothic più oscuro. Ma con il passare degli anni innovano il loro sound introducendo elementi propri della musica classica, della lirica così come elementi della musica elettronica ed industrial. Con l’abbandono da parte del cantante maschile, non che fondatore della band, tale Lord Vampyr (che fantasia...) il comando passa a Sonya Scarlet che si dimostra una front-woman di tutto rispetto. Dopo la pubblicazione del loro ultimo album, Anima Noir, la band inizia un tour mondiale con cui riscuotono molto successo in America Latina, in Russia e nell’est Europa. Grazie alla Contessa (non chiedetemi perché chiamano Sonya così, ma un motivo ci sarà pure...) la cui voce melodica ben si presta alle melodie crepuscolari della band, i TDV partecipano ai Gods of Metal nel 2000 e al Metal

Famale Voices Festival del 2006.

Ma non tutte le cantanti della scena rock e metal sono dotate di angeliche voci da tentatrici o, perlomeno, questo non è il caso di Angela Gossow, bella rappresentante degli svedesi Arch Enemy. Unitasi al gruppo solo nel 2001, questa exgiornalista tedesca fa sfoggio di un timbro potente e duro, idoneo ai ritmi rapidi ed allo stile growl.

Infatti la cantante si adatta velocemente a questo stile vocale inizialmente usato solo dagli uomini e si inserisce con molta facilità nel percorso avviato già da anni della band. Il successo del primo album dopo l’ingresso di Angela, Wages of Sin, li porta a suonare subito con Stayer e Motörhead in un tour del Giappone.

Nel 2003 viene pubblicato Anthems of Rebellion dove per la prima volta compaiono le seconde voci.

Avere una donna per front-man non impedisce al gruppo di partecipare a vari festival, tra cui il Black Crusade Tour, ma, al contrario, attira l’attenzione dei media proprio per la sua figura che non rientra negli schemi delle vocalist dalla voce soave e melodica e per la sua personalità forte e vincente, da leader.

Cos’altro potrei dire? Mi sembra di aver ben dimostrato che per aver successo assicurato, almeno un membro femminile va considerato...

Kimi

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Racconto d’appendicite

Ricerche «Allora… ti vuoi muovere?»

Aspettavo fuori dal camerino mentre Lilith provava i vestiti.

«Taci maniaco».

«MA che taci! Sei dentro da venti minuti. Ti sei persa?»

«Eccomi, essere assillante… Come vanno?»

Uscì mostrandomi i vestiti. Un maglione grigio e un paio di jeans neri infilati in stivali di pelle dello stesso colore: comune ma non male…

«Che ne so? Prendi quelli, così ce ne andiamo…»

«Cosa ti fa credere che continuerò a seguirti?»

«Il fatto che ti cercherei anche se scappassi…»

Pagai in contanti il negoziante ed uscimmo. Mentre indossavo il mio giaccone osservai la strada in direzione della stazione.

«Itch ha detto che il laboratorio è a Hillwind, sul mare… Non ho voglia di correre fin là: andremo in treno».

La vampira mi dormiva davanti nella carrozza, mentre ripensavo alle parole di Itch: «Kai Igari è un grande ricercatore, tra i primi cinque esponenti di Pandora, noti a tutti. Ma non fidarti di lui. E’ abbietto, egoista e meschino, se possibile più degli altri 4. Pare abbia venduto l’anima per gran parte della sua conoscenza».

Giungemmo a destinazione dopo poche ore.

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«Bene… Ora che siamo qua… dove è il laboratorio?» senza dire nulla indicai una costruzione in cima ad un promontorio sul mare, verso cui ci dirigemmo subito. Ci aprì la porta un uomo non molto alto, con la pelle giallastra, occhi a mandorla e capelli neri spettinati.

«Salve! Tu sei Virgil-sama? Icar-san mi aveva parlato del vostro arrivo… Prego, prego».

Entrammo e subito ci accorgemmo del contrasto interno-esterno. Se da fuori la casa sembrava una reggia, la sua natura di laboratorio era evidente all’interno. Vi erano decine di stanze da cui uscivano luci sconosciute. Mentre Igari accompagnava Lilith verso quello che presumevo essere lo studio, scorsi una bambina che piangeva con la testa fra le mani nell’angolo di una stanza buia. Mentre continuava a piangere, la bambina improvvisamente mutò in un piccolo lupo mannaro, per lasciare nuovamente il posto alla bambina dopo pochi secondi. Provai pietà per quella creatura, ma mi costrinsi a lasciarla per tornare da Igari.

Sedutosi alla scrivania sulla poltrona girevole e guardandoci da dietro lo schermo di un pc, lo scienziato disse: «Conoscete la politica di Pandora, vero? Niente per niente, tutto per tutto. Lo scambio equivalente».

Annui: anche Itch sosteneva quella filosofia, salvo eccezioni per amici come me.

«Siamo qua per sapere qual è il prezzo…»

«Uhm… Per avere informazioni su Calipso, il gruppo di rinnegati, dovete portarmi il Cuore di Luna. E’ un grosso blocco d’acquamarina, conservato dai licantropi, che si dice abbia poteri occulti. La loro sede è il New night, locale del centro. Pensi di trovarlo?»

Annuii alla richiesta e voltatomi presi la direzione

della porta seguito dalla vampira. Usciti dal laboratorio mi concedetti una boccata d’aria fresca.

Guardando Lilith le chiesi: «Ci andiamo a piedi… pronta?» Sbuffò con fare beffardo «Certo».

Dopo dieci minuti arrivammo in centro e cominciammo a cercare il locale. Capimmo di essere arrivati quando ci trovammo davanti ad un enorme insegna luminosa a forma di luna. Entrammo di soppiatto nell’edificio, passando dall’ingresso posteriore, ma, giunti alla terza curva, ci trovammo di fronte un energumeno.

«Signor Virgil e compagna? Seguitemi, prego».

Mentre seguivamo l’omone Lilith mi guardò spaventata e mi sussurrò: «Come fa questo a sapere chi siamo?»

Digrignando i denti risposi: «Mi pare ovvio che quello scienziato infame ci abbia venduti…»

«Ma perché?»

«Già… perché?»

Fummo condotti in una stanza molto grande, arredata a metà fra uno studio e un soggiorno, dove un tizio abbastanza tarchiato da dietro una scrivania ci disse: «Benvenuti, ragazzi miei.

Innanzitutto complimenti per la faccia tosta con cui siete venuti qua. Pensate che sia idiota e non tenga d’occhio il mio locale?»

Lo interruppi: «Mi serve il Cuore di Luna.

Ovviamente l’avrei rubato, ma, visto che mi avete

gentilmente accolto, sono disposto a contrattare.

Devo darlo a uno di Calipso…»

«Chi? Kai Igari? Ha già il gioiello: glielo abbiamo dato noi… È lui che ci ha detto che sareste arrivati e di uccidervi, affinché possa studiarvi meglio.

Addosso ragazzi!»

Mi resi conto improvvisamente di essere circondato da Mannari. Questa volta, non impreparato, richiamai subito a me le ombre del mio animo e ne plasmai parte sotto forma di piccole scariche elettriche che percorrevano il corpo, particolarmente concentrandosi su mani e corpo. Mi accorsi che anche Lilith aveva assunto un atteggiamento offensivo.

Un mannaro scattò con un salto verso di me, ma prima che potesse raggiungermi era al suolo svenuto per lo shock elettrico e la violenta collisione.

Si scatenò la rissa. La violenza dei colpi era tale che alcuni schizzi di sangue arrivavano a toccare pure il soffitto.

«Per mia figlia, ragazzi… Quel giapponese la curerà se glieli portiamo» urlò il capo dei Licantropi.

Con un balzo atterrai sulla scrivania dietro alla quale nel frattempo egli era rimasto seduto e mi accucciai guardandolo in volto. «Se tua figlia ha i capelli neri e lunghi e un vestitino a fiori sappi che Igari ti ha ingannato. La sta usando per chissà quale esperimento….» Tutti si bloccarono sul momento.

In mezz’ora eravamo davanti al laboratorio con al seguito uno squadrone di mannari in assetto da caccia e il loro capo, con un cipiglio tutt’altro che rassicurante.

Wild

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Catertheater

in cerca di un testo d’autore

Dildo e compagnia, siglato il contratto, decidono di partire alla ricerca del tesoro nascosto nella Montagna Unica dal drago Rodolfo. Incontrano svariati loschi personaggi come gli Uomini Verdi e Tonino la Birra, non inclusi nel racconto (altrimenti sarebbe divenuto non adatto ai minori di 47 anni).

Finché un ostacolo insormontabile si presenta davanti ai loro occhi: la scalata delle Montagne Merdose…

ATTO SECONDO Dildo, Torni, Barbagianni, Spatafrallìn, i Forcoli

D: E’ quella la nostra destinazione?

T: No, bimbo mio. Dobbiamo in qualche modo oltrepassareleMontagneMerdoseeguadareilpossente fiume Missisisisissipipipsofactoisimpi1. Solo allora raggiungeremo il Drago che riposa nella Montagna Unica! Beh, in effetti non è che sia proprio l’unica, ma quella è l’Unica-Montagna-Di-Cui-Valga-La-Pena-DiParlare se sei un nano, o belìn. E’ a molte giornate di marcia da qui. Il triplo di giornate, se inciampi.

D: Sai Torni, non riesco a togliermi l’idea che lo scopo della nostra ricerca… per quanto intrapresa in cerca di oro…

T: Aspetta sgorbietto, prima di sparare la coglionata quotidiana, sappi che noi non siamo a passeggio per l’oro, ma per l’oroooo… ecco cosa concerne la nostra ricerca. E adesso, mi scuserai, ma devo andare a fare due chiacchiere con mio cugino Spatafrallìn. (Torni sgambetta via scoreggiando a intermittenza) B: (5 minuti dopo) Ammirate, insulsi nanetti: di fronte a voisistendel’immanecordiglieradipicchimaleodoranti che dalla cima del monte KuntaKinte fino al Gran Passo del Cavolo Verza costituisce la catena delle Montagne Merdose. La voce delle montagne penetra fin in fondo al vostro essere e vi sommuove qualcosa dal fondo delle budella come una pastiglia lassativa…

D: Canaglie! Dobbiamo oltrepassare quelle schifezze?

T: (riferito a Dildo) Ah, le montagne… Stai all’occhio.

Splendide splendide splendide splendide montagne.

D: Ai nani piacciono le montagne, non è vero?

T: Beh, guarda, mica poi tanto. Preferiamo il disotto delle montagne, dove c’è la fertilità della Madre Terra e l’ubertosità del ventre… Guarda come sono lisci quei fianchi! Quei monti lì, ad esempio, sono un amore, privi di peli come un monte bambino…

S: (con una fiamma lubrica negli occhi) O come il monte di Venere d’una giovincella…

D: Ma ce l’abbiamo l’attrezzatura da alpinisti? Corde, calze pesanti, ramponi, grappa, quelli roba lì? (i nani guardano Dildo sconvolti ricordando l’ultimo sorso di alcol, risalente a ben tre mesi prima) Beh, allora non credo che dovremmo valicare le montagne, vero Barbagianni? (la domanda viene posta al mago solootto

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o nove volte) B: Ti do l’impressione di un grimpeur? Non tenteremo di scalarle: fortunatamente possiamo passarci sotto.

T: Attraverso le Porte della Miniera? O attraverso i Corpi Cavernosi, le Tube di Falloppio, la Pozza del Muco, le Trombe di Eustachio e poi tramite l’Orifizio dal quale precipita rombando il Fiume Rea? B: No. Prima attraverso la Porta della Miniera e poi di nuovo fuori per l’apertura dell’Orifizio, fino alla parte opposta. E’ l’unica via ragionevole.

S: Ma la Porta della Miniera è invisibile, Barbagianni.

B: Lo so: infatti avrò da scervellarmi e farò uso di alcuni poderosi Incantesimi di Apertura. (pochi minuti dopo la combriccola arriva di fronte alla Porta della Miniera) B: L’incantesimo è in due parti. Per prima cosa dobbiamo capire dove hanno messo la porta. Non è bello che mi metta a sparare incantesimi contro uno stupido pezzo di carbone!

D: Come facciamo a vedere dove hanno messo la porta?

B: Beh, i suoi bordi sono visibili solo al chiaro di luna. E stanotte c’è la luna nuova, quindi niente chiaro di luna. E dalleprevisioniparesiprospettiunweekendperturbato.

Poi potrebbe esserci la luna rossa per via dell’eclisse, ma anche la luna blu, il che incasina ancor di più dal punto di vista maghesco le cose. Tutto sommato potremmo starcene qui almeno due settimane, dovremo forse rinunciare? (i nani, in stato di depressione terminale, non obbiettano) D: Il chiaro di luna dopo tutto non è altro che la luce del sole riflessa. Non potremmo far splendere la luce del sole sulla porta? Come farebbe la porta a capire la differenza? (Torni, destato dal suo sconforto comatoso, inclina il suo scudo in modo da far rimbalzare la luce solare verso un blocco della montagna: diviene visibile un’enorme porta insieme a un bel numero di versi in lingua zulù) D: Che dicono quelle lettere argentee, Barbagianni?

B: Cumme? Cosse? Cosa? Ma guarda lì! Delle lettere in zulù! Non le aveivo viste, i belìn che te strangouie2.

Non è un dialetto africano, anche se i segni consonantici potrebbero indicare una qualche derivazione.

Scarabocchi, scarabocchi, scarabocchi: non lo so.

T: (con espressione disgustata) Intendi dire che non lo sai?

B: E come diavolo potrei saperlo? Non sono un rasta, sono un mago.

T: Fa niente per la scritta sulla porta, ma almeno sei in grado di aprirla?

B: Guarda bene. E’ l’incantesimo di Apertura più potente che io conosca. Cheserà Sserrà! (non succede nulla) D: Non sono del tutto certo che questo incantesimo funzioni alla grande…

B: Cheserà Sserrà! Cheserà Sserrà!

D: Sono pressoché certo che nessuna di queste parole sia quella magica…

B: (con un verso simile ad un barrito) Che-ee-serààsserrà.

Accidente… Cheese acht! Lebercase, tegensuppe!

D: Attenzione! Potrebbe trattarsi dell’Incantesimo Assiro Che Ingrossa Lo Scroto! Ma anche del peggior attacco di tosse parossistica che abbia mai sentito!

B: Ku Klux Klan! Chen Chow Chow! Kopa Ka Bana, Hoka hey! Auuuuuu! (improvvisamente il mago si accascia a terra) D: Guardate! Non so quale dei rumori prodotti dal mago sia quello che ha aperto la porta, ma adesso è spalancata che più non si può!

T: Accampiamoci qui! A breve saremo in grado di scegliere un sentiero. (dopo circa 5 ore e ¼ il percorso viene scelto e la compagnia entra nelle miniere) D: E’ un posto sbalorditivo! E questo immane vestibolo fu intagliato nella roccia viva dai nani?

T: Questo vestibolo e caverne centinaia di volte più immense, sostenute da pilastri dal design complesso, scaloniintagliatinelmarmo,volteaogivelungheelarghe quanto le intere Montagne Merdose! Stai vedendo le miniere di Madonna Morena, la più alta impresa della nostra razza!

D: Capperi! E tutto ciò come l’avete intagliato? Con le asce?

T: Con le cazzuole…

D: Perdinci! E al mondo ci sono tanti nani? Poniamo che ci siano diecimila nani in tutto il mondo. In un anno quanta pietra può intagliare un nano con una cazzuola?

Mettiamo mezza tonnellata, cinquemila tonnellate all’anno, cinquecentomila al secolo, ammettendo che ogninanoabbialavoratosenzainterruzione…cent’anni di lavoro basterebbero a malapena a svuotare questo vestibolo! Dev’essere stata un’opera durata centinaia di migliaia… milioni di anni! Per non parlare della spaventevole quantità di cazzuole che avete usato.

T: Smettila di blaterare. Hai mai provato a tagliare la roccia più dura con una cazzuoletta di bronzo? Devi sapere che queste montagne all’interno sono cave, ma non spifferare il trucco: c’è gente che crede ancora che i nani siano eccezionali minatori.

D: Io conoscevo la leggenda per cui i nani erano formidabili fornicatori.

T: Tu ti riferisci al tempo dei Sette nani. Chiappolo, Scoreggiolo, Bucolo, Ruttolo, Bulicciolo, Tanfolo, Caccolo… Io mi riferivo a quando c’erano miniere.

Ma sono state chiuse tutte quante: ora fare il nano è un lavoro inane. Lavoriamo nei mercati o nell’industria dello spettacolo.

D: Che storia bizzarra.

T: E non hai mai sentito il Mito della Creazione Nanica…

Tutto ebbe inizio dal Nulla, ma non chiedermi come dal nulla possa essere nato il Qualcosa, perché nisciun teologo gha mai capìo ninte de ninte, anzi, sono tutti ancora lì a domandarsi se il mondo sia stato formato da un divino e possente Rutto o semplicemente da una titanica Scorreggia.

D: Un bel problema. (all’improvviso si sente un rumore assordante) Ehi! Cos’è ’sto rumore?

B: Sono i Forcoli, e chi se no?

D: E sono cattivi questi Forcoli?

B: Tremendi, sono i servi di Colui-Che-Non-Si-Nomina, il cui nome porta sfiga a sentirlo… Sono terribili, malvagissimi,devonoaverpresoqualaresidenza,queste Creature del Male del Cavolo. Avrei dovuto pensarci prima a questo inconveniente, ma mi è passato di mente e ora siamo serenamente nello sterco di vacca… Dovete sapere che tanto tempo fa l’Impronunciabile prese numerose genie di tacchini e di polli e li tramutò in una specie facilmente suggestionabile, per rimpinzare le schiere delle Tenebre. Quando li vedrai, li riconoscerai per la tendenza a sgambettare e l’inclinazione a farsi vedere poco nel Giorno del Ringraziamento. Il fatto che siano sprovvisti di palle non è per la mancanza di coraggio, ma per la presenza di capponi fra loro. (improvvisamente decine di Forcoli piombano alle spalle dei nostri eroi ed inizia una dura battaglia con tanto di barbe strattonate e pugni nelle palle).

F: Gluglu-glu#glu-glu@glu-glu*glu T: Barbagianni, fai qualcosa!

B: Non posso, ho mal di testa. (inaspettatamente il mago prende in mano una spada e inizia a menar fendenti da ogni lato affettando i Forcoli, ma nella foga, inconsapevolmente, trancia di netto la testa a Torni) F: (spaventati) Il Menafendenti! Il Trinciatore! Il Tritatutto! Terminator! Il Tapiroulan! (Dildo, sorpreso dal quantitativo di sangue poco credibile che innaffia l’interno della montagna, decide volontariamente di svenire tirando una fenomenale craniata addosso a un Forcolo) B: (riferito alla testa mozzata di Torni) Spiacente!

Continua… a cura di Narsete di Feiez per amor di brevità ci si riferirà in futuro a questo fiume come al Fiume M.; non si confonda questa innocua “M” con il nome delle montagne che lo sovrastano 2 inserto in genovese che più o meno vuol dire: Non le aveivo viste, i belìn che te strangouie 1

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Uno scomodo appetito di libertà Alla ricerca del segreto dello scrittore Saviano

Denuncia. Grinta. Urla. Parole: armi di un nella coscienza di molti. Forse perché il suo è un combattente che partecipa ad una guerra libro anomalo e potente, appassionato e brutale, essenziale, ferocemente carnale. al tempo stesso oggettivo e visionario, pieno di Sembra di scorgere nel suo sguardo l’ombra di un orrore come di fascino inquietante. O forse perché profeta: occhi che vedono come prioritaria la via sono pagine che afferrano il lettore alla gola e lo della giustizia, che invitano a vivere perché loro trascinano in un abisso dove davvero nessuna stessi vivono la solidarietà nella sofferenza, occhi immaginazione è in grado di arrivare. che vedono il passato e se ne servono per cogliere Ma come tutto ciò è arrivato a smuovere il nel presente il nuovo. mondo da una coltre di indifferenza?

Tutti parlano di Roberto Saviano; grandi scrittori Non ci resta che affidarci alle sue parole per lo stimano. E ciò che unirci a questo sogno ha scritto è sulla bocca di emancipazione e di tutti. Ecco, questo è libertà anarchiche, fondamentale. Ciò che gettarci nell’arena e ha scritto è sulla bocca prendere parte ad una di tutti. E non importa corsa soffocante. E se molti affermano che così conoscere non la sua figura di scrittore è più traccia di un ha attirato l’attenzione impegno morale. Ma dei media offuscando le sapere e capire diventa parole, perché attraverso una necessità, l’ “unica la sua stessa popolarità il possibile per considerarsi messaggio di Gomorra uomini ancora degni di sfiora e tocca i pensieri respirare”. di chi osserva.

Questa è la potenza e E dal pensiero scaturisce la verità di tutta l’arte. la parola, e attraverso la Chiunque abbia visto parola, si smette di non una tela di Marc Rothko vedere, di ascoltare la può comprendere. versione ufficiale delle Chiamato a dipingere Marc Rotkho, Seagram building cose, trasentire solo per un lussuoso Roberto Saviano, “Gomorra. Viaggio nell’impero distrattamente e reagire ristorante all’interno del economico e nel sogno di dominio della camorra”, con un lamento.

Seagram Building di New Mondadori, collana Strade Blu, 2006, pp.331 Ovviamente l’uso delle York, lasciò perdere le parole comporta delle questioni squisitamente responsabilità: esse hanno una forza e un peso estetiche e confessò le sue ultime intenzioni per e la letteratura, quando è tale, è il luogo dove lettera: “Ho accettato questo incarico come una questa forza si intensifica, magari manifestandosi sfida, armato di intenzioni del tutto malevole. a distanza di secoli o immediatamente in contesti Spero tanto di riuscire a dipingere qualcosa che civili o pubblici. guasti l’appetito di ogni figlio di puttana che Giornalisti, uomini di chiesa, giovani, messaggeri entrerà in quella sala per mangiare”. silenziosi hanno utilizzato lo strumento della Saviano è riuscito a guastare qualche appetito. denuncia per creare una nuova coscienza nel segno Perché scrittore affamato di libertà. della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili. Ma molti non sono nemmeno menzionati o ricordati fuori dalla loro cerchia di amici.

La parola di Saviano ha invece fatto irruzione Giulia

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L’amicizia oltre il filo della storia

Quando i bambini indossarono pigiami a righe La trama del film drammatico «Il bambino con il pigiama a righe», girato da Mark Herman e da poco uscito nelle sale italiane, è la storia, ambientata durante la seconda guerra mondiale, dell’amicizia proibita tra un bambino ebreo ed uno tedesco.

Offre uno scorcio del nazismo filtrato dagli occhi innocenti di Bruno, bambino di otto anni, figlio del comandante di un alto ufficiale dell’esercito tedesco che, in seguito alla promozione del padre, si trasferisce con tutta la famiglia in campagna, proprio nei pressi del campo di concentramento di cui l’uomo è stato appena nominato responsabile. Bruno, tuttavia, non comprende la tragicità di quel luogo e, osservandolo dalla finestra della sua camera, crede sia una strana fattoria in cui i contadini vanno sempre in giro con addosso uno strano “pigiama”. I genitori, per evitare che il figlio scopra gli orrori di quel luogo, gli proibiscono di allontanarsi dal giardino di casa; ma un giorno Bruno sfida l’autorità paterna e decide di esplorare i boschi circostanti, finché non arriva in prossimità di un filo spinato, al di là del quale scorge un bambino, Shmuel, tutto solo, con indosso un “pigiama” a righe. Incuriosito ed eccitato per avere finalmente trovato un coetaneo con cui parlare, Bruno cerca di attirare la sua attenzione con l’intento di fare amicizia. Da quel giorno, inizia a ritagliarsi uno spazio quotidiano per recarsi da Shmuel, col quale intesse un’infantile amicizia che si consolida sempre più, giorno dopo giorno, sebbene i due siano divisi da una recinzione di filo spinato.

Lo spettatore si ritrova nei lontani anni ’40, in una Germania in cui i simboli del nazismo coprono già le facciate di case e palazzi e la figura di Adolf Hitler viene adorata e idolatrata da tutti i tedeschi. O quasi. E avverte, in secondo piano rispetto all’amicizia tra Bruno e Shmuel, i sentimenti di coloro che si sono opposti o hanno tentato di opporsi a tale orrore: non erano pochi a non approvare le idee e le aspirazioni del Fuhrer - non solo nelle altre nazioni, ma tra i Tedeschi stessi - tuttavia celavano all’opinione pubblica i loro pensieri per timore

di fare una brutta fine. Come si apprende dal film, i soldati tedeschi i cui parenti non appoggiavano Hitler venivano immediatamente mandati al fronte.

Il dissenso nei confronti del regime emerge, lungo la trama del film, dai dubbi sempre più consistenti della madre di Bruno, che arriverà persino a scontrarsi per questo con il marito.

Apparentemente questo potrebbe sembrare un remake non solo de «L’amico ritrovato» di Fred Uhlman del 1971, ma anche de «La vita è bella», il noto film di Roberto Benigni del 1997 che affronta gli orrori del periodo nazista dalla medesima particolare ottica, quella degli occhi infantili. In realtà questa è tutta un’altra storia. Perché, in primo luogo, ci mostra la tragedia della Shoah non attraverso l’esperienza di una vittima, ma attraverso quella del figlio di un carnefice. Inoltre ne «La vita è bella» il padre si sforza con una menzogna di preservare il figlio dall’orrore che stanno vivendo, mentre ne «Il bambino con il pigiamo a righe» i genitori tacciono intenzionalmente la verità per cercare di difendere se stessi dai sensi di colpa e dal rimorso. Sarà poi lo stesso bambino a fare luce sulle bugie che gli sono state raccontate e ad intuire la colpa che macchia le coscienze degli adulti.

Così, attraverso Bruno, la personificazione dell’innocenza, e Shmuel, la dignità della sofferenza, il film emoziona, stupisce e sconvolge mostrando fino a quale livello di barbarie può giungere la crudeltà umana, per poi concludere con un finale che ti uccide dentro, lasciando un vuoto che sembra incolmabile.

Giovanni

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Se l’uomo avesse le ali Nello scorso anno scolastico la classe 4^H - ora 5^H - è stata selezionata dalla Segreteria del «Premio letterario GALILEO per la divulgazione scientifica» per partecipare alla Giuria popolare della seconda edizione del premio stesso. Gli alunni hanno letto i seguenti cinque testi di divulgazione scientifica: Andrea Frova, Se l’uomo avesse le ali. Segreti e misteri della Fisica, Edizioni RCS Libr-Bur Russel Foster, Leon Kreitzman, I ritmi della vita. Gli orologi biologici che controllano l’esistenza di ogni essere vicente, Longanesi Alessandra Celletti, Ettore Perozzi, Ordine e caos nel sistema solare, Utet Andrea Pilastro, Sesso ed Evoluzione, Bompiani Fabrizio Luccio, Linda Pagli, Storia matematica della rete, Bollati Boringhieri.

Gli studenti hanno quindi votato il volume ritenuto più meritevole e cinque di loro hanno partecipato il 7 maggio scorso alla cerimonia pubblica tenuta nella città di Padova, durante la quale s’è fatto lo spoglio delle schede alla presenza di una rappresentanza degli alunni delle scuole superiori italiane, una per città.

Il vincitore è risultato Andrea Frova con il libro di Fisica.

Come premio per la fatica fatta dai nostri studenti, al Liceo Mascheroni è stato donato un telescopio astronomico computerizzato Celestron NexStar 114 SLT, che si trova nel Laboratorio di Fisica.

Inseriremo quindi nelle pagine dei Caterpillar di quest’anno le recensioni dei libri sopra citati.

Massimo Govoni

Ordine e caos nel sistema solare Il libro, diviso in capitoli organizzati a loro volta in paragrafi titolati, presenta un’introduzione degli autori, una prefazione di Margherita Hack, ed è seguito da quattro appendici oltre che da un glossario e dalla bibliografia. Si rivelano interessanti soprattutto alcuni capitoli del libro.

Alessandra Celletti, Ettore Perozzi, “Ordine e caos nel sistema solare”, Utet (collana Frontiere), 2008

E’ un libro scritto a quattro mani. L’autrice Alessandra Celletti è docente di Fisica Moderna Matematica presso l’Università di Roma «Tor Vergata», è membro dello IAU ( International Astronomical Union), editore associato alla rivista «Celestial Mechanics and Dynamical Astronomy» e autrice di numerosi articoli divulgativi.

Coautore Ettore Perozzi, che ha lavorato presso il CNR, l’European Space Operations Center e l’Osservatorio di Parigi; attualmente è alla Telespazio (Roma), società attiva in Italia nel campo delle comunicazioni spaziali; è autore di numerosi articoli scientifici e divulgativi e del libro «Il cielo sotto la Terra: In viaggio nel Sistema Solare».

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I.Orbite «Io stimo più il trovar vero, benché di cosa leggera, che ‘l disputar lungamente delle massime questioni senza conseguir verità nessuna». Galileo Il capitolo illustra lo scopo della meccanica celeste, ovvero il calcolo e la predizione del moto dei corpi celesti ed in particolare analizza le origini e la storia della meccanica celeste, il sistema copernicano e l’eliocentrico, le leggi di Keplero e la Gravitazione universale, la storia della scoperta di Nettuno in relazione all’importanza che assumono le perturbazioni nell’Universo.

Grazie alla scrittura chiara, tecnica e dettagliata e al supporto di numerose raffigurazioni, la lettura risulta scorrevole e permette sia di approfondire il programma di fisica sulla gravitazione, sia di chiarire eventuali dubbi.

II.Tre corpi e nessuna soluzione «La scienza è sempre sbagliata: non risolve mai un problema senza crearne dieci nuovi». Bernard Shaw Sono trattati i seguenti argomenti: Gli equilibri di Lagrange, Orbite periodiche, Nel caos, Il teorema KAM. Il nucleo riguarda il cosiddetto problema degli n corpi, ovvero lo studio «dell’aggrovigliata traiettoria di un pianeta soggetto all’attrazione simultanea di parecchie stelle», anche solo di tre corpi. Fondamentale in tal senso è stato il ruolo del matematico italiano Giuseppe

Lagrange, che dimostrò che tre corpi di massa arbitraria si possono muovere in modo da mantenere inalterata nel tempo la propria disposizione nello spazio. Le geometrie che soddisfano questi requisiti sono solo due: tre corpi disposti in linea retta o ai vertici di un triangolo equilatero (punti lagrangiani di equilibrio). Tra le soluzioni speciali del problema dei tre corpi rivestono inoltre particolare importanza le traiettorie chiuse, moti orbitali che si ripetono a intervalli regolari di tempo e che vengono perciò chiamati orbite periodiche.

Si affronta anche il ruolo del caos, che interviene quando un sistema non è integrabile, come il problema dei tre corpi, e diventa sempre più dominante all’aumentare della complessità del sistema (effetto farfalla). In questo quadro la teoria KAM fornisce un metodo per studiare la stabilità di un sistema quasi integrabile, laddove le teorie perturbative hanno problemi a causa della comparsa di singolarità.

III.Il valzer dei pianeti «Una musica che non dipinge nulla è un rumore». Jean D’Alambert Risonanze celesti; Strutture risonanti; Risonanze famose.

Argomento centrale del capitolo è il fenomeno della risonanza, che si verifica quando il suono incontra un oggetto lungo la sua strada e la vibrazione può essere trasferita e l’oggetto comincia a vibrare con la stessa frequenza. Dapprima vi sono riferimenti alla quotidianità, come il caso di alcune risonanze usate nella costruzione di molti strumenti musicali quale la forma di una chitarra per amplificare le note generate. In seguito si espone la risonanza orbitale: due corpi sono in accordo tra loro quando è soddisfatta una particolare relazione di risonanza tra i periodi orbitali, per esempio quando un periodo è il doppio dell’altro, un terzo, tre quarti ecc; in questo caso si parla di risonanze di moto medio. Un esempio è il

sistema formato da Saturno e due suoi satelliti, Mimas e Teti, che risultano avere i periodi di rivoluzione attorno al pianeta rispettivamente uno il doppio dell’altro. Famoso è invece il caso di Giove e dei suoi quattro satelliti Io, Europa, Ganimede e Callisto: la coppia Io-Europa è in risonanza 1:2 e lo stesso accade per Europa-Ganimede; di conseguenza anche Io e Ganimede sono commensurabili (1:4); è un caso di risonanza multipla.

V.Il nostro caotico Sistema Solare «Io accetto il caos, ma non sono altrettanto sicuro che il caos accetti me». Bob Dylan Il capitolo esamina il delicato equilibrio del Sistema Solare, che è risultato essere dominato dal caos. Dire che un sistema è caotico significa principalmente evidenziare che si incontreranno difficoltà nel tentativo di ricostruire la sua storia passata o di predirne l’evoluzione futura e a livello pratico equivale all’impossibilità di calcolare con esattezza il moto di un sistema di questo tipo. Orbite apparentemente stabili, ad esempio, come quelle degli asteroidi della fascia principale, possono diventare fortemente caotiche dopo decine di milioni di anni, e lo stesso vale per i pianeti, che per effetto di perturbazioni possono deviare la loro orbita (anche se allo stato risulta improbabile la collisione con pianeti vicini). Per risolvere il problema della propagazione orbitale la meccanica celeste ha sviluppato ogni sorta di espedienti.

La situazione si complica ulteriormente prendendo in considerazione corpi celesti quali le comete, la cui “biografia” è costellata da eventi di ogni genere: risonanze orbitali, incontri ravvicinati con i pianeti, collisioni (caso della cometa Lexell). Risulta invece più pericolosa la popolazione dei NEO, asteroidi con dimensioni dell’ordine del Km le cui traiettorie sono vicine a quella terrestre e che un’ipotesi ha voluto causa dell’estinzione dei dinosauri.

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Il capitolo risulta estremamente affascinante dal momento che mette in luce il reale stato del sistema Solare, che i più ritengono un sistema in equilibrio statico e immutabile.

VI.Singolarità, collisioni e oggetti minacciosi «L’eterno silenzio di questi infiniti spazi mi impaurisce». Blaise Pascal Collisioni nel Sistema Solare; Asteroidi vicini alla Terra; Probabilità di impatto; Niente panico!

Il capitolo definisce una singolarità, intesa come un evento che richiede un trattamento “speciale”, come la situazione di distanza nulla se si analizza la formula della Gravitazione Universale, e le teorie sviluppate dalla meccanica celeste per studiare l’evoluzione dinamica di un sistema che subisce una collisione o una singolarità (es. Teoria della Regolarizzazione). Si tratta poi di quei corpi celesti coinvolti in collisioni: asteroidi di fascia principale, tra Marte e Giove, asteroidi vicini alla Terra (NEA), comete di corto o lungo periodo, oggetti della fascia di Edgeworth-Kuiper (EKBO), oltre Nettuno, meteore, meteoriti, oggetti vicini alla Terra (NEO) Viene inoltre illustrata la cosiddetta «Scala di Torino», che fornisce una stima dei rischi di impatti e in cui la pericolosità di un asteroide viene numerata in ordine crescente sulla base dei danni che potrebbe causare.

Vengono inoltre identificate con colori diversi delle «aree di rischio» caratterizzate da azioni comuni, come il tipo di diffusione che bisogna dare alle informazioni sulla pericolosità di un oggetto.

X.Ai confini del Sistema Solare «L’immaginazione è più importante della conoscenza».

Albert Einstein Oltre Plutone; Smiley e gli altri; Il pianeta X Nel capitolo si espone la storia della scoperta e la comprensione della natura della popolazione di corpi celesti che si trova al di là dell’orbita di Nettuno, che rappresenta l’avanguardia delle scienze planetarie. Si tratta di oggetti molto scuri più grandi delle comete, denominati EKBO, con diametri che variano dalle centinaia alle migliaia di Km, che costituiscono una sorgente di comete di corto periodo. Sono divisi in risonanti, classici o diffusi. Si analizza inoltre il dibattito sulla classificazione di Plutone come grande EKBO o piccolo pianeta, e si illustrano i criteri, che Plutone effettivamente soddisfa, per i quali un corpo celeste è definito pianeta.

materia». Alexandr Oparin Oltre il Sistema Solare; A caccia di esopianeti; Astrobiologia; Ritorno al futuro In quest’ultimo capitolo del libro è discusso l’argomento che ha da sempre affascinato l’umanità: la presenza di forme di vita oltre il nostro pianeta. Prima dell’analisi di tale questione, si espongono le varie ricerche che hanno portato alla scoperta di pianeti extrasolari, detti esopianeti, e ai vari metodi e tecniche che ne consentono l’individuazione, che risulta estremamente complessa.

Vengono poi illustrate le condizioni necessarie per la nascita di forme di vita evolute, dalle quali sorgono inevitabili sia un certo stupore nel constatarne il grado di complessità sia una riflessione circa l’eccezionalità della vita e lo sbaglio dell’uomo nell’apportare danni irrimediabili al nostro pianeta. Tra i tentativi, finora falliti, di ricerca di vita extraterrestri, che comprendono anche un segnale radio codificato inviato dalla Terra verso un ammasso globulare, il vero cambiamento previsto dagli scienziati consisterà nell’effettuare osservazioni direttamente dallo spazio.

Commento Il libro dà una panoramica approfondita e dettagliata dell’astronomia, trattando i più svariati argomenti, dalle Leggi di Keplero all’attrito mareale, dai satelliti geostazionari al moto della Luna, dalla risonanza orbitale agli esopianeti, risultando pertanto per ampi tratti estremamente interessante e affascinante e stimolando così sia la lettura sia eventuali approfondimenti. Tuttavia spesso la lettura richiede un’analisi approfondita dei contenuti che rende il libro non sempre scorrevole, soprattutto a causa di un linguaggio spesso tecnico.

XI.Alla ricerca della vita extraterrestre «Non c’è differenza fondamentale tra un organismo vivente e la materia inanimata. La complessa combinazione di manifestazioni e proprietà, così caratteristiche della vita, devono essere natte nel processo di evoluzione della

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Alessandra Cuocina VH con Carolina Carvalhas, Alice Dellavite, Elena Gibellini, Marta Zaccanti

Storia matematica della rete Dagli antichi codici all’era di Internet Gli autori Fabrizio Luccio e Linda Paglia sono due informatici italiani impegnati nel Dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa, dove dirigono il gruppo di ricerca sugli algoritmi distribuiti. Insieme intrattengono inoltre attraverso l’UNESCO una continua cooperazione scientifica con i paesi in via di sviluppo.

Il libro è suddiviso dagli stessi autori in due parti.

I parte: Basi scientifiche Questa prima parte ha la funzione di chiarire dei concetti di carattere principalmente teorico e matematico necessari per comprendere i passaggi che hanno portato alla formazione della rete e il corretto funzionamento della stessa La nascita della scrittura Il capitolo si apre con l’elenco delle innovazione che sono state introdotte nella cultura dell’uomo dall’uso della scrittura.

“Senza dubbio l’invenzione della scrittura ha mutato in modo fondamentale la cultura dell’uomo. Ha permesso di registrare una quantità enorme di informazioni”.

Viene qui spiegato come la scrittura segua una legge matematica di crescita esponenziale: essa infatti si basa su un numero limitato di suoni (detti fonemi) che, combinati fra loro in sequenze di lunghezza variabile, danno origine alle parole. È questa la legge che permette, a partire da un ristretto numero di fonemi (30 nella lingua italiana) di generare il gran numero di parole presenti nel nostro dizionario.

Il capitolo è ben strutturato in quanto ripercorre cronologicamente la storia della scrittura, a partire dalla sua nascita. La crescita esponenziale che sta alla base della scrittura è chiaramente espressa tramite l’ausilio di esempi. Sono però necessarie conoscenze matematiche per una completa comprensione delle argomentazioni.

I codici “Si narra come la scrittura sia evoluta fino a raggiungere forme elettroniche regolate da rigide leggi matematiche”.

Nel capitolo vengono presentati tre dei più diffusi codici di comunicazione che, seppur molto diversi tra loro per struttura e funzione, hanno una caratteristica comune: la legge matematica che ne sta alla base.

Anche in questo caso, la struttura fondamentale di questi linguaggi può essere descritta da una funzione di crescita esponenziale: basti pensare al codice informatico, che

attraverso sequenze binarie, formate solo sa 0 e 1, ci permette di trasformare in linguaggio macchina qualunque numero o lettera dell’alfabeto. Il linguaggio-macchina comprende però una importante funzione supplementare: quella di verifica o meno della correttezza delle informazione trasportate attraverso particolari controlli, il più comune dei quali prende il nome di controllo di parità.

Anche in questo capitolo, grazie ai numerosi esempi concreti e ai frequenti disegni esplicativi, l’argomentazione è chiara e i passaggi logici immediati. Poco chiara risulta invece la spiegazione del concetto di entropia (p. 97 – entropia: “funzione matematica che permette di misurare con esattezza l’informazione convogliata da una sorgente di messaggi dei quali si conoscono probabilità di apparizione, o si possano stimare queste probabilità con una serie di esperimenti”).

Algoritmi, casualità e compressione dei testi Si discute sulla generazione di sequenze di simboli e sulla loro intrinseca casualità, con complicazioni sull’arte di riassumere in testo senza perdere alcuna informazione in esso contenuta.

Si definisce algoritmo una sequenza logica di istruzioni elementari (univocamente interpretabili) che, eseguite in un ordine stabilito, permettono la soluzione di un problema in un numero finito di passi. La definizione di algoritmo è alla base della casualità o meno di una sequenza.

Le definizioni di algoritmo, causalità e compressione sono chiare, così come i ragionamenti che conducono ad essi; di difficile comprensione risultano invece gli esempi relativi al concetto di casualità. Al contrario invece, le modalità di compressione dei testi sono spiegate con precisione e attenzione ai singoli passaggi dell’argomentazione.

La crittografia L’uomo ha impiegato scritture segrete fin dall’antichità per scopi militari o ludici, ma l’uso della rete ha causato una vera rivoluzione in questo campo. Diamo qui un breve compendio degli sviluppi della crittografia dalle origini a Internet per chiarire come una comunicazione possa essere resa indecifrabile.

La crittografia, cioè «scrittura nascosta», ci interessa particolarmente perché trova un ampio utilizzo nelle transazioni commerciali in rete, dove, attraverso particolari chiavi di crittazione e decrittazione, i dati personali vengono comunicati in assoluta sicurezza.

Il capitolo ripercorre, come nel caso del capitolo 1, l’evoluzione cronologica della crittografia accostando alla descrizione dei diversi metodi esempi esplicativi ed è pertanto chiaro. Anche nel caso della crittografia informatica i vari passaggi sono spiegati nel dettaglio utilizzando un linguaggio comprensibile anche ai meno esperti in campo informatico.

Leggi a potenza e scalabilità L’ingiusta tendenza ad accumulare ricchezza ove già

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dell’uso che questi rivestono in campo informatico. Interessante e chiaro è invece il concetto di dimostrazione a conoscenza zero.

II parte: reti Fabrizio Luccio, Linda Pagli, “Storia matematica della rete.

Dagli antichi codici all’era di Internet”, Editore Bollati Boringhieri, 2007, pp.197

c’è, assieme alla persistenza del fenomeno a ogni scala d’osservazione, sembra una caratteristica delle società autogestite: una distribuzione affidata al caso sarebbe molto più equa.

In questo capitolo vengono prese in esame le leggi a potenza che nonostante non ce ne accorgiamo investono la nostra vita ogni giorno. Si possono infatti esprimere attraverso leggi a potenza il rapporto tra il reddito di una persona e il numero di persone che lo percepiscono, tra le città più popolate e il loro numero, tra le pagine della rete e i collegamenti che conducono ad esse. È curioso notare infatti come “anche qui, ordinando le pagine in base al numero di link che le raggiungono, si osserva che poche pagine sono estremamente richieste e il legame prosegue, fino alle moltissime pagine cui nessun’altra fa riferimento”.

Chiara è la definizione del concetto di legge a potenza grazie anche all’introduzione di grafici (come la curva Gaussiana o il triangolo di Pascal) anche se per una corretta e completa comprensione è necessario possedere alcune conoscenze di base di carattere matematico (es. iperbole) Brevissimo viaggio tra i numeri primi I numeri primi hanno attratto i matematici fin dall’antichità, ma solo in tempi molto recenti hanno assunto grande importanza in alcune realizzazioni tecnologiche, in particolare nell’uso sicuro della rete.

In questo capitolo dunque viene evidenziato come i numeri primi grazie alle loro particolari proprietà matematiche trovano importanti applicazioni in campo informatico, soprattutto nella formazione della chiavi di crittazione.

A questo proposito viene quindi enunciata la congettura di Goldbach che asserisce: «ogni numero pari maggiore di 2 è somma di due numeri primi».

La congettura di Goldbach non ha trovato ancora alcuna applicazione ma può essere presa ad esempio come base di ragionamento sulla possibilità di eseguire dimostrazioni attraverso la rete proteggendo la proprietà intellettuale dell’autore. (dimostrazione a conoscenza zero).

Il capitolo risulta abbastanza complesso in quanto prende in esame le caratteristiche dei numeri primi e si occupa

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Circolazione delle notizie, le connessioni e la rete Comunicando tra loro gli uomini hanno formato vaste reti di connessioni fin dai tempi delle caverne. Qui si vede che anche prima di Internet le connessioni erano molto fitte e si indica come modellare matematicamente il fenomeno.

Nel corso della storia la circolazione delle notizie ha assunto modalità sempre diverse. Oggi è la rete a contribuire in modo determinante alla circolazione delle notizie.

Sul Web tutti sono collegati fra loro: queste connessioni possono essere di vario tipo: Clique, Cluster, Random

(connessione casuale).

Il capitolo poteva forse essere organizzato in modo migliore descrivendo l’evoluzione del metodo di circolazione delle notizie in ordine cronologico e non “indietro nel tempo”, partendo dalla situazione attuale, come invece è stato fatto. La seconda parte del capitolo invece, dove vengono trattate le connessioni e la rete, è abbastanza chiara grazie anche all’uso di figure e immagini a supporto della parte teorica.

Internet e World Wide Web Si spiega come la nascita e lo sviluppo di Internet siano stati frutto di tecnologia spinta, idee visionarie e interventi spregiudicati con qualche divagazione sulle reti esistenti in natura.

In questo capitolo viene spiegato il meccanismo “a commutazione di pacchetto” proprio di Internet: L’informazione viene suddivisa in varie parti, i pacchetti appunto, spedite in successione, dotate dell’indirizzo del destinatario e di un numero progressivo, che vengono commutate nella rete e arrivano in tempi diversi al destinatario, il quale quindi ricompone il messaggio originale. Questa trasferimento è regolato da una serie di protocolli standard chiamati TCP/IP e la comunicazione tra computer diversi avviene attraverso un linguaggio detto HTML. Il capitolo prende in esame molte caratteristiche di In-

ternet e del World Wide Web in poche pagine e pertanto utilizza un linguaggio tecnico e preciso: nonostante ciò, grazie alla modernità degli argomenti trattati (si parla di pagine web o di blog) e all’utilizzo di un lessico si specifico ma allo stesso tempo semplice, l’argomentazione è comprensibile.

I motori di ricerca Si “naviga” in Internet inserendovi parole chiave per scovare notizie ad esse correlate.

Fin da subito ci si rese conto che il mare di Internet era difficilmente navigabile sia per la scarsa preparazione informatica degli utenti sia per l’impossibilità di conoscere la struttura stessa della rete. Nascono così i “motori di ricerca”, sistemi complessi che ispezionano preventivamente l’informazione sul Web, la memorizzano e costruiscono una sorta di indice per reperirla”. Ciò avviene attraverso appositi programmi, detti spider o crawler che “saltando” da una pagina web all’altra per mezzo dei link memorizzano le parole chiave di ciascuna di esse in appositi database. La posizione di ciascuna pagina all’interno di ogni indice viene determinata in base a determinate regole matematiche.

Il capitolo è ben organizzato in quanto partendo dalle motivazione che hanno portato alla nascita dei motori di ricerca, giunge alla descrizione dei criteri da essi impiegati per raccogliere i dati delle pagine della rete. Ancora una volta l’argomentazione è supportata da figure che chiariscono quanto espresso teoricamente e ne favoriscono la comprensione.

I tre grafi della rete Il grafo è la struttura matematica di base per lo studio della rete, ma tre diverse strutture si sovrappongono in essa per modellarne i collegamenti fisici.

La rete come la conosciamo noi oggi è in realtà il risultato di tre diverse reti che interagiscono fra loro; tutte sono rappresentabili attraverso grafi ad albero. Il grafo dei domini: la rete dei domini è controllata dalla ICAAN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), che controlla direttamente i domini generici (.org), commerciali (.com), nazionali (.it)… A sua volta ognuno di questi domini ne può controllare altri minori dando così inizio alla struttura ad albero. Il grafo del Web: attualmente il Web viene suddiviso in varie componenti, in base alla facilità o meno di raggiungere le pagine in esso contenute. Il grafo di Internet: si ripartisce in varie aree ciascuna identificata da un provider.

L’argomentazione è lineare: infatti di ogni singolo grafo viene fornita una descrizione teorica accompagnata poi ancora una volta da schemi esemplificativi della loro struttura.

di risolvere un problema troppo complesso: per questo la rete mette a disposizione dei canali di collegamento tra i computer che si suddividono il lavoro in modo da semplificarlo e velocizzarlo. Purtroppo vi sono problemi che non sono scomponibili in “sotto-problemi” e in questo caso la rete tra due o più computer si rivela inutile. In altri casi addirittura dannosa.

Vengono quindi analizzate le due diverse modalità di trasmissione dei messaggi: broadcast e routing.

Il capitolo risulta chiaro nella parte iniziale, dove vengono prese in esame le possibili collaborazioni tra i diversi elaboratori e gli algoritmi distribuiti, mentre appare un pò confuso quando affronta la teoria dei giochi e l’equilibrio di Nash, a causa del carattere puramente teorico di questi argomenti.

La rete tra cooperazione e competizione Internet si è sviluppata senza controlli sociali e politici divenendo uno strumento di potenza enorme e dagli effetti imprevedibili. Oggi è mezzo di realizzazioni straordinarie e di nuova libertà ma anche di pseudocultura e di raffinate truffe. Dove arriverà, nessuno può dirlo.

Il capitolo dodicesimo è un capitolo conclusivo. In esso vengono abbandonate leggi matematiche per lasciar il posto ai pareri contrastanti di chi è a favore di un continuo sviluppo della rete e di chi invece ne teme le conseguenze; le potenzialità della rete sono infatti note a tutti ma non sempre vengono usate in modo corretto: è il caso delle truffe o dell’inserimento nella rete stessa di informazioni errate che non possono essere filtrate. Per questo è necessario un approccio critico alla rete.

Breve commento Il testo risulta molto curioso in quanto affronta temi assolutamente moderni. Purtroppo ciò che limita il suo carattere divulgativo è l’argomento molto specifico che forse non trova il giusto interesse e la giusta preparazione di base in ogni tipo di pubblico: è infatti adatto a chi vuole conoscere la struttura del mondo di Internet e le regole che sono alla base del funzionamento dei PC. Importante sottolineare che il libro, dal momento che la sua funzione è quella di fornire nozioni di base circa i vari argomenti trattati, è molto ricco di rimandi ad altri testi più specifici e più completi, adatti al lettore curioso che vuole approfondire un particolare tema.

Andrea Filetti 5^H Alberto Pellicioli 5^H Marco Pellicioli 5^H Andrea Rovelli 5^H

Il calcolo distribuito Ossia come computer eterogenei si associano per risolvere problemi troppo grandi per essere affrontati da uno solo, o si accordano per stabilire strategie e modalità di comunicazione.

Un altro grande vantaggio che quotidianamente ci offre la rete è quello della comunicazione tra i computer. Può infatti accadere che un computer da solo non sia in grado

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Per volare… saldamente aggrappati

Salve a tutti, sportivi e non, atleti da palestra e da divano! In qualità di cronista sportivo del Cater, in questo numero cercherò di introdurvi alla nobile arte dell’arrampicata sportiva, uno sport forse non famoso come il plurichiacchierato calcio, ma altrettanto interessante.

Chi di noi da piccolo non si è mai arrampicato, anche solo su un albero di modeste dimensioni, per provare l’ebbrezza dell’alta quota, per poi ritrovarsi invece con un intenso dolore al fondoschiena? L’arrampicata risponde a questa nostra esigenza ancestrale di esplorare l’ignoto, di mettersi alla prova, di sfidare l’altezza.

Questa disciplina nasce da una tradizione illustre come quella dell’alpinismo e le sue prime tracce risalgono addirittura all’inizio del secolo scorso, ma si è diffusa ampiamente solo a partire dagli anni ’50 negli Stati uniti, per poi raggiungere in seguito anche il vecchio continente e raccogliere un numero sempre crescente di adepti. Nonostante a prima vista possa apparire quasi uno sport estremo, in realtà l’arrampicata si configura come un sport sicuro e coinvolgente, in cui le responsabilità personali fanno parte del gioco e non vanno comunque sottovalutate. Quando si parla di arrampicata sportiva occorre prima di tutto distinguere tra arrampicata libera e arrampicata artificiale: nel primo caso l’unica attrezzatura a cui si ricorre è quella necessaria a non cadere, come corde, moschettoni e imbracature, mentre nel secondo la salita è facilitata da strumenti ausiliari. Inoltre, a seconda di dove l’arrampicata si svolge, si distinguono diverse specialità: in primo luogo l’immancabile e classica scalata su roccia (falesia), dove gli arrampicatori sono alle prese con pareti rocciose di diversa natura e pendenza, poi l’arrampicata su ghiaccio che si svolge

a terra!

su ghiacciai e cascate gelate, quindi l’arrampicata su terreno misto, forse la più complicata dal momento che richiede una particolare conoscenza di ogni tipo di superficie, infine l’arrampicata indoor su pareti artificiali. Soprattutto quest’ultima sta conoscendo una grande diffusione in virtù dell’aumento delle palestre specializzate e del minor grado di rischio rispetto alle altre specialità. Inizialmente l’arrampicata indoor costituiva una forma di preparazione per gli alpinisti su roccia, ma con il tempo ha acquistato maggior “prestigio” e ora è riconosciuta come sport autonomo.

Al suo interno si distinguono prove di velocità, che hanno come obiettivo il completamento del percorso (via) nel minor tempo possibile, prove con percorsi di difficoltà sempre maggiore, e prove di bouldering: queste ultime consistono nello scalare vie basse, alcuni tratti delle quali sono quasi paralleli al terreno, senza imbracature. Eventuali cadute sono attutite da grandi materassi o da persone posizionate sotto la parete, dette spotters.

L’arrampicata sportiva, a dispetto delle apparenze, è un vero e proprio sport di squadra: quando si arrampica in gruppo occorre grande collaborazione, fiducia nei compagni e determinazione, specialmente quando si sale per primi, aprendo la via agli altri. Arrampicare in solitario richiede ugualmente forza fisica e disponibilità a fare di tutto per raggiungere il proprio obiettivo. In palio c’è una maggiore consapevolezza dei propri limiti e una soddisfazione personale non indifferente, ma non finisce qui. «L’arrampicata non solo dà una grande soddisfazione quando arrivi in cima, - testimonia Alessandra, esperta climber 19enne reduce, sulle orme dei genitori, da numerose scalate in tutto il mondo, dalle vicine Alpi all’Algeria fino alla Giordania - ma sei talmente felice che pensi a tutto e a niente e la fatica passa in secondo piano. È un po’ come quando a scuola ti va bene una verifica che prima ti sembrava difficile. Consiglio a tutti di provare, specialmente l’arrampicata in montagna, a contatto con la natura». Detto questo non posso fare altro che consigliarvi di armarvi di coraggio e determinazione e di raccogliere questo invito a vivere un’avventura diversa dall’ordinario, a vincere questa appassionante sfida con se stessi e soprattutto a… divertirvi!

Ringrazio Alessandra 5F per la collaborazione.

Dr. Raicky

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È finita la regular season, è tutto pronto. Partono i Playoff NBA 2009 e al via si presentano come uno dei più competitivi negli ultimi anni. Infatti l’Est non è più la Conference materasso, tre squadre hanno superato le 60 vittorie, diversi giocatori hanno disputato la migliore stagione della loro carriera (Lebron James, Dwight Howard, Dwayne Wade) e alcune squadre sembrano davvero pronte a fare quel salto di qualità a lungo atteso (Denver, Portland, Miami). Ovviamente un maggiore equilibrio non è sempre sinonimo di playoff più combattuti e incerti, infatti due squadre sembrano prevalere sulle altre.

Lebron vs Kobe, una sfida da sogno che già in stagione ha dato degli antipasti niente male coi Losangelini unica squadra capace di sbancare la Quicken Loans Arena, se si esclude l’ultima gara di regular season dove i Cavs hanno concesso riposo a tutti i titolari… Lakers e Cavaliers sono due squadre pronte per vincere, con un roster completo e profondo, entrambe con una finale persa nelle ultime due stagioni: due grandissime squadre… ma non perfette. Il tallone d’achille dei Lakers era ed è la difesa. Nonostante siano migliorati rispetto la scorsa stagione e possano contare su Ariza e Bynum, assenti nel 2008, i gialloviola rimangono una squadra che vince cercando di segnare un punto in più degli avversari e in questo modo da molti anni in NBA non si vince. I Cavs non hanno un vero e proprio punto debole: hanno un’ottima difesa - anche se i Celtics 2008 rimangono insuperabili sotto questo aspetto e un Mo Williams che fa nettamente la differenza in fase offensiva. Tutto ciò sulla carta: prima di scontrarsi nelle Finals di giugno dovranno sistemare pratiche non proprio semplicissime. Per esempio i Celtics che da 62 vittorie con o senza Garnett - in forte dubbio per i playoff causa un problema al ginocchio - sono i campioni in carica. Oppure gli Spurs, che dovranno far fronte all’assenza di Manu Ginobili, ma rimangono sempre la squadra che ha vinto 4 titoli negli ultimi 10 anni, per non parlare degli emergenti Blazers o Magic.

Insomma tutto è pronto e si inizia sabato 18 aprile.

EASTERN CONFERENCE

I Cavs sono superiori ai Pistons privi di Iverson - forse un bene - e non dovrebbero avere grossi problemi. In stagione 3-1 Cavs.

Hawks vs Heat vede la sfida tra la squadra e il singolo -

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Da sinistra, Kobe Bryant, Dwayne Wade, Dwight Howard, Lebron James; in alto, Lebron James

Wade - in un primo turno molto equilibrato. In regular season 3-1 Hawks.

Philadelphia è in leggero calo: nell’ultimo mese ha infilato 6 sconfitte consecutive e sembra avere poche speranze contro Orlando, nonostante i vari acciacchi di Lewis e Turkoglu. In stagione 3-0 Magic.

Senza KG non sarà facile per i Celtics che trovano dei Bulls in crescita nel finale di stagione. 2-1 Boston contro Chicago in Regular Season.

WESTERN CONFERENCE

I Jazz dovranno affrontare una sfida già vista nel 2008 con vincitori per 4-2 i Lakers, che ora sono al completo col recupero di Bynum. In stagione ha sempre vinto la squadra di casa: 2-1 Lakers. Portland contro Houston in una sfida molto tirata dove forse la poca esperienza giocherà un brutto scherzo ai Blazers. Intanto in regular season fattore campo rispettato e 2-1 Rockets, anche se qui si giocherà a Portland un’eventuale gara 7. Dallas ha chiuso la stagione in forte crescita, agguantando il sesto posto nel finale, e affronta gli Spurs di Parker e Duncan, che ci hanno abituato a salire di rendimento quando le partite contano. Durante l’anno 2-2 negli scontri diretti.

Carmelo Anthony non ha mai vinto una serie di playoff, ma quest’anno può farcela contro gli Hornets di Chris Paul, abbastanza pericolosi anche se sembrano aver perso qualcosa rispetto all’anno scorso. In regular season 2 vittorie a testa e si preannuncia più equilibrio di quanto le teste di serie non dicano.

Ceego (testo) Luke (immagini)

Che studente sei?

Tutti voi che siete alunni in carriera avrete conosciuto una marea di studenti… Fenomeno antropologico che, bene o male, potrebbe essere classificato entro classi di equivalenza, dato che la relazione r (essere uguali) è simmetrica, riflessiva e transitiva…

Ma avete sufficiente spirito di osservazione per individuare tutti i tipi di studente? Certo non si può identificare nessuno entro una determinata fascia.

Osservando alcune caratteristiche caratteriali dominanti, si può comunque trovare per ciascuno quella che più calza. Passo al dunque, senza perdere altro tempo all’analisi di queste classi di equivalenza, che chiameremo “comportamenti”.

Secchia Detto anche “Seja”, è quello che riesce a stare attento anche durante le lezioni di filosofia in sesta ora. È celebre perché non scende mai sotto l’8 e, quando inciampa in un 7, pensa prima al suicidio, poi alla carriera monacale, infine ad affogare tutto in un chilo o due di cioccolato. La secchia è celebre per la prestanza fisica, più avvezza al gioco degli scacchi che alla boxe thailandese, e non manca mai di simpatiche tettine. È tuttavia buona come il pane: dispensa compiti e non disdegna di spendere tre minuti della lezione di religione per distrarsi. Ancora da appurare se i suoi compiti siano opera notturna di folletti (che han perso il lavoro a causa della Nike) o siano davvero eseguiti dalle secchie che in coro alla domanda “Quanto studi?” rispondono “Mah, dalle due alle tre ore”, come se uno o due voti in più, qua e là, diano loro il diritto di prenderci in giro così spudoratamente.

Sono inoltre celebri per essere gli unici depositari della nobile arte della perifrastica

passiva, o più in generale per essere andati “oltre” rispetto a chi declina il mondo a forza di “rosa rosae rosae rosam rosa rosa”.

S’immedesimano in Chiristopher Lloyd nel ruolo di Doc in “Ritorno al Futuro”.

Il loro alimento preferito è di norma La Farcitina: preferenza che sorge da un accurato calcolo del coefficiente stechiometrico della salsa rosa, in rapporto con la molarità del prosciutto, e l’equilibrio termico del pane.

Operaio L’operaio similmente alla secchia sta attento per tutta le lezione e prende appunti in maniera così maniacale da far “registrare negli annali” anche fratture scomposte del polso.

Tuttavia alla domanda “Quanto studi?” risponde sempre “Dalle 6 alle 8 ore al giorno, più lezioni private e doposcuola allo sportello help”; non supera il 5. È anzi solito prendere nelle verifiche un bellissimo 59/100 dannatamente insufficiente e oltre al danno la beffa: la profe non dà mezzi voti. Così, perennemente condannato al “quasi sufficiente”, è solito farsi di continuo false illusioni.

La sua arma vincente è la pietà: con occhi scoraggiati, cadenza montanara e lingua tanto esperta da essere ormai in tinta coi pantaloni della profe, è capace di infondere abbastanza pietà nell’insegnante da riuscire ogni tanto a strappare un 7, che non fa comunque media col precedente 4.

Per riconoscere l’operaio, basta osservare la cartella rigorosamente da Power Ranger giallo e l’astuccio carioca pieno di pennarelli colorati.

Gli piace tanto Dustin Hoffman, nel ruolo di Rainman.

Il suo alimento preferito: le schiacciatine portate da casa e immancabilmente polverizzate a seguito del lungo viaggio in pullman.

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Jolly Sono come le locuste: mangiano, si riproducono e infestano, infestano e ancora infestano.

Sono i giullari, o jolly, se siamo in vena d’inglesismi: cambia l’idioma, non la sostanza.

La percentuale di jolly va riducendosi dalla classe prima alla quinta, secondo una relazione inversamente proporzionale, finché non ne restano che uno o due per sezione. (tagliata ripetizione) Sono la vera croce dei professori, tant’è vero che, presi dalla disperazione, hanno introdotto in quel di Roma una valutazione più severa del voto di condotta. Sono tuttavia l’unico elemento capace di rompere gli equilibri (e non solo) all’interno del monotono grigiore delle lezioni, in quanto dotati di infinite risorse: unici discepoli di McGyver, di cui hanno seguito tutte le puntate, smontando segretamente il cellulare dell’inconsapevole vicino di banco, possono costruire un ordigno nucleare e trovare un compratore ucraino durante la lezione di scienze. Sono celeberrimi per l’estrema stupidità delle loro domande.

Adorano Chuck Norris. L’alimento preferito dei jolly è la Cotolla, che essi comprano tutti i giorni.

Ninja In ogni classe non mancano gli esperti di arte oscura: i ninja.

Pur di schivare votacci e note, sono capaci di ogni singola s o z z e r i a , nonché di colpi bassi ai compagni.

La loro pratica più diffusa ha molti nomi… vi verrà in mente: è la contraffazione.

Ci sono quelli che ricalcano, quelli che hanno gli stampini, e quelli che sono tanto allenati da operare a mano libera… qualunque sia il metodo, ne risulta sempre e comunque una giustifica alquanto preziosa, scudo contro le verifiche più ostiche. Altra arma fondamentale è la scusa, anche se ultimamente sta cadendo in disuso a causa delle interrogazioni programmate. Ma il vero trucco del mestiere sono i bigliettini. Il Ninja doc spende ore e ore a preparare tutti i propri bigliettini con precisione quasi maniacale, minuziosamente scritti e nascosti nei peggiori orifizi. Sono noti episodi di foglietti inseriti nella gamba del tavolo e, al momento opportuno, facilmente sfilabili o meglio ancora nell’interno dell’ombrello dove restano al riparo salvo consultazioni. Venerano Jackie Chan. L’alimento preferito del ninja è la carta: nello stomaco i bigliettini diventano più difficili da rintracciare.

Tolemaico Ogni classe ha il suo studente Tolemaico. Sono alunni particolarmente egocentrici e montati, che - per i meno eruditi - prendono il nome dalla omonima teoria astrale, secondo cui il sole ruota intorno alla terra. Riconoscerne uno è semplice.

Alla prima verifica che capita, guardatevi intorno: quello che continua a sostenere di aver fatto tutto giusto, di non aver sbagliato una virgola, quello che alla correzione si agita entusiasta e che alla fine prende 6 e mezzo e va in giro a dire che è colpa della professoressa, ecco, quello è lo studente Tolemaico. Durante la lezione di educazione fisica si distingue quasi sempre perché è uno dei bravi, ma il più vanitoso e, quando sbaglia, se la prende con i compagni di squadra. Come affrontarlo? Due sono i metodi

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più collaudati. Il primo è dargli ragione, ma con poca convinzione: questo lo compiacerà abbastanza da convincerlo a tormentare qualcun altro. Il secondo modo prevede una totale ibernazione del soggetto in un limbo di silenzi nel quale la sua vanità non troverebbe più terreno fertile. Un giorno lo studente Tolemaico spera di diventare il proprio attore prediletto. Il suo alimento preferito è la pizza, perché costa 10 centesimi più della Farcitina (e questo lo fa sentire superiore alle “Seja”).

Taccagno Lo studente taccagno è il sassolino nella scarpa di ogni rappresentante di classe in cerca di soldi per le fotocopie.

Il taccagno è quello ritirato, chiuso in se stesso, che sta sempre sulla difensiva, perché teme di dover scucire della grana. Ma non è solo taccagno in fatto di soldi, lo è in tutto. Risparmia in tutti i modi possibili e immaginabili. Di norma egli cela un accentuato senso dell’umorismo condito con un pizzico di cinismo, che al momento opportuno lo trasformano in un vero e proprio mostro.

Il taccagno non fa beneficenza, non paga le fotocopie e, quando c’è un tema,, porta solo un foglio protocollo, il suo, e non presta mai nulla.

Se gli prendi la biro di nascosto, il giorno dopo rischi di ricevere una telefonata dal suo legale.

Il suo attore preferito è il politico. Il taccagno non mangia… si nutre di ossigeno… almeno finché non comincerà ad essere a pagamento pure quello.

Puzza sotto il naso Infine il tipo di studente più raro: (quello con la) “puzza sotto il naso”. Sarà pure il meno diffuso, di certo è il peggiore. Si riconosce perché non indossa mai lo stesso paio di scarpe due volte, perché non vi rivolge mai la parola, a meno che abbia bisogno di voi, altrimenti si dimentica persino il vostro nome. Dispone di un repertorio incredibile di frasi per mandarvi a quel paese e frequenta il Masche solo perchè è ”in” e vuol essere “cool” (se solo conoscesse l’inglese,

saprebbe veramente il perché). Non veste quello che gli piace, ma quello che la moda gli impone: in tempi passati lo avreste visto con giacchette zebrate su pantaloni a pois. È estremamente egoista e indebitato con tutti per sempre…

Occhio! il solo fatto che si sia ricordato come vi chiamate quando vi ha chiesto un prestito è da lui considerato un indennizzo più che sufficiente. Il giorno che esce il Caterpillar viene a scuola con il Times, per mostrare a tutti quanto è avanti. Adora Meryl Streep. Il suo alimento preferito è il cappuccino ristretto con doppia schiuma, dolcificante a parte e cornetto.

Dulcis in fundo. Se non vi siete riconosciuti in uno dei caratteri ritratti in questa veloce panoramica degli studenti che si possono incontrare in un normale istituto, a) siete un Tolemaico o b) siete un caso troppo isolato… per meritare uno studio accurato?

Se vi siete anche solo parzialmente riconosciuti in tutti, potete trovare gli orari dello sportello della Psicologia in Bacheca.

Se siete infastiditi da alcune “verità” che emergono dalla vostra descrizione, forse avete compiuto un primo passo per migliorare… E se siete Secchie, sono un vostro grande fan! Quante ore studiate al giorno?

Sean Hakka

P.s.

Se siete inclassificabili, perché non concepite le classificazioni e non riuscite nemmeno a fare questo test senza cercare di scomporlo, di scavarne ogni significante e potenziale significato fino in fondo, di capovolgerlo per ogni verso, nel tentativo di riscoprire almeno un senso per ricomporlo… potreste campare meglio assumendo un po’ di sano realismo (se non addirittura quello di tendenza), una buona dose di retorica e un pizzico di moralismo, così da perdere anche un po’ di quel peso della leggerezza proprio dell’umorista. Ndr.

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E ora provate a riconoscerli nei disegni di Paolo Nell’ordine, studente Seja, Puzza s.n., Jolly, Operaio, Tolemaico, Taccagno, Ninja

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