N34

NUMERO 34

ANNO IX OTTOBRE 2001

Per abbattere il muro dell indifferenza e dare ali alla creatività

Anche quest’anno Caterpillar, il giornalino studentesco del Mascheroni, torna più fresco che mai, e con un principio di broncopolmonite, a riempire le vostre giornate di tedio e depressione.

“Come ?”, vi starete chiedendo; so che sembrerà strano ma siamo decisi a rivoluzionare la nostra redazione.

“Come ?”, vi starete chiedendo; “e nu poco di pacienza!”.

Abbiamo ormai perso le nostre risorse principali (la vecchiaia sta infatti lentamente annientando i nostri amici di V^, e questo è già un punto a nostro favore...) e abbiamo deciso di studiare un programma di mobilitazione capillare (caterpillare ah!!) di nuovi collaboratori: sarete infatti chiamati, se non a divenire redattori (responsabilità non indifferente), a comunicare continuamente, anche solo con brevi messaggi, le vostre opinioni, i vostri dubbi, le vostre critiche, i vostri apprezzamenti (anche per i redattori), le vostre notizie ... etc.

Ciò non toglie che chiunque tra voi, anche se non appartiene alla redazione, possa scrivere addirittura (!) un articolo (i diritti d’autore rimarranno comunque al sottoscritto...) su un qualsiasi argomento, sia pure uno di quelli considerati tabù ( politica -che non significa affatto propaganda-, le ore da 60', il riscaldamento nell’ ala vecchia...e in quella nuova, funzionamento degli organi scolastici/parascolastici... etc.), sia pure uno già trattato in passato, sia uno di cui a opinione comu-

ne “nun ce ne pòffregà dde meno ”.....capito, no?

L’unica modifica che abbiamo mai apportato fino ad oggi è stata la c*ens*ura parziale di volgarità esplicite o implicite; nel caso dovessimo avere problemi di altro tipo, gli autori verranno contattati direttamente da un membro della redazione. Inoltre da quest’anno potreste avere anche due nuove strepitose possibilità per comunicare con noi (se mai le ultimeremo): il nostro bellissimo sito internet e l’indirizzo di posta elettronica!!!

Vi aspettiamo numerosi ogni venerdì pomeriggio dalle 14:15 alle 16:00 circa presso il laboratorio informatico docenti.

LA REDAZIONE.

L’11 settembre scorso gli Stati Uniti d’America hanno subito la seconda sconfitta della loro storia, la prima del secondo dopoguerra: Pearl Harbour nel 1940, New York nel 2001. Come allora è stato un attacco a tradimento e come allora l’orgoglio patriottico statunitense leggermente assopito in questi ultimi anni si è risvegliato con un violento scossone, il popolo americano è emerso come un solo uomo in difesa della patria ferita. Infatti colei che è la l’unica superpotenza mondiale non ha fatto attendere a lungo la sua risposta e dopo poco meno di un mese la parola più menzionata dai mass media è stata sicuramente ”GUERRA”.

Credo che il mondo occidentale abbia commesso innanzitutto un errore, anche se formale, nel considerare la tragedia e la risposta militare americana e, visto che oggi molte volte conta più la forma della sostanza, non è stato un errore marginale.

Innanzitutto sia il governo statunitense che i giornalisti mondiali hanno dipinto gli attentati al World Trade Center e al Pentagono come degli atti di guerra, mentre invece sono degli attentati terroristici di immani proporzioni, e hanno cercato di definire la guerra che le forze anglo-americane stanno intraprendendo contro l’Afghanistan come una lotta al terrorismo, cioè una bella definizione che non fa sentire il peso enorme della parola “guerra”.

In Italia le forze politiche come al solito si sono divise; c’è chi è inequivocabilmente favorevole ad una guerra severa nei confronti dei “santuari del terrorismo internazionale”, chi si proclama pacifista, ma ritiene la

guerra un’opzione inevitabile e chi la condanna totalmente; in ogni caso ritengo in quest’occasione più che in altre non sia facile prendere una posizione chiara e decisa.

Tutti sappiamo quali conseguenze porta la guerra, lo stiamo vedendo anche in questi giorni, sulla popolazione afgana in fuga verso il Pakistan alla ricerca disperata di cibo costretta ad un livello di povertà e di fame che è forse uno dei più tragici del mondo. Tuttavia non possiamo ignorare il danno che il fondamentalismo islamico dei Talebani, il cui regime è pienamente antidemocratico, ha sui ceti più deboli afgani; sto parlando delle donne costrette a vivere come “animali da riproduzione”, appellativo crudo usato recentemente da una giornalista, ma che rispecchia pienamente la realtà. Il regime talebano sfrutta l’Islam travisandolo per poter imporre un governo oppressivo e tirannico in cui le violazioni dei diritti umani costituiscono uno dei suoi fondamenti.

Quello che è certo è che il governo statunitense propina all’opinione pubblica un clima di terrore intriso di patriottismo esasperato, che gli frutta un consenso enorme, ma che non fa altro che prendere in giro il popolo americano. Se da una parte gli attentati dimostrano la potenza dei terroristi ed è ovvio quindi che siano temuti, dall’altra bisogna dire il grande affare che la guerra rappresenta per certi gruppi economici e l’importanza di controllare l’area mediorientale oggi e ancora di più in futuro. In un articolo comparso su un noto quotidiano italiano si spiega esaurientemente come tutto lo staff dirigenziale

americano sia membro di qualche società con interessi bellici o legati indirettamente con la guerra e come George W. Bush sia stato eletto grazie ai finanziamenti in campagna elettorale delle stesse. Per queste società ogni missile Cruise, dal costo di un milione di dollari,che viene lanciato sull’Afghanistan significa un bel guadagno.

Dopo la caduta del muro di Berlino e la fine della Guerra fredda gli USA sono rimasti l’unica superpotenza a fare da arbitro nella politica mondiale e ciò gli ha consentito di porre i propri interessi davanti a tutto, davanti alla povera gente che muore ancora oggi in Iraq e in Afghanistan per fare un esempio e questo grazie anche all’assenza di un altro potere forte limitante, che dovrebbe appartenere alle Nazioni Unite. L’ONU come avvenne in passato con la Società delle nazioni fallì prima ancora di nascere, poiché di fatto non ha alcun potere, ma è completamente esautorato. Il premio Nobel per la pace che è stato assegnato quest’anno a Kofy Annan in qualità di segretario generale delle Nazioni Unite è di fatto abbastanza ridicolo e privo di significato, poiché è stato dato ad una organizzazione ormai ridotta ad avere come unici poteri quello nominale e verbale, ben poca cosa rispetto ai propositi per cui era stata creata al termine della più grande guerra della storia; comunque è brutto da ammettere, ma la storia lo conferma: l’idea di un’organizzazione formata da tutte le nazioni del mondo che garantisca l’ordine e la pace nei limiti del possibile è purtroppo completamente utopica.

Gino Strada, che di guerre ne ca-

pisce sicuramente qualcosa più di noi, ha detto “se vuoi la pace prepara la pace, con la guerra si prepara solo un’altra guerra”; se gli Anglo-Americani deporranno il regime talebano e cattureranno i presunti responsabili degli attentati dell’11 settembre, in Afghanistan non è detto che ci sarà pace oppure ci sarà una pace imposta come tante altre

per evitare troppi spargimenti di sangue, ma che continuerà ad alimentare gli odi tra le varie etnie fino a far scoppiare un’altra inevitabile guerra. Così se gli USA non cambieranno la politica tenuta durante gli ultimi dieci - quindici anni e inasprita con la salita al potere di Bush figlio, dopo il periodo di moderazione avutosi con l’amministrazione

Clinton, nei confronti del mondo islamico, in particolare nell’affrontare la delicata questione palestinese, il terrorismo non svanirà, anzi come sostengono molti nasceranno tanti Bin Laden pronti ad uccidere.

Subito ho l’impressione che nell’articolo appena letto manchi qualcosa, che Baricco abbia voluto mantenere in primo piano solo una delle paure che lo assilla: ed è importante che sia così, che il ragionamento, sottile e non afferrabile con leggerezza, si sviluppi in modo quanto più chiaro e lineare. Ma i pochi pensieri, per l’autore inevitabili, riguardo ad un qualche regista che ci stia utilizzando come coreografia del suo squallido, e orrendamente vero, film, sono per me ancora troppo lontani. Con lui condivido purtroppo il terrore per la realtà che ci è stata sottratta, o meglio che è stata, fin da quando ero bambino, fin troppo mescolata alla finzione, e che ora fatica, nella mia mente, a separarsi da quest’ultima; ed è per questo che solo sforzandomi riesco nuovamente a provare vero dolore per una strage di tale portata, ed ad andare aldilà della semplice indignazione, formale e scontata, dovuta e spontanea, che il mio buon senso non può fare a meno di esprimere.

Guardo la tv e so che dovrei provare un’angoscia svuotante, immediata: “Là dentro è un inferno di fiamme e urla e il terro-

re è tale da portare le persone a suicidarsi pur di non aspettare la morte impazzendo!”; invece non la sento; e le immagini non mi aiutano di certo a comprendere meglio; e i numeri non più di tanto: 20-30 mila persone...chi lo sa come sono fatte? chi le ha mai viste tutte insieme?110 piani... ognuna...io ne ho visti al massimo 20 tutti insieme fino ad ora!

E meno di 20 ne sono rimasti, delle due torri. E così rimango silenziosamente immune da questa astrattezza di una realtà troppo grandemente sconvolgente; e di questo non posso farmene una colpa, non ho scelto io di nascere dove le case sono basse e le città contano 200-300 mila persone.

E non mi sento in colpa per questo; mi vergogno piuttosto dell’altro motivo per cui le immagini non hanno più molto effetto su di me.

Nuovamente ieri sera pensavo: “è come se la mia mente, la mia vista, il mio udito, fossero stati violentati dalla raffica di film-disastri, colossal tragici, finzioni intrattenitrici,queste inventate fin dai tempi più remoti per esorcizzare la paura, e quelli arrivati ad essere macchine da soldi dissacratrici del dolore.”.

E, come se non bastasse, anche la brutale, reale violenza quotidiana contribuisce involontariamente a “vaccinarmi”, abbagliandomi e affascinandomi di continuo dai teleschermi e dai mass-media: guerre che uccidono ma che non mi colpiscono, guerriglie urbane che devastano ma non incendiano le mie strade, treni che deragliano ma non mi sottraggono amici e familiari, tornado e maremoti che cancellano le città, ma non la mia.

E’ infatti anche questo che rischia di rendermi insensibile: per troppo tempo, vuoi per caso, fortuna mia e merito della nostra storia, ho vissuto lontano da terrori simili, ma anche, per colpa in parte mia, lontano dalla Storia, quella che è stata e che sarà,........e che solo ultimamente mi ritrovo addosso, quando mi risveglio.

Ma l’importante è non riaddormentarsi.

Matteo 3^

Martino Buzzetti IV^ C

P.S. l’articolo di Baricco è affisso nella bacheca della solidarietà.

La notizia si diffonde rapidamente: ore 8.48 dell’11 settembre 2001 un boeing 767, dirottato da alcuni terroristi, si schianta contro la torre Nord del World Trade Center. Dopo pochi minuti anche contro la torre Sud si abbatte un altro aereo. Due dei più importanti giganti dell’economia mondiale, che contavano ben 110 piani, con sedi di borse e uffici bancari, commerciali e governativi vengono ridotti ad un immenso ammasso di macerie.

Tra le vittime si contano migliaia di funzionari, impiegati, gente comune, che diventeranno “martiri” incolpevoli di un criminale ed insensato attacco terroristico.Subito si fanno arrembanti le ipotesi circa i possibili mandanti di tale atto: il nome del terrorista Osama Bin Laden è il più probabile. Le immagini terrificanti di questa missione suicida da parte dei Kamikaze vengono trasmesse in diretta da migliaia di mittenti televisive di ogni parte del mondo, provocando una violenta sensazione di paura, ma soprattutto di rabbia e di volontà di vendetta. Immediata è la reazione statunitense: il presidente Bush condanna duramente l’azione dichiarandola “azione di guerra”.

L’attacco alle Torri Gemelle è stato un attentato terribile che apre una fase di instabilità. E’ evidente che ci vuole una risposta, un’azione.

L’obiettivo politico delle azioni di questo tipo di terrorismo ha come scopo quello di destabilizzare una situazione politica, già molto tesa. L’azione contro l’America ha in effetti rivelato

la vulnerabilità della superpotenza americana: l’unica potenza planetaria è stata colpita nei suoi simboli di ricchezza e di potenza. Ma non si può certamente affermare che la lotta intrapresa dai terroristi sia semplicemente in nome di una rivendicazione

contro le ingiustizie.

Basti pensare che il presunto mandante di questi atti terroristici è uno sceicco saudita. Quindi sarebbe troppo semplicistico catalogare la lotta dei paesi musulmani come lotta contro il mondo ricco (Occidente).

Il problema si dovrebbe affrontare da un punto di vista anche specificamente culturale e religioso.

Il mondo islamico vede nell’occidente, identificabile nel colosso USA, una minaccia al suo mondo culturale, l’azione di prevaricazione viene vista come letale per tutta la loro cultura.

Perciò, al di là di ogni conside-

razione più strettamente politica, la lotta tra oriente e occidente si potrebbe, in parte, visualizzare come lotta fra differenti culture di cui una cerca di non essere soppressa.

Dietro tali azioni violente si può, dal punto di vista politico, leggere la rabbia e il profondo malcontento per la situazione della Cisgiordania e delle aree dell’Autorità palestinese da parte dei paesi islamici fondamentalistici.

Certamente alla base del governo dei talebani c’è un profondo fanatismo religioso, che fa leva sull’ignoranza e sulle frustrazione del popolo. Ma è doveroso vedere tale atteggiamento, seppur molto negativo, nell’ottica di un tentativo da parte di alcune fazioni del popolo musulmano di salvaguardare la propria “identità” socio-politica-religiosa.

Quindi, pur dando una lettura politica, non va dimenticata la necessità di un dialogo tra civiltà diverse in nome di un pluralismo.

Per cui se è corretto che le nazioni si uniscano per punire i colpevoli di atti così efferati per combattere e arginare il terrorismo, questa deve essere una guerra per l’uomo, in sua difesa contro ogni forma di barbarie.

In conclusione sostengo che l’attacco USA è giustificabile in quanto mira a colpire le cellule di questo movimento terroristico, quindi può esser definito un ATTO DI GIUSTIZIA. Marco C. e Luca C. 3°D

Gli avvenimenti dell’11 settembre sono stati sconvolgenti e stupefacenti per tutti e credo che rimangano tuttora un punto interrogativo nella mente di tutti. Sicuramente ci siamo resi conto che viviamo un momento storico che determinerà grandi cambiamenti e per questo finirà sui libri di storia. D’altro canto non è difficile, dopo il primo impatto, cadere nell’indifferenza...sì, è successo, ma la vita continua, non posso piangere tutto il giorno! Un ‘ iniziativa interessante per “evitare” questo atteggiamento sono state le assemblee organizzate lunedì 1 ottobre e martedì 2. Non si può negare che si sia trattato di un momento per riprendere “in mano” la faccenda e per affrontarla magari da più vicino o sotto nuovi aspetti, oppure anche per iniziare un nuovo “dibattito” con i compagni di classe. Questa iniziativa intraprendente è stata segnalata anche a “L’eco di Bergamo”, tanto che nel numero uscito domenica 30 settembre (a pagina 14) c’era un trafiletto che citava l’attività proposta dal nostro liceo. Ne cito le prime righe:” Il liceo scientifico “Mascheroni” ha accolto la proposta del comitato studentesco e ha indetto due giorni di riflessione e dibattito sulla crisi internazionale seguita agli attentati dell’11 settembre in America.” Segue poi elencando la modalità di esecuzione delle assemblee stesse (quindi la distribuzione delle classi nelle varie fasce orarie) , i nomi dei relatori e riporta anche un intervento del preside. Non ho sotto-

lineato quelle tre parole del testo a caso, ma per far notare che queste assemblee sono state fatte passare come attività proposta dal comitato studentesco, quando quest’ultimo nell’assemblea di sabato, svoltasi alla quinta ora, non ha nemmeno discusso questo argomento occupando il tempo a sua disposizione di-

scutendo delle “ore da 60 minuti”. Il problema principale di quanto accaduto è che il comitato studentesco è un organo incaricato di rappresentare TUTTI gli studenti e quindi non mi sembra corretto presentare un’iniziativa proposta da dei singoli come una proposta di un intero istituto. A parte questo disguido tecnico non trascurabile mi è sembrata una proposta utile e gli interventi sono stati chiari e hanno sicuramente offerto una panoramica più vasta per giudicare l’intera faccenda. A mio parere, però, c’erano anche degli aspetti negativi: innanzitutto l’obiezione che i relatori fossero tutti dalla stessa “parte”, mossa da una professoressa, mi è sembrata più che sensata e forse proprio per questo ne è scaturito un dibattito tra noi studenti abbastanza superficiale, almeno nella sua prima parte. Infatti si è

discusso sul fatto che l’America dovesse costruire lo “scudo spaziale” o destinare il denaro necessario alla realizzazione di questo progetto per debellare la fame nel mondo, argomento che esula una attimino da quello che doveva essere il tema centrale della discussione. Staccandomi un po’ da quello che era il mio discorso sulle assemblee volevo proporre un editoriale estratto dal mensile “Tracce” di Settembre, che prende una posizione un po’ diversa da quelle che ci arrivano dai media.

L’attentato terroristico portato agli Stati Uniti costituisce innanzitutto una sorpresa terribile. I simboli della potenza nel mondo sono stati abbattuti trascinando con sé migliaia di morti.

Come se la potenza, l’ostentazione massima della costruzione umana, nulla possano di fronte a un’altra capacità umana, quella di distruggere, di annichilire lo sforzo della civiltà. Così gli occidentali, distratti e dimentichi della loro fragilità, del male e del peccato che si portano dentro, rimangono sbigottiti di fronte alla televisione, che mostra la fantascientifica realizzazione dell’intenzione malvagia degli “altri”. In effetti tutto ciò che è umano è a gravissimo rischio, che nessuno scudo stellare può eliminare: non per ragioni tecniche, ma per il veleno - i cristiani lo chiamano “peccato originale” -, l’invidia che l’uomo porta dentro contro il bene e se stesso. È difficile combattere chi non

ha paura di morire, chi addirittura fa della morte, dell’autodistruzione, la strategia assurda per affermare se stesso. Si fa normalmente la guerra per la pace. Ma come è possibile questo con chi non ha più personalità, con chi, vivo, cammina volutamente come un morto avendo bruciato il sapore dell’esistenza e della libertà nell’alienazione totale a un disegno altrui? Costui, sia egli dedito al suo dio, o peggio, ad altri uomini, non c’è, è un niente imbottito di esplosivo che riduce a niente ciò che incontra. Coloro che lo celebrano ne condividono la carica distruttiva, la quale se non verrà applicata a sé, verrà applicata agli altri. Come fermare una degenerazione che

nella violenza, anche in quella subita, trova la possibilità di moltiplicarsi all’infinito?

Lo sgomento e il dolore di quanto è successo non possono essere arginati, o ancor meno risolti, né dall’indifferenza che tende a ridurli all’emozione di un film, né dalla vendetta che può solo trasformarli nel sapore amarissimo di una vittoria devastante e provvisoria. Bisogna ricercare la giustizia, con tutti i mezzi degli uomini, ma non secondo la presunzione degli uomini, bensì secondo la volontà di Dio, di quel Dio che il Papa ha invocato, seguito dai moltissimi che si sono inginocchiati in preghiera: “Se anche la forza delle tenebre sembra prevalere, il credente sa che il male e la morte non hanno l’ultima parola. Forti della

fede che sempre ha guidato i nostri padri, ci rivolgiamo al Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, salvezza del suo popolo, e con fiducia di figli lo supplichiamo di venire in nostro soccorso in questi giorni di lutto e di dolore innocente”.

Dobbiamo ritrovare noi stessi, cioè Colui che ci ha fatto conoscere il bene, il gusto della vita, del proprio io come fattore indispensabile al mondo, da comunicare non solo attraverso lo sfarfallio delle luci, ma anche attraverso la testimonianza di una dedizione alla verità. È una strada lunga e non facile, ma probabilmente unica.

Sabato 13 Ottobre, ore 7.58, atrio dell’ala nuova, sto per salire le scale che mi portano in classe quando vengo travolta da una mandria di pecoroni mascherati da studenti che escono, o meglio scappano dalla scuola... Dopo essere stata calpestata una quindicina di volte (e non sono neanche bassissima!) finalmente arrivo in classe e capisco il motivo di tutto quel fuggi-fuggi... . Il classico sciopero del sabato, molto, molto attraente... .

Vuoi mettere stare seduto al tavolino di un bar a sorseggiare tranquillamente una cioccolata con lo stare a scuola con l’acidità di stomaco a subire interrogazioni ed interminabili spiegazioni: “E dai, tanto ho solo 4 ore” ..., “Magari interroga in latino”... .

No, no, signori miei, non ci siamo proprio! Trooppo comodo!

Troppo comodo sottrarsi al proprio dovere quando l’impegno

richiesto aumenta, troppo comodo fare 5 giorni alla settimana invece che 6!

Lo sciopero è un diritto di noi studenti, serve per esprimere i nostri ideali, per manifestare quello che sentiamo e quello in cui crediamo, non deve diventare un banalissimo pretesto, ne va della sua credibilità . La maggior parte degli studenti che vi aderiscono (e ultimamente sono molti) non conosce la ragione dello sciopero, oppure la conosce ma non la condivide, in sostanza aderisce per comodità, perché preferisce fare una passeggiata con gli amici “coraggiosi”... (mi riferisco soprattutto ai nuovi coraggiosi delle prime classi: sciopero non è sinonimo di giorno festivo)... . Sono sicura che se le manifestazioni fossero organizzate di pomeriggio il numero delle adesioni diminuirebbe vertiginosamente, non avrebbero effetto neanche i fenomeni di

trascinamento del Sabato mattina.

E’ innegabile che ci siano però persone serie, che credono veramente nello sciopero, disposte a manifestare senza limite orario, senza imporre a nessuno il loro pensiero. Queste persone sono le sole che danno allo sciopero il suo giusto peso anche se i loro motivi possono essere più o meno condivisibili.

Ma come possiamo fare a capirci qualcosa, a prendere una posizione ragionata, che in fondo è perfino più importante che aderire o non aderire allo sciopero?!? Bisognerebbe aver avuto almeno un’occasione collettiva di confronto, almeno a livello di classe.

Che ne dite di legare la partecipazione o la non partecipazione ad uno sciopero a questa condizione preliminare.

Jill 3^

Benedetta 3^A

UNA PAGLIACCIATA SGRANATA Spettacolo!Il mio primo articolo su Caterpillar (non è assolutamente banale la cosa!!, ...chi mai ha iniziato il suo PRIMO, sottolineiamo, primo articolo su Caterpillar dicendolo apertamente come un povero ebete e aprendo una parentesi ha dichiarato pubblicamente ai suoi lettori di essere banale, un po’ come se fosse stato gay?Chi mai??Inutile dire quindi che a questo punto, poiché la maggior parte avrà compreso il livello di questo pezzo, probabilmente sarai rimasto solo tu, mio giovane discepolo, mia pecorella smarrita, che senza la minima esitazione volterai pagina prima della fine di questo periodo, a sorbirti le mie perle d’estrema saggezza).

Per prima cosa premetto che dapprima il mio primo articolo sul primo numero di Caterpillar del mio primo anno di triennio (ce ne saranno tanti altri...e pensare che sono persino nella prima sezione, che primino ‘stardo) non era destinato a questi contenuti, ma poiché i tempi di pubblicazione del Buon Caterpì sono stati tanto abbreviati, non era più possibile parlarvi della SMAU 2001 (che per i pochi interessati rimasti, sempre che questo articolo venga pubblicato...ehmm, è la più importante fiera annuale di elettronica e marketing che riunisce nella “zona fiera” di Milano vari espositori multimediali da tutto il mondo...pensate che quest’anno dalla lontana Corea Africana dovrebbe persino giungere un poeta d’eccezione che incide le sue poesie su Dvd, un certo TinTin DocDoc, con una composizione stupenda che dovrebbe fare più o meno così: “Gombra anche du i balloni ai biedi dei Bakistani che diran borconi”, pezzo splendido, dovrebbe fare il boeta…

C’è persino qualche bigotto in giro che sostiene per ragioni assurde che la parola Smau sia maschile o comunque abbia connotazione tale; e in realtà avrebbe ragione, ma è gente bigotta...gentaglia!!); inutile dire che quindi nel prossimo numero (il secondo!, immagino che siate tutti in lacrime), sempre supponendo che la mia persona non sia già stata vittima di un attacco del Bin Internazionale e che sia ancora presente nella redazione di Caterpì (e questo è molto più difficile), potrete leggere, fremete già d’impazienza, una relazione decisamente circense sulla fiera.

L’aspetto rilevante è, e nn mi sembra difficile intuirlo, che nemmeno quello sarà un articolo pseudo – serio, ma una trasposizione demente della fiera (anche perché la Smau stessa è una fiera dai tratti giovani e divertenti, “di quelle che ci stanno dentro!”, incentrata principalmente sullo “Scrocco” di borse e borse di qualsiasi gadget che capiti a tiro: c’è persino della gente che cerca di portarsi a casa le numerose ragazze generalmente in abiti succinti presenti nei vari stands; per questi motivi alla fiera non vengono solo i pochi patiti di tecnologia. Considerato tutto ciò, a mio parere la fiera si dovrebbe chiamare “Scrocchiamo insieme allegramente”: per riassumere questa lunga e insensata parentesi, SIA=SMAU per un assioma di cui la maggior parte dei prof è ignorante, persino la Gritti ...d’altronde si sa,...quando ci sono troppi valori assoluti messi lì in croce che si intersecano scambievolmente nella metà della sezione aurea con delle rette procarioti giungenti da destra che non rispettano gli stop e un ablativo assoluto super specccciale sotto radice che proviene direttamente dalle fredde steppe Bottanuchesi [di quegli ablativi assoluti che che nemmeno Cicero...] che non fa il suo dovere perché Tacito non ha piacere...), è anche ovvio che l’articolo avrà pure qualche fittizio lato serio (del tipo: la Smau è una fiera, una fiera hhmmm.., capitalista!A quel punto per qualche strana e ignota ragione uscirà un omino che griderà “Boicotta Macdonald’s!!”); In sostanza il mio articolo sulla Smau lo leggerete, forse, sul prossimo numero, mentre questo non è altro che un…uno di quegli squallidi pezzi dementi a cui vi siete abituati negli anni e che la gente colta e saputella (che non sa apprezzare il puro stato della demenza, gentaglia!!) lascerà perdere immediatamente (ribellatevi dementi del mondo, ribellatevi!!!Boicotta!!...a proposito di oratorio senza senso...Nel caso vogliate sentire uno dei miei splendidi discorsi che sanno molto di Duce, da un qualsiasi ballatoio mascheroniano, interamente doppiati in modo superbo dai miei collaboratori, chiedete pure dell’ormai ex-rappresentante deficiiiente di 3A, quello poco serio; ce n’era uno superbo che faceva: “Mascheroniani del mondo! [braccia conserte, ovviamente tutto doppiato, ...e poi qui una pausa e quindi un’apoteosi di applausi, scrosci e scrosci di applausi], unitevi!”; spettacolare).

Devo dire che è un po’ colpa della società (questa società!!Non poteva mancare la “società!”) se ci ritroviamo in queste condizioni: dei poveri redattori stressati si devono inventare degli articoli per tappare i buchi delle varie testate giornalistiche perché una stupida fiera la fanno il giorno prima di andare in stampa e l’articolo va consegnato proprio quel giorno...ma alla fiera l’inviato speciale ci dovrà pure andare!(in quegli stessi istanti in cui io mi troverò a Milano, in un sobborgo mascheroniano la redazione bloccherà la pubblicazione della mia prima fatica sul Buon Caterpì: e io che volevo essere iniziato al rito del Cavallo Goloso!!(è un po’ la mascotte della redazione il simpa lì, il simpa della compa della pimpa). In conclusione io avrei dovuto trovare un argomento atto a sostituire la Smau, ma poiché, com’è ovvio, ciò non è stato possibile perché erano già in programma sfilze di articoli sulla guerra, sul G8 e forse anche sulle ore da 60 min (avremmo tutti potuto ribadire allegramente l’importanza di “motivi gravi ed eccezionali, gravi ed eccezionali!!”), la mia mente (se così si può definire l’habitat del tutto inesplorato dove Billy, l’ormai noto neurone solitario, si trova a vagare sconsolato e a trascorrere le monotone giornate sorseggiando bevande inebrianti, ...è un po’ un mito il Billy!) ha partorito un po’ per inerzia questa chicca di “non senso” (in tutta sincerità inizialmente pensavo di raccontarvi come ho trascorso“la mia notte insonne di ieri notte”: acerrimamente attanagliato da problemi di donne [che casini tra mamma, sorella e Betta, ..la cagnolina] …e l’unica zanzara Bottanuchese che circola liberamente seminando il panico il 17 Ottobre).

WRITING Cavolo, non credevo fosse così difficile iniziare un articolo! Bhè, effettivamente questo è il primo in assoluto che scrivo in vita mia quindi mi scuso fin da adesso se noterete errori o imprecisioni vari.

Ok, il pezzo patetico è finito e adesso posso tranquillamente introdurre l’argomento!

Visto che nella nostra classe c’è chi si interessa di “graffiti”, mi era sembrato carino rendere partecipi tutti e far capire nel modo più semplice possibile in cosa consiste e come avviene il “graffitaggio”.

Basta con i preamboli che si dia inizio alle danze (lo so che non centra ma non me lo censurate per favore…..nda) Per prima cosa devo fare una premessa: la parola GRAFFITI con cui spesso vengono chiamati i pezzi in aerosol da gente che non è del mestiere, è totalmente sbagliata. Infatti con il termine “graffito” si intende l’incisione murale che dalla preistoria ha impreziosito i muri e i palazzi, mentre con una bomboletta spray tu non puoi “incidere” la superficie ma solo coprirla con un sottile strato di vernice.

Quindi possiamo parlare di writing, spray art o aerosol art ma non di graffiti o graffitare.

CHE COS’E’ IL WRITING? Il writing è un’arte della strada, infatti non esiste nessuna mostra o galleria d’arte che esponga i pezzi aerosol. I veri capolavori vanno cercati nelle strade delle periferie (più raramente dei centri) delle città moderne come Milano, Bologna, Roma o nei ghetti newyorkesi e californiani dove il disagio giovanile è sfociato in questa nuova forma di espressione innovativa e rivoluzionaria. E’ una forma d’arte e di comunicazione che entusiasma i giovani, non relegata in spazi espositivi interni, ma ben visibile agli occhi di tutti sui muri dei parcheggi, sui pilastri dei ponti, sui vagoni ferroviari e della metropolitana.

I muri grigi e monotoni delle strade periferiche sono i preferiti dai componenti delle varie crew (un gruppo di writer) per fare da base ai loro pezzi. Le tag (soprannome e firma del writer) invece compaiono ovunque e spesso sono queste a infastidire i cittadini che le considerano una forma di “vandalismo”. L’arma del writer è sicuramente la bomboletta spray detta “bonza” che permette delle performance davvero eccezionali come effetti di sfumatura non indifferenti. Le differenze di spessore dei tratti sono date dai vari tipi di tappini: c’è il Super Skinny che ha un tratto sottilissimo o il Soft Medio dal tratto medio e preciso o il Direzionale adatto per disegnare linee in direzioni specifiche o il Fat Oro dal getto squadrato e molto largo.

Esistono vari tipi di stili di writing e l’elaborazione di uno stile personale è il punto di arrivo del writer: è una strada che sembra non avere grosse alternative, anche perché un certo traguardo stilistico e tecnico si raggiunge comunque solo dopo tanta esperienza.

CHI FA WRITING? I writers si suddividono in due categorie: le Fly-girl e i B-boy. Sostanzialmente la differenza è una sola: i b.boy sono maschi mentre le fly sono ragazze. Questi termini vengono usati anche per definire chi fa breaking (avete presente quella “danza” da contorsionisti che vedete in alcuni video? (vedi Freestyler…nda)).

I bomber sono invece i writer che “bombardano” qualunque superficie con le loro tag, comunque molto spesso il loro lavoro contrasta con i veri e propri writer o stylers, che si dedicano allo studio dello stile con il quale scrivono.

I writer più conosciuti sulla scena nazionale e internazionale sono: CHAZ (Los Angeles): pioniere del writing, è attualmente uno dei maggiori ambasciatori internazionali dell’Aerosol Culture. “I graffiti sono la mia vita. 30 anni di graffiti mi hanno dato la Ragione e l’indirizzo della mia vita, mi hanno mostrato la verità e anche la visione del mio futuro. I graffiti vivranno con me per sempre fino al mio ultimo respiro.”

PHASE TWO (New York): uno dei padri fondatori dello stile nonché artefice di più di un’invenzione. “Non importa quanto bene dipingiate o altro, è importante lo stile. Lo stile... non si può effettivamente definirlo, descrivere la sua la sua atmosfera; esiste all’infinito così come il linguaggio. La forza del writing deriva fondamentalmente dalla bombola e si estende attraverso le menti di chi, tra di noi, lo considera una scienza.”

VULCAN (New York): ovvero il messia dello stile, attivo a N.Y. già dal 1972 con pratiche di writing quotidiano. “Non riesco a fare cose semplici. I miei pezzi devono avere la forza di Mike Tyson quando mette al tappeto gli avversari. Non voglio che siano leggibili; mi fermo solo quando anche io stesso non riesco più a “leggermi”.”

MAMBO (Parigi): writer dal 1985. “Quello che amo della mia pittura è il fatto di avvicinare i disegni e la scrittura facendo esprimere i personaggi attraverso i loro atteggiamenti o comunque sviando i simboli che sono conosciuti da tutti. Questa è l’idea motrice delle mie tematiche, il cui filtro attra-

verso il quale vedere tutto ciò che esiste “fuori”.”

DAFNE (Genova): “Ho iniziato a scrivere il mio nome a 16 anni (e non ho ancora smesso), ma mi fa sempre un certo effetto essere chiamata WRITER, dal momento che sono ANALFABETA. Dipingo

perché non riesco a riprodurmi (aerotismo) e ogni pezzo che realizzo lo considero un pezzo del mio corpo.”

BLEF (Genova): “Non “scrivo” tanto per scrivere. Di questo ne sono certo… per capirmi non c’è bisogno di guardarmi negli occhi, le mie opere parlano chiaro, la parte più profonda del mio io è proprio davanti a te…”

SKAH (Vicenza): “LA MIA PASSIONE E’ IL MIO CASTIGO… io non ho la presunzione di pensare di essere capito, ma la speranza di non esserlo. Nella vita ho imparato poche cose, una di queste è la disciplina, l’unico mezzo attraverso il quale sia possibile raggiungere la giusta concentrazione per scoprire il modo con cui analizzare la propria creatività. Non sopporto l’improvvisazione e non voglio essere un artista.”

FLY-CAT (Milano): “Una volta Spider mi disse “prendi l’Hip Hop come punto di partenza e non come punto d’arrivo”. Su questa frase ho basato la mia evoluzione generale. Amo la mia arte, il mio passato, adoro il mio presente, amo il mio futuro e amo la mia ragazza. Questa è la Cultura, la Sua Cultura, la Loro Cultura, la Vostra Cultura. Questa è la mia Cultura.”

WRITING: GIUSTO O SBAGLIATO? Esistono due tipi di writing: quello legale e quello illegale.

Il legale avviene quando il comune o un privato danno l’autorizzazione alla realizzazione del pezzo.

Ma come tutte le cose burocratiche, anche questo ha il suo lungo periodo di “incubazione” e bisogna aspettare un bel po’ di tempo prima che tutto si possa fare con regolarità e nella massima sicurezza.

Il metodo illegale è sicuramente più immediato ma anche molto più rischioso, infatti chi viene beccato in flagrante, rischia multe abbastanza salate.. Un famoso writer (colui che dipinge con bombolette spray….nda) milanese di cui non ricordo il nome ha ricevuto una multa di parecchi milioni (parlo di centinaia di milioni!!!!!!) per tutti i pezzi illegali da lui fatti!

Da quello che ho scritto sembra che io stia sconsigliando di fare illegali, ma non è assolutamente così.

Ho solo citato il rischio più grave che si corre, ma non per questo bisogna smettere di farli! Anzi, quello di prendere per il naso (ho usato il termine più carino che conoscevo!!!!!! nda) le autorità potrebbe essere un motivo per continuare, sempre stando ben attenti a non farsi sgamare.

Viva il buon esempio (:-P)…..

Comunque devo fare notare che i pezzi su chiese, cimiteri (ehm ehm… cosa ti ricorda Maria?) e monumenti ed edifici storici sono assolutamente vietati! Il resto devastiamolo pure…….

Lascio a voi decidere se è sbagliato o meno dare un tocco di colore agli spenti e grigi muri di cemento delle sempre più tristi città del mondo d’oggi, sempre fatto cmq nel rispetto degli altri.

WRITING: UN PO’ DI STORIA La storia del writing è storia di strada. Nasce nel West, in California, e si ritiene che la sua origine sia dovuta ai lustrascarpe di Los Angeles che per non ritrovare ogni giorno il proprio “angolo” occupato da altri, usavano segnare lo spazio con la scritta del proprio nome. Nacque così l’abitudine di differenziare in vari modi il nome, con delle iniziali o solo con un simbolo. In seguito furono le bande della zona di East L.A. che si appropriarono del costume di segnare il territorio dipingendo, ancora a pennello e a lettere cubitali, la sigla della gang che per distinguersi e salvaguardare la propria identità svilupparono stili calligrafici diversi. Il primo stile a essere rielaborato fu quello legato all’alfabeto gotico, scelta dettata soprattutto dalla forte influenza messicana, con i suoi trascorsi di cultura religiosa e monastica.

Le scritte, gigantesche e aggressive, non erano fatte con spirito artistico, ma avevano un valore puramente intimidatorio: lo scopo era quello di avvisare quali erano i confini di un territorio. A New York diversi anni dopo (alla fine degli anni sessanta) il primo a scrivere il proprio nome e il numero della propria strada fu Julio 204 a cui si unirono altri ragazzi che iniziarono a firmare con la propria sigla personale.

Si trattava comunque ancora di lettere spruzzate velocemente con uno stile povero e soprattutto monocromatico. Furono invece due donne, Barbara 62 ed Eva 62, che introdussero il colore. Siamo ancora nei primi anni settanta e il movimento si basa ancora sulla quantità piuttosto che sulla qualità.

Ma è nel 1972 che Superkool 223 fa una cosa che rivoluzionerà la cultura nascente dell’Aerosol: realizza un pezzo grande sulle pareti esterne di un vagone della metropolitana con tre colori spray diversi, componendo le lettere a tre dimensioni e disegnando una sorta di sfondo. Da allora nasce la guerra dello stile, entra in gioco la vera e propria qualità del pezzo.

Fino alla fine degli anni Ottanta il fenomeno del writing subisce una continua evoluzione, ma quelli furono anche gli anni delle grandi repressioni, degli arresti e dell’ interesse dei media, che coniarono il termine “graffiti” tuttora di uso comune.

Nella prima metà degli anni Ottanta, partendo da Milano, il movimento del writing entrerà a far parte della cultura italiana disegnando la mappa di un nuovo espressionismo giovanile.

Kiara a.k.a. MuRDer

Ci eravamo lasciati con un mondiale di F1 tutto da gustare che Schumy ha vinto in modo autoritario con due mesi di anticipo (quattro gare) dalla fine della stagione. La crisi che l’anno scorso aveva permesso alla McLaren di Hakkinen di recuperare punti su Schumacher quest’anno ha coinvolto la McLaren di Coulthard, che si è rivelata inferiore fin dalle prime gare mentre il binomio FerrariM.Schumacher si è dimostrato praticamente invincibile sia come prestazioni che come gestione strategica delle corse.

Hakkinen, in una stagione di crisi che lo ha portato al ritiro, ha dominato solo il GP di Spagna superando M.Schumacher ai box ma è stato beffato all’ultimo giro dalla frizione in fumo che non gli ha permesso di concludere la gara e ha dato la vittoria alla Ferrari n°1.

L’Austria potrebbe essere la riconferma di M.S. ma, tentando un sorpasso all’esterno su Montoya che ritarda la frenata, si ritrova in sesta posizione per concludere poi secondo dietro a Coulthard. A Montecarlo i due piloti Ferrari conquistano la prima e seconda posizione lasciandosi dietro Irvine, Villeneuve e Coulthard che dimostra i suoi limiti rimanendo bloccato per 35 giri dietro ad una Arrows pretendendo a fine gara che questa dovesse lasciarlo passare... perché?! Per la regola del

più forte sembra affermare la scuderia senza ricordarsi che in F1 il più forte è quello che sta davanti o, se è dietro, supera e va davanti!!! In Canada Ralf Schumacher sfrutta a pieno le caratteristiche della sua Williams-BMW gommata Michelin vincendo davanti al fratellone Michael, Hakkinen, al neo acquisto McLaren Raikonnen rallentato da un alettone danneggiato, Alesi e De La Rosa. Con l’estate arriva il coronamento dei sogni ferraristi con i due mondiali conquistati in anticipo di due mesi. In Ungheria Schumi arriva con tre vitorie, un secondo posto ed un ritiro nelle ultime cinque gare e se ne va con un primo posto in più e il suo quarto mondiale in carriera. A Spa, il suo circuito

preferito, Schumi vince mentre a Monza per protesta (aveva proposto di partire senza sorpassi per evitare incidenti dopo i tragici eventi americani) corre senza grande impegno e arriva quarto dietro ad un finalmente vincente Montoya (fino ad ora bloccato sempre da meccanica e incidenti), Barrichello e Ralf Schumacher. Ecclestone, gran patron della F1, ha minacciato Schumacher, che aveva pensato di non correre le ultime gare, di toglierli il mondiale, idea alquanto strana e senza un fondamento serio e legale. All’interno del parco monzese, tempio della velocità insieme ad Hockenein, ha stupito, a fronte dell’enorme potenza del motore BMW il nuovo record di velocità assoluta stabilita da Jean Alesi

a bordo di una non eccezionale Jordan-Honda. Ma per quale motivo è avvenuto ciò? Per spiegarlo utilizziamo un esempio: quando si va in motorino e si

F1 ed i loro tentativi sono coronati da un grandissimo successo se pensate che i motori hanno approssimativamente la stessa potenza che avevano più di 20 anni

raggiunge la velocità massima per poterla aumentare ulteriormente ci si abbassa, ma cosa è successo, improvvisamente il motore acquista più cavalli? La risposta è ovviamente no, semplicemente abbiamo opposto minore resistenza all’aria migliorando la nostra aerodinamica.

Questo è esattamente lo stesso tentativo dei progettatori delle

fa a causa delle restrizioni nella cilindrata. Jean montava alettoni, le appendici che in F1 provocano resistenza aerodinamica e possono essere regolati, con un solo profilo sul posteriore e con un profilo diviso sull’anteriore che opponevano pochissima resistenza alll’aria. Le velocità già mostruose di fine anni ‘70 sono già state disintegrate di

Una notte Giovannino, poiché aveva un languorino, volle farsi un bel panino con il tonno e il salamino.

Prese tutti gli ingredienti, lo spuntino dei vincenti, e per far tutti contenti se li mise sotto i denti.

Ingoiato bene il tutto, bello morbido ed asciutto, anche se gli parve brutto, egli emise un grande rutto.

Dopo essersi sfamato, era or molto assetato e bevuto un buon frullato, si distese in mezzo al prato.

Era steso giù per lungo quando vide un grosso fungo.

Disse: “Ora lo raggiungo; nel mio stomaco lo aggiungo!”

S T O R I E L L A D E L

F U N G H R T T O B I R I C H I N O

più di 25 km/h fino a raggiungere i 363,2 km/h di domenica 16 settembre ’01 e magari chissà, tra altri vent’anni si potrà sfondare il muro dei 400 km/h.

Il campionato finisce con Indianapolis e Suzuka, la prima viene vinta da Hakkinen (che ha annunciato con Jean Alesi di ritirarsi dalle corse, almeno per un pò ) mentre Michael arriva secondo e Barrichello, dopo una buona gara vede vanificarsi tutto per un problema al motore; Suzuka vede la definitiva affermazione di Schumy che vince partendo dalla pole chiudendo una stagione di record. Aspettiamo l’anno prossimo per vedere se la Ferrari riuscirà a continuare il suo dominio totale.

Daniele e Nicola 5^F

prese il fungo per mangiarlo (era pronto ad addentarlo), però invece di ingoiarlo si decise per fumarlo.

Il funghetto per dispetto, penetrato dentro il petto, si diresse verso il retto per punire il poveretto.

Non essendo proprio fesso, visto ciò che era successo, Giovannino, di riflesso, si diresse verso il cesso.

E passata la paura della sua disavventura, si isolò nella frescura della stanza sua sicura.

Una notte Giovannino, poiché aveva un languorino, per aver fatto il cretino, fece un grosso bisognino.

Marco & Claudio 4^F

1. Sei al semaforo e una vecchia signora ti chiede di aiutarla ad attraversare la strada, cosa fai? a) Le dici che sei già in ritardo per l’appuntamento con il/la tuo/a ragazzo/a e che non hai due secoli di tempo per occuparti di un dinosauro in via di estinzione. b) Senza esitazione la prendi a braccetto e, intrattenendola con qualche tenero racconto della tua nonnina, l’accompagni incolume dall’altra parte della strada. c) Vieni assalito da una vampata di rabbia al ricordo della tua “cara” nonnina che te le dava sempre di santa ragione e con violenza spingi la vecchietta contro uno scuolabus appena scatta il rosso.

2. Il tuo cibo preferito è: a) Il tacchino ripieno che fa tua madre a Natale con tanto amore. b) La carne di selvaggina cacciata personalmente ( soprattutto se si tratta del cane del vicino..). c) La pasta con i fagioli (a causa del loro rinomato effetto...).

3. Qual è la qualità che ammiri di più nel tuo migliore amico/a? a) La sua ragazza/o b) Mi sa ascoltare e mi è vicino sia nei momenti brutti che in quelli belli. c) Non ho amici, meno gente sa meglio è.

4. Ti regalano un cagnolino per il tuo compleanno: a)Pensi che era meglio se non ti regalavano niente come al solito, lo trovi inutile e fastidioso, lo fai digiunare per tutto il fine settimana per temprargli lo spirito, lo radi così non ti lascia peli in giro e dopo qualche giorno lo sopprimi per risparmiargli le ulteriori sofferenze che comporte rebbero la convivenza con te. b) Sei abbastanza soddisfatto.Potevano regalarti uno spremi agrumi(c...o, ne hai già 3!)...

Decidi che sarà fonte di grande divertimento:gli fai mangiare gli avanzi della cena di due sere prima..lo colori di fucsia con la vernice spray...lo fai pisciare sullo zerbino del vicino di casa e lo fai dormire dentro la cesta della tua biancheria sporca. c)Sei al settimo cielo: decidi che diventerà il tuo migliore amico e fedele compagno, lo coccoli per tutto il fine settimana, gli compri il cibo migliore e lo fai dormire sul tuo letto.

5. Il tuo regista preferito è: a) Che c...o ne so, guardo solo “ Baywatch” b) Dario Argento c) Mio nonno, i suoi filmini di famiglia sono una vera bomba.

6. Ti senti triste e depresso,per tirarti su il morale decidi di: a) Andare al poligono di tiro e fare finta che il bersaglio sia il tuo profe, scippare un paio di vecchiette e sterminare la cucciolata del gatto della vicina. b) Guardare tutti quei programmi tv dove la gente va a raccontare i propri problemi..speri di farti quattro risate almeno in questo modo.. c) Iscriverti a qualche attività di volontariato, telefonare a tutti i parenti che non senti dall’ultima riunione di famiglia e dedicare un po’ di tempo per te leggendo un buon libro.

7. Ti presentano una ragazza/o, la prima domanda che ti poni è: a) Chissà quali sono i suoi interessi? b) Chissà com’è il suo conto in banca? c) Chissà se tagliata/o a pezzi entra nel mio frigorifero?

8. Un tizio per strada ti chiede un indicazione:

a) Improvvisi una lingua aliena e lo stordisci con improbabili vocaboli indirizzandolo a gesti verso la direzione esattamente opposta. b) Lo minacci di morte se continua a perseguitarti in quel modo. c) Gli tracci una dettagliata mappa della zona e lo accompagni per un tratto di strada.

9. Il tuo libro preferito è: a) Le copie di un anno di Play Boy/ Girl rilegate in un unico volume b) I promessi sposi c) Versetti satanici 10. Cosa sarebbe facile trovare nel tuo frigorifero: a) Una ricca provvista di vari e sani generi alimentari. b) Una serie di buste trasparenti contenenti carne cruda di dubbia origine... c) Alcolici, avanzi di pizza, fagioli e ogni variante possibile di muffa alimentare

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PROFILI: Da 10 a 16: Congratulazioni sei una persona sana di mente, non hai bisogno di uno psichiatra né di assumere psicofarmaci...sei il genero/la nuora più ambito/a, l’amico/a più nobile e...soprattutto...una grande rottura di c——oni!!!

Da 17 a 23: Sei completamente inerme a qualsiasi stimolo esterno! Non hai pensieri cattivi nei confronti di nessuno perché...semplicemente non hai pensieri! Il tuo unico neurone sta morendo di solitudine da molto tempo...ma il tuo senso dell’umorismo e la tua naturale inclinazione per...lo scaxxo...ti rendono una persona quanto meno innocua per la società. Gli psicofarmaci sono da evitare...potresti abusarne!

Da 24 a 30: Se rientri in questo gruppo probabilmente adesso sei in un manicomio criminale.Altrimenti...dovresti esserci!Sei tendenzialmente violento, paranoico e socialmente pericoloso.Gli altri esistono per te solo per sfogare le tue tendenze sadiche.Non riesci a relazionarti con nessuno se non in occasione dei pasti principali.Più che degli psicofarmaci hai bisogno di un esorcista!

Silvy, Ely, Silvy 4^F

In una delle caldissime sere estive (di quelle senza l’angoscia della inesorabile e infallibile sveglia delle 7 del mattino),

spinta dalla curiosità di vedere uno dei film ritenuti rivelazione dell’anno, sono andata con 1 gruppetto di amici a vedere “Pearl Harbor”. Il film, ambientato negli USA durante la seconda guerra mondiale, ha come tema centrale la storia di due uomini, amici sin dall’infanzia, Ben Affleck e Josh Hartnett, che si trovano improvvisamente divisi sia dalla scelta di Ben di partire volontario per la guerra in Europa (l’America non era ancora entrata in guerra) sia dall’amore per la stessa donna, Kate Beckinsale. La trama, a prima vista, potrebbe sembrare abbastanza scontata (lo ammetto, anch’io all’inizio lo avevo pensato), ma poi la loro storia personale viene messa in secondo piano dall’attacco nipponico su Pearl Harbor e lasciando crescere la suspence sull’esito della vicenda. Molti hanno criticato l’eccessiva durata (ben 40 minuti di bombardamenti) delle scene

d’attacco alla baia; io invece l’ho apprezzata molto sia perché secondo me è stata piuttosto scorrevole, sia perchè è la dimostrazione della grandissima evoluzione degli effetti speciali che si è avuta in questi anni. (resti tra di noi, Michael Bay, il regista anche di Armageddon, ha proprio la fissa per le scene apocalittiche!!).

Effettivamente, la combinazione di effetti speciali e scenografia è talmente reale da far credere allo spettatore di essere davvero durante un attacco di guerra ( pensa chi si sarà svegliato, da un piccolo riposino, durante quelle scene: dove ha creduto di essere?)

Nella scelta del cast non ho apprezzato totalmente l’idea di usare per ruoli secondari attori di fama internazionale come Alec Baldwin, Cuba Gooding Jr. e Jon Voight perché penso sia stato un po’ uno spreco; tuttavia, la presenza del bravo ( e soprattutto stra-bello) Ben, mi ha fatto parzialmente ricredere su alcune scelte a mio parere non molto azzeccate (vedi la protagonista...). Scherzi a parte, “Pearl

Harbor” resta una bellissima storia incentrata sui sentimenti: l’amore, l’amicizia e la fedeltà alla patria. L’amore, espresso non solo fra i protagonisti, ma anche nella breve, intensa e tragica love story fra 2 personaggi secondari, che nasce parallelamente alla storia principale, ma si conclude durante l’attacco nipponico con la morte di lei.

L’amicizia, insieme all’amore, vince sulla guerra e sulla gelosia fra i protagonisti, che alla fine riescono a perdonarsi l’un l’altro e a ricostruire il loro bellissimo rapporto d’amicizia. Infine la fedeltà alla patria, vissuto da tutti i personaggi, e simboleggiato in modo particolare da un soldato giapponese che vuole dedicare la sua missione alla salvezza e alla vittoria dei suoi connazionali.

Oltre alla grande storia d’amore e alla descrizione dell’attacco,

“Pearl Harbor” vuole semplicemente far vedere come la guerra, voluta nella maggior parte dei casi solo da una ristretta parte del paese, non sia mai positiva né per i vinti né per i vincitori.

Valentina 3° B

Tutta l’Italia è qui stasera..”

Ore 5.00: incomincia a suonare la sveglia... improvvisamente tutta la mia stanchezza svanisce ad un solo pensiero..E’ il giorno del tanto atteso concerto degli U2!! Dopo una fatica immane per trovare i biglietti e dopo una lunga attesa sabato 21 luglio era arrivato.

Passato il viaggio in treno, dove ho fatto la conoscenza di molti altri fan uduici, verso le 10.30 arrivo di fronte all’immenso stadio Delle Alpi, dove, davanti ai cancelli, c’è già una marea di persone che soffrono sotto il sole in attesa dell’apertura.....

Sapevo già come era il palco, con una enorme passerella forma di cuore ingrandita proprio per l’Italia ... è chiaro che il mio obiettivo era quello di entrare nel cuore!Verso le 12.00 i cancelli vengono aperti ed io insieme a mia sorella ed i miei amici del newsgroup IFMU2, entriamo di corsa,ma per poco rimaniamo fuori dal famigerato cuore! Peccato!!!

Il pomeriggio sotto il sole cocente passa, con sofferenza per il caldo, abbastanza in fretta grazie anche ai tre gruppi di supporto : Timoria, Verdena e Fun lovin Criminals.

Verso le 5 ,tra l’altro, qualcuno si alza in piedi provocando una reazione a catena che obbligherà tutte le persone sul prato (e fuori dal cuore ) a rimanere in piedi per ben 7 ore consecuti-

ve!!!!! Alle 21.00 la stanchezza affiorava ma il pensiero che fra mezzora i mitici u2 sarebbero saliti sul palco bastva per farci tornare energici!

Alle 21.30 quando parte “Elevation Influx remix” inizia l’apoteosi...non ci potevo credere...erano lì di fronte a

me!!! Purtroppo però dove ero io, cioè proprio sull’esterno del famigerato cuore, vicino alla passerella, spingevano veramente tanto e molte canzoni non me le sono potute godere appieno...ma ragazzi che serata!!!

Parte Elevation e tutto lo stadio si scatena cantando ogni singolo verso..... di seguito eseguono un grande numero di canzoni sia dell’ultimo pluripremiato album (come Kite, dedicata al padre morente, Stuck in a moment , per l’amico Michael, e Walk on) che del loro vasto e fantastico repertorio, come le bellissime One, Stay e With or Without U. E sono state proprio queste due

ultime canzoni ad emozionare tutto il pubblico, grazie all’imitabile voce di Paul (alias Bono).Oltre a cantare, Bono ha anche colto l’occasione di parlare della campagna “cancella il debito”, e della violenza nel mondo proprio durante Sunday Bloody Sunday, la canzone scritta per i problemi in Irlanda... La serata è stata speciale perché loro sapevano che dovevano dare il meglio di sé per il pubblico che piu’ li ama (quello italiano!), e così è stato! Lo spettacolo è stato divertentissimo con loro che ridevano, scherzavano e parlavano con alcune persone del pubblico tanto che alla fine non se ne volevano andare via più e Bono ci ha regalato anche alcune frasi in un “semi italiano”! Ed infatti dopo aver fatto una canzone in più rispetto alla normale scaletta (Pride) improvvisamente quando tutto sembrava finito, dopo essersi fermato a fissare tutti noi, Bono dice” one more, we can’t go home” e ci regalano un’altra canzone, il loro primo singolo “out of control”.....

Alla fine se ne vanno, le luci si riaccendono e tutti noi, stanchi, ci guardiamo con il sorriso sulle labbra consapevoli della serata unica a cui abbiamo assistito......... (e si vocifera che torneranno l’anno prossimo.. ).

Luca 5^F

In the end...

You kept everything inside And even though I tried it all fell apart What it meant to be, will Eventually, be a memory of a time When I tried so hard, And got so far, But in the end, it doesn’t even matter I had to fall, to loose it all But in the end, it doesn’t even matter

It starts whit One thing, I don’t know why It doesn’t even mather how you try Keep that in mind I designed this rhyme To explain due time All I know Time is a valuable thing Watch it fly by as the pendulum swings Watch it count down ‘till the end of the day Clock tics life away It’s so unreal You did’n look out below, Watch the time go right out the windiw Tryn’ to hold on Didn’t even know, I wasted it all Just to watch you go I kept everything inside And even though I tried It all fell apart What it meant to be Will, eventually,be a memory Of a time, when I tried so hard and got so far But in the end, it doen’t even matter...

I had to fall, to lose it all...

But in the end, it doesn’t matter...

One thing, I don’t know why It doesn’t even mather how hard you try Keep that in mind I designed this rhyme To remind myself How tried so hard...

Dispited the way you were mocking me Acting like I was part of your property Remembering all the times you faught with me I’m surprised it got so far Things aren’t the way they were before You wouldn’t even recognize me anymore Not that you knew me back then But it all comes back to me

I put my trust in you Pushed as far, as I can go For all this Thre’s only one thing you should know I’ve put my trust in you Pushed as far as I can go For all this Thre’s only one thing you should know...

I tried so hard, And got so far, But in the end, it doesn’t even matter I had to fall, to loose it all, But in the end, it doesn’t even matter Linkin’park

N W ow i Re Sh th d that mi e a rop sh Sh n e l Sin ds mcts li s of e’s b ist ce e ke Ju ac Di en th th su pit k i dy s l e at m er n ou ma Te ike s retur ther mer in h the a ke ll m pri n fr e’s an er h tm An it dd a os e ng o ti d id Te A to th did and m he me towalk ir, he pher yo ll m nd e M yo sh r s c s l y, e um e th i u s e tay ha ike he Tr No iss One , did at h lky Wail a talks on nge, rain y aci w me w yo eav a cro lik the he S ng tha w ith u en y t ss e J m y, Re he c her t she hile out afall f is o o see the s une, oon hey mi he wa ’s you p or ver th un he To I’ er a n ck y b r e y, ld m he a s afr No ds m s ou thro ack f were man shoo ated ligh y u ts a tor aid w t e t t M gh ro lo ent tin y a th ha hat oz th m t ok sc g s l l Di fad bo at t sh the art e c hat ing ar tar dy T ut she e’ re w on so fo ed a m m s b ’s hil ste ul r y ou ell t a fin me an igh ck im e sh llat vac our all di wh t th in e to e d ion ati sel An y d o in th g o , on f ou dd g t h e An An t th e w l is to k of e atm row es ta hey, id t th ere Yo C you W d te d hea e ch ind and o af me osp , hey e-bo hey rai as he , h ur an mi as ll m d b anc sw d t pl re ey be yo ss m it e e, ac e t eep Ca o f ain st f u o d k v y e i ny ly ol e rie ima wh ryt d V to t dan ou so ’ J ou nd gi ile hin en he ce off he ane ne im u M a a g y y s l l ne wa no ou yo bl ilk on ou ag ve r ine ys lo we u w ow y W g th fe Th rd Di v s e n e r y a t e t a id ick , p e lo nte ou y lig of dy T eb y r i ht rst ou ing rid ok d t m ou ell est e o fin me soy ph dan ’re up , d ing o fi ind fd all di la on ce wr fo eep for nd ay o y r e An ge d th tte t co , fre ng yo -fri yo u e ed urs d h t th e w hat nve eze ve ch elf ead e c ind yo rsa dr n w ick ou ba han sw u ev tion ied he en t th c c r om Re k t e to eep er h nI ere pe ow d yo ad a kn n at ard an u c o . e w 1st t ce off . . a fiv e-h Ch he M alo yo nd ou oru il ng ur f me r s ky W the eet ay ligh to fd ay

È incredibile a quali strane coincidenze ti trovi di fronte certe volte.

Quando Moshen Makhmalbaf ha deciso di girare il film “Viaggio a Kandahar”, in Afghanistan non c’era ancora questa guerra, questa maledetta guerra, o questa operazione di polizia internazionale, come qualcuno la chiama. Gli attacchi terroristici non avevano ancora distrutto il World Trade Center o il Pentagono, e nessuno immaginava che tutto ciò potesse accadere.

Qualche mese fa l’Afghanistan era solo un Paese dimenticato da tutti, schiacciato dal regime dei Taliban e dilaniato dalla guerra civile: quasi nessuno se ne interessava o ne parlava.

Adesso però questo film è molto attuale e sembra il contorno perfetto di tutto ciò che sta succedendo. “Viaggio a Kandahar” non è “il miglior film che abbia mai visto”, un kolossal eccezionale che vincerà venti o trenta Oscar o innumerevoli altri premi: molto più semplicemente è un bel film, un film essenziale forse, senza il più piccolo effetto speciale e senza nessun colpo di scena che ti toglie il fiato.

La storia è semplice: una giornalista afghana rifugiata in Canada torna nel suo Paese d’origine per salvare la sorella, che vuole suicidarsi; supera clandestinamente il confine, poiché non le hanno concesso il visto, e le restano tre giorni di tempo per raggiungere Kandahar.

Coperta dal burka, dopo molte difficoltà e con l’aiuto di alcune

persone che non sono affatto gli eroi della situazione, ma sono persone comuni, gente povera e umile (una famiglia, un ragazzo espulso dalla scuola del mullah e dunque emarginato dalla società, un americano che si finge un medico islamico per cercare Dio, una specie di furfante che vive di piccoli espedienti), riesce ad arrivare a destinazione.

Raccontando questo viaggio attraverso il deserto si racconta l’Afghanistan.

L’Afghanistan. Uno Stato dove non si conosce la libertà, dove non esistono i diritti, dove vige la severa legge islamica che impone alle donne di girare nascoste dal burka, accompagnate da un parente stretto (il marito o al massimo un fratello), dove non si può fare niente se non è prescritto dal Corano e dalla religione. Un deserto pieno di mine abbandonate e dimenticate, che nessuno è in grado di rimuovere e che incessantemente mietono vittime o mutilano le persone, provocando atroci sofferenze.

Un Inferno dove la fame e le malattie, i peggiori amici con cui convivere, non sono gli unici nemici.

Un luogo dove le conoscenze mediche di un qualsiasi cittadino europeo o statunitense sono inimmaginabili per gente che muore anche per un raffreddore o per l’influenza, dove le norme igieniche e sanitarie sono sconosciute, dal momento che è pericoloso bere l’acqua dei pozzi, dove negli sperduti ed affollati accampamenti della Croce Ros-

sa mancano le medicine necessarie, dove otto volontari vengono catturati e processati perché accusati di fare proselitismo cattolico. Un Paese dove, insieme con le bombe, vengono lanciati aiuti umanitari, credendo di soccorrere chi ha fame, ma ben sapendo che quel cibo non arriverà mai a chi ne ha bisogno. Una parte di Terra martoriata da una guerra vecchia e da una guerra nuova, nel caso la situazione non fosse abbastanza terribile già da sola. L’Afghanistan, là dove gli americani intervengono pensando di compiere una buona azione, e invece aggiungono distruzione a distruzione.

L’Afghanistan, dove oltre agli americani intervengono anche tutti quelli che si dichiarano loro “amici”, che non conoscono il concetto di pace o che se ne sono dimenticati quando hanno votato in Parlamento, ma che il giorno dopo camminano in Umbria, casualmente fra Perugia e Assisi il giorno della Marcia per la Pace.

L’Afghanistan, là dove l’unica nota diversa in una canzone stonata è la presenza di Gino Strada, che per fortuna non si ferma davanti a nessun ostacolo. Tutto questo non è solo un film, ma è anche la realtà. Non si sa come finisce “Viaggio a Kandahar”, perché il regista sceglie di non dircelo; non sappiamo come finirà questa inutile guerra. Speriamo bene.

Emanuele 4^C

Tra i brani più famosi di quest’estate tutti ricorderanno certamente “It Takes a Fool to Remain Sane” degli Ark. Ora, credo che sarebbe molto interessante e soprattutto costruttivo per certi personaggi, insegnanti e genitori ma non solo, dare un’occhiata al testo di questa bella canzone. “Ma che kazzo vuol dire ‘sto ritornello?”.

La domanda sorge spontanea.

Non esiste una traduzione letterale, ci sarebbero molti modi per rendere in italiano la stessa espressione. “Prende uno stupido per restare sano” non significa nulla, magari va già meglio con “s’accaparra una scusa per rimanere rispettabile”, ovviamente l’ironia scorre a fiumi.

Tutti ci vergogniamo di quello che facciamo, perlomeno di qualche cosa, ma ciò che ci cruccia non è l’azione in sé che abbiamo compiuto, ma la considerazione che gli altri hanno di noi in seguito a quell’azione.

“Gli uomini si vergognano, non delle ingiurie che fanno, ma di quelle che ricevono”, diceva un altro tizio, un certo Leopardi.

Cosa c’entra Leopardi con gli Ark? C’entra eccome!

La paura di sentirsi in una maniera che gli altri non accettano (povero il poeta di Recanati!), il conformismo che è il solo modo per sopravvivere ad una spieta-

ta mondanità, la paura “di diventare come gli altri, che diventano madri infelici e infelici padri di infelici ragazzi” E perché è così? “Perché hanno scordato come si gioca, o forse hanno semplicemente paura di doversi

vergognare di sembrare strani, di sembrare matti, di ingrassare, di sembrare gay”. Per riparare a tutto questo, il famoso ritornello... “In this world all covered up in shame”.

Vedendo il leader degli Ark cantare al Festivalbar uno potrebbe anche dire “il tipo qui è gay”.

Osservazione intelligente.

Leggendo ancora il testo della canzone non può balzare all’occhio il passaggio che parla di spuntoni come la coda di un pavone, di unghie smaltate, di capelli tinti rossi e blu... Fantastico! La provocazione è palese, e fors e non è nemmeno una provocazione, bensì una sorta di manifesto di coloro che non voglio-

no lasciarsi trascinare dalla corrente, quelli che vestono la mattina come gli gira la luna e se ne strafottono del giudizio altrui, magari pure di quei gay (come il cantante) che non ci stanno dentro al primo stronzo che fa il tollerante solo a scuola durante i dibattiti ma poi se ne vede in giro uno lo sbeffeggia.

Di chi è la colpa?

Di tutti, dei nostri genitori, degli educatori, anche della Chiesa volendo, di noi stessi che non cerchiamo di andare al di là delle apparenze e non riusciamo ad assumerci le responsabilità delle nostre scelte.

Del nostro cristallizzarci nella vita di tutti i giorni, rimanendo ostili verso ogni novità e con l’unico scopo di portare a buon fine il nostro mediocre lavoro nella nostra mediocre giornata fino alla fine della nostra mediocre vita.

Così non va bene!

Ascoltiamo tutti il messaggio degli Ark: l’unica cosa da fare è quello che ci sentiamo di fare, “lascia decidere al tuo cuore quello che devi fare, è tutto lì quello che c’è da trovare”.

Articolo da leggere ascoltando come sottofondo la suddetta canzone.

Ville

Cosa canta Ville durante le notti di pioggia e gli uggiosi pomeriggi in centro? Cosa prova Ville tenendo per mano una ragazza che non conosce eppure a lui così vicina? Cosa sente Ville quando passeggia per le strade affollate? A cosa pensa Ville ogni volta che alza lo sguardo verso il cielo? Ad un angelo? A un demone?

Chi ha visto Ville aggirarsi per i cimiteri duranti i party selvaggi e rissosi? Quante rose ha portato Ville sulla tomba di S.? Le lacrime di Ville, le hai scorte sulle sue guance? Se sì, ti sei offerta di consolarlo? O hai pianto con lui?

Come ride Ville e quanto sporgono gli zigomi dal suo volto? Che cosa desidera Ville? Cosa desidera se annega ogni dispiacere nell’alcool?

Berresti con Ville? Cosa gli offriresti, un boccale di birra o una bottiglia di vino? Di che discuteresti con Ville? Di sesso?

Lo faresti con Ville?

Gradiresti la sua compagnia? Trovi che Ville sia un tipo solitario e introverso? Per Ville quanto contano i suoi amici? Ville non ti ama? Ma tu lo ami? O sei innamorata dell’idea di Ville che hai in testa? A che scopo lo segui? Ville non è immortale. Che insegnamento speri di trarre da lui? Ammetteresti Ville in casa tua? Piacerebbe ai tuoi genitori? O hai paura che Ville possa non far loro una buona impressione? Quale tra i tuoi ricordi più cari gli mostreresti per primo?

Quale foto regaleresti a Ville? La gita a Praga con la classe o le

vacanze al mare? Ti confideresti con Ville? O accetteresti semplicemente il suo amore? Una sua canzone? Un bacio?

Ville Hermanni Valo è il frontman, lead vocal e leader del gruppo love-metal “H.I.M.” ed è nato in Finlandia il 22 novem-

bre del 1976. Dopo il diploma non ha più proseguito con gli studi e ha cominciato a lavorare come commesso nel sexy-shop di suo padre. Fin da ragazzino coltiva la passione per la musica, all’età di 14 anni suonava con ben sette band diverse.

Ville è alto 184 centimetri, ha lunghi capelli neri e due splendidi occhi verdi. Ha cinque tatuaggi sul corpo: un pentagono a forma di cuore sul ventre (così come sul collo), ancora un cuo-

re sul polso destro, tribali ornamentali che gli corrono lungo tutto il braccio sinistro e sempre sulla sinistra una piccola “S” intorno al capezzolo (forse la “S” è la prima lettera del nome della sua ragazza, forse sta per “sydän” che in lingua finlandese significa “amore”. A nessuno è lecito sapere).

Valo (il cognome significa “luce”, sempre nella sua lingua nativa) deve in parte la sua bellissima voce al numero spropositato di sigarette che si fuma ogni giorno.

Beve pure molto, così come gli altri membri della band. Quasi tutte le canzoni degli H.I.M. sono scritte da lui.

Soffre d’asma e adora il vino rosso. I suoi gusti musicali sono mutevoli, ma i suoi gruppi favoriti sono i Black Sabbath e i Kiss. Più in genere la musica degli H.I.M. subisce le influenze degli anni ’70 e ’80.

Il personaggio è avvolto da un’aura di mistero: si sa pochissimo della sua vita privata. Ville è bellissimo, come già scrissi, ha la pelle candida come quella di un neonato. Non vi stupirebbe incontrarlo di notte in qualche posto un po’ tetro, giusto con la luce dei fuochi fatui che illuminano il suo volto.

Truccato. Ma non abbiate paura! Come canta una bella canzone di Donald Roeser, don’t fear the reaper.

Ville myhikaru@inwind.it

Quando D’Annunzio diede il nome alla Rinascente forse non sapeva cosa sarebbe diventato ottant’anni dopo quel palazzotto pieno di negozi griffati, di profumerie all’ultimo grido, di impiegate in minigonna e sbirri dall’aria truce che girano sorvegliando la merce. La mondanità in quel posto è veramente ripugnante, in pieno centro a Milano che già di per sé fa abbastanza cagare come città, in inverno respirando piano (altrimenti ti brucia le nari) l’aria fredda e plumbea del capoluogo lombardo ci si sente abbastanza depressi. Soli, se non conosci nessuno e le uniche persone che ti rivolgono la parola sono le vecchiette, povere!, che chiedono la carità. Il treno è un pacco, ma perlomeno torno alla mia cara vecchia Bergamo ogni sera.

Ma l’atmosfera del primo mattino è veramente elettrica. In Stazione Centrale, dove in questi giorni c’è sempre chi favoleggia di un Boeing che sta per atterrarci sulla testa, l’ambiente è galvanizzante: tutti che corrono da tutte le parti, lo speaker che annuncia treni in ritardo e soppressioni di treni causa sciopero indetto dal sindacato dei trasportatori di distributori automatici di merendine. Ti senti rassicurato! Il treno delle 7.30 è arrivato in perfetto orario, quindi deve esserci per forza qualcosa che va storto, altrimenti la mia selfconfidence andrebbe a puttane!

Ma dopo i primi cinque minuti di impressioni positive, tutto cambia. Scesi dalla metropolitana (che già a salire sembra un cargo di profughi, a momenti non c’è nemmeno lo spazio per respirare) ci si spintona e si fa a

gara per chi ha il passo più veloce, il tutto per essere i primi a guadagnare l’uscita dalle gallerie e non avere nessuno davanti che rompe le scatole e rallenta la nostra corsa. Addirittura c’è chi cammina rasente contro la parete per non avere intralci.

Neanche fossero ansiosi di correre in ufficio, i milanesi!

La fretta regna sovrana, i vecchi signori con il cappotto ti guardano male non appena domandi loro un’informazione. Chiedi l’ubicazione di una via, come è successo a me questa mattina, e il tipo ti lancia un’occhiataccia torva come per dire “maledetto drogato, stai lontano da me!” e dopo una lunga deviazione se ne va passeggiando col suo bastone. Vero che non vesto esattamente come un gentiluomo inglese di fine Ottocento e non mi taglio i capelli dall’inizio dell’estate, ma porcaccia la miseria! Una persona solare come me perde tutta la sua verve in una città come Milano! Dalla sede della Statale di via Festa del Perdono si può anche ammirare la Torre Velasca, il più orribile monumento architettonico mai concepito da mente umana, un mostro di cemento armato costruito apposta per imbruttire il passaggio tutto sommato decente delle nostre parti.

Visitare il Duomo è l’unica cosa per cui valga la pena fare una capatina nel centro (a parte le modelle che di tanto in tanto girano con il book sottobraccio), anche se io personalmente lo trasformerei in un santuario della musica metal e demolirei le migliaia di statue presenti per sostituirle con altrettanti gargoyle.

Molto gothic! Ah sì, in Piazza

del Duomo potreste anche incontrare Giorgia di MTV che vi bracca e vi intervista, come è successo a me e al mio amico Mauro. Gran figa, e dal vivo è ancora meglio!

Il succo del discorso è che a Milano di bello non c’è praticamente niente, le ragazze pure sono più carine a Bergamo. La periferia milanese è proprio la stessa che viene narrata in moltissime leggende urbane: squallida. Squallida e malfamata.

Casermoni su casermoni, vie con dei nomi orrendi (ho scoperto che esiste una fermata della metropolitana che si chiama “Precotto”), piccoli bar che s’affacciano timidamente verso uno stradone asfaltato dove la media delle persone che passano è pari a zero, zero vita, una tristezza indescrivibile!

Quest’articolo avrebbe dovuto mettere la depressione addosso a voi lettori, ma non sono riuscito nel mio intento. Quando uno torna a casa dopo aver visto la Milano paccosa, quella descritta nelle righe appena qui sopra, vorrebbe veramente cambiare il corso di facoltà. Chi abita in certi posti si è amalgamato al paesaggio. Quindi se proprio dovete andare a studiare in questa tetra e orrida città (che è un po’ come la selva oscura di Dante, strade tutte uguali, cantieri su cantieri che costruiscono sempre le stesse casone, criminali gli architetti) cercate di portarvi sempre dietro il walkman e non badare a quello che vi succede intorno.

Jimmy & Zag 5^F

ORIZZONTALI 1 Incurabile malattia della pelle 6 Se latino 7 Maestro 9 Arezzo 11 Raoul Bova 13 Tu americano 15 Lo uso per suonare la chitarra 19 Non qui 20 Uno dei sette peccati capitali 21 La parola più bella mai riportata su un dizionario italiano 23 Pullmann 24 Una nota che comanda 25 Il nome di Pennywise la creatura più celebre del 18 verticale 26 Madre Universale 27 Organizzazione Unica 29 Far esplodere 33 Ocean Pacific

34 Filosofo tedesco 37 Condizione delle persone al massimo della felicità 39 Marca di fazzoletti 40 Una nota che non è qui 41 Trento 42 “Con/per questi” è latino,”suo(di lui)” è inglese 43 Antiparticella dell’ elettrone 47 Nota di assenso 49 Virginia senza testa nè collo 50 La pronuncia di bluette VERTICALI 1 Paura...senza il Radio 2 Stagno 3 Iato...senza Torino 4 L’inversione del 3 verticale 5 Modo allegro per migliorare il proprio aspetto 8 Il miticissimo Indagatore dell’Incubo 9 Erbivoro americano 10 Tasto per la registrazione 12 Serpente...che galleggia

14 Scopo inglese 15 Sono composti da quark e gluoni, di essi sono fatti i protoni 16 Di Tivoli 17 Ti Dovrei Uccidere 18 Il nome del Re dell’ horror (lo scrittore King) 22 Organizzazione Internazionale Trochili 26 Una strada...che insegna 28 Passato remoto di ‘esco’ 30 Epilogo senza se stesso 31 Nessun Ignorante Omesso 32 Entrata da Zoppi 35 Metà scheletro 36 Herman che scrisse “Il lupo della steppa” (per coloro che sono particolarmente ignoranti,specifichiamo che è lo stesso che scrisse “Siddartha”) 38 Un’ isola nel deserto 43 Pubbliche Relazioni

Si spengono le luci, inizia la solita pubblicità e finalmente arrivano le prime scene. Avendo già visto Scary Moovie sapevo già, più o meno, cosa aspettarmi. Mi sono dovuta ricredere: al peggio non c’è mai limite.

Come forse sapete questa serie di film rivede in forma di parodia celebri Horror, come Scream, Il mistero della casa sulla collina ed altri del genere.

Non aspettatevi quindi un film ad alti contenuti culturali, ma andate a vederlo preparati ad un divertimento adatto anche ai cer-

velli meno dotati. Ora molto in breve la trama (ma c’è una trama ?).

Sei ragazzi vengono invitati in una misteriosa casa probabilmente infestata dai fantasmi ,dal preside del college che frequentano. Lui e il suo aiutante stanno conducendo pericolosi esperimenti sul paranormale. I ragazzi si recano nella casa per il week-end convinti di partecipare ad una innocua ricerca sull’ insonnia. Vengono accolti da un orrendo maggiordomo (con evidenti problemi mentali) che li

porta alle loro stanze. Dopo una catastrofica cena a base di tacchino, ognuno torna nella sua stanza. Qui vengono attaccati dagli spettri della tenuta. E poi...in un film del genere il “lieto” fine è scontato.

Cosa posso consigliarvi ? Se volete un paio d’ore di sano e demenziale divertimento, andate a vederlo, ma sia chiaro: io non mi prendo nessuna responsabilità.

Buona visione e auguri.

Cose da evitare: 1. Buttare via soldi per: impastatrici, gelatiere o altri marchingegni da cucina che non userò mai; libri di autori illeggibili da mettere in libreria per fare scena; biancheria sexy, inutile in quanto sfidanzata.

2. Cadere vittima di: alcolizzati, stressati del lavoro, allergici alle relazioni serie, gente fidanzata o sposata, misogini, megalomani, maschilisti, cialtroni sentimentali o scrocconi, pervertiti, in particolare la persona che le incarna tutte: Daniel Cleaver, nel senso che prendersi una cotta per il capo è patetico.

Cose da fare: 1. Andare in palestra tre volte la settimana, non solo per comprare i tramezzini.

2. Preparere delle compilation da usare a seconda dei diversi stati d’animo, in modo da avere già pronti dei nastri con musica romantica/ballabile/sexy/femminista ecc., senza dovermi trasformare in una persona stile DJ be-

vuto come una spugna con nastri sparsi per tutto il pavimento.

3. Imparare a programmare il videoregistratore.

to con un capo (Hugh Grant e con questo si è detto tutto!..) che, inutile dirlo, è il campione degli Inaffidabili. Ma ci sono sempre gli amici... Già, la femminista che le dice tutto quello che non si deve fare con gli uomini (mentre lei pur di averne uno farebbe proprio qualsiasi cosa), la piagnucolosa che quando la vede finalmente dimagrita la trova “sciupata”, l’omosessuale nevrastinico ossessionato dall’estetica. Tutti come lei con il terrore di morire da soli e di venire magari divorati alsaziani.

Così non restano che le sigarette (sempre troppe) per consolarsi e qualche bicchierino (sempre troppi) per dimenticare. Una commedia brillante in grado di farvi passare due ore in compagnia di una persona nella quale, diciamoci la verità, è per tutte davvero facile identificarsi.

Complessate, andate a vederlo, noi lo abbiamo già fatto!!

Questi sono solo alcuni dei propositi con cui Bridget intraprende un inizio dell’anno straordinariamente pessimo. Una trentenne-o-giù-di-lì, single non certo per scelta, un po’ sovrappeso, molto stressata. Insomma il ritratto sputato di una donna di oggi che cerca di sopravvivere non solo a se stessa e alla cellulite, ma anche ai ripetuti tentativi di una madre invadente che cerca in tutti i modi di accasarla con ricco giovanotto che indossa orribili maglioni fatti a mano.

Si trova regolarmente umiliata alle cene dei Felicemente Sposati che le presentano i partiti più improbabili, terrorizzata dalla bilancia, frustrata da un lavoro che non la soddisfa e che la fa stare quotidianamente a contat-

Maddy IID

Silvy, Ely, Silvy 4^F

Per Giulia Comotti 5^D: hai preso gli appunti sulle nostre lezioni...?! By Yeti & Kiara - Per Mussita Alice 1^E: Copriti il culo By uno schifato - Per Elena 5^D: oggi è il tuo giorno fortunato, hai consultato le stelle??

- Per Bonnie 5^D: “De Ghe?!” “ma sei di Roma?”

- Per Citro Paolo 5^D: “lo sai che R...i è strapalestrato!”

By anonimo - Per C 5^D: hai ragione la G è stratonica!!

By SSS - Per Chiara 5^D: nn darti più arie... su di me!

By la tua vittima in piscina - Per Della Volta Chira: vai perizoma, facce sognà!!!

By un’allupato - Per Steve 5^D: EEEEHHHHHH By la nonna - Per Chiara 5^D: hai visto “doom and nicotine”? chi c’era l’ultima volta? By il tuo compagno di banco - Per Giuditta... ah, Luca... ...Riccardo! Non volevo inquietarti By sai chi - Per Molinero A: non impegnarti troppo!!!... potresti anche pensare a qualcos’altro...

- Per Luca 5^A: Ti voglio bene

By Ranocchia - Per Chiara Bonacina 5^D: guarda che alla fine del corso avrai una prova teorica e, soprattutto la prova pratica con un “A man” By il tuo tutor - Per Matteo 5^D: bene Di Caprio non abbatterti!!Sei il nostro piccolo Gauss!

- Per Emi : L’anno prossimo corri con la gonna?!...6 il nostro idolo!!!

By 4^L - Per Steve 5^D: cosa dice il dolce tigrottino?! ahahahahahahah - Per Yuri 5^D: spero che tu possa mettere in pratica al più presto le tue fantastiche lezioni sul “tamtam”!!!

- Per quelli della ex 2^I che vogliono la loro foto in copertina dell’annuario: andare da uno psicologo per curare il vostro megalomanismo, no?!?!?!?!

- Per Yuri 5^D: simpatico l’uomo uovo, no?!?

- Per chiunque ritrovi un ombrellino verde nell’aula d’arte dell’ala vecchia: Per favore ridatemelo

By Paolo “Redazione” - Per Nicola 5^F : Visto che ti sei lamentato che non ti scrive mai nessuno ci pensiamo noi...Ok ciao ciao Silvia ed Elisa - Per Andrea Bellini: Quando è che ti fai avanti? Mi so rotta di aspettare. By Michela - Per Veronica Arrigoni 2^G: te lo diciamo con tutto il cuore: che gran bel doppio mento che hai!

By 2 della tua classe - Per Lilla 5^A: ...solo un rimpianto... Berry Culo!

- Per Mario 5^A: ...so cosa hai fatto a Ponte di Legno...

- Per Vitali 5^A: coraggio, prima o poi diventerai anche tu un bambino vero. By la Fata Turchina - Per la Barbie di 2^A: il mio arto bionico freme per te! By Action Man - Per Giustini 5^A: ...se il tuo c___o è come il tuo naso, allora c’è da divertirsi... By le primine vogliose - Per il mio Matteo Locatelli 4^L: 1- sei troppo cattivo; 2- chissà come farai a sapere meglio del medico la situazione delle placche in gola della tua ex-morosa ( l’attuale sono io ) scherzo ( solo sul punto 2 ) By Rana - Per Michela Guidolin 2^G: ciao culetto d’oro... By i tuoi due rompiscatole - Per cassotti 4^H: tantissimi auguroni per i tuoi 18 anni!!Mi manchi tanto By Tania - Per Belotti Luca 5^A: ...so che guardi tua sorella quando si fa la doccia... By Mario - All the gabbers must die. By Mascheroni - Per Maffioletti Nicola 5^A: voglio la tua ragazza! Daniele Rossi - Per Capi 4^L: Complimenti per il fluid! Eri vestita da far attizzare e morire!! By chi sai tu!!!!

- Che figo il nuovo rappresentante di 4^L!!!!

- Per Barba 4^L : Brutto gay smettila di torturarmi!

By Baga

Anna Muller 5^L Noemi Bettoni 5^L Valentina Brunetta 5^L Olga Marchesi 5^L Giulia Zanchi 5^L Laura Belloni 5^D Elena Nossa 5^D Marion Stucchi 5^D Danilo Agazzi 5^F Fabio Damiani 5^F Daniele Prestini 5^F Luca Previtali 5^F Silvia Valenti 4^F Silvia Cappia 4^F Elisa Tarolla 4^F Marco Bolis 4^F Claudio Tintori 4^F Paolo Frigeni 4^C Andrea Lussana 4^C Emanuele Valsecchi 4^C Martino Buzzetti 4^C Ludovica Piazzoni 4^I Valerio Bagattini 4^L Barbara Manzoni 3^H Arianna Leidi 3^G Federica Gambirasio 3^F Mariaelena Locatelli 3^F Luca Cavagna 3^D Marco Consonni 3^D Valentina Oberti 3^B Gill Mazzoleni 3^E Matteo Fumagalli 3^B Paolo Giordano 3^A Benedetta Volpi 3^A Fabrizio Rosati 3^C Maddalena Duci 2^D Alberto Quarti 2^F Andrea Maffi “il vecchio” Panseri Battista “il più vecchio

Miccoli è stato bocciato perché non aveva nessuna materia non sufficiente Calabrò Non faccio le gite per avere le preferenze con le donne o con gli uomini Calabrò Nietzsche diceva “Io vengo troppo presto” e insiste:”Vengo sempre troppo presto” Attianese Ma vi rendete conto delle stupidaggini che dicete?

Pollicino Noi utilizziamo il linguaggio Pasqual Monaco Il nero è uguale al bianco, il bianco è uguale al nero e così non si semplifica più niente Monaco Anarchia è quando uno non capisce...

Siracusano

Quinto anno post reges exactos = Cinque anni dopo l’esplosione dei re -Qui poi Virgilio parla di un veltro, che è un cane rabbioso…

-Nella Commedia, Beatrice è il simbolo dell’ antologia…

-Filippo II ,distruggendo gli inglesi, portò a termine la guerra dei centauri -Ho pastorizzato il denominatore -Prof.:A cosa si ispirano i frati cappuccini?

Alunno:A cappuccetto rosso -Prof.:Ma.... Morlacchi, contieniti, non continuare a sbadigliare in questo modo!!!!

Alunno:Mi scusi ho sonno Prof.:Ma da che paese vieni per avere così sonno?

Alunno:Da casa.