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Bosnia: sostegno, non pietà /Europa

BOSNIA: SOSTEGNO, NON PIETÀ

L’ultima speranza di giustizia per le sopravvissute allo stupro nella guerra di Bosnia.

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di Paolo Pignocchi

Il terribile conflitto della Repubblica Federale di Jugoslavia, meglio conosciuto come “La guerra di Bosnia” che ha coperto il periodo fra il 1992 ed il 1995, si concluse con il Genocidio di Srebrenica e gli Accordi di Dayton in cui la Repubblica Federale di Jugoslavia, in accordo con i principali attori europei, balcanici e mondiali, trovando una pace che definimmo “di carta”, tanto fu poco realistica, venne suddivisa in tre diversi stati: la Serbia, la Croazia e la Bosnia Herzegovina. La Repubblica Iugoslava divento’ uno stato definito Frankenstein. Un mostro a molte teste in cui si misero insieme pezzi di un paese che non potevano e non possono stare insieme: devastati, come sono stati, casa per casa, dal conflitto e dall’odio che ha bussato alla porta di ogni condominio di Sarajevo dove abitavano insieme bosniaci e serbi senza problemi, croati e mussulmani senza distinzione. Famiglie miste distrutte, allora, dalla guerra e dall’odio ed oggi dalla discriminazione che cova sotto la cenere. Fra le atrocità che una guerra come quella su base etnica ha prodotto, è necessario ricordare l’uso indiscriminato su larga scala dello “stupro come arma di guerra”. Il numero esatto di

vittime femminili di violenza sessuale associata al conflitto nella BiH è molto controverso, ma la stima più attendibile (espressa dal Consiglio d’Europa (CdE) indica la cifra intorno a 20.000. Il numero comprende donne bosniache, croate e serbe che spesso sono state imprigionate nei cosiddetti “rape camp” e violentate, rese schiave sessuali e a volte costrette a concepire in modo sistematico e ripetuto, da parte di gruppi militari e paramilitari. In modo meno organizzato, sono state violentate anche donne durante gli attacchi militari alla popolazione civile, con lo scopo di determinare la migrazione forzata di civili.

Paradossalmente positiva è stata l’introduzione da allora di questo crimine come crimine di guerra e contro l’umanità nel diritto internazionale, cosa che prima non esisteva.

La violenza colpì tutte le donne di tutte le etnie, epicentro la Bosnia Herzegovina, che subirono questo martirio insieme alla detenzione forzata in condizioni di maltrattamento e malnutrizione, rimanendo ferite irreparabilmente nei corpi e a volte uccise, più spesso mutilate fisicamente e, più subdolamente, ferite psicologicamente. Oggi, mentre scriviamo, a Sarajevo o a Tuzla piuttosto che a Belgrado vi sono donne che non hanno avuta riconosciuta, dai loro stati, un’invalidità di guerra per mutilazioni fisiche e che non ricevono, quindi un’indennità come, per esempio, chi ha combattuto nell’esercito durante il conflitto, e, spesso, ciò che resta e rende impossibile la vita di una donna è la Sindrome Post Traumatica, vera e propria malattia psicologica che non si cancella e per la quale molte donne non possono disporre neanche di un programma psicologico di recupero. Nessuna riparazione quindi. Purtroppo lo stigma sociale aggrava una situazione già molto pesante per le donne e porta le vittime a dover nascondere o a doversi vergognare della violenza subita anche in famiglia. L’impunità dei tanti criminali di guerra in tante situazioni le fa vivere vicino ai propri carnefici, rinnovando ogni giorno quel dramma, quei momenti incancellabili.

Erano tutti uomini del posto. Li ho riconosciuti e ho testimoniato in aula molte volte. Alcuni sono stati assolti e altri hanno avuto sentenze ridotte. Molti oggi sono in libertà e alcuni lavorano come funzionari comunali. Ogni tanto ancora li incontro. Non è stato facile tornare qui dopo tutto ciò che ho passato e condividere la vita con le persone che hanno commesso tutti quei crimini

Elma, Vlasenica

La ricerca che Amnesty International ha condotto per due anni rivela l’inadempienza delle autorità a fornire alle vittime la possibilità di ottenere in modo completo ed efficace verità, giustizia e forme di riparazione.

Non mi fido più di nessuno, specialmente dello Stato. Mi hanno abbandonato tutti. Vivo solo per mio figlio. È la luce che illumina la mia giornata. Per quanto riguarda me… questa non è vita. Mi sembra di essere tenuta in vita da una macchina

Sanja, Tuzla

Nei quasi tre anni di guerra, oltre 20.000 donne e bambine hanno subito stupri e altre forme di violenza sessuale. Le associazioni delle superstiti temono (a ragion veduta) che l’apatia politica e l’impasse che ne consegue persisteranno ben oltre la vita della maggior parte di loro. Bakira Hasečić, dell’Associazione donne vittime della guerra (Women Victims of War), si esprime così: “La maggior parte delle sopravvissute non vivrà abbastanza da vedere il momento in cui sarà fatta giustizia”. In base al diritto internazionale, lo Stato della BiH è tenuto a garantire alle vittime il diritto alla giustizia, alla verità e alla riparazione. Tale obbligo comprende la possibilità di ottenere giustizia in base a criteri di uguaglianza ed efficacia, accanto a una riparazione adeguata, efficace e tempestiva del danno subito, che comprenda il risarcimento, l’indennizzo, la riabilitazione, la riparazione e la garanzia che non si ripeta. Nel complesso, tali misure sono intese a porre rimedio alla sofferenza delle vittime ad aiutarle a ricostruirsi una vita. Dal 2014, anno in cui sono iniziati i processi per crimini di guerra nella BiH, in tutto il paese i tribunali hanno portato a conclusione 123 cause che implicano crimini di guerra di natura sessuale, con la condanna di 134 autori dei reati. Tale progresso è positivo ma, di fronte a questi tempi di giudizio e oltre 900 cause di crimini di guerra pendenti (di cui quasi 200 inerenti ad accuse di violenza sessuale), per smaltire l’arretrato occorrerà un altro decennio. A fronte dell’enorme entità di stupri e violenze sessuali commessi durante la guerra, queste cifre rappresentano una frazione dei potenziali casi; le vittime temono che la maggior parte degli autori dei reati non saranno mai consegnati alla giustizia.

Gli anni 2015 e 2016 hanno registrato il tasso più alto di processi conclusi, rispettivamente con 20 e 19 casi conclusi. Il tasso di condanna è stato del 76 per cento; questo, però, varia da corte a corte. Nella RS, circa la metà di tutti i casi è stata risolta in assoluzioni. Anche se complessivamente incoraggianti, questi numeri rappresentano ancora meno dell’1 per cento del numero totale stimato di vittime di crimini di guerra di violenza sessuale e una frazione dei casi denunciati.

Nel corso degli ultimi due anni, AI ha osservato miglioramenti notevoli in varie aree della persecuzione dei casi di violenza sessuale legata al conflitto. Nelle interviste con l’organizzazione, le donne che hanno testimoniato di recente e le organizzazioni che hanno fornito assistenza legale, hanno parlato di cambiamenti significativi. Un altro problema è l’applicazione arbitraria e contraddittoria di attenuanti e aggravanti nelle pene. Il codice penale della Bosnia Erzegovina, come quello della ex Jugoslavia, prevede la possibilità di pronunciare sentenze al di sotto del minimo obbligatorio prescritto qualora vi siano circostanze altamente attenuanti che indichino che ‘una pena più lieve possa soddisfare lo scopo della condanna penale’. Le associazioni dei sopravvissuti e le Ong, riferendo che i tribunali applicano abitualmente delle attenuanti, esprimono disappunto per questa prassi, che vedono come una sorta di impunità per i delitti di carattere sessuale.

Sembra che i diritti umani siano riconosciuti solo ai responsabili, ma non alle vittime. Noi dobbiamo contare sull’assistenza legale gratuita delle ONG, i responsabili hanno a disposizione due giudici, le loro spese legali sono coperte e ottengono pene ridotte. Ogni processo costa circa 160.000 bam (70.000 euro). La maggior parte di questi soldi va alla difesa. Allo stesso tempo, i tribunali sono restii a coprire le spese di viaggio per i testimoni, o a fornire supporto psicologico costante e protezione alle vittime che testimoniano

Meliha Merdžić, Women Victims of War, Sarajevo

Nei processi per stupro e violenza sessuale collegati ai crimini di guerra, la testimonianza delle vittime è fondamentale per l’esito di questi casi, dato che non è spesso possibile disporre di altre prove. Come parte dell’obbligo di offrire alle vittime una soluzione efficace, i governi hanno l’obbligo di avviare delle misure che assicurino la sicurezza, il benessere fisico e psicologico e la privacy delle vittime, evitando loro un secondo trauma nel corso dei procedimenti legali e amministrativi. Mentre la clausola sulla protezione e il sostegno dei testimoni nella Bosnia Erzegovina è stata significativamente rafforzata negli ultimi anni, le lacune che permangono nel sistema pongono dei seri ostacoli all’effettiva prosecuzione e continuano ad impedire che molte vittime possano testimoniare durante i procedimenti.

La giustizia, mancata per le donne di Bosnia e Serbia, è ancora lontana ma grazie alle ONG che operano nel luogo ed alle ricerche di Amnesty International, dei passi avanti sono stati fatti. Dobbiamo continuare a chiedere verità e giustizia per le donne che hanno subito violenza durante la feroce guerra di Bosnia ed in chiusura citiamo la testimonianza di una donna che non ha voluto lasciarci il nome:

Il risarcimento sarà uno stigma aggiuntivo per il colpevole e vorrei essere certa che, nel momento in cui è obbligato a versarmi del denaro, mediti sempre sui reati commessi in passato

(Anonima)

Una vittima che guarda alla casa di famiglia distrutta in Bosnia Orientale. © Ziyah Gafić
L’assistenza statale e i programmi di aiuto spesso non arrivano alle donne che vivono in aree remote.

Una vittima che guarda alla casa di famiglia distrutta in Bosnia Orientale. © Ziyah Gafić L’assistenza statale e i programmi di aiuto spesso non arrivano alle donne che vivono in aree remote.

Una vittima seduta fuori dalla sua casa nel nord della Bosnia. © Ziyah Gafić
Sebbene le ferite fisiche siano guarite, molte donne combattono ancora con conseguenze invisibili, ma durature, della violenza.

Una vittima seduta fuori dalla sua casa nel nord della Bosnia. © Ziyah Gafić Sebbene le ferite fisiche siano guarite, molte donne combattono ancora con conseguenze invisibili, ma durature, della violenza.

Fonte consultata:

Bosnia and Herzegovina: “We need support, not pity”: last chance for justice for Bosnia’s wartime rape survivors EUR 63/6679/2017 https://www.amnesty.org/download/Documents/EUR6366792017ENGLISH.PDF

Acronimi usati : BAM - Bosnian Convertible Mark (currency) BiH - Bosnia and Herzegovina EU - European Union ICTY - International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia OSCE - Organization for Security and Cooperation in Europe RS - Republika Srpska UN - United Nations