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I Piombi a Udine

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Chi si riconosce?

Chi si riconosce?

Tutte le volte che vado a Udine solitamente parcheggio l’auto in piazza Primo Maggio e per andare in centro faccio via Manin. Lungo la strada si incontra sulla destra un portone che apre su un cortile interno da cui si scende ai Piombi. Chi si affaccia oggi in quell’angolo appartato non immagina che ai tempi in cui frequentavo le “superiori” Udine aveva ancora l’atmosfera di un grosso paese di campagna. Le osterie erano vere osterie e non bar e a piazza San Giacomo c’erano le donne dei paesi vicini che vendevano fiori e verdure dei propri orti. Ho conosciuto perfino la signora che ha gestito l’ultimo chiosco per la vendita di uccelli nella, così chiamata, “piazza degli uccelli”. I Piombi sono stati il posto in cui mi sedevo a bere un caffè dopo pranzo per riempire il tempo libero nei rientri alle lezioni pomeridiane. Si scendeva per una scala che finiva in un locale che ricordo austero, con il soffitto in volte di mattoni. Molto rustico ed essenziale. Non era ancora intervenuta la modernità a togliere la patina che il tempo aveva lasciato. I Piombi hanno molti secoli di vita la cui storia merita di essere ricordata per quanti potessero averla dimenticata. Ho trovato uno spunto interessante nella lettura del libro “I Piombi in siet menadis” edito da Agrafat nel 1971. Il libro racconta che nel centro della città c’è una via un tempo chiamata Borg di Cividal di dentri, poi Borg San Bartolomio e, dal 1848, via Manin per onorare il presidente della Repubblica di Venezia. Veramente già un altro Manin, oriundo lombardo, era venuto “cuc” a Udine nel lontano 26 luglio 1341 come signore di Udine. Comunque sia la famosa strada è la sede dell’antica fossa della prima cinta del castello. Traccia della fossa è la larga profonda fogna sotterranea dietro le case, ai piedi del colle. I Piombi, definita costruzione in stile settecentesco veneziano, erano stati senza dubbio un’antica prigione. Scavi effettuati hanno fatto ipotizzare che la prigione fosse collegata con il castello tramite un cunicolo. Sarebbe stata la via attraverso cui i Signori mandavano i malcapitati nel sotterraneo attiguo alla fogna cittadina. Nella seconda metà dell ‘800 i Piombi divennero un’osteria che rimase aperta sino alla rotta di Caporetto nel 1917, per riaprire dopo la guerra. Durante i lavori di ristrutturazione dell’edificio sono state ritrovate due grosse catene con relative palle, pesanti gingilli per chissà quanta povera gente. Forse per la prigione di Udine nel 1822 è passato anche Silvio Pellico diretto allo Spielberg. Prigione ma anche gendarmeria e tribunale. La giustizia nel periodo veneto era amministrata come in tutti i tribunali dell’epoca. Le cronache riportano che il 21 marzo 1438 il boia era Giovanni Pizignino che “esercitava” la sua arte a Codugnello o a Prachiuso agli ordini dell’ufficiale giudiziario. Dopo la morte di Pizignino, almeno ufficialmente, le cosa a Udine migliorarono perché fu abolita la pena di morte e il Friuli godette di una relativa tranquillità. Poi ancora guerre, eccidi, ribalderie e detenzioni. Ad un certo momento il sotterraneo di via Manin fu dichiarato insufficiente per le accresciute esigenze della Giustizia ed il carcere, disinfettato alla meglio (si parla di oltre otto chili e mezzo di parassiti), divenne cantina e mescita. È probabile che i nostri carbonari si rifugiassero ai Piombi quando i gendarmi erano sulle loro tracce; è certo che i patrioti friulani e gli irredentisti della Venezia Giulia, specie gli intellettuali, vi si radunassero spesso. In tempi recenti poeti, artisti, professionisti e artigiani soli o talvolta con le mogli hanno frequentato la cantina. Tutta la società friulana frequentava la “spelonca” ed anche gli studenti che talvolta dovevano riempire un “buco” di alcune ore.

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