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Annuale mesto incontro a Cargnacco

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Chi si riconosce?

Chi si riconosce?

Cerimonia a Cargnacco negli anni cinquanta

Cerimonia forzatamente ridotta, quella del 24 gennaio scorso a Cargnacco, per ottemperare alle restrizioni dovute alla necessità di mantenere le opportune precauzioni atte a contenere i nefasti effetti del Covid-19; aspetto questo che ormai da mesi condiziona le nostre cerimonie, a cui neppure la sacralità di Cargnacco può esimersi. Per motivi di forza maggiore quindi il ricordo del 78° anniversario della battaglia di Nikolajewka si è tenuto nell’austera cornice del Tempio della Madonna del Conforto di Cargnacco, con una ristretta partecipazione della Sezione Ana di Udine e di una sparuta rappresentanza di autorità. In forma quindi veramente ristretta, quasi in sordina. L’annuale incontro nel ricordo di quanti non sono più tornati, e in particolare del sacrificio alpino, dal 1955 trova la sua massima espressione nazionale proprio nel Tempio di Cargnacco, che raccoglie il maggior numero di Caduti e di memorie storiche di quella tragica campagna. Quanta tristezza, nel vedere il piazzale antistante il tempio pressoché vuoto - a parte i soliti “quattro gatti” che mai rinuncerebbero a parteciparvi - e senza l’immancabile presenza di una rappresentanza delle forze armate. Per non parlare della cripta sotto il tempio, desolatamente chiusa.Questa tristezza porta però anche a considerare che, a prescindere dall’attuale situazione epidemica, in effetti i tempi stanno cambiando anche a livello di partecipazione alle cerimonie e purtroppo certo non in meglio. Con la mente all’odierna cerimonia, e non solo, il pensiero viaggia a ritroso nel tempo, alle annuali celebrazioni di tanti anni fa, quando il piazzale Don Carlo Caneva e il tempio, erano stracolmi da una vera marea di gente; partecipazione certamente favorita dal fatto che allora molti erano ancora i superstiti, assieme ai tanti famigliari dei non tornati. Ricordiamo il settembre del 1955 all’inaugurazione del tempio, giornata memorabile! O al dicembre di trent’anni fa, quando alla presenza di una moltitudine incredibile di gente, giunse al Tempio la salma del primo soldato italiano riesumato in terra di Russia. E la stessa tantissima gente era ancora presente nelle cerimonie degli anni seguenti. Ma come ben sappiamo il ricordo si affievolisce col tempo e la memoria vacilla o si perde, assieme agli sparuti reduci, ormai in inesorabile via di estinzione. Spetta quindi a noi fare il possibile per mantenere vivo il ricordo e la memoria di eventi storici che, nel bene o nel male, fanno pur sempre parte della nostra storia. E alle memorie più labili ricordiamo che “Un popolo senza storia è un popolo che non ha futuro”. Senza scordare che spesso, troppo spesso, molti partecipanti di questi eventi storici, sono stati, loro malgrado, artefici e spesso vittime involontarie della nostra storia nazionale, e una conferma ci viene dai nostri reduci. Ma ora bando a questi tristi rimembri e torniamo alla cerimonia di Cargnacco 2021. Come detto sopra, nel piazzale semivuoto si nota l’assenza - peraltro giustifica-

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Il mazzo di girasoli alla base del pennone con in primo piano il cappello dell’alpino Ferruccio Noacco, cl. 1917

Altare all'interno del Tempio ta - del Labaro nazionale, che quest’anno avrebbe dovuto presenziare alla cerimonia, seguendo un protocollo che a rotazione condivide con quella di Muris, sul monte di Ragogna e del Monumento Faro “Julia” sul monte Bernadia sopra Tarcento. In attesa che a queste cerimonie se ne aggiunga una quarta a cura della Sezione Carnica, da tenersi probabilmente nella zona del Pal Piccolo, tanto cara alle genti carniche. Era invece presente il Labaro nazionale dell’Unirr (dalla sede di Cargnacco), accompagnato dal presidente sezionale friulano Paolo Pascolo e dal presidente della Sezione di Udine, Dante Soravito de Franceschi, accompagnato dal vessillo della sezione e dai gagliardetti alpini del comune di Pozzuolo. Pochi gli invitati, tra cui il luogotenente Lepore, in rappresentanza del Commissariato generale per le onoranze ai Caduti, completavano la rappresentanza presente alla cerimonia, a testimoniare la volontà di “andare comunque avanti” anche in momenti particolari come questo. Ad assistere alla messa domenicale per la comunità di Cargnacco, una ristretta rappresentanza del comune di Pozzuolo del Friuli, guidata dal sindaco Denis Lodolo, che al termine del sacro rito ha pronunciato brevi parole di saluto e di conforto. Il presidente Soravito ha letto quindi la preghiera per i caduti di tutte le guerre. Ci si è recati poi all’esterno del tempio per concludere la breve cerimonia nel ricordo di Nikolajewka. Nel piazzale antistante ha avuto luogo l’alzabandiera, seguito dalla deposizione della corona di alloro e dalle note del silenzio. In un clima quasi irreale pareva di sentire solo il garrire del tricolore al vento, sulla cima dell’alto pennone alla cui base marmorea possiamo leggere i nomi dei reparti che parteciparono a quella insensata campagna militare. Tra quei nomi, si snoda l’immagine del percorso che i nostri soldati dovettero percorrere, fino a Nikolajewka ed oltre, per poter rientrare in Patria. Circonda la base del pennone un pregevole gruppo bronzeo a rappresentare un mazzo di girasoli, a grandezza naturale, opera dello scultore Gianfranco Malisan. Il girasole, coltivazione tipica della campagna russa, vuole ricordare quella fiammella di speranza per un ritorno a casa di tanti nostri soldati, sperduti in quelle immense distese di grandi fiori gialli. Il pennone per la bandiera e relativo gruppo bronzeo sono stati donati nel settembre del 1998 dalla Sezione di Udine in occasione della giornata del caduto e del disperso sul fronte russo, che annualmente si tiene a cura dell’Unirr.

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