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Chi è Igor Kolomojskij il finanziatore dell’elezione di Zelensky?
by Alloranews
Nato da famiglia ebrea, il miliardario Igor Kolomojskij (la cui fortuna è stata stimata da “Forbes” in sette miliardi di euro) era cittadino ucraino, israeliano e cipriota. Era il maggior azionista di Privat Bank, un istituto di credito coinvolto nel traffico illegale di armi (anche da Israele) e nel riciclaggio di capitali mafiosi.
tria sia il mondo intero e che la nostra legge sia la libertà” ma non ricordo chi lo disse.
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A vent’anni consideravo Lyndon Johnson e Leonid Brežnev dei tiranni a causa del loro atteggiamento nei confronti degli oppositori politici, e pensavo che non fosse necessario aspettare che una persona del genere scatenasse una guerra per riconoscerla come tale. Avevo la speranza che la fine del Patto di Varsavia avrebbe portato ad un mondo orientato verso il disarmo e alla riduzione degli arsenali.
A vent’anni avevo una visione molto critica nei confronti dei preti e dei pope che benedicono i cannoni, considerandoli criminali, consideravo un crimine tutte le basi militari, i missili, le bombe, le mine e i carri armati.
E cantavo "Masters of War" di Bob Dylan, che denuncia coloro che costruiscono strumenti di distruzione e si nascondono dietro muri e scrivanie.

Mi sentivo mosso da un forte idealismo e pensavo che la musica e l'arte potessero essere strumenti di cambiamento sociale. Credevo nella forza della pace e pensavo che l'amore fosse un'alternativa più potente alla guerra.
Tuttavia, non è necessariamente vero che fossi "migliore" a vent’anni. La crescita e l'apprendimento fanno parte del percorso di ogni individuo, e attraverso le esperienze maturiamo e sviluppiamo una comprensione più approfondita della realtà.
Ma è anche interessante notare come le opinioni e le convinzioni possano evolversi nel corso della vita, e come, nel mio caso restino inalterate nel tempo.
Inoltre, era proprietario del porto di Odessa e della squadra di calcio Dnipro. I suoi interessi commerciali andavano dai prodotti petrolchimici e ferroleghe, ai viaggi aerei, alle stazioni sciistiche.
Membro del consiglio della fondazione della comunità ebraica di Dnepropetrovsk (per cinque anni anche presidente dell’Unione ebraica europea e di quella ucraina), è stato governatore della regione da marzo 2014 a marzo 2015.
Proprio nel periodo in cui, in quell’area, c’erano stati la guerra civile e i successivi espropri per favorire le trivellazioni di gas.
Il 5 marzo 2021, il segretario di Stato Usa, Anthony Blinken, aveva annunciato l’imposizione di sanzioni contro Kolomojskij, con l’accusa di corruzione internazionale.
Igor Kolomojskij, dalle motoseghe alla strage di Odessa
Un’inchiesta di “Forbes” ha descritto così il modo in cui Kolomojskij ha fatto fortuna:
"Ha usato delle forze paramilitari della banca Privat per far valere l’acquisizione coatta di aziende, arruolando un gruppo di “teppisti, armati di mazze da baseball, spranghe di ferro, gas e pistole con proiettili di gomma e motoseghe” per prendersi con la forza un impianto siderurgico a Kremenchuk nel 2006 e ha usato “un mix di ordini del tribunale fasulli, spesso per mano di giudici o cancellieri corrotti, e di maniere forti” per sostituire amministratori nei consigli di amministrazione delle società delle quali acquistava le partecipazioni".
Da un’inchiesta della magistratura (fatta archiviare a forza dal ministro della Giustizia ucraino), è emerso che Kolomojskij è collegato, personalmente e finanziariamente, sia al leader di Pravy Sektor, Dmytro Yarosh, sia a quello di Svoboda, Oleg Tyagnibok. Secondo un’inchiesta che io stesso condussi nel 2014, Kolomojskij avrebbe finanziato le truppe d’assalto che si macchiarono del sangue di oltre trecento vittime, nella casa dei sindacati, a Odessa, il 2 maggio 2014.
Insomma, il figlio del vicepresidente degli Stati Uniti era entrato nel consiglio di amministrazione di una importantissima società di gas (senza capire nulla di energia) pochi giorni dopo che si era consumata una strage ad opera di un battaglione nazista finanziato dall’uomo proprietario della società di gas. Strage che era stata preceduta da una riunione proprio tra l’oligarca ucraino e il vicepresidente Usa. Un caso?
Tratto dal libro Biolab: la guerra del futuro passa attraverso l’Ucraina e l’Italia, di Franco Fracassi.
Per l’acquisto del libro scrivere all’indirizzo email: francofracassi1@gmail.com
L’Italia ha già dato molto in termini di accoglienza, forse troppo. La gran parte degli immigrati clandestini che arrivano nel nostro Paese sono mossi dall’intenzione di migliorare le proprie condizioni economiche, ma risulta che solo il 10% fuggono da guerre e violenze.
La nostra Penisola, e in generale l’Europa, non potranno farsi carico di centinaia di milioni di rifugiati, che porteranno con sé miseria, violenza e instabilità economica. Bisogna, dunque, reagire con forza, ora, anche per evitare le migliaia di annegamenti in mare, che accettiamo come pura fatalità.
Non occorre guardare molto lontano per trovare una soluzione al problema. Basterà seguire la stessa tattica seguita dall’Australia e, a suo tempo, da Hong Kong con i “boat people” provenienti dal Vietnam. Come residente a Hong Kong ricordo che quei campi di raccolta arrivarono a contenere sino a 60.000 persone, ma oggi risultano tutti chiusi.

I profughi dovranno essere raccolti, subito dopo lo sbarco e portati su di un isola ben attrezzata per accoglierli, dove verran- no sistemati in campi, in attesa della loro identificazione e solo dopo aver capito chi sono e dove vogliono andare potranno essere accompagnati fuori.
Un’isola che mi sembra adatta a questo scopo è Lavanzo, in Sicilia, parte delle isole Egadi. Possiede una superficie di 5 chilometri quadrati e una popolazione di circa 240 residenti, che potranno essere indennizzati e trasferiti. Bisognerà costruire rapidamente degli alloggi per i profughi e degli uffici per vagliare il loro status, dovrà esservi mantenuta una forte presenza di polizia per scoraggiare rivolte.
Chi non avrà le carte in regola, verrà detenuto fin quando non accetterà un rimpatrio. Ma siamo certi che, non appena si diffonderà la voce che questa struttura è operativa e funziona, tutte le partenze dalle coste del nord Africa cesseranno. Lo stesso successe a Hong Kong con i rifugiati vietnamiti e in Australia con indonesiani e malesi
Una volta collaudato, questo sistema potrà essere esteso anche a chi viene trovato a girare in Italia senza documenti, e a chi entra in Italia seguendo la rotta balcanica.
La storia delle richieste di "voce" trattato e verità da parte delle Prime Nazioni in Australia, sono sempre state presenti nell'attivismo indigeno per decenni e hanno radici storiche profonde.


Nel 1972, gli attivisti aborigeni hanno organizzato la petizione di Larrakia alla regina du- rante la visita reale della principessa Margaret. La petizione ha sottolineato il fallimento della corona britannica nel firmare trattati con i popoli indigeni in Australia e ha chiesto diritti fondiari e rappresentanza politica.
Anche se la consegna della petizione è stata impedita dalla polizia, ha