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Autotrasporto: persi fatturato e liquidità

L’autotrasporto non ha mai smesso di lavorare, continuando a viaggiare per rifornire il Paese. Eppure le conseguenze del coronavirus si fanno sentire pesantemente sul comparto: nel periodo del lockdown si sono persi traffi co e fatturato con gravi conseguenze su liquidità e occupazione. È quanto emerge dall’indagine periodica di Conftrasporto-Confcommercio sulle imprese italiane dell’autotrasporto, dati elaborati dall’Uffi cio Studi su indagine periodica Format Research, nel raffronto con lo stesso periodo del 2019.

Secondo i dati della ricerca infatti, dal 9 marzo al 3 maggio 2020 si sono persi circa 900 milioni di km. In poco meno di 2 mesi lungo le strade italiane il traffi co pesante (maggiore di 3,5 Ton) ha percorso 1,8 miliardi di chilometri, a fronte di un valore di riferimento per il periodo di circa 2,7 miliardi di chilometri secondo il dato determinato sui valori di traffi co pre-crisi. Tutto ciò ha trasformato la perdita di chilometri percorsi in perdita di ricavo, con un mancato fatturato di circa 1,8 miliardi di euro nel bimestre marzo-aprile appena trascorso.

In effetti, la riduzione dell’offerta di trasporto ha comportato un impatto negativo anche sull’occupazione, con una perdita in termini di retribuzioni e contributi stimabile complessivamente in circa 370 milioni di euro, coperta in parte grazie agli ammortizzatori sociali.

Nei prossimi mesi il tema scottante riguarderà le chiusure defi nitive di molte imprese visto che oggi si può già osservare un calo di natalità. Il fatto di essere aperti, sottolinea Conftrasporto-Confcommercio, riduce il tasso di mortalità di breve termine, ma i cali di domanda – interna e derivante dal commercio estero – riducono la natalità in modo repentino ed eccezionale. Nel bimestre marzo-aprile la riduzione delle nuove imprese, rispetto allo stesso bimestre del 2019, sarebbe di oltre il 45%: dalle 71mila che costituiscono un benchmark poco variabile nel medio-lungo termine a meno di 39mila di marzo-aprile 2020 per l’intera economia.

Se la situazione non dovesse modifi carsi radicalmente entro il prossimo trimestre, il saldo demografi co delle imprese di autotrasporto po-

Immatricolazioni in caduta libera

trebbe avere effetti permanenti sulla tenuta del settore e sulla vitalità imprenditoriale che lo anima.

Tutto questo anche perché le immatricolazioni di veicoli commerciali e industriali sono in caduta libera, come dimostra il Centro Studi e Statistiche di Unrae, l’Associazione delle Case estere, sulla base dei dati di immatricolazione forniti dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Gli autocarri fino a 3,5 Ton, dopo il -71% di marzo, ad aprile perdono addirittura il 90% dei volumi rispetto allo stesso mese dello scorso anno, con 1.606 unità immatricolate a fronte delle 15.555 di aprile 2019. Il primo quadrimestre del 2020 chiude con una perdita del 44% con 34.478 immatricolazioni rispetto alle 61.645 dello stesso periodo dello scorso anno. I veicoli con massa totale a terra superiore alle 3,5 Ton nel mese di maggio 2020 perdono il 41,7% rispetto al maggio del 2019: 1.414 unità immatricolate contro 2.424, portando il consolidato dei primi cinque mesi del 2020 a -30,1% sullo stesso periodo del 2019 con 7.583 unità contro 10.849. Nel comparto dei veicoli pesanti, con massa totale a terra uguale o superiore a 16 Ton, a maggio 2020 si è registrata, invece, una caduta del -42,1% rispetto a maggio 2019 con 1.091 unità immatricolate contro 1.885, che porta a un calo di -29,6% il consolidato dei primi cinque mesi del 2020 con 6.229 unità immatricolate contro 8.844.

“Abbiamo in più sedi e in tutte le occasioni possibili chiesto ripetutamente una particolare attenzione concreta per il settore dell’autotrasporto – commenta Franco Fenoglio, presidente della Sezione

veicoli industriali della stessa Unrae – e l’emergenza sanitaria ha messo brutalmente in evidenza quanto questo settore sia economicamente e socialmente fondamentale e strategico per il nostro Paese. Occorre – continua – creare un fondo strutturale per incentivare con continuità il rinnovo del parco nei prossimi anni e sbloccare nell’immediato le procedure per concedere liquidità alle aziende, prima che le perdite sul campo, tanto nell’autotrasporto quanto nella filiera di produzione e distribuzione, diventino irrecuperabili, trasformando oltre tutto un potenziale serbatoio di occupazione in una voragine di disoccupazione”.

Ma le, peraltro inevitabili, misure di contenimento della pandemia – nel caso specifico chiusura delle fabbriche e dei concessionari – hanno avuto effetti negativi su tutta la filiera produttiva dell’automotive, con conseguenti riduzioni dei volumi di immatricolazione di veicoli commerciali e industriali.

L’ultimo dato complessivo rilevato da Acea, l’Associazione europea dei costruttori di autoveicoli, fa riferimento a una perdita di produzione di 2,4 milioni di autoveicoli di tutte le tipologie in Ue (UK compreso) – di cui oltre 159.000 in Italia – per effetto della chiusura degli impianti produttivi europei della durata media di 29 giorni lavorativi, 41 in Italia.

Ad aprile 2020 sono stati rilasciati 905 libretti di circolazione di nuovi autocarri (-61,7% rispetto ad aprile 2019) e 581 libretti di circolazione di nuovi rimorchi e semirimorchi pesanti, ovvero con ptt superiore a 3.500 kg 3,5 Ton (-70,7%), suddivisi in 39 rimorchi (-69,5%) e 542 semirimorchi (-70,7%).

Nei primi quattro mesi dell’anno si contano 6.294 libretti di circolazione di nuovi autocarri, il 26% in meno del periodo gennaio-aprile 2019, e 3.492 libretti di circolazione di nuovi rimorchi e semirimorchi pesanti (-47% rispetto a gennaio-aprile 2019), così ripartiti: 285 rimorchi (-45,5%) e 3.207 semirimorchi (-47,1%).

Nello specifico, per le vendite di autocarri nel 1° quadrimestre, il calo è stato più accentuato nelle aree del Nord-Ovest (-39%) e del Nord-Est (-32%), mentre nelle regioni del Centro e del Centro Sud la flessione è stata più contenuta, -12%. Guardando ai rimorchi, nei primi quattro mesi del 2020, le marche estere perdono il 54% del mercato, mentre le marche nazionali contengono la perdita al 36%.

I dati Acea