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Pag Giorgio Berta. bentornati a Teatro

Sportivo e senza cravatta, come non lo abbiamo mai visto nelle occasioni ufficiali, si guarda in giro nello studio dove abbiamo posizionato i tabelloni con i volti dei tanti che abbiamo ospitato sulle nostre pagine.

Alcuni scatti risalgono anche a 25-30 anni fa ed eravamo agli inizi…

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“Come si cambia - dice riconoscendo molti dei visi fotografati - e la vita è spesso una concatenazione di eventi casuali. Io, per esempio, quando ho smesso di giocare a tennis, ho studiato Economia e Commercio perché mia sorella aveva sposato un commercialista e quindi speravo di poter trovare lavoro presso lo studio di mio cognato”.

Dove abitava da ragazzo?

“In via Anna Frank, quella vietta dietro l’Accademia della Guardia di Finanza, in una palazzina di sportivi. Abitava lì la famiglia Noris, famosi sciatori, poi c’era Personeni che giocava nell’Atalanta e i titolari della Libreria Rossi, tutti forti tennisti. Anche a mio padre piaceva il tennis e io ho iniziato con lui a sei anni. Finito il Lussana, ho provato a fare l’assicuratore ma non era il mio ramo… Mi proposero di lavorare al Tennis Club Bergamo e, in fondo, giocare a tennis, era quello che sapevo fare meglio. Lavoravo dieci/dodici ore al giorno e guadagnavo bene per cui l’Università l’ho accantonata per un po’. Però poi ho recuperato e mi sono laureato in tre anni. Aveva da poco passato i 26 anni, ero fuori corso ma mi proposero di fare l’assistente e così ho fatto trent’anni come Docente in Università. Nel frattempo ho aperto uno studio con la rag. Mirella Nembrini.

Siamo partiti senza neppure un cliente e oggi nello studio lavorano quasi cento persone. All’inizio mi tornarono buone le relazioni che avevo intrattenuto grazie al Tennis e, chi mi aveva apprezzato in passato nello sport, spesso diventava cliente. Più recentemente ho iniziato anche questa attività a fianco dell’amministrazione pubblica non avendo mai fatto politica e, anche se si sa che guardo con favore più al centrosinistra che alla destra, non mi sono mai etichettato in alcun modo.

Tant’è che ho fatto il presidente di Bergamo Infrastrutture con Roberto Bruni e poi da Tentorio ho avuto la delega per la parte finanziaria di Bergamo infrastrutture Quando è arrivato Giorgio Gori, che conosco da 50 anni, ho fatto parte del cda di Atb e successivamente ho assunto la Presidenza della Fondazione del Teatro DoÈ GIORGIO BERTA, COMMERCIALISTA BERGAMASCO, L’UOMO DEL MOMENTO. LA FONDAZIONE DONIZETTI DA LUI PRESIEDUTA SU NOMINA DI GIORGIO GORI, SI È FATTA CARICO DI RESTAURARE IL MAGGIOR TEATRO DELLA CITTÀ CHE HA RECENTEMENTE RIAPERTO LE PORTE AL PUBBLICO DOPO TRE ANNI DI LAVORI. CONOSCIAMO PIÙ DA VICINO CHI È “L’UOMO DEL TEATRO” E SCOPRIAMO CHE... SI È MESSO SOLO ORA A STUDIARE L’OPERA LIRICA. nizetti. Tre uomini di grande valore. Roberto Bruni aveva grandi capacità, Franco lo consideravo più alla mia portata forse perché siamo colleghi…. Con Giorgionon mi sono, invece, mai sentito all’altezza”, ancor oggi mi mette un po’ di soggezione...”. Lei è l’uomo del momento per via della riapertura del Donizetti dopo tre anni di ristrutturazione. La Fondazione ha cominciato a funzionare quando è arrivato lei?

“Sì quando sono arrivato era appena stato nominato il consiglio di amministrazione. Siamo partiti con questo progetto in mano e con le gare da indire per poter avviare i lavori. Ma bisognava anche dare una struttura alla Fondazione che era solo sulla carta e per nulla operativa. Abbiamo procurato le risorse e creato regole interne in modo si applicasse il modello organizzativo che compete alla Fondazione anche in nome della massima trasparenza. Gli interessi che gli ruotano intorno sono davvero tanti. Attività di lirica, di prosa, di jazz e altre collaterali che coinvolgono i giovani e le scuole. Necessita di una trasparenza assoluta”.

Quand’è che ha incontrato il Donizetti?

“Frequentavo la rassegna dei cantautori avendo una grande passione per la musica moderna, per il rock, il jazz e giù di lì… Non mi interessavo della prosa, della lirica men che meno. Sono andato qualche volta al Festival del Jazz con mio padre. Adesso ho dovuto iniziare a studiare anche la musica lirica”.

Ma la sua non è una funzione gestionale?

“Sì è vero ma, quando presentano il cartellone della nuova stagione, voglio essere informato e aggiornato anche perché dalla qualità della programmazione dipende il successo del Teatro, anche quello economico… A Bergamo non abbiamo problemi nemmeno con la prosa che porta i suoi 5.000 abbonamenti. Il Festival Jazz è sempre un successo. Poi abbiamo Francesco Micheli sul fronte della Lirica che ci ha dato davvero grandi soddisfazioni e che con il Festival Donizettiano ha fatto parlare di noi anche il Washington Post. La sfida è che adesso il teatro non sarà aperto solo per sei mesi ma per undici e quindi i costi fissi aumenteranno in ragione di questo. Prima, non essendoci l’impianto di condizionamento, d’estate non si poteva utilizzare, mentre ora sì. Quindi, maggiori costi da coprire per cui dobbiamo pensare ad una programmazione che si estenda su più mesi e gli spettacoli non potranno essere più a compartimenti stagni. La gente è disposta a seguire la prosa, il jazz e anche la lirica ma bisogna introdurre proposte nuove anche per attirare di più i giovani, visto che la maggior parte dei fruitori del Donizetti sono persone non più giovanissime. Per attirare nuovo pubblico bisogna essere capaci di utilizzare nuovi linguaggi e la dimostrazione è il successo di Incanto, lo spettacolo organizzato per l’inaugurazione dopo il restauro, che comprendeva un mix un po’ di tutti i generi. Dobbiamo attirare i giovani ma avere anche un ruolo sociale magari facilitando la possibilità di far venire a Teatro persone che non possono farlo. Come ad esempio gli ospiti delle RSA, che potremmo portare a teatro al mattino, per uno spettacolo o anche solo per assistere alle prove e vivere il Teatro. Adesso, anche in conseguenza del nuovo corso del Donizetti rinato e “condizionato”, bisognerà prestare molta attenzione al Teatro Sociale che, in questi tre anni, ha svolto un perfetto ruolo di supplente e che, anche per le difficoltà logistiche che lo caratterizzano, si presta meglio per percorsi di ricerca e proposte destinate ad un pubblico magari di nicchia ma non meno importante”.

Luigi Mariani

La Fondazione Teatro Donizetti e la generosità di Luigi Mariani, purtroppo scomparso a marzo dello scorso anno, hanno permesso all’Università degli Studi di Bergamo e al Politecnico di Milano di documentare con nuove ricerche, le relazioni tra la città di Bergamo e l’edificio pubblico che più la rappresenta. Il libro analizza le vicende che hanno accompagnato l’evoluzione della società e della cultura cittadina documentando la continua sovrapposizione tra scena teatrale e scena urbana. Assolutamante da leggere, edito da Bolis, lo trovate in libreria.

GIORGIO BERTA PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE TE ATRO DONIZETTI CHE SI È OCCUPATA DEL RESTAURO

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