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In-formazione e comunicazione contatti e divergenze parallele
colloquio a quattro mani di / Pier Paolo Civelli e Beppe Castellano /
Con Pier Paolo Civelli, giornalista e presidente di Avis regionale, ci siamo confrontati sul mondo dell’In-formazione oggi. Alla luce del giornalismo “classico” e di come si sta evolvendo e come si stanno trasformando le fonti di informazione.
B - Pier Paolo, partiamo da quello che disse Montanelli nel 1997 all’Università di Torino? “Non posso consigliare a nessun giovane di intraprendere il giornalismo oggi, credo che sia ormai al capolinea. Il giornalismo classico, dal quale non mi saprei mai distaccare, è impossibile che si possa adeguare. Nemico mortale per i giornali è la TV e i giornali son diventati il loro megafono.... Giornalismo peggiore se va solo in cerca dell’audience. Non so se il giornalismo è capace di compiere un’evoluzione in questo senso, ma io non ne vedo i segni”. Allora il vecchio Indro parlava della TV, ma potrebbe ancor più essere “profetico” per i tempi di oggi. Dove stiamo andando?
P - L’Informazione giornalistica è sempre più come un fiume in piena. Mentre in-formare va inteso come “dare forma, modellare”. È in questo senso che l’informazione porta con sé una forte carica etica imponendo al giornalista una coscienza in più. Con il suo lavoro deve offrire ai suoi lettori-ascoltatori strumenti di interpretazione della realtà. Egli in-forma, nel senso che la sua azione cambia la realtà: non mani-
Pier Paolo Civelli, giornalista, è stato presidente dell’Ordine Giornalisti Valle d’Aosta ed è l’attuale segretario dello stesso Ordine. È anche presidente dell’Autorità per le Comunicazioni della Valle d’Aosta e consigliere d’amministrazione del C.D. Centro Servizi Volontariato Valle d’Aosta. È il presidente dell’Avis regionale Valle D’Aosta. polandola o mistificandola, bensì nell’ottica del miglioramento. (Ordine dei giornalisti. 5. La deontologia professionale)
B - Ma, appunto, se una volta comunicazione e informazione erano sovrapponibili, sempre più le loro strade si sono divise. Quando addirittura questa - la comunicazione anche ai fini politici e/o di marketing - si spaccia per quell’altra, l’in-formazione, appunto.
P - Più che alla distinzione classica e un po’ accademica tra informazione/comunicazione focalizzerei i diversi mezzi dell’informazione, il loro utilizzo e la loro evoluzione. Un tempo il mezzo classico era quello del giornale, poi della radio e della TV con un uso più passivo e unidirezionale. Diverso è il caso dell’informazione interattiva oggi veicolata dai nuovi mezzi di comunicazione di massa. Internet su tutti, ma anche Tv satellitare, banche dati, centri informatici di comunicazione. Con questi mezzi, il destinatario della i.g. agisce direttamente, chiede ciò che vuole, impone approfondimenti, impagina il proprio giornale personalizzato. Nel grande fiume della i.g. il fruitore è chiamato a una azione di scelta, se vogliamo di autoinformazione.
B - Questo in teoria, visto che si è portati a cercare e approfondire in base alle proprie idee, tesi e teorie di partenza, escludendo quasi automaticamente ciò che non corrisponde. Cosa che i “maestri” del giornalismo “classico” ci invitavano a evitare come la peste, ma che molti nella categoria sembrano aver dimenticato.
P - Si tratta, in realtà, di un fiume che diventa sempre più imponente, che si alimenta di sempre più variegati affluenti, al punto di configurare una specie di mare che scorre. Diventa così sempre più difficile distinguere e riconoscere le singole gocce. È un fenomeno definito come il paradosso della quantità.
B - È la stessa cosa che vale per le notizie. Più si moltiplicano, si rincorrono in cerca di “far prima”, dello scoop e del “buco” dato alla concorrenza e meno si distinguono.
P - Già, e così l’informazione giornalistica viene meno al suo dovere primario: quello di in-formare. Le notizie stordiscono invece di risvegliare le coscienze. E mentre in-formarsi diventa sem-
pre più indispensabile (e apparentemente più facile), il grande affollamento di notizie finisce per rendere il compito sempre più complicato. Per non parlare del fenomeno ben peggiore della cattiva/falsa informazione o delle fakenews.
B - Che però fanno sempre più presa, addirittura più delle notizie vere e verificate alla fonte, su gran parte del “popolo di internet”. Con buona pace di chi cerca - pur tra mille difficoltà - di fare bene il proprio mestiere al servizio del lettore che, sempre per citare Indro Montanelli dovrebbe sempre essere “l’unico padrone” del giornalista.
P - Infatti, l’unica garanzia e appiglio di credibilità ed autorevolezza per il lettore, rispetto al prodotto informativo, sta in tutte quelle qualità sintetizzabili nella “capacità di informare”.
B - Che non si inventa da un giorno all’altro, anche essendoci portati. Ricordiamo tutti le palle di carta accartocciata, contenenti i nostri “sudati” articoli, con cui i redattori “anziani” si divertivano a centrare il cestino della carta straccia...
P - Una capacità che si apprende con lo studio, con l’esercizio, l’aggiornamento e la pratica costante.
B - Infatti forse non tutti sanno che, come ogni professionista (Medici, Avvocati, ecc.) iscritti ad un Ordine professionale, per legge anche i giornalisti ogni triennio devono avere un certo numero di “crediti formativi”. E seguire corsi di aggiornamento con particolare attenzione a quelli obbligatori riguardanti la deontologia...
P - La “capacità di informare” si riassume nello svolgere due passaggi fondamentali: 1) la raccolta di dati e di informazioni finalizzati alla individuazione delle notizie, la loro adeguata selezione secondo un criterio di utilità, stabilendo così una gerarchia d’importanza; 2) la traduzione dei dati in notizie vere e proprie attraverso un linguaggio adatto al mezzo per il quale si opera e al target a cui si fa riferimento. Oggi invece chiunque può accedere ai siti di quotidiani e agenzie attraverso la Rete. Per questo l’i.g. individua un nuovo target: quello dei navigatori. Servono un linguaggio ancora più chiaro, siti facilmente individuabili, facili da ‘cliccare’ e anche la sostanza dell’i.g. diviene quella dell’estrema sintesi, dell’immediatezza, della riconoscibilità. Internet consente a chiunque di sviluppare veri e propri ‘giornali elettronici’ che oggi pongono problemi di diversa natura: la deontologia, la verifica delle fonti, la violazione della riservatezza, l’intrusione, ecc.
Questo tipo di informazione giornalistica è caratterizzato dall’interattività. È come se il singolo fruitore realizzasse un suo giornale personale, una sua impaginazione, un suo ordine di priorità. Questa nuova “capacità” di essere informati (che non è sinonimo di libertà o maggiore qualità dell’informazione) è tipica di tutti i nuovi media.

B - Dalla ricerca che pubblichiamo nelle pagine precedenti scaturisce un fatto, però, forse inaspettato: “Cantanti, giornalisti e scrittori sono i personaggi di cui gli intervistati dichiarano di fidarsi di più, politici e modelle i più bistrattati. Che ne pensi?
P - Ci considerano “attendibili” da una parte, ma in quanto a popolarità sono i musicisti personaggi della TV ad essere i più seguiti (33% degli intervistati), giornalisti e politici, accomunati, scendono invece all’11%.
Web volant, carta manent?
B - La carta stampata sembra perdere sempre più terreno, anche se già anni fa era data per moribonda. Come i libri con l’avvento degli e-book. Eppure resistono ancora. Riflettendoci tutti, sul web, sono a caccia della “velocità”, ma se devi scrivere su carta, una volta stampata, non puoi più... tornare indietro. Serve riflettere prima, dopo la frittata è fatta e puoi solo “chie-

dere scusa” al lettore. Non puoi più cancellare un “pezzo” o cambiarlo da lì a un’ora. Certo, le notizie sul web dopo un giorno sono già obsolete e... dimenticate. Secondo te, vale il detto “carta manent, web volant”?
P - Web Volant... carta manent? Bella domanda. Fa eco a quella che si era posto Victor Hugo a suo tempo col famoso interrogativo: “Questa ucciderà quella?”. Si riferiva al duello tra l’allora emergente e innovativa stampa rispetto all’Arte. Si vide poi che la stampa non uccise l’Arte, così come altre evoluzioni non hanno ucciso la carta. Semmai obbliga quest’ultima a ripensare al proprio ruolo, adeguando gli strumenti dell’informazione così come li conosciamo da sempre. E a fornire servizi diversi, un esempio l’approfondimento, ma anche una maggiore qualità, un adattamento in avanti nei modi e nella pratica e nel prodotto offerto, differenziato da quello digitale. La carta stampata ha subito una battuta d’arresto con l’avvento del digitale che ha una produzione e fruizione più snella.
In realtà i segnali non sono unilateriali: se da un lato è indiscutibile il successo della comunicazione online è altrettanto vero che la carta sta resistendo meglio del previsto. In che modo? Trasformandosi.
Chi sceglie il web cerca velocità di esecuzione, rapidità d’accesso, gratuità, ma anche possibilità di condividere con altri e divenire parte di quel messaggio. L’immediato contro il tradizionalista. I lettori però continuano a voler leggere con la richiesta di ricevere informazioni garantite, contenuti affidabili forniti da soggetti credibili contro il rischio di cattiva e superficiale informazione quando non addirittura di fakenews che sono il prezzo ahimè da pagare nell’intricata foresta del web. Ecco il valore aggiunto da cui può ripartire l’editore di carta... Garantire affidabilità di contenuti mettendo a servizio la professionalità dei giornalisti. Per alcuni la via sarà ripensare e reinventare, per esempio, il modo di scrivere articoli, oppure creare giornali più compatti per garantire un equilibrio tra il giornale stampato e la sua versione digitale. Altra ipotesi quella che i giornali, in particolare i quotidiani, avranno un’altra forma, con più rilievo durante i weekend.
Il contesto attuale dovuto ai lockdown ha introdotto ulteriori elementi e condizionamenti. La riduzione di uso dei giornali subisce una decisa accelerazione a causa dell’epidemia di Covid-19 con i lettori costretti in casa per settimane e l’aumento dell’utilizzo di smartphone e altri device. Per concludere: una società democratica non può fare a meno dell’informazione professionale. L’illusione di una totale disintermediazione, in politica come nel campo dell’informazione, mostra forti limiti: la sparizione dei vecchi mediatori crea lo spazio per nuovi ri-mediatori che sfuggono però alla verifica collettiva e un rimedio è da trovare al più presto.
B - Concludiamo questa lunga inchiesta per la “carta” (ma troppo breve per essere esaustiva) rilanciando al... Contrario? Approfondiamo prossimamente sul web, con un webinar-dibattito, invitando non solo gli ospiti qui presenti, ma spaziando anche in altri ambiti? Per riflettere.
P - Assolutamente sì. Non solo Avis ha bisogno di riflettere su questi argomenti, ma tutta la società civile in generale. Comunicare e in-formare correttamente è... Democrazia.