Uomini e Trasporti n. 386 Aprile

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INCHIESTA: LA LENTA CRESCITA DELLE IMPRESE DI AUTOTRASPORTO

CHE FATICA ESSERE PICCOLI!

www.uominietrasporti.it 386 mensile anno XLII aprile 2023 MENSILETariffa R.O.C. Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1 –CN/BO. In caso di mancato recapito inviare al CMP di Bologna per la restituzione al mittente previo pagamento resi. Federtrasporti pensa in grande Speciale pneumatici LE NUOVE OPPORTUNITÀ DELL’AGGREGAZIONE Biocarburanti UN FUTURO ANCORA TUTTO DA SCRIVERE COME LA GOMMA CAMBIA PELLE
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Mensile di informazione politica e tecnica. Pubblicazione dell’Associazione professionale di categoria Organo del Gruppo Federtrasporti - gruppofedertrasporti.it

386

Anno XLII - aprile 2023

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AUTISTI: PROPOSTE ATTIRA-GIOVANI

La carenza di autisti è figlia della demografia e della costante diminuzione della popolazione. Fino a prima del Covid avevamo in Italia 1,7 persone per ogni posto di lavoro, oggi arriviamo poco sopra l’1,3. Perché nel frattempo siamo diventati 59 milioni dai più di 60 che eravamo e perché gli under 30 residenti all’estero sono più di 1,8 milioni. Normale che, accorciandosi la coperta, rimangano aree scoperte. Si dirà: però di web designer se ne trovano tanti. Ed è vero, ma di camerieri disposti a lavorare il fine settimana o di personale sanitario c’è grave mancanza. Soltanto di infermieri si stima ne manchino 250 mila.

Verrebbe da dedurne che quando si rimane in meno c’è la corsa a spostarsi dove si sta più comodi. E gli autisti di camion svolgono una professione poco comoda. Anzi, penso sia più questa la ragione della distanza dei giovani dalla professione, che non le basse retribuzioni e che nella testa di chi valuta di accedere nel settore (non di chi vi è già dentro), tra il poco percepito e il troppo lavorato è questo secondo aspetto a scoraggiare. A maggior ragione se si aggiunge che questo troppo, spesso, si consuma in contesti inadeguati. Per capirci faccio un esempio concreto. Tempo fa mi scrisse Alessandro, autista deciso a cambiare lavoro perché percepiva solo 2.400 euro. Qualcuno, osservando dall’esterno, potrebbe obiettare che è una bella cifra, superiore a quella che percepisce personalmente. Cosa altamente probabile, visto che in Italia la retribuzione media viaggia sui 1.600 euro al mese (per 13 mesi). E parliamo di retribuzioni da lavoro dipendente, quello che per tanti giovani è una chimera, visto che il 33,3% degli under 35 vive una «elevata discontinuità lavorativa». Cioè, è precario.

Dall’interno, però, Alessandro puntualizzava che in media ogni mese aveva 340 ore di impegno e quindi per ogni ora gli arrivavano in tasca 7 euro. Quindi, aveva tutte le ragioni per pensare di essere pagato poco.

Allora mi chiedo: non c’è un modo per smussare quelle oggettivamente troppe 340 ore? Anche qui, riferisco un episodio. Un’azienda pugliese era in difficoltà nel trovare autisti per distribuire prodotti alimentari nel Centro-Nord, lavoro in cui si parte la domenica sera e si torna il venerdì. Senonché un giorno, con altre aziende del territorio con cui condivide la stessa difficoltà, trova chi attiva un treno per collegare Puglia ed Emilia. Così, il lavoro richiesto agli autisti diventa di ritirare in più punti le merci e di portare il semirimorchio nel terminal ferroviario. In genere la sera si dorme a casa. In questo modo, tempo due mesi l’azienda lacunosa di personale riceve tante candidature e selezionato gli autisti di cui aveva bisogno.

È un episodio, certo, riferito a un contesto e non sempre esportabile, ma aiuta a capire che, rispetto al punto di vista di chi guarda da fuori questo settore, una simile organizzazione minimizza il capitolo «disagi» e, quindi, i freni all’accesso. Detto più chiaramente: i giovani non salgano su un camion perché non sono attirati dalla prospettiva di stare lontano da casa per tanto tempo, dal trascorrere serate in un’area di servizio priva di docce e servizi decenti e lunghe ore in attesa di farsi caricare, accumulando frustrazione e alienazione. Se vogliamo attirarne qualcuno, proviamo a organizzare le giornate degli autisti in modo più umano (suggerimenti ne trovate a p.44, nel modo con cui la Chiggiato Spa tratta i suoi autisti), a rimuovere i tappi che ci impediscono di spingere sull’intermodale (vale a dire terminare le gallerie per il transito dei semirimorchi P400 sulla dorsale tirrenica), a cancellare quel vergognoso rapporto secondo cui in Italia c’è uno stallo per ogni 289 camion in circolazione. Ma soprattutto eliminiamo quelle 4,35 ore di attesa media che un autista rimane al carico: nell’era della digitalizzazione, del tracciamento, della connettività e dell’intelligenza artificiale non possiamo permetterci il lusso di frenare la produttività di migliaia di imprese e dell’economia nazionale soltanto perché altre non hanno conseguenze.

Ecco allora un quesito per il nuovo vecchio tavolo dell’autotrasporto: invece di buttare soldi per finanziare patenti, perché non copiamo la legge spagnola che sanziona con 6.000 euro chi fa attendere un camion più di un’ora? Magari, invece di spendere, incassiamo qualcosa.

di Daniele Di Ubaldo EDITORIALE aprile 2023 3

DOPOLAVORO PRODOTTO PROFESSIONE

3 EDITORIALE Autisti: proposte attira-giovani

16 POLITICA Nuovo incontro governo-associazioni dell’autotrasporto. Il tavolo lungo

18 INCHIESTA Le imprese iscritte all’Albo aumentano in numero, peso e dimensioni. Piccole aziende crescono. Ma basterà?

22 INCHIESTA Intervista a Massimo Marciani, presidente Freight Leaders Council. «Ma le imprese vere sono ancora poche»

24 INCHIESTA Intervista a Carlo De Ruvo, presidente Confetra. «Un salto di qualità verso la logistica»

26 INCHIESTA Il possibile futuro di Federtrasporti. I tre piani dell’aggregazione

30 INCHIESTA Le imprese di autotrasporto di fronte alla digitalizzazione. Smet: «l’intelligenza artificiale contro la carenza di autisti»

31 INCHIESTA Le imprese di autotrasporto di fronte alla transizione. Fercam: «Testiamo i veicoli alternativi»

38 LA TESI DI LAURA Storie di strada che valgono un master. Il camion perfetto? Un’umana illusione

40

ANCHE IO VOLEVO IL CAMION Sara Tripodi, un’italiana alla guida del Comitato femminile ETF. «L’autotrasporto ha bisogno di una Samantha Cristoforetti»

42 STRATEGIE DEI COSTRUTTORI Parla Marc Martinez, Ceo di MAN Truck & Bus Italia. «10% di quota: obiettivo minimo indispensabile»

44 AZIENDE IN MOVIMENTO Chiggiato Spa. Il trasporto rispettoso

46 TRA MOTORI E POLITICA Il futuro dei biocarburanti. Dodici uomini arrabbiati

50 RETI COMMERCIALI Nuovo concessionario Renault Trucks a Bolzano. Cavi Diesel si veste di rosso

52 SPECIALE PNEUMATICI Presente e futuro degli pneumatici. Le gomme fanno (poca) resistenza

54 SPECIALE PNEUMATICI Gestione. Lo pneumatico è mio, ma lo gestisci tu

56 SPECIALE PNEUMATICI Tecnologia. Tonda, connessa, digitale

62 ALLESTIMENTI L’arrivo di Burgers in Italia. Uno è meglio di due ALL'INTERNO 33

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SOMMARIO 52
42 46 62 16
L'Agenda del mese. Novità normative
DI SOLO TRASPORTO
NON
un camionista:
Voci on the road.
domande
LE RISPOSTE DEGLI ESPERTI 6 Ministeri & co 8 Intorno all’azienda 10 Sicuri e certi cati 12 Parole diritte 14 Il salvagente 66 L'importante è la salute 26 18
64 Me l’ha detto
Ristorante l’Oasi del ristoro 65
10
a…Marcello Bonifacio

C’è molta confusione sulla ne. Fino a poco fa l’elettrico verni si stiano rendendo nalmente bile neutrale e diversi cante.

Prima di entrare nel merito della stione, vale la pena di ricostruire principali passaggi attraverso gli organi comunitari hanno fissato gli obiettivi di contrasto ai gravi danni – ormai scutibilmente acclarati – prodotti al pianeta dai cambiamenti climatici. seguito e si ispirano all’accordo di Parigi 2015, la comunicazione della Commissione del dicembre 2019 sul Green Deal europeo e la Risoluzione del gennaio 2020, quale il Parlamento europeo ha optato la transizione verso una società climaticamente neutra entro il 2050. Risponde quell’obiettivo l’adozione, nel luglio del Pacchetto Clima Fit for 55, che prevede tappe intermedie di riduzione dei gas fra le quali un progressivo abbattimento delle emissioni di CO2 di auto e furgoni, arrivare a «emissioni zero» nel 2035. Infine, in attuazione dell’accordo fra gli membri raggiunto nel mese di novembre 2022, lo scorso 14 febbraio il Parlamento Europeo ha approvato, in prima lettura, la revisione del Regolamento UE2019/631, fissando al 2035 il termine temporale quale le automobili ed i veicoli leggeri vi venduti nell’Unione Europea dovranno essere a emissioni zero. Tuttavia, grazie una «minoranza di blocco», formata da dodici Paesi europei, e in primis da Germania e Italia, riunitisi in vertice ad hoc, finora decisione del Parlamento europeo stata confermata dal Consiglio dell’Unione, e anzi rinviata a data da destinarsi. Per quanto riguarda il settore dell’autotrasporto, le ricadute di quanto presumibilmente verrà stabilito in sede comunitaria non potrebbero che portare al blocco, pure con maggiore gradualità (sarebbe prevista una deroga fino al 2040), produzione dei veicoli pesanti endotermici, e alla conseguente spinta verso la trazione elettrica.

In questa situazione, sarebbe opportuno utilizzare l’attuale fase di attesa verso fettiva, e soprattutto inevitabile, transizione green (che a parole è condivisa da

Sarebbe opportuno studiare soluzioni che puntino verso fonti di energia rinnovabili, in grado non solo di garantire l’attuale essibilità e autonomia del servizio di trasporto merci, ma anche di superare l’evidente incoerenza delle prospettate decisioni comunitarie con la nuova normativa Euro 7, che dovrebbe entrare in vigore nel luglio 2025 per i veicoli leggeri e nel luglio 2027 per i mezzi pesanti, imponendo ingenti investimenti, praticamente «a perdere», all’industria dell’automotive all’industria

6 aprile 2023
MINISTERI
di Clara Ricozzi ex direttore di dipartimento c/o ministero Trasporti

A biometano per natura. Leader da sempre.

DRIVE THE NEW WAY.

La propensione al cambiamento, anche nel business, è la capacità di reagire e adattarsi alle nuove sfide. IVECO leader in Italia e in Europa nel trasporto sostenibile, offre oltre 25 anni di esperienza ed eccellenza nei motori a metano e biometano 100%, garantendo un’autonomia fino a 1.600 km e una riduzione delle emissioni di CO 2 fino a -121%* .

* Con BIO-LNG derivato da scarti zootecnici si negativizzano le emissioni di CO2

3 INDIZI FANNO… UNA FALSA PARTITA IVA

La gestione della logistica al giorno d’oggi richiede competenze e conoscenze sempre maggiori. E spesso esternalizzare certe attività può essere d’aiuto per abbattere i costi e migliorare la produttività. Ma quando conviene farlo? E come fidarsi di un partner, specialmente se non lo si conosce?

Più

volte ho parlato in questa rubrica dei nuovi obblighi per gli amministratori e gli imprenditori in genere, previsti dalla normativa sulla crisi d’impresa e dall’art. 2086 del codice civile. E di come gli amministratori devono garantire la continuità della propriaazienda, intercettando indizi di crisi per sventare tempestivamente ogni pericolo. Per fare questo, però, gli amministratori devono dotare l’azienda di adeguati assetti amministrativi, organizzativi e contabili.

Uno dei principali indicatori che ogni amministratore deve conoscere nella propria azienda è il cosiddetto margine di contribuzione, ovvero il margine che contribuisce a coprire i costi fissi dell’azienda. Questomargine è pari alla differenza tra ricavi e costi variabili. Si tratta di uno strumento molto utile non solo per la diagnosi ma anche per la programmazione. Per esempio, viene utilizzato per fissare il pricing dei propri prodotti e servizi. Partendo dall’utile desiderato, conoscendo i costi fissi e l’incidenza media dei costi variabili sul fatturato, è possibile individuare il fatturato target da raggiungere nel complesso o per ciascun prodotto/servizio. Questa continua ricerca del rendimento e dell’abbattimento dei costi fissi, però, non deve degenerare compromettendo l’autenticità dei rapporti di lavoro. Quante volte avete pensato di affidare un’attività a una ditta o ad un professionista esterni? L’outsourcing, come viene definito, permette infatti di trasformare costi fissi in costi variabili e di aumentate il margine di contribuzione. Attenzione, però, alle false partite Iva! Mi riferisco a lavoratori inquadrati

L’outsourcing, come viene de nito, permette di trasformare costi ssi in costi variabili e di aumentate il margine di contribuzione. Attenzione, però, alle false partite Iva. Mi riferisco a lavoratori inquadrati con partita Iva ma che, in realtà, di autonomo hanno ben poco. Per esternalizzare un’attività, dobbiamo capire quali rischi corriamo, partendo innanzitutto dal conoscere bene cosa si intende per lavoratore dipendente.

con partita iva ma che, in realtà, di autonomo hanno ben poco. Per esternalizzare un’attività, dobbiamo capire quali rischi corriamo, partendo innanzitutto dal conoscere bene cosa si intende per lavoratore dipendente.

Il lavoratore dipendente è chi lavora alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore ed è, pertanto, soggetto al potere direttivo, organizzativo, di controllo e disciplinare del datore di lavoro. Gli indizi di lavoro subordinato sono la retribuzione fissa e ripetitiva, il dover rispettare un orario di lavoro, la necessità di richiedere i permessi e di giustificare le assenze. La Legge stabilisce alcuni indicatori spia che segnalano l’esistenza di lavoro subordinato. È lavoro subordinato quando si verificano almeno due dei seguenti tre requisiti:

• temporale: la collaborazione dura più 241 giorni, anche non consecutivi, in due anni;

• fatturato: l’80% dei compensi ottenuti dal lavoratore in due esercizi consecutivi derivano dallo stesso committente;

• organizzativo: il lavoratore ha una

postazione fissa presso una delle sedi del committente, e deve rispettare gli orari d’ufficio stabiliti. Se si realizzano due di questi tre requisiti, spetta al datore di lavoro dimostrare il contrario. In assenza di prova contraria, il rapporto di lavoro autonomo con partita Iva viene riqualificato d’ufficio come rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. E le sanzioni sono tutte a carico dell’azienda. Sono esclusi da queste presunzioni e, quindi, non corrono questo rischio:

• i professionisti iscritti all’albo;

• gli agenti di commercio;

• i lavoratori che svolgono collaborazioni con associazioni, come quelle sportive dilettantistiche;

• i collaboratori delle Pubbliche Amministrazioni;

• amministratori e sindaci di società;

• chi percepisce pensione di vecchiaia.

8 aprile 2023
Francesco D _Cremona
INTORNO ALL'AZIENDA CONSIGLI DI FISCO E AMMINISTRAZIONE

LO SCARICO DEI DATI DEL TACHIGRAFO: NORMATIVA E BUONE PRATICHE

In base alle leggi vigenti, ogni quanto e in che modo vanno trasferiti e archiviati i dati del tachigrafo digitale? Ci sono sanzioni in caso di mancata conservazione?

Ilrispetto dei periodi di guida e riposo e il corretto uso del tachigrafo, come previsto rispettivamente dal Reg. 561/2006 e 165/2014, richiedono conoscenze sia da parte del conducente che dell’impresa, nonché responsabilità in capo a entrambi i soggetti. I principali riferimenti normativi sono:

• art. 10 comma 2 del Reg 561/06: le imprese di trasporto devono organizzare l’attività dei conducenti in modo che essi possano rispettare le disposizioni del Regolamento, fornire opportune istruzioni ed effettuare controlli regolari (almeno in occasione dello scarico dei dati dalla carta tachigrafica) atti a garantire il pieno rispetto delle regole tramite evidenze oggettive;

• art. 33 Reg. 165/2014: stabilisce, anche inquesto caso, formazione e istruzioni sul buon funzionamento dei tachigrafi (digitali o analogici) nonché l’effettuazione di periodici controlli tesi a verificare il corretto uso dell’apparecchio. Questa norma prevede altresì la conservazione dei dati, in ordine cronologico e in forma leggibile, per almeno un anno oltre l’obbligo di fornire i dati ai conducenti che lo richiedono;

• DM 31.03.2006: fissa le modalità di conservazione e trasferimento dati dal tachigrafo digitale introdotto dal Reg 2135/98. In particolare, stabilisce che lo scarico dei dati dalle carte del conducente (massimo 28 giorni) e dai veicoli di proprietà o presi in locazione (massimo 3 mesi) devono essere trasferiti e conservati in sicurezza su un supporto dati esterno che ne garantisca l’inalterabilità e la conservazione nel tempo avendo cura di predisporre almeno un’ulteriore copia di salvataggio. Tali dati devono essere disponibili e messi a disposizione delle Autorità preposte ai controlli.

La norma stabilisce che lo scarico dei dati dalle carte del conducente (massimo 28 giorni) e dai veicoli di proprietà o presi in locazione (massimo 3 mesi) devono essere trasferiti e conservati in sicurezza su un supporto dati esterno che ne garantisca l’inalterabilità e la conservazione nel tempo, avendo cura di predisporre almeno un’ulteriore copia di salvataggio copia

Quest’ultima norma prevede inoltre che le suddette operazioni di scarico devono essere eseguite immediatamente prima della cessione del veicolo ad altra impresa, in caso di sostituzione dell’apparecchio oppure prima che il conducente lasci l’impresa o prima della scadenza della carta tachigrafica. Su tale aspetto è necessario unapprofondimento. Quando viene acquistato o preso in locazione un veicolo, l’impresa deve subito inserire la propria carta aziendale e fare la funzione «blocca azienda» in modo da «abbinare» il tachigrafo all’impresa. La mancataoperazione comporterà che alla prima operazione di download saranno scaricati dei dati «vuoti» senza nessun messaggio di errore e per recuperarli bisognerà rivolgersi a un Centro Tecnico che interverrà con la «carta officina». Pertanto, l’ultimo utilizzatore, dopo aver scaricato i dati l’ultimo giorno di possesso del veicolo, dovrà fare l’ope-

razione contraria andando a «sbloccare l’azienda». Queste operazioni servono soprattutto a non far accedere ad altri i propri dati.

Le sanzioni ai conducenti sono stabilite dal codice della strada, inparticolare dall’art. 174, 178 e 179. Questi articoli prevedono la corresponsabilità anche dell’impresa di trasporto. In particolare:

• per l’inosservanza dei periodi di guida, di riposo, delle interruzioni alla guida o per mancata conservazione incompleta o alterata dei dati, fanno scattare le disposizionipreviste dall’art. 178 comma 13 che prevedono una sanzione pecuniaria da 333 a 1.331 euro per ciascun dipendente;

• per la circolazione con tachigrafo o limitatore di velocità mancante, manomesso o non funzionante, l’art. 179 comma 3 prevede una sanzione amministrativa, sempre a carico dell’impresa, da 831 a 3.328 euro.

L’impresa di trasporto ha la possibilità di non essere sanzionata se dimostra di aver rispettato tutti gli obblighi (pianificazione trasporti compatibili con il rispetto delle normative, precise istruzioni, formazione e controlli regolari con eventuali contestazioni). Particolare attenzione va data allo scarico dati tachigrafici e la relativa conservazione che spesso, per dimenticanza o superficialità, non vengono scaricati o conservati in maniera puntuale con rischio di assenza o perdita dei dati andando incontro ad elevate sanzioni.

10 aprile 2023
SICURI E CERTIFICATI STRADE VERSO LA QUALITÀ

QUANDO SI DICE CABOTAGGIO STRADALE

L’Unione Europea ha di recente aggiornato le nuove norme sul cabotaggio e sulla registrazione dell’attraversamento di frontiera da parte dei veicoli. Potreste fornire un riepilogo utile per una migliore comprensione dell’argomento?

IlRegolamento EU 2020/1055, entrato in vigore il 21 febbraio 2022, ha introdotto alcune modifiche alla normativa comunitaria che disciplina il trasporto internazionale di merci su strada. Alcune di queste novità riguardano alcuni profili del cabotaggio. Appare, quindi, utile riepilogare brevemente quale sia il vigente regime giuridico cui è assoggettata tale tipologia di trasporti. Innanzitutto, per operazioni di trasporto in cabotaggio terrestre si intende la fornitura di servizi di trasporto all’interno dei confini di uno Stato membro da parte di un vettore stabilito in un diverso Stato membro. Un vettore di merci per conto terzi è autorizzato a iniziare ed effettuare operazioni di trasporto in cabotaggio a condizione che:

1. sia titolare di una licenza comunitaria;

2 sia giunto nello Stato membro all’interno del quale intende esercitare il cabotaggio avendo precedentemente effettuato un trasporto internazionale, ossia un trasporto transfrontaliero. Tale trasporto può avere avuto origine in un altro Stato membro comunitario o extra UE. Il cabotaggio può avere inizio solo dopo l’ultimo scarico delle merci trasportate nel trasporto internazionale. A seguito del trasporto internazionale con cui il vettore è entrato nello Stato membro, possono essere effettuati al massimo tre trasporti nell’arco dei sette giorni successivi. Decorso tale periodo di tempo il mezzo deve uscire dello Stato membro nel quale non è stabilito.

L’art. 8 del Regolamento EU 2020/1055 ha introdotto il cosiddetto periodo di raffreddamento: un trasportatore non è autorizzato a effettuare trasporti

L’art. 8 del Regolamento EU 2020/1055 ha introdotto il cosiddetto periodo di ra reddamento: un trasportatore non è autorizzato a e ettuare trasporti di cabotaggio con lo stesso veicolo e nello stesso Stato membro nei quattro giorni successivi al completamento del precedente trasporto di cabotaggio

di cabotaggio con lo stesso veicolo e nello stesso Stato membro nei quattro giorni successivi al completamento del precedente trasporto di cabotaggio eseguito con le regole sopra descritte. Si tratta di una disposizione opportunamente introdotta al fine di evitare che, soprattutto nelle aree più prossime ai confini, si renda possibile eseguire con facilità una serie di trasporti internazionali consecutivi con successivi trasporti in cabotaggio che, di fatto, consentirebbero di attuare un’attività di cabotaggio permanente o continua. Di conseguenza, la nuova disposizione non pregiudica il diritto di effettuare i tre trasporti di cabotaggio consecutivi nello Stato membro ospitante nei sette giorni successivi a un trasporto internazionale in entrata, a condizione, però, che siano trascorsi quattro giorni dall’ultimo scarico nel precedente periodo di trasporti di cabotaggio effet-

tuati in tale Stato membro. Ma quali sono le tipologie di mezzi che devono essere prese in considerazione ai fini dell’applicazione delle norme sul cabotaggio? La sola motrice, i semirimorchi, o il complesso veicolare motrice/rimorchio? Ai fini del trasporto di cabotaggio va presa in considerazione la motrice, anche nel caso di una combinazione di veicoli accoppiati: i trasporti in cabotaggio possono essere effettuati solo con un veicolo a motore che abbia effettuato il trasporto internazionale ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, primo comma, del regolamento. Per poter effettuare trasporti di cabotaggio, tale veicolo a motore dovrebbe, pertanto, essere stato coinvolto nella consegna di merci nell’ambito di un trasporto internazionale in entrata. Tuttavia, tali trasporti di cabotaggio possono anche essere effettuati con un altro rimorchio.

L’art. 8, paragrafo 3, del nuovo Regolamento prevede, inoltre, che al fine di facilitare i controlli e prevenire abusi, i trasportatori siano tenuti a fornire prove chiare di tutte le operazioni effettuate nei quattro giorni precedenti il trasporto internazionale verso lo Stato membro ospitante. A tal fine la registrazione dell’attraversamento delle frontiere da parte del tachigrafo intelligente può essere utilizzata per stabilire la presenza del mezzo in un determinato Stato membro.

12 aprile 2023
PAROLE DIRITTE DIZIONARIO GIURIDICO APPLICATO AL TRASPORTO
Guido C_Bologna di Massimo Campailla avvocato senior partner studio Zunarelli

Seconda sede in Italia

Nuova apertura in Campania: servizio ancora più efficiente e consegne sempre più rapide per il Sud Italia e le Isole www.dieseltechnic.it Global Automotive Solutions – Made in Germany Diesel Technic raddoppia

UN FONDO PER PROMUOVERE LA NEUTRALITÀ TECNOLOGICA

È sempre più di cile districarsi nella giunga di incentivi per l’acquisto di mezzi ecologici. Tra governi che cambiano di continuo, bandi ai motori endotermici e le incognite della transizione, quali sono gli strumenti oggi disponibili per orientarsi nella scelta?

Ilrinvio sine-diedel Consiglio UE chedeve approvare definitivamente la nuova regolamentazione sui target di emissioni di CO2 per i veicoli leggeri ha rappresentato una battuta d’arresto per chi ha sperato che la transizione ecologica nei trasporti fosse affrontata a colpi di proclami e di scadenze, senza troppo approfondire sui rischi di «green washing». Insomma, si sta progressivamente chiarendo un concetto elementare: se al terminale di scarico del veicolo BEV (Battery Electric Vehicle) non esce nulla non significa affatto che nel ciclo di vita tale veicolo sia a emissioni zero. Si tratta di un elemento che sta rilanciando quei carburanti di fonte rinnovabile – come biometano e biofuel – che presentano un’impronta di CO2 molto prossima allo zero, compatibili da subito e in modo economicamente sostenibile con i motori endotermici di ultima generazione.

Unarinnovata consapevolezza cheverosimilmente potrà avere una ricaduta importante invista delle discussioni in sede comunitaria sui nuovi Regolamenti sui target di emissioni e sulla classe Euro7 per i veicoli commerciali di tipo heavy (>3,5 ton) – ossia quelli di interesse per le imprese di autotrasporto – orientando le scelte di regolazione nel rispetto del principio di neutralità tecnologica.

Nel merito, va riconosciuto che quello della neutralità tecnologica è sempre rimasto –a prescindere dal colore dei vari governi – un caposaldo dei fondi disponibili in Italia a supporto degli investimenti dell’autotrasporto, a partire dal Fondo «Elevata Sostenibilità», in vigore con DM 461/21 e relativo Decreto Direttoriale del MIT n. 148 del 7 aprile 2022. Ci si riferisce, nello specifico, a un’importante agevolazione che il MIT è tornato a mettere a disposizione delle imprese di autotrasporto, mediante la riapertura della piattaforma gestita da

Il Fondo «Elevata Sostenibilità» è un’importante agevolazione che il MIT è tornato a mettere a disposizione delle imprese di autotrasporto, mediante la riapertura della piattaforma gestita da RAM a partire dal 15 marzo e no al 28 aprile, riservata agli investimenti per l’acquisto di veicoli commerciali con massa uguale o superiore a 3,5 ton ad alimentazione alternativa

RAM a partire dal 15 marzo e fino al 28 aprile, riservata agli investimenti per l’acquisto di veicoli commerciali con massa uguale o superiore a 3,5 ton ad «alimentazione alternativa», intendendo per essa le tecnologie metano liquefatto e compresso (LNG e CNG), compatibili con il biometano, oltre a ibrido (HEV) ed elettrico (BEV). Grazie a questo Fondo, che ha una capienza di 10 milioni di euro per quest’anno, le imprese possono ricevere un rimborso pari a 24mila euro per l’acquisto di un mezzo superiore alle 16 ton alimentato a C-LNG o BEV, che diventano 25mila in caso di rottamazione, fino a raggiungere un tetto di utilizzo dell’incentivo pari a 700mila euro (equivalente a circa 28 camion LNG/BioLNG, ad esempio).

La rendicontazione e relativa immatricolazione del mezzo deve avvenire entro il 30 dicembre 2023, anche se è facile immaginare una richiesta di proroga in ragione dei ritardi di consegna dovuti al perdurare della carenza di chip.

Si riapre quindi il secondo periodo di prenotazione per questo Fondo «Elevata Sostenibilità», che nel primo periodo (luglio-agosto 2022) ha avuto una capienza pari a 13 milioni di euro, di cui solo il 50% effettivamente utilizzato dalle Imprese. L’utilizzo parziale del Fondo nel 2022 è riconducibile al fatto che il mercato tende a rispondere a queste forme di agevolazione laddove si

verifica un vantaggio tangibile in termini di TCO (Total Cost Ownership), condizioni che nel 2022 sono apparse tutt’altro che favorevoli soprattutto per gli investimenti in camion LNG/Bio-LNG, che – nel mondo carburanti alternativi – continuano ad essere quelli preferiti dalle imprese. Numeri alla mano, infatti, non risultano ancora di interesse i camion BEV/HEV, al netto di una limitata quota parte di interesse per l’e-commerce riferito ai veicoli commerciali tra 3,5 e 7 ton

Con il calo dei prezzi alla pompa del metano e anche sulla spinta del rilancio dei biocarburanti nel dibattito in Europa – insieme al crescente interesse per l’elettrico per le missioni di breve raggio – adesso, le prospettive per un utilizzo completo del Fondo «Elevata Sostenibilità» appaiono fortunatamente migliori rispetto allo scorso anno. Ma alla fine sarà il contatore RAM a sancire se e in che misura il Fondo avrà riscosso il favore delle imprese.

14 aprile 2023
IL SALVAGENTE OSSERVATORIO SUGLI AIUTI PUBBLICI PER L’AUTOTRASPORTO
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CURE E PREVENZIONE
CURA E PREVENZIONE ODONTOIATRIA

Il vice ministro Rixi ha istituito un tavolo permanente con riunioni mensili sui problemi del settore, a dandone il coordinamento al capo dipartimento Maria Teresa Di Matteo, che prima di tutto dovrà sbloccare gli oltre 300 milioni di fondi destinati alle imprese, ma ancora al palo

ILTAVOLO LUNGO

Cercasi falegname rifinito.

L’autotrasporto italiano finalmente incassa qualcosa. Non i soldi, per carità – per quelli si vedrà – ma l’avvio di quel tavolo permanente promesso dal passato governo per affrontare i problemi del settore. Sono trascorsi quasi due anni da quando – il 24 giugno 2021 – la vice ministra dei Trasporti del governo Draghi, Teresa Bellanova, promise alle associazioni di categoria che avrebbe istituito un luogo di confronto continuo per risolvere le numerose criticità del settore. Che erano: tempi di pagamento troppolunghi, revisioni troppo lente, Marebonus incassato dagli armatori, calendario dei divieti e, soprattutto, la questione dei soldi destinati all’autotrasporto, all’epoca quantificati in “soli” 240 milioni strutturali da confermare e a cui aggiungere i 100 milioni per il rinnovo del parco, mentre oggi si sono rimpinguati con fondi diretti da incassare mediante credito d’imposta dai fondi

stanziati per «mitigare» l’impennata dei prezzi dei carburanti in seguito alla guerra in Ucraina.

Al momento l’autotrasporto«avanza» dal governo circa 300 milioni di euro. Il verbo «avanzare» in forma transitiva è espressioneitalianissima che sta (anche) per «essere creditore». L’Accademia della Crusca gli dedica una pagina del suo sito, citando Giuseppe Giusti («avanzo venti scudidaltale»). Ma qui, altro che venti scudi. Gli autotrasportatori italiani «avanzano»:

• 85 milioni residui dei contributi 2022 (in totale erano 500 milioni), bloccati dal TAR in seguito a un ricorso dei petrolieri che lamentavano l’esclusione del conto proprio;

• 200 milioni stanziati dalla legge di Bilancio 2023 (con la precisazione che riguardano solo il conto terzi) di cui ancora manca il decreto interministeriale tra MIT e MEF, atteso entro il 31 marzo;

• 25 milioni per il credito d’imposta del

20% sul GNL, di cui manca il decreto direttoriale per le procedure;

• 29,6 milioni per il credito d’imposta del 15% sull’AdBlue, sospeso per un intervento della Commissione europea che ha creato un intrico burocratico di non facile soluzione.

UNA COMUNICAZIONE SCRITTA

Un bel pacchetto, insomma, di fronte al quale il vice ministro Edoardo Rixi, incontrando il 16 marzo le associazioni del settore (tre mesi dopo l’unica riunione con il titolare del ministero Matteo Salvini) non ha trovato di meglio che dare la colpa dei ritardi ai «rilievi mossi dagli organi di controllo statali» e incaricare Maria Teresa Di Matteo (capo del dipartimento del MIT ed ex presidente dell’Albo degli autotrasportatori) di andare immediatamente in missione al ministero dell’Economia per sciogliere l’intricata matassa. Con la postilla di comunicare

IL CONTRIBUTO ALL’ART, L’AUTOTRASPORTO SI CHIAMA FUORI

Iltemaerastatoaffrontatogiànell’incontrodel16 marzo, ma tutte le associazioni dell’autotrasporto, in maniera unitaria, hanno reputato opportuno ribadire, in una lettera inviata il 21 marzo al ministro Salvini e al vice ministro Rixi, la convinzione che le imprese iscritte all’Albo degli autotrasportatori non debbano versare alcuncontributoperilfunzionamentodell’Autorità diregolazionedeitrasporti,inquantoilsettoredi appartenenza e le attività svolte non sono interessate dall’eserciziodicompetenzeattribuiteallastessa

Autorità.Contributocheperaltro«èutilizzatoper finanziare attività non regolatorie, bensì competenze amministrative di tipo generico, che debbono essere a caricodellafiscalitàgenerale».Leassociazioni hanno anche ricordato che la normativa italiana e la giurisprudenza comunitaria hanno stabilito in maniera inequivocabile che nell’autotrasporto e nella logistica «vigeilprincipiodelliberomercatocheimpedisce qualsiasi attività di regolazione economica da parte di soggetti terzi».

16 aprile 2023
POLITICA NUOVO INCONTRO GOVERNO-ASSOCIAZIONI DELL’AUTOTRASPORTO
di Umberto Cutolo

per iscritto alle associazioni l’esito della sua consultazione, anche per tener buona una platea nel complesso ben disposta nei confronti dell’attuale governo, a cui le associazioni riconoscono un atteggiamento «vicino» al settore, ma pronta al mugugno proprio perché si aspettano risposte concrete.

Un atteggiamento che trapela dalle dichiarazioni diffuse dopo la riunione. Le associazioni che aderiscono a Unatras, più Assotir, che ne era uscita qualche tempo fa sbattendo la porta (significativo il fatto che il comunicato rechi le sigle delle singole associazioni e non quella di Unatras), parlano di incontro «interlocutorio». Anita e Fedit non hanno fornito valutazioni, ma hanno sottolineato «l’urgenza di arrivare in tempi più brevi possibili alla definizione delle norme necessarie alla fruizione» dei fondi destinati al settore. E anche sul tavolo permanente

accolto sostanzialmente con favore da tutti – non manca qualche cautela. La presidente di Assotir, Anna Vita Manigrasso, ha detto: «Bene la costituzione del tavolo delle regole, ma vigileremo».

IL TAVOLO PERMANENTE

Sarà la stessa Di Matteo, con la sua va-

CHE COS’È IL REVERSE CHANGE

Ilreversechargeo«inversionecontabile»èunaregolaconcuisi trasferisconogliobblighifiscalilegatialpagamentodell’ivadachi emette la fattura a chi la riceve. In genere, infatti, se chi vende un servizio di trasporto emette una fattura incrementa la tariffa con un 22% dovuto a titolo di iva. Il committente che riceve la fattura paga il corrispettivo per intero al trasportatore, il quale poi verserà l’iva incassata all’Agenzia dell’Entrate.Sesiapplicasseilreversechargeilfornitorediservizi metterebbe in fattura soltanto la tariffa netta, mentre sarebbe il suo committente incaricato di versare l’iva allo Stato.

sta esperienza nel settore, a coordinare il tavolo, che dovrà riunirsi una volta al mese. Con un ordine del giorno che in gran parte è quello di due anni fa: tempi di pagamento, revisioni, Marebonus, calendario dei divieti. Ma a questi punti, nel frattempo, se ne sono sommati altri: aumento delle indennità di trasferta degli autisti (ferme dal 1995) per incentivare le vocazioni, tempi d’attesa al carico/scarico soprattutto nei porti. Anita e Fedit hanno aggiunto l’introduzione del meccanismo del reverse change (vedi box nella pagina) per contrastare il mancato pagamento dell’iva. E poi, abolizione del contributo ART che per ora potrebbe essere solo sospeso anche per il 2023 dal Consiglio dei ministri. E ancora, il Brennero, la scadenza del 2035 per lo stop

ai motori termici, la riforma del Codice della strada. Alla vigilia dell’incontro con Rixi, il presidente di FAI–Conftrasporto, Paolo Uggè, aveva scritto: «Le federazioni dell’autotrasporto si aspettano che le tante problematiche ancora aperte inizino a trovare concrete risposte con un cronoprogramma effettivo, che renda operativi quegli stanziamenti di risorse che le imprese attendono da troppo tempo». L’impressione è che per ora si allunghino soltanto le domande che saranno depositate su quel tavolo. Per questo c’è bisogno di un falegname rifinito. Di quelli che fanno le prolunghe pieghevoli da inserire in mezzo al tavolo. E stando alle prime sensazioni, di prolunghe ce ne vorrà più d’una.

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PICCOLE AZIENDE CRESCONO MA BASTERÀ?

La globalizzazione spinge le imprese di trasporto merci su gomma verso le concentrazioni, per coprire un territorio sempre più ampio e o rire un maggior numero di servizi. E il mercato delle fusioni e acquisizioni nel settore si vivacizza sempre più. Anche perché altre due s de premono alle porte: la digitalizzazione e la transizione. E per a rontarle bisogna essere assai robusti

C’èun’espressione forte che appare sempre più spesso nelle ricerche di mercato sul settore della logistica: l’«azienda–preda», quella che l’impresa di maggiori dimensioni è pronta a inghiottire – come fa il pesce più grosso con quello più piccolo – per ampliare la propria offerta in termini di copertura territoriale o di tipologia di servizio. Ma comunque inseguendo una propria convenienza che – al di là della crudezza della definizione – finisce per portare vantaggi anche a chi si fa incorporare.

Il fatto che i ricercatori abbiano sentito il bisogno di trovare una definizione per questo tipo di imprese è già significativo. Le statistiche non fanno che quantificare il fenomeno: da anni ormai la crescita dimensionaledelle imprese di autotrasporto e la loro graduale trasformazione inaziendelogistiche era segnalato dalla crescita di società di capitale – la forma delle aziende più strutturate – a scapito di quelle di persone – in una parola, i padroncini – con le prime cresciute del 22,7% e le seconde in discesa del 13,3%, nel quinquennio 2016–2021.

MONITORAGGIO DELLE PRINCIPALI M&A_1

Sono state individuate 148 operazioni di M&A nel periodo 2015-2022. Di queste, 47 riguardano la logistica internazionale.

Oggi, i dati 2022 dell’Albo degli autotrasportatori confermano la tendenza alla crescita delle imprese. Intanto sono diventate più di 100 mila (100.797), ma togliendo le 18.793senza veicoli, le restanti aumentano di poco nel totale (da 81.352 a 82.004 è lo 0,8%), ma significativamente in dimensioni e peso: in un anno quelle fra i 50 e i 100 veicoli sono aumentate del 3,8% e quelle oltre i 100, sono cresciute del 4,7%, mentre –quanto alla massa – c’è un’evidente tendenza verso i pesi maggiori, sia nel segmento sotto le 3,5 tonnellate (in calo dell’8,5% i veicoli sotto la tonnellata e

Nel corso del 2022 (gennaio-ottobre) sono state registrate 21operazioni di M&A di cui 12 di logistica nazionale.

mezza, in crescita del 2,7% quelli sopra) che nella fascia più pesante, dove fino a 16 tonnellate c’è un calo del 2,8%, contro un incremento dell’1,3% del segmento più alto. Crescita che si manifesta più nettamente nelle specializzazioni, con le imprese nel trasporto di merci ADR in aumento del 4,83% e quelle ATP del 6,94%.

Anche il numero dei monoveicolari, in realtà, è in aumento del 2,4%, ma complessivamente la fascia al di sotto dei cinque veicoli sale solo dello 0,7%, indice da una parte (il calo delle imprese da 2 a 5 veicoli) di un possibile trasferimen-

18 aprile 2023
INCHIESTA LE IMPRESE ISCRITTE ALL’ALBO AUMENTANO IN NUMERO, PESO E DIME
32% 68% Logistica internazionale (47) Logistica nazionale (101)

danoicheabbiamo

IntuttaEuropaunnumero crescentedioperazioni difusioneeacquisizione èstatofinanziatodaifondi diinvestimento.Qualcosa delgenereèsuccesso fortunatamenteanche noicheabbiamo unaplateadi80milaimprese

Fabrizio Dallari

to di aziende alle categorie superiori e dall’altra della vivacità di un settore in cui, quando le cose vanno bene, aumenta da parte delle imprese strutturate la domanda di padroncini a cui affidare punte di carico non consolidate.

LA LOGISTICA STA BENE

Perché sullo sfondo di questo scenario c’è un dato acclarato: la nostra logistica sta bene. Una ricerca dell’Osservatorio

Contract Logistics «Gino Marchet» del Politecnico di Milano, che da anni tiene sotto osservazione il settore, ha calcolato lo scorso novembre in 91,8 miliardi il fatturato 2022, con una crescita del 2,8%, dopo quella del 4,7% del 2021. Se si pensa che soltanto nel 2009 il giro d’affari era di 70 miliardi, in 13 anni si è registrato un incremento di quasi 2 miliardi l’anno. Con questo scenario sullo sfondo,l’Osservatorio ha individuato negli ultimi sette anni (2015–2022)

148 operazioni di M&A (Mergers&Acquisitions), 101 delle quali di logistica nazionale e le restanti 47 relative a spedizionieri e terminal portuali e dunque di logistica internazionale (nel solo 2022 sono state rispettivamente 12 e 9). «Guardando alla dimensione delle aziende acquisite e in generale ai nomi delle aziende coinvolte», spiega Da-

miano Frosi, direttore dell’Osservatorio, «si tratta di operazioni mediamente più grandi e più significative rispetto al passato, a conferma di un costante fermento delle dinamiche di filiera». Autotrasporto compreso, nonostante aumenti del costo dei carburanti, carenza di autisti e squilibrio tra domanda e offerta, valutati da ECG (Associazione europea logistica auto) e PwC Austria in un maggior aggravio per le aziende del 32,8% in meno di quattro anni. Non a caso lo stesso Politecnico individua nel trasporto l’anello più debole della supply chain, rilevando che «nel corso del 2022 quasi tutte le aziende (il 96%) ne hanno modificato l’impostazione, lavorando sulla relazione mittente–destinatario–fornitore di servizi logistici in quattro direzioni – contratti, pianificazione, visibilità e processi – declinate in modo diverso a seconda della modalità e della tipologia di servizio di trasporto».

ACQUISIZIONI E FUSIONI

È in questa logica che anche l’autotrasporto è stato investito da acquisizioni e fusioni – anche di taglio internazionale – in linea con quanto avviene lungo tutta la filiera. Le ultime: la francese Stef, trasporti e logistica del freddo, ha rilevato lo storico gruppo veneto Svat; pochi giorni dopo AutospedG (famiglia Gavio) ha acquisito l’80% della lodigiana Aldo Ferrari Trasporti, chimica e rifiuti industriali, attiva dal 1961; la Gruber Logistics di Bolzano ha acquistato la tedesca Universal Transport e il Gruppo Smet le attività multimodali di Esperia. E andando indietro solo di qualche anno, si ricordano l’acquisizione di BRT da parte del gruppo francese GeoPost, il passaggio alla Savino Del Bene della casa di spedizioni Aprile, la cessione di MIT al DHL Supply Chain.

Ma il mercato ha registrato anche operazioni gestite da fondi di investimento europei come IGI Sgr che ha rilevato la logistica Bracchi o come Atlante Private Equity che – insieme alla francese Unigrains – ha comprato l’83% di Trasporti Romagna, segno che il settore attira anche fondi istituzionali, che si muovono solo di fronte a investimenti a basso rischio e a redditività interessante.

«La finanza», ha osservato in proposito Fabrizio Dallari, direttore del Centro di ricerca sulla logistica della Liuc Business School e autore di uno studio sulle 100 principali operazioni di M&A di questi ultimi anni, «si è accorta finalmente del ruolo strategico della logistica nel mondo globalizzato e in tutta Europa un numero crescente di operazioni di fusione e acquisizione è stato finanzia-

Guardandoalladimensione delleaziendeacquisiteeai nomidelleaziendecoinvolte, sitrattadioperazioni mediamentepiùgrandi epiùsignificativerispetto alpassato,aconferma diuncostantefermento delledinamichedifiliera

Damiano Frosi

direttore Osservatorio

Contract Logistics

to dai fondi di investimento. Qualcosa del genere è successo fortunatamente anche da noi che abbiamo una platea di 80 mila imprese». Ma Dallari ha aggiunto un’altraverità: «Tradizionalmente l’offerta italiana è stata rappresentata da piccole imprese, come testimonia il dato dell’autotrasporto che è arrivato a contare oltre 100 mila operatori. La dimensione ridotta ha caratterizzato e frenato la competitività sia sul lato della domanda sia sul lato dell’offerta. Ma adesso stiamo assistendo a un fenomeno diverso».

CONCENTRAZIONI

VERTICALI E ORIZZONTALI

È questo freno che autotrasporto e logistica tentano di sbloccare. Pietro Spirito, docente universitario di Management delle infrastrutture presso l’Universitas Mercatorum, ha sottolineato nel numero 385 di Uomini e Trasporti che il settore «sta vivendo una doppia fase di concentrazione: di tipo verticale, cioè all’interno dello stesso settore specialistico di attività, e di tipo orizzontale, ovvero con un allargamento verso altri segmenti della catena del valore del trasporto (magazzinaggio,logistica, portualità, ecc.). La particolarità è che questi fenomeni si stanno svolgendo

aprile 2023 19
direttore Centro di ricerca sulla logistica della LiucBusinessSchool NSIONI

MONITORAGGIO DELLE PRINCIPALI M&A_2

contestualmente ed è una cosa abbastanza rara nella storia economica». Esemplare è l’acquisto da parte di UPS – corriere aereo che fa anche trasporto stradale nell’ultimo miglio – del gruppo Bobi, logistica a temperatura controllata soprattutto nel farmaceutico. Così come lo è la cessione, due anni fa, di Combitras a GruberLogistics. Massimo Bagnoli, ex comproprietario e ora amministratore della società di Cesena, intervistato da Teleromagna, l’ha spiegata in poche parole: «Io ritengo che sia stato un buon affare per tutti e due, nel senso che Gruber completa una parte di territorio che non aveva, Combitras può garantire la continuità allargando i propri servizi. Servizi che noi stavamo vendendo – con piacere, certo – ma più che altro per essere vicini al cliente che aveva quelle necessità e quindi compravamo servizi da altri vettori. Oggi possiamo farlo in maniera diretta: siamo presenti in ogni branca del ser-

delle 101 operazioni individuate ha avuto come motivazione il completamento del network e il rafforzamento della posizione sul mercato, con acquisizioni di aziende i cui ricavi complessivi superano 1,6 milioni di euro. «I fornitori di servizi logistici», spiega ancora Frosi, «cercano di ampliare sempre più il perimetro di attività, attraverso l’internalizzazione di tecnologie, competenze e nuovi servizi; in questo senso possiamo registrare le acquisizioni di fornitori tecnologici o specifici del mercato eCommerce, oltre che, in alcuni casi, la riduzione dei confini tra l’essere puri fornitori logistici o grossisti. Inoltre, si registrano forme di collaborazione alternativa tra fornitori allo stesso livello della supply chain (per esempio le reti di imprese nel mondo del trasporto)».

PICCOLO SARÀ BELLO, MA GRANDE È MEGLIO

Ma al di sopra di queste motivazioni, ce

e garantito. Per prime lo hanno capito le compagnie marittime, da MSC a Maersk che a colpi di acquisizioni, fusioni, accordi hanno reinvestito gli stratosferici utili accumulati alleandosi nel trasporto container (20 miliardi solo lo scorso anno) per allungarsi – separandosi – sull’intera supply chain. La compagnia di Aponte, con l’acquisto di terminal portuali, la creazione di una propriaimpresa ferroviaria di trasporto merci (Medway), di trasporto aereo (MSC Air Cargo) e di autotrasporto e logistica (Medlog), fino ad acquisire tutte le attività logistiche Bolloré Africa Logistics per 5,1 miliardi di euro. La compagnia danese acquisendo a man bassa grandi aziende logistiche in tutto il mondo, dalla LF Logistics di Hong Kong, alla società di autotrasporto Pilot Freight Services (Pennsylvania), al cargo aereo dell’americana Senator International (operativa in Europa, Asia, Sud Africa e America), fino alla portoghese HUUB, start up di logistica basacloud, specializzata in soluzioni tecnologiche per lo stoccaggio B2C per della moda.

è inutile negarlo – siamo anindietro. «Francia e Germaricordato Dallari, «hanno avuto cultura della logistica più avanzata nostra. Si può dire che ci muoviaanni di ritardo rispetto a loro. imprese industriali spesso limitavano ad affidare le loro merci stranieri che venivano a cancelli e in tantissime PMI esistita la figura del direttore una situazione di debolezquale si inseriscono sempre di operatori logistici europei. E non studio di Contship e SRM regimoltiplicarsi di acquirenti cinesi comprano in Italia e inviano una loro logistica a ritirare la merce. bisogna correre. Anche perbussano alle porte due sfide vitali: digitalizzazione e la transizione. E il mantra dellalogistica globale una volta piccolo (forse) era adesso grande è meglio.

INCHIESTA LE IMPRESE ISCRITTE ALL’ALBO AUMENTANO
68% Logistica nazionale (101) Ricavi aziende acquisite (mln €) Numero di operazioni 1800000 1600000 1400000 1200000 1000000 800000 600000 400000 200000 0 70 60 50 40 30 20 10 0 Completamentonetwork Nuovo settore Scelte di terziarizzazione Nuovi servizi
Le operazioni di M&A appartenenti alla categoria Logistica nazionale sono state suddivise in quattro classi in base allo scopo dell’acquisizione/investimento
La Gruber Logistics di Bolzano ha acquistato la tedesca Universal Transport lo scorso autunno, mentre l’anno scorso aveva messo le mani sulla Combitrans di Cesena.
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«MA LE IMPRESE SONO ANCORA P

«L’unico segno positivo che vedo inquesta fase di cambiamento è la percentuale delle imprese che hanno una composizione più simile a un’azienda di servizi e meno a un prestatore d’opera. Ma sono poche, troppo poche. Se prendiamo in considerazione le aziende con più di 100 mezzi – che in Europa sono aziende medie, non sono aziende grandi – ce n’è una su cento. Siamo tutti contenti che siano aumentate, ma sono solo una trentina in più e l’assetto del settore resta sempre lo stesso». Massimo Marciani non si entusiasma più di tanto di fronte agli ultimi dati sull’autotrasporto nazionale. Presidente e fondatore (25 anni fa) di una delle principali agenzie di consulenza del mondo della logistica e dei trasporti, la FIT Consulting, presidente dal 2018 del Freight Leaders Council, Premio logistico dell’anno nel 2019, il settore lo conosce in tutte le sue pieghe e lo fotografa senza sfumature: «Da una parte ci sono 15–20 mila aziende di tipo industriale che vedono la logistica come un servizio da offrire all’industria e sulle quali si può contare per investire, fare innovazione, decarbonizzare, digitalizzare. Dall’altra ne abbiamo 50–60 mila che sono state fatte evolvere come se

fossero aziende, invece sono partite iva o srl a socio unico, nate sul mantra che piccolo era bello, che le PMI erano il tessuto vibrante dell’Italia, ma questo può valere nell’artigianato, nell’eccellenzaagroalimentare, manifatturiera o meccanica, ma non funziona nella logistica».

Secondo lei, quindi, la gran parte degli autotrasportatori non si interfaccia con i committenti, ma con aziende più strutturate che diventano primi vettori e offrono al committente un pacchetto più ampio di servizi.

Attenzione: il tema della subvezione è molto delicato. Ha i suoi detrattori, ma anche i suoi sostenitori, secondo cui si tratta di un polmone di piccole aziende, che conoscono meglio il territorio e sono disponibili a intervenire quando ci sono eccessi di domanda per cercarsi altri lavori nel momento in cui la domanda scende. Ma la subvezione porta a una sorta di intermediazione, in cui il primo vettore prende un lavoro a 100 e poi lo fa svolgere a 80 a un subvettore con le stesse caratteristiche del servizio e con le stesse modalità richieste dal cliente, però a un prezzo più basso. Ma quando il proprietario della merce

magari una piccola o media impresa

Ritengo una buona idea cercare di ridurre di 20–30 mila unità il numero di licenze dell’autotrasporto in conto terzi, magari attraverso incentivi alle aggregazioni o all’esodo o cercando di incoraggiare l’assorbimento di queste figure da parte delle imprese piùstrutturate

INCHIESTA INTERVISTA A MASSIMO MARCIANI, PRESIDENTE FREIGHT LEADERS CO
ATTIVE
COMPLESSIVA Ton 20212022 quota 21 quota 22 var. sotto le 1,51.6291.4912,001,82-8,47% 1,5-3,515.85716.28819,4919,862,72% 3,5-7,01.5771.5001,941,83-4,88% 7,0-16,09.9129.67412,1811,80-2,42% 16,0-44,050.99151.63562,6862,971,26% sopra le 44,01.3861.4161,701,732,16% TOTALE81.35282.004 0,80% albo degli autotrasportatori 22 aprile 2023
IMPRESE
PER MASSA

VERE OCHE»

si accorge che il servizio lo fa un altro, a un prezzo più basso, lo ingaggia direttamente lui così risparmia. E questo porta a quella che ho definito una «balcanizzazione» del settore, mentre ci vorrebbeuna strategia nazionale. Cassa depositi e prestiti si sta riprendendo la rete di Telecom e TIM, come asset di primaria importanza nazionale. E la logistica, in un paese che non ha materie prime ed energia e che esporta prodotti finiti, non è anch’essa un bene nazionale?

Quali rischi si corrono in questo modo?

Il rischio principale è di mettere a repentaglio la capacità delle nostre aziende di essere presenti sui mercati. A me piacerebbe che l’Italia andasse a comprare aree per creare centri intermodali in altri paesi come fa la Svizzera. Invece noi siamo terra di conquista. Adesso la Lufthansa compra il cargo aereo italiano: ma che interesse ha una compagnia tedesca a spingere il made in Italy? Ormai sappiamo che il vettore è una leva di marketing fondamentale: se un’azienda italiana produce una valvola per un condotto idrico e c’è una società tedesca che fa la stessa valvola, è chiaro che la logistica finirà per condizionare la scelta del cliente.

In altre parole, il governo dovrebbe preoccuparsi di questo anziché far sopravvivere le imprese più piccole e meno competitive.

Secondome lo Stato sta drogando

il settore dell’autotrasporto, mantenendo artificiosamente in vita delle imprese che non hanno nessun motivo per stare in vita. Noi abbiamo aziende che hanno una marginalità dell’1%. Che scommettono sul valore del gasolio e se questo cambia, chiedono che lo Stato gli copra la differenza anziché riversarla sul cliente. Poi sento di audizioni in Parlamento in cui si parla di sussidi dannosi per l’ambiente erogati all’autotrasporto. Ma la verità è che l’autotrasporto non si trattiene un centesimo: tutti i soldi che prende e gira all’industria, abbassando le tariffe per spuntare un contratto in più. Anche per questo non riesco ad accettare il fatto che i nostri industriali si siano sempre rifiutati di applicare il franco destino: è una grave responsabilità che frena la nostra logistica ed espone a pesanti rischi il Sistema Paese.

Ma non è che questo mondo traballante, che campa con tali escamotage, rischia di essere travolto dalla transizione ecologica?

Diciamo che è una delle mie aspettative, perché il settore ne ha bisogno. Non è un discorso cinico. Al contrario: sono 32 anni che mi occupo di logistica e da questo settore ho avuto veramente tanto, quindi vorrei restituirgli qual-

cosa, per consentirgli di avere dignità, visibilità, valorizzazione. Allora ritengo che potrebbe essere una buona idea cercare di ridurre di 20–30 mila unità il numero di licenze dell’autotrasporto in conto terzi, magari attraverso incentivi alle aggregazioni o all’esodo o cercando in qualche modo di incoraggiare l’assorbimento di queste figure da parte delle imprese più strutturate. Anche perché non sono figure imprenditoriali: spesso lavorano per una sola azienda, hanno sul camion la livrea di quell’azienda, ne indossano la divisa, ne usano i sistemi operativi e dunque sono molti più dipendenti di quel che hanno voluto fargli credere – soprattutto i sindacati – in tutti questi anni. Oltretutto una soluzione di questo genere darebbe una boccata d’aria alle imprese strangolatedalla crisi degli autisti. Ma qualunque cosa si faccia ci vuole, dietro, una strategia industriale, perché non stiamo parlando della movimentazione delle persone, dove uno prende l’autobus o la macchina privata o la bicicletta. Stiamo parlando di un pezzo di industria che viaggia sulle ruote e quindi per forza deve essere trattata in maniera industriale.

UNCIL
Ci sono 15–20 mila aziende di tipo industriale, ma ci sono ancora 50–60 mila partite iva o srl a socio unico e questo porta a una «balcanizzazione» del settore, mentre ci vorrebbe una strategia nazionale che incoraggiasse esodi e aggregazioni, facendo assorbire i monoveicolari come autisti delle imprese più strutturate
IMPRESE ADR E ATP 20212022 var. ADR specializzate 6.2406.3802,24% ADR attive 32.77632.7174,83% ATP specializzate 19.34919.4890,43% ATP attive 5.3015.3346,94% IMPRESE ATTIVE
NUMERO
VEICOLI 20212022 quota 21 quota 22 var. 121.57322.01326,5226,842,04% 2 - 532.77632.71740,2939,90-0,18% 6 - 2019.34919.48923,7823,770,72% 21 - 505.3015.3346,526,500,62% 51 - 1001.4661.5221,801,863,82% oltre 1008879291,091,134,74% TOTALE81.35282.004 1,130,80% albo degli autotrasportatori aprile 2023 23
PER
DI

«UN SALTO DI QUALITÀ VERSO LA LOGISTICA»

L’autotrasporto cambia pelle: gli ultimi dati dell’Albo confermano la tendenza che vede crescere le aziende in dimensioni e peso. Se c’è qualcuno che non si stupisce di questo trend è Carlo De Ruvo, da meno di un anno presidente di Confetra, associazione che da sempre monitora il mercato dei trasporti e della logistica, si batte per favorirne la crescita e che, dunque, vede di buon occhio l’evoluzione in corso.

«Si tratta di una tendenza in atto già da alcuni anni», spiega. «I recenti dati dell’Albo confrontati con quelli della banca dati Istat sulle imprese confermano questo trend almeno per tutto il quinquennio precedente, che vede una progressiva crescita di addetti, ma anche una redistribuzione tra le varie dimensioni d’impresa: riduzione delle strutture micro e crescita delle medie, medio-grandi e grandi imprese di autotrasporto, con generalizzato aumento del numero medio di addetti per impresa».

Quali sono le cause di questa evoluzione?

Il fatto che questa dinamica si sia confermata tra il 2016 e il 2020 (primo anno di pandemia) e probabilmente anche nel 2021 (per la piena ripresa economica) non può essere attribuita solo all’impatto della pandemia, ma a un processo di ristrutturazione in atto, destinato auspicabilmente a proseguire nel tempo. Il riassetto dell’autotrasporto non dovrebbe essersi interrotto nel 2022, ancora caratterizzato da una sostenuta crescita

economica, nonostante il conflitto bellico, ma potrebbe risultare declinante verso fine anno a causa del rallentamento della domanda globale e interna generato da prezzi energetici e inflazione. Il rallentamento potrebbe forse verificarsi anche nella prima parte del 2023, ma è difficile fare previsioni perché siamo in una fase di incerta transizione. La crescita dimensionale, spesso frutto di acquisizioni o fusioni, serve ad ampliare l’offerta di servizi logistici?

Non sempre è così, ma il più delle volte lo è. Acquisizioni e fusioni hanno le più svariate motivazioni, ma c’è sicuramente una quota rilevante di operazioni finalizzate ad ampliare l’offerta di servizi logistici. Stiamo complessivamente assistendo, anche qui da tempo, a un crescente fenomeno di diversificazione dell’offerta degli operatori di servizi: l’autotrasporto si integra con la logistica, ma anche viceversa. I dati Istat, proprio sui servizi logistici, confermano una crescita di strutture e addetti, che in parte può essere dovuta proprio alla diversificazione dell’autotrasporto. Sarebbe un aspetto positivo per la complessiva offerta logistica del Paese, che cerca di rispondere all’evoluzione di una domanda più orientata su servizi complessi. Su questo fenomeno, una funzione acceleratrice l’ha svolta la pandemia. Anche se questa accelerazione si è ridimensionata dopo il lockdown, comunque c’è stato un «salto qualitativo», organizzativo

Lalogisticaitaliana èdasempreunbusiness, mabisognadistinguere sulruolochepossono svolgereifondi.Sesi limitaalperseguimento esclusivodelprofitto enonanchealsostegno organizzativoe tecnologicodelleimprese, sipossonoverificare situazionicritiche

e strutturale, dell’autotrasporto ormai assorbito, su cui il sistema logistico continua a operare.

Sul mercato delle acquisizioni sono comparsi anche i fondi finanziari: la logistica italiana è diventata un business?

24 aprile 2023
INCHIESTA INTERVISTA ACARLO DE RUVO, PRESIDENTE CONFETRA
di Umberto Cutolo

Il ruolo dei fondi finanziari nelle acquisizioni di imprese logistiche è cominciato da tempo e non è destinato a esaurirsi, vista l’elevata liquidità accumulata negli anni precedenti e la costante ricerca di investimenti remunerativi, anche a medio lungo termine e possibilmente a basso rischio. Questo aspetto è però quello più critico, date le incertezze geopolitiche e geoeconomiche. La logistica italiana è da sempre un business, ma bisogna distinguere sul ruolo che possono svolgere i fondi. Se si limita al perseguimento esclusivo del profitto e non anche al sostegno organizzativo e tecnologico delle imprese, si possono verificare situazioni critiche a livello aziendale e settoriale. Un ruolo lungimirante ed efficace dei fondi finanziari, specie in questa fase di transizione tecnologica, ecologica e digitale, può invece rappresentare una leva fondamentale per lo sviluppo e la competitività della logistica. Ma in tale prospettiva possono contare molto gli orientamenti di policy e gli strumenti di sostegno alla transizione messi in campo dal decisore pubblico.

La tendenza verso le forti concentrazioni – anche se in ritardo rispetto ad altri Paesi europei – riuscirà a trasformare la logistica nazionale?

Il cosiddetto «nanismo imprenditoriale»

è da sempre una caratteristica di tutto il sistema produttivo italiano, ma non va demonizzato né esaltato; per certi versi è una criticità, per altri è anche un’opportunità. Ma la questione centrale della dimensione d’impresa è da sempre l’efficienza. C’è stata e c’è ancora nell’autotrasporto merci conto terzi la tendenza verso le concentrazioni imprenditoriali (o anche verso forme organizzative di aggregazione dell’offerta), che ha generato, insieme ad altri fattori, una riduzione del numero delle imprese più piccole a cui si è accennato prima; ma va detto che persistono ancora un eccesso di offerta e un’elevata polverizzazione delle imprese. La concentrazione e la crescita dimensionale dovrebbero essere un processo naturale in ogni settore produttivo, per aumentare e migliorare l’offerta dei servizi, ma anche per sostenere investimenti e innovazione, specie nell’attuale fase di transizione segnata da elevati fabbisognifinanziari per la decarbonizzazione e la digitalizzazione; e ciò vale anche per l’autotrasporto e la logistica, le cui imprese, se vogliono svi-

luppare servizi efficienti, hanno bisogno di dimensioni adeguate per sostenere investimenti. Queste tendenze «naturali» vanno anche sostenute e dovrebbero rappresentare un tema della politica dei trasporti, che in questi e nei prossimi anni dovrà guidare un processo di profonda trasformazione. E qui vedo tre questioni di fondo da affrontare.

Quali?

La prima riguarda la valorizzazione di trasporto e logistica, che da sempre rappresentanofunzioni strategiche e fondamentali del nostro sistema economico e sociale, fondato soprattutto sugli scambi internazionali e la capacità di competere sui mercati europei e globali, al servizio delle imprese e della collettività; tale ruolo essenziale, spesso dato per scontato e non adeguatamente valorizzato, si è reso evidente solamente con l’emergenza sanitaria pandemica.

Per troppo tempo l’attenzione dei decisori pubblici è stata posta quasi esclusivamente sulla necessità di aumentare l’offerta di infrastrutture, molto meno sull’efficienza e la competitività delle imprese. È ora di cambiare prospettiva, anche sul piano culturale, per promuovere una comunicazione centrata sul valore della logistica come parte essenziale del processo produttivo e struttura portante della vita economica e sociale del Paese. La seconda riguarda l’esigenza di promuovere un’azione più incisiva soprattutto nella formazione tecnica, dalla scuola (istituti tecnici e professionali) all’università, per fronteggiare i crescenti fabbisogni di manodopera specializzata in tutti i settori logistici e del trasporto. Infine, si deve tener conto che l’Italia è l’unico Paese UE con oltre 400 procedimenti amministrativi che gravano sulla mobilità della merce e sui vettori, gestiti da 19 diverse pubbliche amministrazioni.

Il paese ha oggi la grande occasione di far rientrare produzioni o di conquistare produzioni estere che decidano di ricollocare la produzione in Europa. Per assecondare questo processo virtuoso

è indispensabile un sistemalogistico efficiente e competitivo, che non sia schiacciato dal peso di una burocrazia opprimente che non fa che penalizzarci rispetto ai concorrenti stranieri.

L’impressione è che i governi succedutisi non abbiano colto appieno il ruolo determinante del trasporto e della logistica per lo sviluppo del Paese. Cosa dovrebbero fare per rendere competitiva la logistica italiana?

Oltre agli aspetti già indicati, alla nostra logistica servono visione di sistema e semplificazione amministrativa e funzionale; cioè una politica integrata dei trasporti suinfrastrutture, mercati e imprese e una drastica riduzione degli oneri burocratici, una forte razionalizzazione e digitalizzazione delle procedure operative e un’organizzazione del lavoro che sappia coniugare le esigenze di flessibilità delle imprese con le tutele dei lavoratori. Non va poi dimenticato che un tema di attualità, come la riforma fiscale, deve dedicare forte attenzione a questo comparto, che genera molto gettito; in materia, abbiamo questioni aperte da affrontare con attenzione, come la riduzione del cuneo fiscale a vantaggio di lavoratori e imprese, il delicato tema delle taxexpenditures, l’efficientamento delle procedure doganali e, in materia di iva, la riduzione dei tempi di rimborso e l’applicazione del reverse charge agli appalti nella logistica. Infine, non dobbiamo dimenticare che trasporti e logistica operano sul e al servizio del territorio, e cercare di coniugare sviluppo logistico e territoriale può rappresentare un’opportunità straordinaria di crescita economica e occupazionale. In tal senso, la piena entrata in funzione delle Zone Economiche Speciali del Mezzogiorno e delle Zone Logistiche Semplificate del Centro-Nord potrebbero offrire un contributo decisivo al rilancio dell’efficienza e della competitività del sistema logistico nazionale e delle imprese che vi operano.

aprile 2023 25
La tendenza alle concentrazioni nell’autotrasporto non è dovuta solo alla pandemia. Assistiamo da tempo a una crescente diversificazione dell’offerta: così l’autotrasporto si integra con la logistica, ma anche viceversa. Sarebbe un aspetto positivo per l’offerta logistica del Paese

I TRE PIANI DELL’

Lepiccole imprese di autotrasporto tendono a diventare sempre meno e le grandi aumentano sempre di più il loro spazio sul mercato. In mezzo ci sono le strutture aggregative, quelle sorte a migliaia già a partire dagli anni Sessanta per creare una casa comune a tante realtà di ridotta dimensione, in grado di funzionare come un’unica interfaccia di fronte alla committenza. Ma oggi che le aziende con pochi camion arrancano e il più delle volte chiudono i battenti per raggiunti limiti di età dove trova la realtà aggregata la sua ragion d’essere? E nel confronto con imprese dotate di fatturati e organizzazionistraordinariamente importanti, dove attinge la propria capacità competitiva?

Claudio Villa, al termine di tre mandati alla guida del Gruppo Federtrasporti e con alcuni decenni di esperienza nella gestione di una cooperativa di taglia larga (con più di 170 camion) come la Conap di Fiorenzuola d’Arda(PC) ci pensa un po’ prima di rispondere. Poi inizia con un distinguo. «Il fenomeno esiste, ma impatta in modo differente sui diversi livelli di aggregazione. Ri-

spetto alle strutture di base si manifesta ormai da alcuni anni come erosione della base aggregativa, causata essenzialmente da un mancato ricambio generazionale. Gli associati che arrivano alla pensione, cioè, contrariamente a quanto accadeva nei decenni scorsi, non passano quasi mai il testimone ai propri figli, per il semplice motivo che questi preferiscono a fare altro».

Tralasciando in questa sede le ragioni di tale fuga verso altri settori, come si tamponano le falle che si vengono a creare?

La prima soluzione che sempre più cooperative adottano per non perdere fatturato è quella di fornire la stessa struttura aggregativa di un parco veicolare di proprietà. È un modo per strutturarci e per continuare a crescere, ma è insufficiente e soprattutto non funziona nelle strutture di secondo livello come Federtrasporti.

Perché, rispetto a Federtrasporti cosa servirebbe?

Originariamente l’aggregazione di enti a loro volta aggregati serviva a creare un unico biglietto da visita da spendere all’esterno,a presentarsi come un unico interlocutore. Poi, una volta

Ritengosianecessariodotarsi diunmodelloorganizzativo diversoecrearetrale strutturepiùrappresentative, quellemaggiormentelegate allastoriaeallalogica identitariadiFedertrasporti, un’unicarealtàsocietaria

26 aprile 2023
INCHIESTA IL POSSIBILE FUTURO DI FEDERTRASPORTI

AGGREGAZIONE

Si può stare insieme all’interno di un’associazione per tutelare sul piano politico la cultura aggregativa. Oppure per riuscire a garantire agli associati una gamma di servizi a condizioni migliorative rispetto a quelle di mercato. Ma secondo il presidente di Federtrasporti, Claudio Villa, gli attuali trend impongono alle realtà aggregate di «fondersi» in un’unica società e di stringere relazioni con altri partner per realizzare progetti comuni su altri anelli della catena logistica

acquisiti i traffici, questi venivano distribuiti tra i vari associati. Oggi tutto questo continua a essere utile, ma non è sufficiente. In molti ambiti di mercato diventa necessario che almeno determinate strutture creino un’unica realtà edificata con un cemento aggregativo più solido e stabile.

Se questo cemento funziona soltanto in alcuni ambiti e rispetto a determinate strutture, significa che i piani di aggregazione possono essere diversi?

Esattamente. Per essere precisi, ritengo debbano essere tre i piani su cui

può applicarsi la funzione aggregativa. Il primo è quello dell’associazione, utile a diffondere la cultura aggregativa e a crearle opportunità in ambito politico e istituzionale, anche in vista della tutela degli associati. Una sorta di attività lobbystica in senso buono che trova sponde importanti nei servizi editoriali del Gruppo, primo tra tutti quelli che passano attraverso Uomini e Trasporti

E il secondo piano?

È quello legato alla vendita dei servizi, al cui interno un ruolo essenziale è affidato all’agenzia di assicurazione, che da sempre fornisce le sostanze neces-

sarie per tenere in equilibrio finanziario l’organizzazione. È un piano importante perché il fatto di gestirlo con spirito cooperativistico e con senso di mutualità ci ha permesso di compensare una piccola maggiorazione di spesa, attraverso il desiderio di stare uniti e l’orgoglio di disporre di strutture che ognuno poteva sentire come proprie. Nel corso del tempo, però, il piano dei servizi rischia di non essere più sufficiente a giustificare l’ingresso in Federtrasporti da parte di nuove società. Per la semplice ragione che sono sempre più numerose le strutture che, almeno in

IlportodiRavenna è oggettodiun’importante attivitàdiriqualificazione e potenziamento.

Tramite il progetto «Ravenna Port Hub» nei prossimi annisiavràinfattiunriassettocompletamente rivoluzionatodelloscalo.Ilpianodirestyling, finanziato con i fondi del Pnrr, prevede diverse azioni da realizzarsi entro la fine del 2026: la costruzione di nuove banchine e l’ammodernamento di quelle esistenti, il dragaggio dei fondali del porto-canale

(-14,5 metri) per permettere l’accesso a imbarcazioni più grandi, la realizzazione di piattaforme logistiche e terminal, poi nuove stazioni e raccordi ferroviari. Insostanza,unavera e propriaristrutturazione logisticacheinteresserànonsoloilportoma anchelareteferroviaria e stradale e cheavrà, quindi, notevoli ripercussioni sullo sviluppo futuro della movimentazione merci nel corridoio balticoadriatico.

aprile 2023 27
QUI RAVENNA, L’HUB DEL FUTURO

RAVENNA, UN PORTO PER SOGNARE

Un nuovo modo di fare aggregazione. Non più soltanto orizzontale, tra imprese che condividono lo stesso ambito operativo, ma verticale, compenetrando professionalità di soggetti e aziende attive sempre all’interno della stessa filiera produttiva, ma in contesti operativi differenti. È il modello a cui guarda con ambizione Federtrasporti, gruppo che da oltre 50 anni accorpa numerose realtà dell'autotrasporto nazionale. E per applicarlo ed espandere i propri orizzonti aggregativi, il Gruppo punta a inserirsi in un progetto a forte vocazione internazionale che potrebbe rappresentare un’occasione di crescita per tutte le imprese associate.

INTERMODALITÀ E INTERNAZIONALIZZAZIONE

In particolare, il progetto cui si fa riferimento è strettamente legato allo sviluppo di una precisa infrastruttura: il nuovo hub portuale di Ravenna, che dovrebbe essere realizzato entro la fine del 2026 grazie ai finanziamenti del Pnrr. Proprio qui, infatti, in un’area di oltre 40 ettari localizzata immediatamente a Sud del porto ravennate, il Gruppo sta focalizzando i propri interessi per ritagliarsi una nicchia di attività logistica dove poter lavorare in sinergia non solo con compaginisocietarietrasportistiche, ma con realtà imprenditoriali legate al mondo dell’intermodale, dell’assicurazione e in generale della grande committenza. L’obiettivo è duplice. Per un verso, promuovere con determinazione l’intermodalità, con particolare orientamento a sviluppare servizi di trasporto per il settore agroalimentare. Per un altro, puntare all’internazionalizzazione, grazie proprio al

fatto che il sito ravennate – terzo porto dell’Adriatico dopo Trieste e Venezia – costituisce un nodo logistico strategico che si apre ai mercati del Mediterraneo orientale e del Mar Nero. Inoltre, l’inclusione di Ravenna nel sistema della grande viabilità stradale e il collegamento con le principali reti di trasporto ne fanno un porto facilmente raggiungibile dai maggiori centri italiani ed europei.

AMBIZIONE COLLETTIVA

La scelta di Federtrasporti di inserirsi all’interno di questo progetto va letta quindi come investimento strategico giustificato dalla centralità crescente dello scalo portuale ravennate, il cui obiettivo sarà ovviamente quello di conseguire importanti incrementi di traffico grazie alle nuove infrastrutture. Ma è una scelta dettata anche da esigenze geo-logistiche, dal momento che molte realtà associate al Gruppo operano con frequenza nell’area di riferimento. Parliamo di Carp (con sede a Pesaro), Coap Autotrasporti (Piacenza), Giezendanner Italy (Ravenna), Gam (Mantova) e Cafa (Ferrara). Strutture che accorpano complessivamente una flotta di veicoli a disposizione composta da più di 500 unità, distribuiti tra mezzi per liquidi industriali, cisterne per il trasporto di prodotti chimici, motrici e autoarticolati in grado di trasportare la quasi totalità di categorie merceologiche (compreso il settore ecologico relativo ai rifiuti).

28 aprile 2023 INCHIESTA IL POSSIBILE FUTURO DI FEDERTRASPORTI
Il gruppo associativo pensa a un nuovo modello di integrazione verticale, a più livelli e con il coinvolgimento di attori diversi della filiera logistica. E per concretizzarlo sogna in grande, ambendo a inserirsi nel cuore del progetto Ravenna Port Hub per ritagliarsi uno spazio strategico in chiave intermodale.

parte, forniscono questo tipo di aiuto. Ed è proprio per questa ragione che serve il terzo piano?

È un piano che impone il mercato. Se ci si guarda intorno, infatti, appare chiaro che una struttura con 100 o 200 macchine riesce a stare sul mercato soltanto se si specializza in un segmento di nicchia, caratterizzato da lavori molto particolari. Al di fuori di questi settori, però, ritengo sia necessario dotarsi di un modello organizzativo diverso e creare tra le strutture più rappresentative, quelle maggiormente legate alla storia e alla logica identitaria di Federtrasporti, un’unica realtà societaria. Le altre strutture non interessate a questo salto possono limitarsi agli altri piani aggregativi, ma per “salire” su questo è necessario impegnarsi nel creare un contenitore da riempire con i contratti di tutte le realtà aggregate, da onorare poi tramite i 700 e più camion nella loro disponibilità. E il primo sforzo in tal senso è quello di mettere da parte le proprie individualità e rimuovere eventuali frizioni presenti nei rapporti tra associati.

E questi contenitori dovrebbero contenere soltanto aziende attive nello stesso ambito mercelogico? Non necessariamente. Una conseguenza vincente dell’aggregazione è anche l’opportunità di disporre di una presenza territoriale diffusa, di soddisfare cioè quella capillarità sempre più richiesta negli attuali modelli distributivi. E allora se si creasse un’unica società con gli aggregati attivi nel cisternato, non è detto – per esempio

che non possa parteciparvi e che non diventi funzionale la presenza di una struttura pugliese attiva nel cassonato. Perché ci sono tanti lavori legati a una “stagionalità” riferita alla tipologia di semirimorchio da utilizzare. E quindi se gli altri associati hanno un viaggio in quell’area ma non hanno la possibilità di ricaricare, lascio il mio rimorchio lì, ne prendo uno della struttura pugliese e vado a fare il mercato.

E in termini organizzativi come ritiene si debba operare?

Questo è un punto nevralgico. Perché

innanzi tutto per rimuovere l’instabilità della governance che segna molte strutture aggregative, sarebbe opportuno che tutte insieme individuino un amministratore delegato. Una figura altamente competente, che magari singolarmente non avrebbero potuto permettersi, ma che diventa uno dei benefici frutto dell’aggregazione. Inoltre, nell’operatività pratica sarebbe opportuno specializzare fin dove possibile le diverse realtà aggregative, affidando per esempio l’amministrazione a una, la gestione della flotta a un’altra e così di seguito. Ma soprattutto dovremmo cercare di evitare quella criticità, spesso verificata nei fatti, coincidente con la doppia provvigione, quella cioè da pagare sia alla struttura di primo livello sia a quella di secondo, perché quando si partecipa a tender del valore di diversi milioni anche quei pochi punti percentuali finiscono per metterti fuori mercato.

Fin qui abbiamo ragionato di un’organizzazione orizzontale, costruita dall’aggregazione di realtà impegnate nella stessa attività. Ma l’autotrasporto è sempre di più interconnesso con altri anelli della catena logistica. Come si fa a trasferire anche su scala verticale la logica aggregativa?

Rispondo con un esempio pratico, un progetto che stiamo definendo a Ravenna,dove il piano aggregativo spazia in modo trasversale. Nel senso che mira a mettere insieme interessi di diverse strutture, coinvolgendo allo stesso tempo investitori e clienti, per realizzare un’area retroportuale molto prossima al porto in cui sviluppare attività logistiche diverse. E per forza di cose se operi in un porto e devi preoccuparti di trasferire da qui le merci non soltanto via strada, ma anche via treno, sarà necessario stringere relazioni strette anche con realtà in grado di gestire queste diverse modalità. Sarebbe molto utile, a titolo di esempio, unire al trasporto intermodale anche lo stoccaggio dei tank container, che oggi trovano sempre meno posto all’interno di terminal intasati e che quindi potrebbe incontrare una buona domanda di mer-

cato. Ritengo quindi opportuno che, laddove l’attività spazia in tanti ambiti, la gestione di ogni momento sia affidata a realtà specializzate.

Questa logica aggregativa distribuita su altri anelli e che fa leva anche su altre modalità di trasporto comporterà un allargamento del perimetro operativo di Federtrasporti?

Gli conferirà maggiore respiro internazionale. D’altra parte non è un caso se negli ultimi anni abbiamo aperto un ufficio a Bruxelles e se anche da lì cerchiamo di sfruttare l’opportunità per fruire di finanziamenti utili a realizzare progetti in grado di rendere più solida la Federtrasporti e quindi in grado anche di operare insieme a partner altrettanto forti.

aprile 2023 29

L’azienda salernitana ha sviluppato in casa un algoritmo con cui è possibile ottimizzare le percorrenze, ridurre i chilometri, aumentare la produzione e, di conseguenza, contenere il costo del lavoro

SMET: «L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE CONTRO LA CARENZA DI AUTISTI»

Sulpiatto della digitalizzazione della logistica lo Stato ha messo 250 milioni di euro del Pnrr. L’intento dichiarato è di «aumentare la competitività logisticanazionale realizzando un sistema digitale interoperabile tra attori pubblici e privati per il trasporto merci e la logistica. Così si semplificanoprocedure,processi e controlli, grazie alla dematerializzazione dei documenti e allo scambio di dati e informazioni». Di questi, 175 milioni sono da destinare direttamente alle imprese. Pochi, se vogliamo, rispetto ai 191,50 miliardi di investimenti complessivi del Piano, ma abbastanza per un settore che si è svegliato solo con il Covid che, da una parte, ha reso visibile alle stesse aziende l’importanza dellalogistica e, dall’altra, ha lanciato l’e-commerce in Italia con percentuali di aumento annuo costantemente a doppia cifra dopo il 26% del 2020.

Due fattori che hanno convinto anche gli autotrasportatori che nonèpiù possibile eludere la digitalizzazione e che non basta più limitarsi all’utilizzazione del GPS per il tracking della merce o alla dematerializzazione dei documenti (per esempio il CMR che diventerà obbligatorio in tutta Europa dal 2024). Ormai si parla di Logistica 4.0, che rappresenta un mondo complesso da capire e difficile da approcciare. Non è un caso che digitando su un motore di ricerca «digitalizzazione

della logistica» si venga inondati da una serie di offerte di software o di consulenza tecnologica che si candidano a venire incontro alle imprese con spiegazioni dettagliate che sfociano nella promozione del proprio prodotto. Segno che la domanda c’è, ma stenta a decollare. Anche perché per sfruttare in pieno tutte le potenzialità c’è bisogno di investimenti.

Come quello deciso dal Gruppo SMET di Salerno, attivo nella logistica integrata, da sempre attento alle tecnologie al punto di aver creato una software house interna composta da cinque espertiin Intelligent transportation system, gestione flotte e pianificazione. Di fronte alla necessità di ridurre il fabbisogno di autisti ha pensato di mettere in campo l’Intelligenza artificiale creando una start up su misura.

Il nuovo soggetto, sviluppato dall’Associazione giovani innovatori italiani, si chiama Artificial intelligence transportation (AIT) e ha il compito di ottimizzare il servizio, gestendo al meglio i turni dei conducenti, con il duplice obiettivo di aumentare la produzione e risparmiare sul costo del lavoro. Dietro, c’è un investimento da 150 mila di euro. Che non saranno tanti ma non tutti se lo possono permettere. Anche la digitalizzazione ha bisogno di aziende solide e ben dimensionate, dove i costi delle tecnologie vengono ammortizzati più rapidamente proprio dalledimensioni delrisparmio. In questo caso l’amministratore dele-

gato, Domenico De Rosa, individua i vantaggi del software nella «possibilità di ottimizzare le percorrenze e di ridurre i chilometri percorsi di circa il 12%. Ma sarei assolutamente soddisfatto anche se si fermasse al 7%». In definitiva, si riesce per un verso ad aumentare la produzione e dall’altro a risparmiare sul costo del lavoro. Macome funzional’intelligenza artificiale? In concreto vengono introdotti nel sistema tutti i possibili dati relativi di viaggio, programmando le tempistiche in modo dettagliato. Quando poi si va nella pratica, il sistema compara la pianificazione teorica con la situazione reale e ne valuta lo scostamento suggerendo in tempo reale i correttivi più opportuni. Molto banalmente, se sia conveniente portare il semirimorchio in un porto, come era previsto, e non piuttosto in un terminal ferroviario.

Ovviamente il sistema avrà un periodo di test, condotto con affiancamento degli stessi sviluppatori, necessario non soltanto a verificarne il corretto funzionamento, ma anchea fare in modo che gli operatori del traffico di SMET acquisiscano familiarità con il software. E se qualcuno all’esterno lo trovasse utile e lo volesse utilizzare? De Rosa esclude condivisioni: «È stato sviluppato secondo le esigenze di SMET e sarà utilizzato soltanto in azienda». Come a dire, ognuno deve fare il proprio business.

30 aprile 2023
INCHIESTA LE IMPRESE DI AUTOTRASPORTO DI FRONTE ALLA DIGITALIZZAZIONE

FERCAM:

«TESTIAMO I VEICOLI ALTERNATIVI»

Sela digitalizzazione richiedeinvestimenti importanti per portare vantaggi alle imprese, figuriamoci la transizione ecologica. Mentre le istituzioni europee si rimbalzano la scelta definitiva sui tipi di alimentazioni da impiegaresui camion dopo il 2040 (sempre che la scadenza sia confermata), mentre le case costruttrici si fanno la guerra a colpi di investimenti su motori elettrici o a biocarburanti o e–fuel, o stringono alleanze per trovare soluzioni a lungo termine (l’ultimo è il progetto H2Accelerate di Daimler, Volvo e Iveco, per mettere in funzione 150 camion a celle a combustibile con finanziamenti europei), le imprese di autotrasporto vivono con imbarazzo una fase in cui non è facile capire dove si andrà a parare e quale sarà la scelta finale.

Ma non tutti stanno con le mani in mano. C’è anche chi ragiona in grande, verifica in proprio le possibilità ed espande la ricerca ad altri settori contigui. È il caso dell’altoatesina Fercam, il cui fatturato (943 milioni nel 2021 e più di un miliardo nel 2022) è costituito per il 52% dai 3.350 camion del settore full truck load(FTL), che ha avviato due progetti tarati sulle proprie esigenze distributive, per essere pronta ad affrontare un futuro fatto di alimentazioni alternative: uno per il trasporto a medio e lungo raggio con veicoli pesanti, l’altro per la distribuzione urbana, con i veicoli leggeri. Il primo utilizza biometano per 50 veicoli (Fercam ha una partecipazione in una centrale biogas a Vipiteno e sta provando anche il biodiesel HVO di Eni con una stazione di rifornimento a Bolzano); il secondo ha già testato in città diversi

tipi di veicoli elettrici fino ai 35 quintali per scoprire che non sono mezzi adatti al ciclo distributivo dell’azienda. «Fercam», ha spiegato a K44 Dino Menichetti, Regional manager dell’azienda di Bolzano, «è un operatore logistico che trasporta merce piuttosto pesante e quindi ha bisogno di veicoli con una portata significativa, ma anche, allo stesso tempo, con dimensioni compatte per distribuire all’interno dei centri urbani».

Per questo, l’azienda ha virato su 16 furgoni Iveco Daily a metano da 7,2 ton, già in circolazione a Roma. «Il vantaggio di questi veicoli», ha chiarito Menichetti, «è che hanno una capacità di carico in termini di peso che è dalle 5 alle 6 volte superiore al classico furgone. Se io utilizzo veicoli che hanno capacità di carico superiore, diminuisco il numero complessivo dei veicoli circolanti».

E l’elettrico? «Oggi», ha risposto Menichetti, «in questo segmento Iveco ha appena messo in listino l’eDaily, che proveremo anche nella configurazione da 7,2 ton. Nel frattempo, proprio a Roma – dove facciamo 1.500 consegne al giorno – abbiamo introdotto una motrice elettrica Renault DZE da 16 ton con una portata utile di circa 90 quintali e questo sarà un bel banco di prova per testare l’utilizzo non solo nel ciclo operativo della distribuzione, ma anche per quanto riguarda le infrastrutture di ricarica di cui dovremo dotare i nostri magazzini». Perché, per ottimizzare il veicolo e ammortizzarne i costi elevati sarebbe necessario utilizzarlo per due missioni al giorno, ma per farlo occorre un’infrastruttura di ricarica con colonnine ad alta tensione. «Oggi quasi tutti i nostri siti», ha ricordato

ne di bassa tensione. Modificarli comporta costi importanti, per cui stiamo valutando la possibilità di utilizzare al massimo l’energia elettrica rinnovabile che produciamo di giorno con i nostri pannelli fotovoltaici. Lo studio è così complesso che ci stiamo rivolgendo anche a università con cui collaboriamo da anni, come il Politecnico di Milano». Ma Fercam valuta anche un’altra possibilità: il recupero di aree industriali dismesse dove realizzare veri e propri centri di ricarica multi fuel. «È un’ipotesi», ha detto Menichetti, «che stiamo caldeggiando a Roma, dove collaboriamo al piano urbano della logistica sostenibile, ma anche in diverse altre città: si tratta di realizzare un’infrastruttura, inserita all’interno del contesto dove è insediata la maggior parte delle aziende logistiche, in cui siano presenti colonnine di ricarica elettriche, stazioni di rifornimento di biocarburanti e un domani l’idrogeno da mettere a disposizione degli operatori. Questo faciliterebbe l’introduzione di ulteriori veicoli elettrici, perché a quel punto noi impresa ci potremmo concentrare sugli investimenti per i veicoli a zero emissioni, non dovendo organizzarci anche per la parte infrastrutturale».

aprile 2023 31 INCHIESTA LE IMPRESE DI AUTOTRASPORTO DI FRONTE ALLA TRANSIZIONE
Menichetti, «sono alimentati con cabi-
Le esperienze dell’azienda altoatesina dimostrano che organizzazione e dimensione possono dare una mano a gestire il passaggio nuove forme di alimentazione
Pierre Sirolli, AD Renault Trucks, consegna ad Hannes Baumgartner, AD di Fercam, il D 16 E-Tech 100% elettrico, allestito con furgonatura in alluminio e sponda caricatrice Tercam, che integrerà la otta Fercam di mezzi elettrici e a ridotto impatto ambientale già in servizio a Roma per la distribuzione urbana.

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L'A L'A l’Agenda di

aprile 2023

A cura di Anna De Rosa

• Codici tributo per ravvedimento

• Graduatoria CEMT per il 2023

• Indici sintetici di affidabilità

• Credito d’imposta per AdBlue e LNG

• Le proroghe del Milleproroghe

• La formazione di Ebilog

• Quantificati i contributi ART

CODICI TRIBUTO PER RAVVEDIMENTO

Agenzia delle Entrate. Risoluzione n.12/E

Conquestoprovvedimento,l’AgenziadelleEntrate, ha comunicato i codici tributo da utilizzare in caso di ravvedimento operoso per il versamento con modello F24degliinteressi e dellesanzioni,riferitealle imposte sostitutive e a quelle dirette risultanti dalla

dichiarazionedeiredditi.L’Agenziaperagevolare i contribuentihapredispostounatabellache a ogni codice di nuova emissione affianca il relativo codice tributo utilizzato per il versamento delle imposte.

GRADUATORIA CEMT PER IL 2023

Con questo decreto, il MIT ha reso nota la graduatoria dimeritoperl’assegnazionedelleautorizzazioni multilateraliCEMTpertrasportidimercisustrada nell’ambitodeiPaesiaderentiallaI.T.F.perl’anno corrente. Le autorizzazioni disponibili per l’Italia per il 2023 sono 482, come per lo scorso anno (162 per Euro V;

320 per Euro VI). Le autorizzazioni CEMT rinnovate anche quest’anno sono 175 e quelle attribuibili per graduatoria sono 307 sulla base delle 63 domande pervenute, tutte aventi titolo a ottenere autorizzazioni CEMT. In ogni caso il MIT le rilascia all’esito delle procedure di accettazione e di pagamento dei diritti fissi.

INDICI SINTETICI DI AFFIDABILITÀ

Conquestoprovvedimento,l’AgenziadelleEntrateha approvato i modelli contenenti le specifiche tecniche e i controlli per la trasmissione telematica dei dati rilevanti per l’applicazione degli indici sintetici di affidabilità relativi al periodo d’imposta 2022. Il modello degli indici sintetici deveesseretrasmessodirettamentedalsoggetto interessatootramitegliintermediariabilitatialla

trasmissione. L’Agenzia ha anche approvato i controlli tra i dati indicati nei modelli Redditi 2023 e i dati inseriti nei modelli degli indici sintetici di affidabilità fiscali. Inoltre, con altro recente provvedimento (24 febbraio), l’Agenzia ha approvato i 175 modelli che dovranno essere utilizzati daicontribuentichenel2022hannosvoltoattività economiche soggette a ISA.

CREDITO D’IMPOSTA PER ADBLUE E LNG

ConquestidecretiinterministerialidelMinistero delleInfrastrutture e deiTrasporti,delMinistero dell’Ambiente e della sicurezza energetica e del Ministero dell’Economia e delleFinanzesonostatedefinitele modalitàperaccedereaicontributiperl’acquistodi AdBlue ed LNG. Questi crediti d’imposta sono previsti dal DL Energia a seguito dell’accordo siglato dal Governo con le Associazioni del settore il 24 febbraio 2022.  Vediamoli in dettaglio:

a) ilcreditod’impostaperl’acquistodiAdBlue,che

prevedeunostanziamentodi29,6milionidieuro, riguarda le imprese di autotrasporto merci in conto terzi iscritte all’Albo Autotrasportatori e al REN che esercitano l’attività con veicoli di ultima generazione (Euro VI/D, Euro VI/C, Euro VI/B, Euro VI/A ed Euro V) e consiste in un credito d’imposta in loro favore pari al 15% delle spese sostenute per l’acquisto di AdBlue nel 2022, al netto dell’IVA.

Le domande relative al credito d’imposta AdBlue, grazie allapubblicazionedeldecretodirettorialeMITdel

SOMMARIO • Al via il bando ISI di INAIL
Decreto 23 .02.2023 pubblicato sulla G.U. n. 56 del 7.03.2023
Agenzia delle Entrate. Provvedimento n. 55564 del 28.02.2023
a autorizzazioni ottenere di
Decreti attuativi pubblicati in Gazzetta Ufficiale

27.10.2022, sono state presentate negli scorsi mesi di novembre e dicembre sulla piattaforma dell’Agenzia delleDogane, e saràpossibileutilizzareilcredito d’imposta appena reso noto dall’Agenzia delle entrate il codice tributo.

b) Il credito d’imposta LNG è pari al 20% delle spese sostenute a partire dal 1° febbraio fino al 31 dicembre 2022, al netto dell’IVA a beneficio delle imprese di

autotrasportomerciincontoterziiscritteall’Albo Autotrasportatori e alRENcheesercitanol’attività con veicoli a elevata sostenibilità ad alimentazione alternativa a metano liquefatto.

Per il credito d’imposta LNG, con apposito provvedimento dovrebberiaprirsilastessapiattaformainformatica dell’agenziadelleDoganeutilizzataperilcredito d’imposta gasolio 28% e il credito d’imposta AdBlue.

AL VIA IL BANDO ISI DI INAIL

L’INAIL, sul proprio sito, ha pubblicato le date di apertura dellaprocedurainformaticaperlacompilazionedelle domande relative al Bando ISI 2022.Vediamo i principali punti.

Termini. Ledomandepotrannoesserpresentatecon decorrenza dal 2 maggio fino alle ore 18:00 del 16 giugno 2023.

sonoconsultabilisettegiorniprimadell’apertura dello sportello informatico. Le domande ammesse agli elenchi cronologici devono essere confermate, a pena di decadenza,conilcaricamentodelladocumentazione, come previsto negli Avvisi regionali/provinciali.

L’INAIL per semplificare la presentazione delle domande, ha introdotto due nuove modalità di profilazione riservate a professionisti e a società di intermediazione.

inoltrata

Modalità. Ladomandavacompilataeregistrata esclusivamenteinmodalitàtelematicaedeveessere inoltrata allo sportello informatico; l’accettazione avviene in ordine cronologico.

Procedura. Le Regole Tecniche con le istruzioni complete

Isoggettiintermediarisidevonocomunqueregistrare alportaleINAILperessereabilitatipressolesedi territorialmentecompetenti,successivamentese confermatal’abilitazionepossonoagirecomedelegati dell’impresa.

LE PROROGHE DEL MILLEPROROGHE

La legge di conversione ha confermato la proroga al 31 dicembre 2023 del termine di entrata in vigore delle Linee Guida per i trasporti eccezionali.

Tralealtremisureapprovateinfasediconversione vediamo quelle di interesse per il settore.

Revisioni periodiche dei veicoli a motore e dei loro rimorchi. Prorogato al 31 dicembre 2023 il termine entro ilqualeèconsentitoancheagliispettoriautorizzati effettuare gli accertamenti relativi alla revisione periodica dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, prevista dal Codice della strada.

Sospensionetemporaneadell'ammortamentodel costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali.

Ledisposizioniinmateriaproroganoall’esercizioin corsoal31dicembre2023,lafacoltàdisospendere

l’ammortamentodelcostodelleimmobilizzazioni materialieimmateriali,pertuttiisoggettichenon adottano i principi contabili internazionali, destinando la relativa quota a una riserva indisponibile.

Riduzione del capitale delle societàin perdita. Alle perdite emerse nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2022 non si applicano alcuni obblighi previsti dal codice civile per le società di capitali a protezione del capitale sociale. Per le quote di ingresso previste dal decreto flussi, anche per gli anni 2022 e 2023, è previsto che la verifica dei requisiti sull'osservanza delle prescrizioni del CCNL e la congruità del numero delle richieste presentate, spetti in via esclusiva ai consulenti del lavoro e alle organizzazioni datoriali più rappresentative a livello nazionale alle quali il datore di lavoro aderisce.

Riordino della disciplina degli ammortizzatori sociali

Furgokit occupaditutte diproduzione, progettazionedei monitoraggioaccuratodiognifasediproduzione operadaunasquadradi formate, appassionate,ingradodimigliorarecostantemente Nel cuore del processo produttivo Dal design all’assistenza post-vendita Ricerca design esigenzedei rapidità dimontaggio
L'A L'A
ISI Bando 2022 (pubblicato sul sito dell’istituto) Legge n. 14 del 24.02.2023 pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 49 del 27.02.2023
con

in costanza di rapporto di lavoro. Prorogate al 30 giugno 2023 le date di adeguamento dei Fondi di solidarietà bilaterali, dei Fondi di solidarietà bilaterali alternativi e del Fondo territoriale intersettoriale delle Province autonome di Trento e Bolzano.

Somministrazione di lavoro. Prorogata di un anno al 30 giugno 2025 la previsione che in ipotesi di contratto di somministrazione a tempo determinato tra agenzia di somministrazione e utilizzatore, il datore di lavoro utilizzatore possa impiegare in missione lo stesso lavoratore per periodi continuativi superiori a 24 mesi senza che ciò comporti la costituzione tra le parti di un contratto a tempo indeterminato.

Lavoro agile per lavoratori fragili. Prorogata al 30 giugno 2023 la disposizione che consente ai lavoratori fragili di svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità agile.

Incentivazione all’esodo. I lavoratori potranno partecipare al programma, limitatamente al periodo 20182026 (precedentemente 2018-2023), purché in possesso dei requisiti minimi di pensionamento entro 7 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Termine per gli investimenti in beni strumentali nuovi. Posticipato dal 30 giugno al 30 novembre 2023 il termine per fare investimenti in “altri beni strumentali” nuovi (diversi dai beni strumentali, materiali e immateriali, tecnologicamente avanzati) che - con riferimento all’anno 2022 - beneficiano di un credito d’imposta al 6%, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2022 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione.

ANDAMENTO PETROLIO BRENT A 3 MESI

GENNAIOFEBBRAIOMARZO 90 85 80 75 70

PREZZI EXTRARETE tendenza

min max min max min max 130413211306132813131372

al previsto dalla legge di bilancio 2021 a favore delle imprese LA FEBBRE DEL GASOLIO LA FEBBRE DEL GASOLIO rilevazione del 17.03.2023 NORD CENTRO SUD E ISOLE GASOLIO EURO/ 000L

Termini di consegna dei beni ordinati entro il 2022 per la fruizione del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi. Prorogato dal 30 settembre 2023 al 30 novembre 2023 il regime del credito d’imposta previsto dalla legge di bilancio 2021 a favore delle imprese che abbiano effettuato investimenti in beni strumentali nuovi, a condizione che il relativo ordine risulti accettato dal venditore entro il 31 dicembre 2022 e che entro tale data sia stato effettuato il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione.

LA FORMAZIONE DI EBILOG

Ebilog ha reso noto il nuovo Piano di Formazione 2023 che prevede lo stanziamento di 4 milioni di euro e dunque l’approvazione di un maggior numero di piani formativi.

Finanziamenti. Ebilog finanzia la formazione dei dipendenti in materia di formazione obbligatoria, guida sicura ed economica, per organizzare corsi sul corretto utilizzo del cronotachigrafo e sul fissaggio del carico.

Il Bando, come per le scorse edizioni, prevede una graduatoria e l’approvazione delle domande in ordine di punteggio fino a concorrenza degli importi stanziati. Beneficiari. possono accedere al Bando le Aziende correttamente iscritte alla data di presentazione della domanda e in regola con i versamenti a Ebilog che abbiano perfezionato l’adesione completando la registrazione delle anagrafiche dei propri lavoratori.

Furgokit produce e commercializza in Italia e all’estero un’ampia gamma di kit per furgoni in grado di soddisfare qualsiasi tipologia di trasporto e icace e sicuro, dal prodotto realizzato su misura alla grande otta. produzione, produzionemessa produttivo design all’assistenza post-vendita Furgokiteadoggiilpiùrichiesto. Leggero, forte e dinamico Kit in alluminio Assemblaggio Optionalper qualsiasiesigenza Riparazioni semplici rapide Furgokit Srl Via del Gavardello, 29 - 25018 Montichiari (BS) Italy Tel. +39 030 9962701 - Mail info@furgokit.it www.furgokit.it L'A L'A
Piani formativi per il 2023
Fondo Nuove Competenze. Prorogata al 31 dicembre 2023 l’operatività del Fondo nuove competenze. 31

QUANTIFICATI I CONTRIBUTI ART 2023

ART delibera 27 gennaio 2023 n. 242/2022

Con questa delibera pubblicata il 27 gennaio 2023, l’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART) ha chiarito le modalità del contributo 2023.

Nella delibera l’ART individua in via presuntiva i soggetti alla contribuzione indicando le imprese di trasporto merci su strada che al 31 dicembre 2022 abbiano nella propria disponibilità veicoli, dotati di capacità di carico, con massa complessiva oltre le 26 ton, ovvero trattori stradali con peso rimorchiabile oltre le 26 ton.

Per quanto riguarda i Consorzi, l’ART ha specificato che ilcontributodeveessereversatodalConsorzioperle prestazioni di competenza, ma che le imprese consorziate sono comunque tenute ad assolvere l’obbligo dichiarativo e quello contributivo per le prestazioni estranee al consorzio. Il contributo da versare è pari allo 0,5 per mille sul fatturato, calcolato in base all’ultimo bilancio approvato alla data di pubblicazione della delibera e con l’esonero dal versamento per le contribuzioni di importo pari o inferiore a 2.500 euro.

I soggetti esercenti servizi di trasporto di merci su strada connessiconautostrade,porti,scaliferroviarimerci, aeroporti,interporti,devonoescluderedaltotaledei ricavi i proventi derivanti da: (a) attività documentale di supporto alla regolarizzazione delle operazioni doganali; (b) svolgimento, in qualità di sub-vettore, di prestazioni di subvezione, a patto che tali attività vengano documentate e che il contributo venga corrisposto da altro operatore soggetto a contribuzione.

Ricordiamo infine per conoscenza che i soggetti tenuti alla contribuzione ART sono quelli che esercitano una o più attività tra le seguenti:

• serviziditrasportodimercisustradaconnessicon autostrade, porti, scali ferroviari

• merci, aeroporti, interporti;

• gestionedelleinfrastrutture ditrasporto(ferroviarie, portuali, aeroportuali, autostradali e autostazioni);

• gestione degli impianti di servizio ferroviario;

Il pagamento va effettuato nella misura di due terzi del contributo dovuto entro il 28 aprile 2023 e della restante parte entro il 31 ottobre 2023.

Il pagamento va effettuato nella misura di due terzi del parte i contribuzione che hanno fatturati superiori a 5 milioni di devono assolvere gli obblighi di dichiarazioni all’ART

• gestionedicentridimovimentazionemerci (interporti e operatori della logistica);

• serviziferroviari(anchenoncostituentiilpacchetto minimo di accesso alle infrastrutture ferroviarie);

per via telematica, pena l’applicazione delle sanzioni e le

Inoltre,entroil28aprile2023, i soggettitenutialla contribuzione che hanno fatturati superiori a 5 milioni di euro devono assolvere gli obblighi di dichiarazioni all’ART dei dati (anagrafici, economici, ecc.) indicati nella delibera per via telematica, pena l’applicazione delle sanzioni e le maggiorazioni previste dalla legge.

• operazioni e servizi portuali;

minimo e servizi portuali;

• serviziditrasportopasseggerie/omerci,nazionale, regionale e locale, connotati da oneri di servizio pubblico, con ogni modalità effettuato;

• servizio taxi;

con ogni modalità effettuato; taxi;

• servizi di trasporto ferroviario di passeggeri e/o merci;

apposito servizi e

• servizi di trasporto via mare e per vie navigabili interne di passeggeri e/o merci;

Le voci escluse dalla base imponibile vanno dettagliate in un apposito prospetto. Nel caso di imprese con ricavi superiori a 10milionidieurocheabbattonolabaseimponibile di oltre il 20 per cento, oltre al prospetto, va prodotta un’attestazione sottoscritta dal revisore legale dei conti, dalla società di revisione ovvero dal collegio sindacale.

CASSONATO |

• servizi di trasporto di passeggeri su strada;

• servizi di trasporto aereo di passeggeri e/o merci;

• servizi di agenzia/raccomandazione marittima.

a 10milionidieurocheabbattonolabaseimponibile e/o merci; servizi servizi di agenzia/raccomandazione marittima.

COSTIDIGESTIONE FEBBRAIO 2023

Il periodo di osservazione ha registrato una maggiore tranquillità, rispetto ai mesi passati, sul fronte dei costi a partire da un raffreddamento del prezzo del gasolio, registrato sia in termini assoluti sia di media ponderata e, più in generale, di tutti i carburanti. Tale riduzione attenua al momento le tensioni e le preoccupazioni che ancora persistono causa il proseguimento della dinamica inflattiva e degli eventi bellici in territorio europeo con i rischi sull’economia che tali avvenimentideterminano. Relativamente alla tassa di circolazione non sono stati segnalati incrementi in quanto non presenti nella regione presa a riferimento (Emilia Romagna). Le altre voci di costo non hanno riscontrato variazioni.

Km/ Anno Costi di Gestione (€/km) Totale Costi personale (€/km) Totale Ammortamento Gasolio (+IVA) Lubrificanti /AdBlue Pneumatici Manutenzione Collaudi/ tassa di possesso Assicurazioni Autostrade Autista Straord Trasf. 40.000 0,65000,52600,04400,12700,07300,02100,29800,1290 1,8680 1,04400,2050 3,1170 60.000 0,43300,52600,04400,12700,04800,01400,19900,1290 1,5200 0,69500,1370 2,3520 80.000 0,32500,52600,04400,12700,03600,01100,14900,1290 1,3470 0,52200,1030 1,9720 100.000 0,26000,52600,04400,12700,02900,00800,11900,1290 1,2420 0,41700,0820 1,7410
Km/ Anno Costi di Gestione (€/km) Totale Costi personale (€/km) Totale Ammortamento Gasolio (+IVA) Lubrificanti /AdBlue Pneumatici Manutenzione Collaudi/ tassa di possesso Assicurazioni Autostrade Autista Straord Trasf. 40.000 0,80000,49200,04400,12700,10900,05900,37400,1380 2,1430 1,20000,2050 3,5480 60.000 0,53300,49200,04400,12700,07300,03900,25000,1380 1,6960 0,80000,1370 2,6330 80.000 0,40000,49200,04400,12700,05500,02900,18700,1380 1,4720 0,60000,1030 2,1750 100.000 0,32000,49200,04400,12700,04400,02400,15000,1380 1,3390 0,48000,0820 1,9010 L'A L'A Ufficio Studi Federtrasporti
Trattore + semirimorchio P.T.T. 44 t, prezzo di acquisto € 130.000; consumo 2,9 km/litro. CISTERNATO | Trattore + semirimorchio P.T.T. 44 t, prezzo di acquisto € 192.000; consumo 3,1 km/litro.
dalla • • • •

movimenti d’insieme

Quando vide la luce, il 20 novembre 1971, il mondo era diverso. L’intermediazione dilagava drenando margini agli autotrasportatori e il loro rapporto con la committenza era sempre perdente. Federtrasporti seppe far leva sulle economie di scala, su una comunicazione con cui accrescere cultura e immagine del settore, su inve-

stimenti mirati a occupare altri anelli della filiera e altre modalità di trasporto, su metodi formativi in grado di dimezzare l’incidentalità e di centralizzare le persone. Seppe trovare un metodo antico come il mondo e da 50 anni vincente: stare insieme per contare di più.

www.gruppofedertrasporti.it

IL CAMION PERFETTO?

ILLUSIONE

L’azienda lo usa per generare fatturato, il produttore-committente lo vede come un mezzo per muovere le proprie merci, l’autista lo considera un compagno con cui condividere tratti di strada. Ognuno, quindi, cerca nel camion qualcosa di diverso. E tante diversità non vanno d’accordo con l’universalità

Quando iniziai a fare l’autista, la prospettiva che immaginavo era quella un po’ mainstream comune a tanti: guidare per tantissimi chilometri su un camion comodissimo, enorme e lucidato a nuovo, accarezzando i pensieri, godendomi la mia musica preferita, andando a caccia di chissà quali avventure tra panorami mozzafiato.

Visione non solo distante dalla realtà, ma anche un po’ distorta, perché non tutto il trasporto si basa sulle lunghe distanze, ma, al contrario, la stragrande maggioranza delle merci compie tragitti inferiori ai 300 chilometri che equivalgono, nella giornata media di un autista, alla prima parte della giornata, suddivisibile anche in cinque o sei consegne.

Quando capii che quei 300 chilometri rappresentavano in realtà la mia intera giornata, cadenzata dai dieci ai quindici clienti, compresi pure l’urgenza di adottare un cambio di prospettiva.

La stessa prospettiva che mi serviva quando iniziai la collaborazione come tester per la rivista che state leggendo in questo momento.

Cosa significa «camion perfetto»?

In questo settore – purtroppo bisogna ammetterlo – ciò che manca è esattamente questo: la “vision”. Noi autisti siamo troppo spesso ardentemente ancorati a idee marmoree che, per quanto in certi casi possano donare bellezza e mito ai racconti della storia, in altri si corrodono sotto la lenta e inesorabile pressione della realtà.

Tra le tante convinzioni che ho non solo scalfito, ma proprio demolito, c’è quella del camion perfetto. Lì, tra i sogni del camionista, esiste l’immagine del camion perfetto.

Cosa significa «camion perfetto»?

Come si traduce nel concreto l’immagine

di veicolo ideale?

Il camion perfetto è comodo, esteticamente bello, performante, potente e versatile e deve naturalmente rispecchiare il proprio autista. Ancora non ho capito se lo specchio funziona più come le affinità che ricerchiamo in un partner, o come la fedeltà che troviamo in un cane. Confine difficile.

A disagio con l’officina

Se fosse, però, davvero solo una questione di fedeltà, la cosa si risolverebbe in pochissimi fattori: il camion perfetto si tradurrebbe cioè in quello che non va mai in officina e, a quel punto, le case investirebbero tutto su questo aspetto ottenendo – ne sono certa – ottimi risultati.

Se fosse quello il requisito unico, probabilmente esisterebbe un’unica casa costruttrice e i veicoli sarebbero elettrici dai tempi della genesi del trasporto,

38 aprile 2023
LA TESI DI LAURA STORIE DI STRADA CHE VALGONO UN MASTER
UN’UMANA
di Laura Broglio Autista e Blogger
«Cabina con vista». Foto di Daniela Carneiro, tratta dal libro Bello come un camion (ed. Federservice, 2018)

visto che è statisticamente provato che un veicolo elettrico comporta meno manutenzione di uno endotermico.

Adeguato alla missione

No, forse la fedeltà non è il requisito fondamentale.

Un camion diventa perfetto in funzione del lavoro che andrà a compiere, cava e cantiere invece che distribuzione o magari medio o lungo raggio e del budget che l’azienda decide di investire.

Negli ultimi tempi, poi, non possono essere trascurati i tempi di consegna che una casa costruttrice riesce a garantire.

E comunque, già se ci si ferma a questa prima tappa del viaggio alla ricerca del camion impeccabile appaiono i primi ostacoli che diventano più insidiosi se si considera la tratta da coprire, non tanto per i chilometraggi, ma per capire quale marchio riesca a garantire un’assistenza adeguata in quella zona.

Insomma, il camion perfetto per chi va in Medio Oriente, non sarà lo stesso per chi, invece, consegna i bancali di pasta al supermercato di paese nella campagna parmense.

È bello ciò che piace

Quindi, anche solo giocando su aspetti

tecnici e razionali la scelta diventa multipla. Ma se a questi, aggiungessimo anche gli elementi emozionali?

Si sa che «non è bello ciò che è bello, ma ciò che piace». Inevitabilmente, quindi, il fattore estetico non sarà requisito di scelta univoca, così come la comodità, lo spazio in cabina e la posizione di guida. Ogni autista nutre proprie preferenze, proprie antipatie e simpatie “a pelle” nei confronti di questo o quel marchio, così come gli acquirenti possono percepire affinità (e non) verso un venditore.

Umano, non universale

Se c’è, quindi, una cosa che ho capito come autista e tester è che il camion perfetto non esiste perché dipende in tutto e per tutto dalla componente umana del trasporto, da scelte variabili che costitui-

scono poi l’identità di chi acquista. Il camion non è altro che uno strumento di lavoro per l’azienda, un mezzo di trasporto per i clienti e un partner per l’autista ed essendo tante cose in una, non potrà mai essere universale.

E se domani…

I veicoli, poi, sono figli di conoscenze, creatività e visione del mondo di chi li produce e come tutte le opere d’arte sono la creazione di una caleidoscopica umanità.

Un domani, forse, l’intelligenza artificiale sarà in grado di generare camion ideali, ma la tecnologia sarà sempre a servizio dell’uomo e il camion perfetto sarà sempre quello che sentiremo più affine a noi. E sarà meravigliosamente imperfetto.

L‘elettrico senza limiti. è un Linde.
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Se c’è una cosa che ho capito come autista e tester è che il camion perfetto non esiste perché dipende in tutto e per tutto dalla componente umana del trasporto, da scelte variabili che costituiscono poi l’identità di chi acquista
FARÀ LA DIFFERENZA.
Il
per

Nel giugno del 2022 è stata riconfermata alla presidenza del Comitato donne Nel stata dell’ETF, la Federazione europea dei lavoratori dei Trasporti, incarico che ricopre dell’ETF, la dei lavoratori dei già dal 2019 e che la vede impegnata a promuovere azioni di sostegno all’integrazione femminile nel settore. Lei è Sara Tripodi, dal 2016 segretario Lei generale Monza e Brianza della Federazione Italiana Lavoratori Trasporti – CGIL e per incentivare la presenza femminile dice: «Servono esempi per le future e la per le future generazioni di donne nel settore, una Samantha Cristoforetti dell’autotrasporto» settore,

Rendere il settore dei trasporti “più adatto” per le lavoratrici donne. Questo l’obiettivo principale del Comitato donne dell’ETF - European Transport Workers’ Federation che raduna rappresentanti di tutti i sindacati affiliati alla Federazione Internazionale. E a guidarlo dal 2019 è una presidente tutta italiana: Sara Tripodi, segretario generale FILT Monza e Brianza, riconfermata alla presidenza del Comitato lo scorso giugno. Il suo compito per i prossimi cinque anni sarà quindi quello di favorire all’interno del settore condizioni di lavoro eque, accesso a strutture dignitose e sicurezza sul posto di lavoro. Una sfida complessa che richiede azioni mirate che devono tenere conto del contesto generale: «Il Covid è sicuramente un elemento da prendere in considerazione quando si valutano le azioni da mettere in campo nel prossimo futuro – spiega Sara Tripodi – perché ha stravolto le dinamiche non solo del settore, ma anche l’approccio che le donne, soprattutto giovani, hanno nei confronti del mondo del lavoro. Mentre prima la priorità era avere un lavoro a qualsiasi costo, oggi è stare bene con se stessi e avere delle buone condizioni di vita privata e lavorativa». Come ha inciso quindi la pandemia sugli obiettivi che vedranno impegnato il Comitato donne dell’ETF per i prossimi anni?

Il Covid ha accelerato alcuniprocessi, come l’automazione e la digitalizzazione, che hanno da un lato fatto sparire alcune figure professionali, dall’altro hanno però garantito maggiori opportunità per le donne, pensiamo per esempio alle figure professionali legate all’eCommerce. Inoltre, una parte di lavoro che un tempo era solo fisico oggi è molto più tecnologico. Il tema della digitalizzazione e dell’automazione dei processi è quindi una delle tre tematiche sulle quali abbiamo deciso di concentrare i nostri sforzi, insieme alla prosecuzione della campagna «Sì, più donne nei trasporti» che indaga le principali barriere all’ingresso delle donne nel settore e come risolverle e, infine, la lotta contro la violenza di genere nel settore. Il sottotitolo della campagna «Sì, più donne nei trasporti» è «Rendere i trasporti adatti al lavoro delle donne». A che punto siamo oggi in Europa?

Sono due le macro-questioni che portano a una scarsa attrattività del settore per le donne. In primo luogo, la mancanza di servizi adeguati. A tal proposito abbiamo deciso di aderire al “World Toilet Day” istituito dalle Nazioni Unite per sensibilizzare sulla necessità di servizi igienici sicuri, dignitosi e accessibili. Si tratta infatti di un problema che incide sulla salute e sulla sicurezza delle lavoratrici. La seconda questione è legata invece alla segregazio-

neoccupazionale, cioè all’impossibilità per le donne di accedere a determinate posizioni lavorative, anche per via di meccanismi premiali a loro sfavorevoli. Non è tutto. Per entrare nel settore è richiesto un importante investimento iniziale per prendere le patenti e la CQC; investimento che però non viene ripagato economicamente, a livello di stipendi. In più si ha la responsabilità di guidare mezzi pesanti, con tutto ciò che questo comporta, in condizioni spesso non adeguate. In altre parole, se un lavoro non è attrattivo per un uomo, perché dovrebbe esserlo per una donna? Credo dovremmo concentrarci su questi aspetti per trovare le soluzioni al problema.

Eppure, secondo i dati IRU, in Italia le donne alla guida di mezzi pesanti sono di più che in altri Paesi europei. Dal suo punto di vista, qual è quindi la reale situazione del nostro Paese rispetto all’estero?

L’Italia non è né l’eccellenza né la Cenerentola della situazione. Se penso per esempio al Trasporto Pubblico Locale, ci sono Paesi del Nord Europa che da sempre investono nelle figure operative femminili, per via di una storia sindacale

40 aprile 2023
ANCHE IO VOLEVO IL CAMION SARA TRIPODI, UN’ITALIANA ALLA GUIDA DEL
Sara Tripodi insieme al suo team composto dalle rappresentanti del Comitato donne ETF.

L’AUTOTRASPORTO HA BISOGNO DI UNA SAMANTHA CRISTOFORETTI

e legislativa molto differente dalla nostra. Penso per esempio al congedo di paternità che consente una migliore distribuzione dei ruoli famigliari. L’ingresso delle donne nel settore va quindi di pari passo con una legislazione che in qualche modo aiuti sotto il profilo sociale e dia supporto. L’elemento fondamentale per capire lo stato dell’arte, quindi, non è il numero di donne che entrano nel settore, ma il numero di donne che vi rimangono.

La violenza sulle donne che lavorano nel settore è un tema di cui si sente parlare poco, ma che è di primaria importanza per il Comitato. Perché?

Il tema è in realtà primario anche rispetto alla disparità di genere perché se ci sono episodi di violenza nel settore, e putroppo i casi sono numerosi, è l’occupazione femminile a risentirne. Quando si parla di violenza si tende a pensare solo alla violenza sessuale, in realtà ci sono sfaccettature, spesso invisibili, fortemente legate al modo in cui si lavora o, per esempio, ai termini che si utilizzano.

Esistono dei numeri in grado di restituire le dimensioni del fenomeno?

Non siamo riusciti a ottenerli e questo è proprio uno degli elementi sul quale ci

stiamo interrogando e adoperando per portarli alla luce. Esistono per esempio dei sistemi di monitoraggio e aiuto per chi usufruisce dei mezzi di trasporto, ma non per i lavoratori del settore. A tal proposito avvieremo una campagna mirata a sensibilizzare sul tema della violenza nei confronti delle lavoratrici del settore dei Trasporti, raccogliendo le loro testimonianze e portandole alla Commissione europea. Un altro progetto al quale ci dedicheremo, lanciato dal sindacato inglese Unite, si chiama “Get me home safely”, portami a casa in sicurezza, e riguarda le pendolari che devono spostarsi da casa al luogo di lavoro, spesso fuori città se pensiamo ai magazzini logistici, anche in orari non “da ufficio”. L’obiettivo è quello di raccogliere buone pratiche per garantire un trasferimento casa-lavoro più sereno e sicuro, rinegoziando i turni di lavoro o riorganizzando gli spostamenti. Un esempio virtuoso è quello del sindacato bulgaro della metropolitana di Sofia che garantisce alle donne che devono coprire il primo o l’ultimo turno di lavoro il taxi pagato. Queste sono buone pratiche che però non sono ancora diffuse, serve incrementarle.

Secondo il Global Gender Gap 2022 del World Economic Forum ci vorranno ancora 132 anni per colmare il gap di genere a livello globale. Come anticipare i tempi?

Penso sia fondamentale agire sulla formazione e in particolare sull’area STEM. Serve poi far emergere le donne che hanno avuto successo in questo ambito, così che possano essere da esempio anche per altre ragazze. Nel settore aerospaziale, per esempio, abbiamo Samantha Cristoforetti. Servono figure così di spicco anche nel settore dei trasporti. Lei è una donna che si occupa di diritti delle donne. Spesso si pensa che la tematica sia solo femminile. Quale dovrebbe essere il ruolo degli uomini?

Il motore del cambiamento sono sicuramente le donne, ma il ruolo degli uomini è altresì cruciale. Senza il loro sostegno, il loro agire e la loro solidarietà è difficile raggiungere la parità di genere. Credo che l’approccio dovrebbe essere più laico e aperto, perché prima di avere un genere siamo tutti esseri umani.

aprile 2023 41
COMITATO FEMMINILE ETF
di Elisa Bianchi

«10% DI OBIETTIVOQUOTA: MINIMO INDISPENSABILE»

La gamma è stata rinnovata da poco, i servizi aiutano sempre più a sempli care il lavoro di chi trasporta e la rete, un tempo tallone d’Achille della casa del Leone in Italia, adesso contempla otto MAN Center accanto a dealer privati intenzionati a crescere e investire. Mancano soltanto i volumi, funestati nel 2022 dalla guerra.

Ma il nuovo direttore di Man T&B italia è convinto che arriveranno

Marc Martinez è diretto e privo di fronzoli. È in Italia da pochi mesi in veste di Ceo di MAN Truck & Bus Italia, ma ha già studiato e analizzato da vicino il mercato. D’altra parte, sembra una sorta di uomo della provvidenza, il manager a cui MAN ha affidato l’impegnativa missione di riconquistare nella penisola una penetrazione adeguata. Partiamo allora da qui.

La quota di mercato in Italia non rende giustizia a MAN. Che livello dovrebbe raggiungere affinché possa dirsi soddisfatto?

In condizioni normali il nostro marchio in Europa raggiunge il 16-17% di quota. Quindi non vedo perché in un mercato chiave come l’Italia non possa ambire ad almeno il 10%. Gli ultimi due anni, però, non sono stati normali: come marchio siamo stati pesantemente condizionati prima dalla pandemia e poi dalla guerra in Ucraina, dove erano presenti i nostri principali fornitori di cablaggi. Quando questi stabilimenti sono stati chiusi la nostra produzione è stata

costretta a fermarsi per sei settimane. Quindi, non serve girarci intorno: la principale giustificazione delle nostre cattive performance nel 2022 è stata l’assenza di prodotto e le nostre quote sono la fotografia della nostra difficoltà a consegnare veicoli. Anche per il 2023 la produzione sarà in parte contingentata e per il mercato italiano potremo fare affidamento soltanto su un certo numero di veicoli. Ma se avremo il prodotto sono certo che raggiungeremo gli obiettivi prefissati, anche perché abbiamo posto le basi per crescere e abbiamo bisogno di garantire profittabilità a tutta l’organizzazione. Al momento attuale, infatti, il nostro parco circolante è uno di quelli con il minor numero di veicoli.

Di conseguenza per dare profitti all’intera rete bisogna incrementare il quantitativo di veicoli immatricolati ogni anno. E il 10% è il livello minimo per farla respirare e per rendere il marchio visibile sul mercato.

A proposito di rete, crede che per il mercato italiano sia preferibile una presenza diretta della casa madre o

una gestione di dealer privati?

Ho avuto un’esperienza sia nel mercato polacco, dove la rete è gestita da casa madre, sia su quello francese, dove c’è un mix tra retail diretto e concessionari privati. E ho capito che non esiste un modello vincente a priori, ma va sempre riferito alla cultura, all’organizzazione, al territorio in cui si lavora. Per l’Italia credo che l’attuale bilanciamento – con il 60% di rete di vendita diretta e il 40% di rete privata – sia ottimale. In ogni caso è necessario aiutare i nostri concessionari a crescere e lo stiamo facendo fornendo loro una serie di supporti affinché possano diventare abbastanza grandi da competere sul mercato.

Come si fa a far percepire alla clientela una maggiore prossimità del vostro marchio?

Ci vuole copertura del territorio. Il mercato italiano a livello imprenditoriale è molto frammentato e quindi, per raggiungerlo, è necessario essere capillari. Cosa che in passato non siamo riusciti a fare perché prima dell’86 c’era un importatore e dopo,

42 aprile 2023
STRATEGIE DEI COSTRUTTORI PARLA MARC MARTINEZ, CEO DI MAN TRUCK
di Daniele Di Ubaldo

quando è arrivata MAN in prima persona, ha adottato strategie non sempre adatte al contesto locale. Ma adesso siamo in una fase diversa: una delle prime cose che ho notato in questi mesi girando all’interno della rete è stata la voglia di tanti dealer di investire sul marchio e di rinnovare la propria attività. E noi li sosterremo nel raggiungere gli obiettivi e nell’ottenere ritorni. Però se in zone strategiche non si trovano imprenditori, allora entrano in azione i MAN Center. Negli ultimi anni ne abbiamo aperti sette, un ottavo taglierà il nastro ad aprile a Torino e poi inaugureremo un nuovo centro dell’usato a Piacenza, con una struttura più grande rispetto all’attuale e con servizi più efficaci. Infine, un’ulteriore dimostrazione della volontà di MAN di investire sul mercato italiano viene dalla decisione di trasferire la nostra sede nel quartier generale di Volkswagen Italia a partire dalla prossima estate.

Quale vorrebbe che fosse l’immagine di MAN percepita dai trasportatori?

Da sempre lo slogan di MAN è «Simply Business», perché ci siamo posti, come elemento distintivo rispetto agli altri costruttori, quello di permettere ai nostri clienti di gestire il loro business in maniera semplice. Per ottenerequestorisultato abbiamo introdotto, anche nelle nostre officine, processi di assistenza lineari e snelli, con pratiche che permettono al cliente di

Hovistotantidealer

strutture di ricarica. Non è un caso se Traton, Daimler e Volvo hanno costituito una joint venture per installare in tutta Europa un alto – seppure insufficiente – numero di colonnine. La nostra diversità sta nell’aver lavorato per rimuovere, soprattutto nel lungo raggio, i due fattori maggiormente critici per gli operatori, vale a dire autonomia e tempi di ricarica. Ecco perché insieme all’e-Truck abbiamo presentato con cinque partner, il progetto Nefton, per sviluppare il Megawatt Charging System e mettere in condizione il trasportatore di ripristinare l’autonomia necessaria per giungere a destinazione in modo molto rapido. L’idrogeno, invece, vi suscita scetticismo?

avere servizi in modo più celere ed efficace. Un esempio in tal senso è il MAN Service Car che è una manutenzione predittiva, con cui il cliente è continuamente aggiornato sulle attività da effettuare sul camion così da poter prendere appuntamento nei momenti più opportuni in relazione al suo lavoro. Nei prossimi cinque anni, poi, investiremo tantissimo nella digitalizzazione e svilupperemo altri servizi mirati a rendere più leggera la gestione del veicolo.

Questi investimenti comprendono anche la guida autonoma?

MAN sta investendo sulla guida autonoma in maniera molto forte perché è convinta che farà fare al settore un autentico salto in avanti. E fornirà risposte a quella criticità costituita dalla mancanza di ben 400 mila autisti in tutta Europa.

Molti costruttori di veicoli pesanti hanno lanciato versioni elettriche dei propri mezzi. MAN ci arriverà tra non molto. Cosa proporrà il vostro e-Truck di diverso rispetto a quanto già visto?

Abbiamo già avuto esperienze su van e bus elettrici, mentre per i camion abbiamo testato prototipi impegnati in missioni operative già dal 2018. È vero, l’e-Truck entrerà in produzione di serie nel 2024, ma non per questo ci sentiamo in ritardo. Perché, è il mercato che definisce la domanda di determinati veicoli. E oggi questa domanda è sporadica, frenata dalla mancanza di infra-

Lo scetticismo – come ha dichiarato in più occasioni il CEO di MAN Truck & Bus, Alexander Vlaskamp – è dovuto soprattutto al rendimento: nel ciclo completo «dalla produzione alla ruota» i costi delle fuel cell a idrogeno sono tre volte superiori rispetto alle batterie. Certo, i prezzi sono fluttuanti, ma è improbabile che possano scendere in pochi anni a un livello tale da rendere attrattiva questa soluzione.

Quando un mercato vive una transizione si creano spazi per l’ingresso di nuovi attori. È quanto ci dobbiamo attendere anche nel mondo dei camion? In generale direi: «Mai dire mai». Rispetto al medio periodo, però, non credo sia possibile, soprattutto perché per entrare in questo mercato servono investimenti pluriennali sulla rete di distribuzione. E poi, tendo a pensare che se in cento anni il mercato del veicolo pesante è stato animato da otto costruttori – numero molto inferiore a quello registrato nel mondo delle vetture e dei bus – forse è il sintomo che non è così tanto attrattivo.

Il parco veicolare italiano è vetusto e molto inquinante. Se la sente di dare ai decisori politici tre consigli su come ringiovanirlo?

Il primo consiglio è di investire in modo importante sul rinnovo del parco, come peraltro stanno facendo altrove in Europa, ma non in Italia. Il secondo è quello di individuare un sistema di disincentivi, di forme di penalità per chi ha veicoli inquinanti. Il terzo è di concedere un sostegno finanziario a chi intende investire in stazioni di ricarica, senza le quali non ci sarà transizione. È però necessario che queste misure siano messe in campo in modo parallelo, perché altrimenti potrebbero non avere gli effetti sperati.

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ITALIA
privatiintenzionatia investireearinnovare lapropriaattività. Enoilisosterremo nelraggiungeregli obiettivi.Peròse in zonestrategichenonsi trovanoimprenditori entranoinazioneiMAN Center.Neabbiamo apertisette,cenesaràun ottavoadaprileaTorino eprestoinaugureremo unnuovocentro dell’usatoaPiacenza

IL TRASPORTO RISPETTOSO

Nata nel 1972 come azienda monoveicolare, oggi è una società innovativa, in grado di eccellere in un segmento impegnativo come quello del trasporto del pharma. Così, dopo l’esperienza accumulata con il vaccino, ha deciso di misurarsi con una doppia s da per conto di Kedrion Biopharma: raccogliere e conservare il plasma a -20° grazie ai frigo IFAC e rispettare le aree ospedaliere usando ibridi Scania

Riconoscenza e rispetto: in un’ora di chiacchierata, Luca Chiggiato, amministratore dell’omonima spa, ripete così tante volte queste due parole da far intendere come spesso siano la reale motivazione di scelte aziendali. Parliamo di una realtà importante, con sede a Piombino Dese (Padova), dove insieme agli uffici operativi – arredati con gusto difficilmente rinvenibile in un’azienda di autotrasporto –sorge un magazzino di 10 mila mq e 20 mila posti pallet in cui sono stoccati prodotti per packaging farmaceutico. Dispone di una flotta di 200 trattori e di 280 semirimorchi

(ma altri 50 trailer e altrettanti trattori sono già stati ordinati) e genera un fatturato di 37 milioni di euro per l’80% nel pharma, per il restante 20% nell’alta moda. A dispetto dei numeri, però, Chiggiato è rimasto ancorato al suo vissuto e anche per questo nutre riconoscenza e rispetto. Riconoscenza verso gli insegnamenti paterni, verso una casa farmaceutica che ha creduto in lui prima di altre, verso la popolazione iraniana che lo ha accolto con calore quando un suo camion giunse in quella terra in cui non vedevano un veicolo italiano da 28 anni. E rispetto verso chi lavora girando un volante,

trovare una

non così scontata per un paese sotto E le tante incognite del territorio, come lo scoprire che un camion 18,65 m era è e non poteva viaggiare in autostrada.

Questo è il semirimorchio frigo usato da Chiggiato per i trasporti in Iran, uno dei 15 paesi extra-Ue in cui arrivano camion aziendali. Ha due aspetti particolari: è equipaggiato con tre motori di modo che, se uno se ne rompe, si possa conservare una temperatura sotto zero anche con 50° esterni; reca sulle pareti una scritta in persiano, traduzione del motto aziendale «Ovunque ci sia una strada». Serve a far capire il luogo di origine del veicolo, ma è anche un segno di riconoscenza per la popolazione locale. Quando un camion Chiggiato giunse in Iran la prima volta, infatti, i problemi da a rontare furono tanti. Innanzi tutto, trovare una copertura assicurativa, non così scontata per un paese sotto embargo. E poi le tante incognite del territorio, come lo scoprire che un camion lungo 18,65 m era considerato eccezionale (il limite è 18) e non poteva viaggiareinautostrada.

Ma malgrado tutto, gli autisti dell’azienda padovana trovarono

Ma autisti dell’azienda trovarono

caloroso sostegno

E successivi caricano vestiti e giochi

nelle persone. E per sdebitarsi, in tanti viaggi successivi caricano vestiti da distribuire ai bambini iraniani.

44 aprile 2023
AZIENDE IN MOVIMENTO CHIGGIATO SPA
di Daniele Di Ubaldo

verso i tanti donatori di plasma raccolto in tutta Italia ogni settimana, verso chi ha bisogno di cure e si muove in aree ospedaliere che Chiggiato contribuisce a conservare più pulite e meno rumorose. Ma procediamo con ordine.

NATI SOTTO UN CAMION

La Chiggiato Trasporti nasce nel 1972 come realtà monoveicolare. La fonda Giuseppe che educa i figli concedendo loro un’alternativa netta: «O si studia o si lavora». Un metodo che ha funzionato se quello dei quattro che ha scelto la prima strada oggi è ingegnere nucleare al Cern di Ginevra, e gli altri tre, che hanno battuto la seconda, gestiscono un’azienda di successo che negli anni hanno contribuito a far crescere.

Ma Andrea, Luca e Franco Chiggiato, in realtà, trasportatori lo sono da sempre, visto che ogni sabato dovevano dedicarsi al lavaggio del camion paterno anche quando nevicava e ogni domenica facevano a gara a chi si sporcava di più le mani nel fare manutenzione.

Naturale che in chi ha scandito il tempo con tali ritmi scaturisca poi la passione per il camion. Ma naturale pure, per chi su un camion è cresciuto, nutrire rispetto per chi oggi ci lavora dentro: «Ho fatto per 13 anni l’autista, dai 19 in poi – racconta serio Chiggiato – e so cosa significhi stare settimane lontano da casa o svegliarsi in un’area di servizio con l’odore acre dell’urina nell’aria. È per questo che oggi sento di dover essere il più vicino possibile ai miei autisti». Non sono parole, ma la premessa a fatti concreti. Quelli che si colgono subito quando si entra nell’ufficio traffico, dove ci sono cinque persone impegnate a organizzare i viaggi

degli autisti. Come in altre aziende pianificano spostamenti, percorsi sicuri, booking di carico e scarico. Ma qui, in più, fanno altro:

«I miei autisti sono per l’80% italiani – chiarisce Chiggiato – ma arrivano da tutte le regioni. Per consentire loro di tornare a casa verso Sud abbiamo preso due Caddy. L’ufficio traffico, cioè, fa in modo che il venerdì, dopo due o tre settimane in trasferta, tornino contemporaneamente, così da partire insieme e tornare indietro il mercoledì».

Poi c’è la parte relativa alla sicurezza. La Chiggiato è certificata Tapa 1 e quindi i suoi veicoli, che trasportano carichi assicurati anche per sei milioni di euro, possono sostare solo in aree sorvegliate. E anche queste vanno prenotate, così come gli alberghi nel caso in cui gli autisti debbano consumare il riposo di 45 ore fuori cabina. «E comunque – riprende l’amministratore – per loro il fine settimana è una festa perché, parcheggiato il camion e sapendo che è controllato da una centrale operativa che si allerta se qualcuno tenta di aprire le porte o prova a interrompere la catena del freddo, possono partire in bicicletta e godersi il centro città». E le splendide foto che pubblicano sulla pagina facebook aziendale ne danno una conferma. Infine, c’è il capitolo retribuzioni che Chiggiato scrive con una regola elementare: «Ogni due anni di permanenza in azienda, scatta un aumento per chi ci conferma fiducia». Non sarà un caso allora se, non appena sui social è stato annunciato l’acquisto di 50 nuovi Scania, le candidature di autisti sono piovute a centinaia.

FREDDO E IBRIDO: COME TI MUOVO IL PLASMA

Riconoscenza e rispetto ispirano anche il rapporto con la Kedrion Biopharma, azienda farmaceutica di Lucca che Chiggiato considera «quella che per prima ha creduto in noi». Così, per manifestarle riconoscenza, ha investito per starle vicino in una missione di alto profilo morale: raccogliere ogni settimana in tutta Italia 40 mila campioni di plasma frutto di donazioni per portarli negli stabilimenti Kedrion dove diventano farmaci per prolungare la vita di persone affette da malattie rare. La sfida qui è complicata da due aspetti: il primo riguarda la temperatura di -20° a cui il plasma deve viaggiare per conservare le sue proprietà; il secondo deriva dal fatto che la raccolta dei campioni avviene in delicate aree ospedaliere. Ma Chiggiato si esalta nelle sfide complesse: per vincere quella con la temperatura ha chiesto aiuto a IFAC, società pugliese che ha realizzato ad hoc un allestimento frigo in grado di abbattere la temperatura non tramite ventilazione, ma in modo statico, con piastre eutettiche che conservano il freddo molto più a lungo. «Nei test – conferma –per 18 ore abbiamo conservato la tempera-

L’interno degli allestimenti frigo realizzati da IFAC: quelle in alto sono le piastre eutettiche in grado di conservare la temperatura sotto zero anche per un’intera giornata.

tura senza ricorrere ad alimentazione». Per la sfida con le emissioni, invece, ha seguito il suggerimento di Carlo Rossi, AD della concessionaria Scandipadova, di affidarsi a quattro Scania P360 ibridi. Il perché è presto detto: «Dispongono di una batteria che si autoricarica in movimento e, in caso di bisogno, puoi azionare un tasto e ricaricarla tramite il motore termico in un’ora. Ma soprattutto il veicolo viaggia in elettrico sotto i 55 km/h e in questa modalità percorre 20 km. Quanto basta per entrare nei centri urbani e nelle zone ospedaliere senza inquinare né produrre rumore. È un rispetto che si meritano il posto e le persone che vi si recano per curarsi».

UN ASCENSORE CHIAMATO VACCINO

Ma la sfida più complessa con cui Chiggiato si è misurato negli ultimi anni si chiama «trasporto del vaccino». Per affrontarla è stato necessario far viaggiare i veicoli sempre con due autisti, avere una presenza in azienda H24 per controllare ogni spostamento, comunicare alla centrale anche le soste in bagno. Ma per la Chiggiato ha funzionato come un’esplosione di popolarità. Perché quando nel febbraio 2021 i camion dell’azienda si sono visti in tv impegnati nelle prime consegne di quel farmaco da tutti atteso per tornare alla normalità, la società padovana ha moltiplicato la notorietà e tanti l’hanno cercata per affidarle i propri prodotti. Un movimento virtuoso espresso sinteticamente soltanto dal fatturato: dai 24 milioni di euro del 2021 si è arrivati ai 37 del 2022. Il 1° gennaio 2023 Chiggiato ha aumentato lo stipendio a tutti. Se non è riconoscenza questa!

aprile 2023 45
Da destra, Luca Chiggiato, l’AD di Scandipadova, Carlo Rossi e il responsabile vendite di Italscania, Daniel Dusatti.

DODICI UOMINI ARRABBIATI

Una sentenza già data per certa, ovvero lo stop ai motori termici dal 2035 a favore del «tutto elettrico», all’improvviso viene messa in discussione e adesso le perplessità della transizione vengono a galla.

Con i biocarburanti appesi a un futuro ancora tutto da scrivere

Nell’iconico film 12 Angry Men, maldestramente tradotto in italiano con «La parola ai giurati», dodici uomini arrabbiati – quelli del titolo originale della pellicola – si riuniscono nella stanza di un tribunale per decidere le sorti, apparentemente ovvie, di un ragazzo condannato a morte per l’omicidio del padre.

I dodici giudici, infatti, sono certi della colpevolezza del ragazzo tranne uno che, sulla base di

È l’anno in cui ci saranno le prossime elezioni europee e, di conseguenza, cambierà sia il Parlamento che la Commissione. A quel punto una nuova maggioranza potrebbe riscrivere le regole della transizione green, a dandola non soltanto all’elettrico, ma anche ai biocarburanti e all’idrogeno

un ragionevole dubbio, metterà in discussione le prove raccolte fino a quel momento, riuscendo così a cambiare le idee degli altri undici giurati dopo un lungo e acceso dibattito. Sembra quasi di sentire la storia della prematura condanna a morte dei motori termici, dopo che una decisione ormai presa dal Parlamento europeo per decretarne la fine, a vantaggio del «tutto elettrico», viene all’improvviso messa in discussione. Al punto quasi da essere ribaltata.

LA SENTENZA

I fatti sono noti. A condannarealla «sedia elettrica» il diesel è stato il Parlamento comunitario, che lo scorso 14 febbraio aveva emanato il regolamento con cui fissava lo stop alla vendita di auto e veicoli commerciali leggeri nuovi equipaggiati con motori endotermici a partire dal 2035, con l’obiettivo di tagliare per quella data le emissioni di questi veicoli del 100% rispetto al 2021. Sembrava tutto deciso.

Ma il 7 marzo seguente, giorno in cui il Consiglio europeo avrebbe dovuto ap-

RIFLESSI DEL GRANDE SCHERMO

«La parola ai giurati» (titolo originale 12 Angry Men, ovvero «dodici uomini arrabbiati»)

è un film del 1957 diretto da Sidney Lumet, con Martin Balsam, Henry Fonda e John Fiedler. Racconta la storia di un componente di una giuria che, sulla base di un ragionevole dubbio, riesce a persuadere gli altri undici membri ad assolvere un ragazzo accusato di parricidio. Una vicenda che ricorda la messa in discussione dello stop dei motori termici al 2035 «ispirata» inizialmente da due Stati, che poi sono diventati quattro, poi otto e infine dodici.

46 aprile 2023
di Gennaro Speranza
2024
TRA MOTORI E POLITICA IL FUTURO DEI BIOCARBURANTI frame tratto dal film “12 angry men” (1957)

Solo elettrico dal 2035?

LE ULTIME TAPPE

E I COLPI DI SCENA

• 14 febbraio2023: il Parlamento europeo approva in via definitiva il regolamento con cui a partire dal 2035 sarà vietata in Europa la vendita di auto e veicoli commerciali leggeri equipaggiati con motori termici

• 7 marzo 2023: le perplessità di Italia e Polonia, con l’appoggio decisivo di Germania e Bulgaria, fanno saltare tutto l’iter. Il Consiglio europeo rinvia il voto sul regolamento a data destinarsi

• 13 marzo 2023: si allarga il fronte dei Paesi scettici su un futuro «tutto elettrico» al 2035. Al quartetto iniziale composto da Italia, Polonia, Germania e Bulgaria si aggiungono Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria. Ma il potenziale del gruppo potrebbe arrivare a dodici (con il sostegno di Spagna, Finlandia, Portogallo e Slovenia).

provare definitivamente il regolamento, accade qualcosa. Due Stati manifestano posizioni contrarie. Si tratta, per la precisione, di Italia e Polonia, a cui si aggiunge subito il sostegno significativo di Germania e Bulgaria. A quel punto il Consiglio fa l’unica cosa che può fare in questi casi: mancando l’unanimità, sospende il giudizio e rinvia il voto a nuova data da destinarsi.

IL GRUPPO DEGLI SCETTICI

Ma c’è di più. Con il passare dei giorni il gruppo degli Stati favorevoli a frenare su certe politiche ambientali cresce di numero. La cosa è apparsa evidente il 13 marzo, quando a margine della seduta plenaria del parlamento europeo a Strasburgo si è tenuto un vertice a cui hanno partecipato i ministri dei Trasporti di tutti i paesi scettici, come ormai vengono definiti quelli che vorrebbero relativizzare un futuro tutto elettrico al 2035, per timore di subire una supremazia tecnologica cinese. Ebbene, al vertice hanno partecipato otto Stati: all’iniziale

quartetto si sono aggregati Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria. Anche se il potenziale del gruppo potrebbe arrivare addirittura a dodici (con il sostegno di Spagna, Finlandia, Portogallo e Slovenia). Dodici Stati, dunque, proprio come i dodici uomini arrabbiati nel film di Lumet, uno dopo l’altro conquistati dal contradditorio innescato da quella che si definisce in gergo una «minoranza di blocco». Contraddittorio che ha finito progressivamente per sbriciolare personaliconvinzioni, instillando nei più il beneficio del dubbio. Insomma, il gioco democratico nella sua più spettacolare manifestazione.

LE RAGIONI

Ma qual è il «ragionevole dubbio» che ha fatto crollare il capo accusatorio? Lo abbiamo accennato sopra e ha che fare con una questione di competizione internazionale: un’elettrificazione della

mobilità creerebbe maggiori chance all’industria cinese a discapito di quella europea. In realtà, le ragioni sono più d’unae toccano variequestioni collaterali: a partire dall’introduzione dell’Euro 7, sui cui tutti i dodici Paesi si sono detti contrari. Perché se il nuovo standard emissivo entrasse in vigore –come previsto – dal 1° luglio 2025 per vetture e veicoli commerciali leggeri e dal 1° luglio 2027 per i veicoli pesanti, non si capisce per quale motivo i costruttori, vedendo all’orizzonte il 2035 come data fatidica dello stop ai diesel, dovrebbero investire importanti risorse senza poi avere un orizzonte temporale sufficiente per poterle ammortizzare. Tant’è che Martin Kupka, ministro dei Trasporti ceco, tra i promotori del vertice, ha definito «irrealistici gli standard Euro 7» puntualizzando poi che lo scopo dei Paesi scettici si muove in due direzioni: per un verso

A livellonazionaledapiùparti è stataauspicatal’ammissibilità deibiocarburantioltrelafatidica data spartiacque del 2035, anche perché il nostro Paese rappresenta un’eccellenzatecnologica,in particolare sul fronte della ricerca. Bastipensarechel’industria italiana è alsecondopostoin Europapercapacitàproduttiva di biodiesel con un valore che si aggira intorno 2.000.000 ton/anno, valore in crescita alla luce dei nuovi investimentiinitineredaparte

diaziendenazionali.Traqueste, inprimafila,c’èsenzadubbio Eni,chehadirecenteiniziatola distribuzione in Italia del biodiesel HVOlution,prodottousandol’olio vegetale idrotrattato. Questo diesel da fonti rinnovabili è già sbarcato in 50 stazioni di servizio del gruppo, è in vendita in 33 province – tra cui Roma,Firenze,Bologna,Genova e Torino — e a breve arriverà in altre città per un totale di 150 punti vendita.

aprile 2023 47
ENI NON MOLLA E PUNTA SUL BIODIESEL Stop ai motori termici?

puntare a modificare i target di omologazione ricordati, per un altro mirare a ritardarne l’applicazione per almeno tre anni, arrivando fino al 2028 per vetture e furgoni e al 2030 per i camion.

E I BIOCARBURANTI?

C’è poi un altro dubbio in sospeso: che ne sarà dei biocarburanti? Nel senso: ammesso e non concesso che si vieterà la produzione di veicoli alimentati a benzina e gasolio per promuovere solo le soluzioni a emissioni zero (fondamentalmente l’elettrico), che futuro avranno gli altri carburanti alternativi inquesta complessa fase di transizione? Il riferimento è in particolare a quelli ottenuti da biomasse, vale a dire dafonti energetiche rinnovabili, che non hanno un impatto a zero impronta carbonica ma che, diciamo, ci vanno quasi vicini. E poi c’è tutta l’importante filiera del biogas su cui l’Italia ha molto investito. Ed è su questo fattore che il nostro Paese ha fatto pressione, lamentandosi non tanto dell’elettrificazione dei veicoli leggeri, quanto che essa debba rappresentare, nella fase di transizione, l’unico percorso per raggiungere le emissioni zero. A questo proposito il ministro per le Imprese e il made in Italy, Adolfo Urso, lo ha dichiarato a chiare lettere: «Se altre tecnologie oltre l’elettrico, come i carburanti biologici e l’idrogeno, dove l’Italia è in posizione avanzata, garantiscono gli stessi risultati in termini di emissioni zero, perché non battere anche queste strade?».

OCCHIO AL 2024

Alla fine di questa storia appare chiaro come tutti i dubbi abbiano portato al rinvio della votazione del Consiglio europeo. E che ora la data da tenere sott’occhio sembra quella del 2024, anno in cui ci saranno le elezioni europeee cambieranno Parlamento e Commissione. E visto il vento che tira, è plausibile ritenere che il fronte dei paesi scettici, già oggi in espansione, possa allargare il proprioperimetro. Magari prendendo ulteriore tempo per affidare la transizione green non solo all’elettrico, ma anche a qualcosa di «bio».

Ibiocarburanti sonoottenuti dabiomasse,fontienergetiche rinnovabili(adifferenzadei carburantitradizionaliche provengonodafontifossili).Cene sono di diversi tipi. Citiamo i principali:

• ilbioetanolo,ottenutodalla fermentazionedeglizuccheri estratti da piante da zucchero

• il biometano, che si ricava dal biogas generato a partire da rifiuti organici urbani, biomasse agricole o agro-industriali

• ilbiodiesel,chesiottiene facendo reagire tra loro attraverso un processo chimico oli vegetali (di colza, di soia, di girasole, di palma, ecc.) con alcol.

Il biodiesel, in particolare, esiste in realtà da fine Ottocento e soltanto negliultimidecenniètornatoalla ribalta. Un po’ come i motori elettrici.

Bastipensareche RudolfDiesel, quandoinventònel1892ilprimo motore diesel (da cui il nome), utilizzò l’olio di arachidi come combustibile per farlo funzionare.

Maperchéquestaalimentazione fuabbandonataepoiriscoperta?

Larispostaèriassumibileindue principalimotivi.Ilprimoèdi caratteretecnico:l’oliovegetale haunaviscositàmoltomaggiore

LO SAPEVATE CHE…

Nel 1892, quando Rudolf Diesel mise a punto il primo motore diesel, a cui poi diede in prestito il nome, utilizzò l’olio di arachidi come combustibile per farlo funzionare? Poi un po’ la tecnica (era eccessivamente viscoso), un po’ l’economia (l’ascesa di sua maestà il petrolio) indussero a metterlo da parte. Ma, come si dice: a volte ritornano…

rispettoalgasolio,èpiùdenso, tende a lasciare sedimenti durante lacombustioneeaotturaregli iniettori. Pertanto già tra il 1920 e il 1930 i produttori di motori diesel cominciaronoamodificaresempre più i loro propulsori per sfruttare la minore viscosità del gasolio a scapito dell'olio vegetale. Il secondo motivo è di natura politico-economica e ha achefareconlacontemporanea ascesa del greggio, fattore che fece ladifferenza.Sceltepolitiche,forti azionidilobbing,disponibilitàdi grandi quantità di greggio e il basso costodelpetrolio,infatti,fecero quasi del tutto scomparire l'opzione deibiocarburanti.Solonell’ultimo decenniolepreoccupazionicirca l'impattoambientale,ilcostante aumentodeiprezzidelpetrolio eiltimorediunesaurimentodei suoigiacimentihannoriportatoi biocarburantiadesserepresiin considerazionecomealternativaai carburantidioriginefossile.Salvo poiesseremessinuovamentein discussioneafavorediun«tutto elettrico» a partire dal 2035.

NEL 2026 SI FARÀ IL PUNTO

Anche se, va precisato, i biocarburanti (e con essi anche i carburanti sintetici, noti anche come e-fuels) non sono statiesclusicategoricamentedal

48 aprile 2023 TRA MOTORI E POLITICA IL FUTURO DEI BIOCARBURANTI
BIOCARBURANTI, COSA SONO?

bandoimpostodallaCommissione europea ma è stato lasciato loro uno «spiragliodecisionale»,unaporta cioèchelasciaspazioapossibili apertureanchedopol’ipotetico spartiacquedel2035.Equesto spiraglio ha una data ben precisa, il2026,ovverol’annoincuila Commissione europea dovrà riunirsi per valutare i progressi raggiunti da questatecnologianelperseguire l’obiettivodel100%diriduzione della CO2 considerando l’intero ciclo di vita produttivo.

MA FACCIAMO CHIAREZZA

Ma entrando più nel dettaglio, quali sono i vantaggi dei biocarburanti? Se si considera per esempio il biodiesel al100%,quindinonmiscelato conilgasolio,dalpuntodivista ambientale offre numerosi vantaggi: innanzituttohaunimpattoallo scarico neutro in termini di emissioni di CO2 Le emissioni di monossido di carbonio,standoquantocalcolato dal Comitato Termotecnico Italiano, sonoinmediainferioridel40% rispettoalgasolio,mentrela riduzionedellepolverisottilipuò arrivare al 50%. Un altro vantaggio è economico. I costi di produzione del biodiesel ne rendono competitivo il prezzo rispetto al gasolio. Di contro, il punto dolente del biodiesel sono

gliossididiazoto.Mediamentesi parla di un aumento delle emissioni di NOx del 10-13% (la fonte è sempre ilCTI).Inconvenientechepuò esserecontenutoriprogettando imotoridieseledotandogli scarichidiappositicatalizzatori. Ma la principale critica che di solito simuovealbiodieselriguarda l’impatto ambientale considerando l’intero ciclo produttivo. Impatto che sarebbetutt’altrochesostenibile, perchélacreazionedicolture dedicate alla produzione di biodiesel in certi Paesi causa deforestazioni, masoprattutto,perprodurre quantità crescenti di biocarburanti sicorreilrischiodientrarein competizione con la produzione di cibo,sottraendoterrenicoltivabili utilizzabiliperscopoalimentare. Peraggirarequestiproblemiè allostudiounagenerazionepiù avanzata di biocarburanti, detti di secondagenerazione,prodottida biomasse vegetali non coltivate adhoc, quindi non in competizione con il cibo, come per esempio gli scarti agricoli e forestali, bucce di semi di girasole, oli esausti, trucioli di legno, microalghe e altri materiali vegetali di scarto, opportunamente trattati e filtrati. Alcuni di questi biocarburanti sono in fase di sperimentazione, altri sonogiàcommercializzabili,come

l’HVO(OlioVegetaleIdrotrattato). Molti studi suggeriscono che l'olio vegetale di scarto sia la miglior fonte di olio per produrre il biodiesel. Anzi, come ha spiegato il World Resources Institute,gliunicibiocarburanti chepotrebberofunzionaresono solo quelli di seconda generazione, perché non prevedono la conversione diterreagricole,eliminandoun problema etico e alimentare.

UN FUTURO DA SCRIVERE

Per quanto sia prodotto al 100% con materie prime rinnovabili, l’HVO non ha un’impronta carbonica azzerata, tuttavia, come nel caso di HVOlution (diesel rinnovabile di Eni sbarcato in Italia in 50 stazioni del gruppo), il suo utilizzo riduce le emissioni di CO2 tra il 60% e il 90% nell’intero ciclo di vita. E questo è un aspetto interessante, visto che l’Europa potrebbe lasciare aperto un altro «spiraglio», dando la possibilità alle case costruttrici di commercializzare camion con motori a combustione interna anche dopo il 2040, a patto che le loro emissioni di CO2 siano ridotte appunto del 90% rispetto ai livelli del 2019.

aprile 2023 49

CAVI DIESEL SI VESTE

Era una lacuna troppo ampia da lasciare aperta per così tanto tempo. Adesso è stata degnamente colmata: dall’11 marzo scorso, Renault Trucks ha un nuovo presidio commerciale e assistenziale a Bolzano. «Non accadeva da più di trent’anni», sottolinea con un sorriso a trentadue denti Pierre Sirolli, amministratoredella Losanga in Italia. È contento e ha più motivi per esserlo: il marchio francese ha riconquistato la doppia cifra come penetrazione di mercato, il motore turbo Compound conquista a colpi di bassi consumi tanti trasportatori, ma soprattutto il nuovo corso di Renault Trucks ispira fiducia e attira investimenti da parte di quelli che lui stesso definisce i «partner giusti» e a cui «proponiamo un contratto di concessionario puro». Nel caso di Bolzano il partner ha un pedigree di rispetto: si chiamaCavi Diesel,gode di un’esperienza quarantennale nel complicato mercato dei veicoli da trasporto, ma soprattutto si muove con un approccio raro per un concessionario. Al punto che questo termine – «concessionario» – suona riduttivo alle orecchie della sua amministratrice delegata, Alice Pulici: «Il mondo dei veicoli sta cambiando e anche noi, di conseguenza, sentiamo l’esigenza di trasformarci da dealer a consulenti di mobilità a tutto tondo. La nostra visione non è tanto vendere, ma riuscire a migliorare, con gli strumenti che abbiamo a disposizione, la vita del-

le persone». Impossibile non leggere dietro queste parole un duplice riferimento e un duplice gioco di squadra. Per un verso, infatti, guarda all’epoca di transizione energetica, verso cui in Cavi Diesel si sono messi in marcia da tempo, avendo mandato di vendita per diversi marchi di veicoli leggeri o per la micrologistica. Ma adesso acquisiscono con Renault Trucks un solidale compagno di viaggio, che ha fatto dell’elettromobilità un’autentica bandiera, proponendo una gamma completa di veicoli 100% elettrici tramite un approccio altamente

consulenziale, basato sulla costruzione di un vero e proprio progetto di decarbonizzazione. Per altro verso, Pulici allude alla capacità di Cavi sia di fornire servizi ad ampio spettro, sia di riuscire a beneficiare di quelle opportunità che le derivano dall’essere parte di un gruppo solido, come Brixia Finanziaria, con cui stabilisce sinergie su vari livelli. Uno dei principali business di Brixia, infatti, è la distribuzione carburante e da quasi un anno è impegnata a ricostruire una rete dedicata per il marchio Shell, mirando a ribrandizzare 500 punti vendita. «E noi

50 aprile 2023
RETI COMMERCIALI NUOVO CONCESSIONARIO RENAULT TRUCKS A BOLZANO
Da sinistra, Pierre Sirolli, AD Renault Trucks Italia, Alice Pulici, AD Cavi Diesel ed Enrico Zampedri, Vicepresidente Gruppo Brixia.

DI ROSSO

come Cavi – spiega Pulici – ci posizioniamo proprio qui, tra il trasportatore e il mercato di distribuzione. Perché insieme al veicolo, possiamo fornire anche il carburante, il pagamento dei pedaggi, la richiesta dei rimborsi iva all’estero e tutti gli altri servizi incorporati nella carta Shell. La nostra strategia, quindi, è propria questa: capitalizzare le nostre competenze storiche e quelle del gruppo di cui siamo parte per marcare una netta differenza con un qualunque altro dealer».

Un approccio innovativo che in Trentino-Alto Adige trova terreno fertile, perché qui non soltanto ci sono grandi realtà aziendali, meglio attrezzate per gestire la transizione e che Pulici spera di poter conquistare anche tramite il supporto di casa madre, ma ci sono anche municipalità che dispongono di parchi veicolari elettrici e con cui Cavi ha già stabilito un rapporto assistenziale. Per tutte le piccole e medie imprese di autotrasporto, invece, «costruiamo un servizio – spiega Pulici – basato su vicinanza e rapporti personali, perché il cliente retail ha leve più umane e ha bisogno di sentirsi protetto soprattutto quando entra nei centri di assistenza». Ma questo territorio è anche una direttrice di transito decisivo, è la porta che conduce verso il Brennero e che imbocca il 50% delle esportazioni italiane e il 70% dei flussi import/export dell’Italia con l’UE. «E se vendi veicoli – sottolinea Sirolli – e non hai un’assistenza importante lungo l’asse del Brennero, finisci per essere sempre frenato». Adesso che questo freno si sblocca entrambi i partner si pongono l’obiettivo di conquistare una quota di mercato del 10%, allineata a quella raggiunta da Renault Trucks a livello nazionale.

A tale scopo serve impegno, ammette Pulici, ma servono anche spazi adeguati, «tanto che stiamo già cercando un’altra struttura più grande, mentre in tempi brevi apriremo un’altra sede a Trento, in modo da conquistare capillarità sul territorio e prossimità con la clientela. Ma non ci fermiamo qui: entro il 2023 abbiamo in animo di tagliare un altro nastro. Ne riparleremo a breve».

METTI QUATTRO T HIGH NELLA FLOTTA TRANSBOZEN

L’azienda altoatesina, attiva nel trasporto a temperatura controllata, distribuisce alimenti ai centri di distribuzione Lidl di 14 Paesi europei. Ognuno dei suoi 70 veicoli percorre in media circa 150 mila km/anno. E consumare tra i 3,3 e i 3,7 km/l, come è emerso dai test e ettuati con il turbo Compound, aiuta a contenere i costi.

Pochi minuti dopo aver inaugurato la nuova concessionaria, Cavi Diesel ha consegnato i primi veicoli con il marchio della losanga sulla calandra, per la precisione quattro Renault T High 480 turbo Compound acquistati dalla Transbozen Logistik, azienda altoatesina con sede a Chiusa (BZ), attiva nei trasporti a temperatura controllata. Andranno a dare manforte a una flotta composta da 70 trattori (di cui 60 Renault Trucks), 120 semirimorchi frigo, utilizzati per trasportare prodotti alimentari per conto della Lidl in Italia e in ben 14 paesi europei e supportati a livello logistico da alcuni magazzini refrigerati tra Chiusa, Verona e l’Austria, che complessivamente raggiungono i 28 mila mq. In più in un settore così impegnativo serve l’apporto di tanta tecnologia, necessaria per controllare costantemente da remoto la temperatura interna dei veicoli e per fornire ai clienti tutta la documentazione relativa.

«Ogni anno i nostri veicoli percorrono 140150 mila chilometri, in media 12-13 mila al mese – spiega Franz Hofer, titolare e fondatore della società, affiancato in azienda da tre figli maschi e una donna – e quindi il consumo di gasolio, con i prezzi dello scorso anno, sta diventando un serio

problema». La decisione di acquistare i nuovi Renault T va giustificata proprio in quest’ottica: «Abbiamo avuto la possibilità di testarne cinque in Repubblica Ceca e abbiamo registrato consumi tra i 27 e i 30 litri per 100 km, come a dire che non siamo scesi mai sotto i 3,3 km/l, con punte fino ai 3,7, sempre viaggiando a pieno carico».

Il rapporto con Renault Trucks è di lunga data, iniziato all’inizio degli anni Novanta e oggi, con l’inaugurazione di Cavi Diesel, compie un passo in avanti migliorativo, perché – racconta Hofer –«fino a ieri dovevamo andare a Verona e invece adesso, con l’apertura a Bolzano, possiamo fare molti meno chilometri».

D’altra parte, Transbozen organizza 500 viaggi a settimana con ritmi molto impegnativi, perché – scherza Hofer –«nel mondo alimentare se un cliente ti chiede un servizio per domani non ti puoi permettere di farlo dopodomani». Per questo contenere al massimo i fermi macchina è una condizione essenziale per riuscire a fatturare 80 milioni di euro, come la società bolzanina ha fatto nel 2022. «Negli ultimi anni siamo andati sempre crescendo, anche nei momenti più critici del mercato, perché – sorride –le persone devono pur sempre mangiare».

Lo storico dealer, parte di Brixia Finanziaria, inaugura un nuovo punto vendita e assistenza in un contesto in cui la Losanga mancava da trent’anni. E già parla di concedere un bis, a Trento, nei prossimi mesi

LE GOMME FANNO (POCA) RESISTENZA

Lacrisi che ha colpito le materie prime,l’aumento deicosti produttivi e la questione della sostenibilità ambientale stanno cambiando lo pneumatico anche nel settore dei veicoli pesanti. Le case produttrici studiano nuove soluzioni e mescole innovative con componenti non convenzionali, dedicando particolare attenzione al problema della resistenza al rotolamento e proponendoun ricostruito di alta qualità e adattabilità. Vediamo in quale direzione i produttori stanno lavorando per definire la gomma del futuro (e del presente).

PROMETEON SERIE 02, LA FAMIGLIA SI ALLARGA

Per Prometeon Tyre Group, unico produttore di pneumatici al mondo completamente focalizzato sui settori truck e bus, agro e OTR, lo stato dell’arte ha

un nome e un cognome: Serie 02 a marchio Pirelli. «Lo pneumatico di oggi deve avere tre fondamentali caratteristiche – spiega Alexandre Bregantim, chief technical officer di PTG – Essere composto di materiali sostenibili, avere una bassa resistenza al rotolamento e proporre un’altissima resa chilometrica. La Serie 02 ha ben in mente questi standard e nasce con il primario obiettivo di ridurre la resistenza media al rotolamento del 18% per un minor consumo di carburante in tutte le 5 gamme di prodotto commercializzate, rivolte all’utilizzo autostradale, regionale, urbano e di cantiere. Questo significa la riduzione secca di una classe di rolling resistance (da C a B), un abbassamento dovuto soprattutto alle nuove mescole con componenti innovativi, sia quelle del battistrada che quella interna. Questo approccio si chiama Progea (Pro Grip Environment Approach) ed è

52 aprile 2023
SPECIALE PNEUMATICI PRESENTE E FUTURO
DEGLI PNEUMATICI
di Luca Regazzi Prometeon

caratterizzato dall’utilizzo di materiali sostenibili, sia per la tutela della salute del personale di fabbrica sia per il ridotto impatto ambientale, assicurando comunque le prestazioni del prodotto in termini di sicurezza (aderenza su bagnato) ed efficienza».

Di recente la Serie 02 si è allargata con H02 Pro Trailer, nuova linea destinata a semirimorchi per grandi volumi e grandi carichi, a singolo o multi asse e con vocazione alle lunghe percorrenze. Disponibile in tutta Europa nelle misure 435/50R19.5e445/45R19.5, nella categoria relativa al consumo di carburante è classe A per la 435/50 e classe B per la 445/45. In confronto alla gamma precedente, è aumentata la sicurezza (+20%, grazie a maggiore aderenza sul bagnato, omologazione

3PMSF e nuovo disegno del battistra-

da) e la capacità di carico (+10%, fino a 10 ton per asse) e diminuita la resistenza al rotolamento (–20%), mentre sono diventate più agevoli le operazioni di montaggio (+20%). Come tutti i prodotti della gamma, anche H02 Pro Trailer ha marcatura invernale 3PMSF ed è dotata di sensore RFID. Il battistrada dispone di sei scanalature longitudinali per favorire usura omogenea, con le due esterne più larghe per assicurare efficiente drenaggio dell’acqua e migliore guidabilità. Le quattro scanalature centrali sono invece più strette per aumentare la rigidità del battistrada e garantire massima resa chilometrica e minor consumo di carburante. Le costole del battistrada dispongono di particolari “camini cilindrici’’ che promuovono la stabilità e la frenata su fondi bagnati, mentre gli incavi centrali sono a geometria variabile per offrire ottima guida sul bagnato per tutta la durata della vita dello pneumatico e migliore comfort acustico esterno.

BRIDGESTONE PER ORA DURAVIS, POI CARBON NEUTRALITY

Da fine 2019 Bridgestone ha fatto una scelta drastica sullo sviluppo dell’intera gamma di prodotto, lanciando la serie Duravis: «È il nostro cavallo di battaglia sull’autocarro – conferma Alessandro Marchisio, director commercial products della casa giapponese – specie in Italia, dove questo segmento rappresenta oltre il 70% del mercato. Abbiamo in particolare ridotto la complessità di gamma e utilizzato un unico disegno che potesse coprire un largo campo di utilizzo, tenendo in conto le esigenze della clientela».

«Sappiamo bene che il settore dei trasporti è strettosucosti sempre più

importanti e incapacità di adeguare le tariffe – continua il direttore – Abbiamo perciò riflettuto sul fatto che il prezzo di acquisto dello pneumatico incide relativamente poco sul TCO, dall’1 al 3%, rispetto per esempio al costo del carburante che raggiunge il 25% o più del totale. La nostra scelta è stata perciò quella di utilizzare un prodotto caratterizzato da elevata performance in rolling resistance, che ha un impatto fondamentale nel consumo di carburante, non solo nelle posizioni steer and drive, ma anche nel trailer, dove risiede il carico e ci sono maggiori attriti. Mettere sul rimorchio gomme meno costose significa aumentare il consumo di carburante in modo non conveniente». La gamma Duravis è completa per le applicazioni regionali e ha una resistenza al rotolamento, nella maggior parte delle gomme, in categoria B. Si tratta di un fattore da non sottovalutare, dato che un prodotto con etichettatura migliore nella resistenza al rotolamento può portare a un risparmio di carburante fino al 5%. A questa gamma si è poi aggiunto Ecopia, pneumatico votato alla linea, in cui la resistenza al rotolamento è addirittura in categoria A. «Guardando al futuro –afferma ancora Marchisio – in cima alla nostra agenda c’è la sostenibilità, come spiegato nel recente ‘E8 Commitment’, progetto con cui cerchiamo di fornire soluzioni sostenibili per i nostri clienti partendo da otto valori fondamentali

aprile 2023 53
Il prodotto pneumatico sta cambiando faccia: nuove mescole, materiali più sostenibili, sempre più attenzione all’abbassamento della rolling resistance accoppiata a un chilometraggio elevato.
E il ricostruito diventa qualitativamente superiore e più a dabile

(Energy, Ecology, Efficiency, Extension, Economy, Emotion, Ease ed Empowerment), che saranno il nostro motore per le strategie, i processi decisionali e l’impegno sostenibile in ogni ambito di attività dell’azienda. L’obiettivo è di arrivare al 2050 con la neutralità dalle emissioni di carbonio e l’utilizzo di materiali sostenibili al 100%. Un esempio di questa scelta è l’uso nella NTT Indycar Series da parte di Bridgestone Americas di un nuovissimo pneumatico da corsa con la spalla in gomma naturale derivata dal guayule, un arbusto del deserto. Altro esempio riguarda lo spostamento dai test reali sui prodotti con forti emissioni di carbonio ai test virtuali. Per lo sviluppo di un singolo pneumatico da vettura (e quindi a maggior ragione ciò vale per quelli da autocarro, che percorrono molti più km) si risparmiano fino a 40.000 km di test di percorrenza, riducendo di circa il 60% l’utilizzo di materie prime e le emissioni di CO2. Anche per il trasporto pesante la direzione sarà questa».

Nella ricostruzione, con i brand Bandag (trasporto a lunga distanza, segmenti di nicchia e prodotti invernali) e Protre-

ad (trasporto regionale, applicazioni on e off road e cantiere) Bridgestone sta realizzando infine gomme con carcasse in grado di resistere a più cicli ricostruttivi e che, entro il 2050, deriveranno solo da materiali 100% sostenibili.

MICHELIN

L’APPROCCIO MULTI–VITE DEL RICOSTRUITO

I prodotti Michelin sono tutti impostati con un approccio netto, definito dalla stessa casa francese «Multi–vite». «La vita dello pneumatico attraversa 4 fasi distinte – chiarisce Arianna Bianchi, direttrice marketing B2B di Michelin Italia – Innanzitutto lo pneumatico nuovo, venduto al primo equipaggiamento o al ricambio, che arriva vicino al termine della sua prima vita circa a 3 mm di residuo, dopo aver percorso migliaia di chilometri. A questo punto, grazie alla riscolpitura, parte la seconda vita. La riscolpitura consente di coprire ancora circa il 25% dei chilometri percorsi dal nuovo. Quando a sua volta il riscolpito arriva in prossimità del limite legale di usura, può beneficiare di una terza vita con la ricostruzione Michelin Remix, che beneficia dei medesimi processi industriali della fabbricazione degli pneumatici nuovi, consentendo prestazioni comparabili alla gomma nuova. Con il Michelin Remix si aggiunge un ulteriore 25% di percorrenza chilometrica».

Da un paio di anni, nel settore retread, Michelin Italia assegna inoltre alle flotte per il trasporto merci un attestato per la gestione sostenibile degli pneumatici, quest’anno consegnato a 31 realtà. L’iniziativa ha l’obiettivo di dare visibilità a quelle aziende che tramite un’attenta gestione degli pneumatici contribuiscono a una mobilità più sostenibile con impatti positivi su ambiente, sicurezza e redditività. Con un parco circolante di circa 13.500 autocarri, le 31 flotte hanno risparmiato complessivamente 4.503 tonnellate di CO2 – l’equivalente delle emissioni annuali di una flotta di 102 camion – e 1.639 tonnellate di materie prime – quantità di risorse necessarie per produrre 23.363 pneumatici autocarro.

Sul fronte dell’innovazione, infine,la

sfida più intrigante è quella degli pneumatici senz’aria e antiforatura Michelin Uptis (l’acronimo sta per Unique Punctureproof Tire System, ovvero sistema antiforatura unico). Presentati nel 2019 e rimasti finora a livello di “concept tire”, entro la fine del 2023 equipaggeranno una cinquantina di furgoni DHL Express a Singapore per effettuare le consegne dell’ultimo miglio. Michelin Uptis è un gruppo ruota/pneumatico senza aria, a prova di foratura, progettato per auto e furgoni leggeri. L’aria è stata sostituita da una configurazione innovativa in grado di sostenere il veicolo e fornire robustezza alla ruota. I vantaggi sono evidenti: maggiore comfort e sicurezza di guida;limitazione del numero di pneumatici sostituiti a causa di forature; diminuzione dei tempi di fermo macchina; uso ridotto di materie prime, altrimenti da utilizzare per la creazione di pneumatici di scorta. La tecnologia airless, stando ai calcoli di Michelin, potrebbe prevenire la demolizione prematura di circa 200 milioni di gomme all’anno in tutto il mondo o 2 milioni di tonnellate di materiale, un risparmio equivalente al peso di 200 torri Eiffel. Per il momento però questa interessante tecnologia non tocca ancora i veicoli pesanti.

54 aprile 2023 SPECIALE PNEUMATICI PRESENTE E FUTURO DEGLI PNEUMATICI Continental

CONTINENTAL PER L’AMBIENTE CONTI HYBRID, PER I LEGGERI CONTI URBAN

«Offriamo servizi e soluzioni sempre all’avanguardia per rispondere alle nuove esigenze di mobilità nel settore dei trasporti – afferma Giorgio Cattaneo, PR e comunication manager di Continental Italia – come gli pneumatici sviluppati per migliorare l’impatto ambientale e i programmi di ricostruzione e riciclo che offrono una nuova vita al prodotto».

«La Generazione 5 di pneumatici Conti Hybrid – continua Cattaneo – è stata ideata per trasporti lungo le tratte regionali. La mescola, la struttura della carcassa e i battistrada innovativi garantiscono ottimeprestazioni come l’eccellente resa chilometrica (fino al 20% superiore rispetto alla generazione precedente) e la durata e trazione, combinate con una resistenza al rotolamento ottimizzata. Questo aspetto permette di apportare un impatto positivo sull’efficienza energetica e sulle emissioni di CO2, caratteristica primaria per il nostro gruppo».

«Con il Conti Urban, inoltre, l’azienda ha presentato un concept di pneumatico appositamente progettato per autobus elettrici e trasporto leggero. La quota di

materiale rinnovabile e riciclato contenuto inquesto prototipo, già approvato per l’uso su strada e quindi pronto ai test con i clienti, è quasi del 50%. Dopo un solo processo di ricostruzione, la percentuale aumenta e supera il 90%.

Il nuovo concept pneumatico offre anche un livello di rumorosità ottimizzato».

GOODYEAR

IL CONCEPT GOODYEAR COL 63%

DI MATERIALI SOSTENIBILI

Goodyear sta lavorando profondamente per rinnovare la propria gamma autocarro, concentrandosi su tre prodotti. Kmax Gen–2, per ogni tipo di asse e asse motore, è una linea di pneumatici che offre alto chilometraggio e resistenza all’usura, permettendo alle flotte regionali di ottimizzarne la vita e di affrontare anche le condizioni climatiche più difficili. Fuelmax Gen–2, per asse sterzante e asse motore, è una serie sviluppata per le flotte che operano nel trasporto interregionale e su lunghe distanze. Sul fronte del risparmio di carburante e di riduzione delle emissioni, sia in autostrada che su strade extraurbane, si schiera anche la nuova gamma Fuelmax Endurance, caratterizzata da grande versatilità. Goodyear ha rinnovato anche il retread, indirizzandosi verso un mercato premium, vale a dire un ricostruito con alto livello di qualità, conquistato grazie a processi di manifattura della gomma e attenzione particolare alla sostenibilità. «Per il business delle flotte e con regolamenti europei sempre più stringenti – commenta Margherita Scattolari, marketing manager business unit commercial della casa statunitense – comprare una parte di gomme ricostruite aiuta a raggiungere quei piani

di sostenibilità che le aziende sono ormai obbligate a rispettare. Durante il processo di ricostruzione uno pneumatico consuma il 56% in meno di petrolio grezzo e quindi impatta in modo molto minore sull’ambiente. Il vantaggio lato costi per la flotta è che il ricostruito aumenta la vita della copertura del 150%, senza contare che anche esteticamente il retread premium è identico alla gomma nuova».

Uno degli obiettivi del produttore statunitense è quello di raggiungere il 100% di uso di gomma naturale inserendo ulteriori materiali ecocompatibili all’interno della miscela. Goodyear ha presentato un primo concept di pneumatico autocarro con il 63% di materiali sostenibili, che include 15 ingredienti per 20 componenti dello pneumatico. Questo concept presenta etichettatura A per l’efficienza nei consumi, il che significa che se fosse messo oggi in commercio sarebbe in grado di offrire un’efficienza comparabile agli pneumatici presenti nella gamma Goodyear. Tra i nuovi materiali utilizzati da questa gomma dimostrativa: quattro diversi tipi di nerofumo prodotti da oli di origine vegetale e olio di pirolisi di pneumatici estinti; olio di colza; silice prodotta dalla cenere della lolla di riso; poliestere riciclato dalle bottiglie di plastica e da altri rifiuti plastici.

aprile 2023 55
e riciclato contein questo tuale di

LOÈPNEUMATICO MIO, MA LO GESTISCI TU

Tutti i costruttori di pneumatici

sviluppato un business di

terziarizzata

Partiamo da un dato incontrovertibile: il core business di una flotta non è la gestione degli pneumatici, ma il trasporto, cui è dedicato il 90% dei lavoratori dell’azienda. Impiegare addetti interni per la gestione del parco pneumatici è un costo in più, che è meglio rovesciare all’esterno, verso chi è specializzato per garantire non solo la gomma più adeguata alla singola missione, ma anche la migliore prestazione e una manutenzione puntuale e completa. C’è risparmio in questa scelta? Diciamo che è un modo di ottenere costi certi e di sgravarsi di lavoro in attività non direttamente produttive.

LIBERARE RISORSE UMANE E AFFIDARSI A PROFESSIONISTI

«Sempre più aziende terziarizzano il servizio di gestione pneumatici – afferma Alessandro Marchisio di Bridgestone – I valori aggiunti che si presentano sono due. Il primo, più operativo, è la possibilità della flotta di liberare delle risorse che potranno dedicarsi al lavoro trasportistico in senso stretto. Oggi che è così difficile contenere le spese, avere persone dedicate all’inter-

no dell’azienda per la gestione pneumatici è un costo che l’azienda difficilmente riesce a quantificare in termini di beneficio. In altri termini, quante imprese sono in grado di correlare il consumo di carburante allo pneumatico? Magari trovano sul mercato gomme che fanno più chilometri e costano meno, ma se poi aumentano il consumo di gasolio spesso non sono in grado di monitorarlo».

«L’altro vantaggio – prosegue Marchisio – è quello di affidarsi a dei professionisti.

Di fatto la durata della vita di uno pneumatico è direttamente proporzionale alla sua manutenzione: dall’inversione delle gomme che permettono un consumo più omogeneo del battistrada (e una rolling resistance che si mantiene costante e vicina ai parametri standard) alla verifica degli allineamenti fino alla gestione della pressione. Questo è tema caldissimo, perché pressioni inferiori a quelle nominali comportano usura precoce dello pneumatico e consumo di gasolio più alto per il maggior attrito, mettendo inoltre a rischio la sicurezza dei trasporti. C’è poi un terzo aspetto, quello finanziario, legato alla gestione terziarizzata con fatturazione chilo-

metrica. Le aziende hanno flussi di cassa variabili, in funzione del lavoro che si presenta, lavoro che a sua volta è relativo ai chilometri percorsi (pagamento in km). L’utilizzo di tariffe di gestione pneumatici con fatturazione chilometrica permette di sincronizzare i flussi di cassa, ovvero avere costi maggiori quando si hanno incassi

56 aprile 2023
SPECIALE PNEUMATICI GESTIONE
di Luca Regazzi
hanno
gestione
delle gomme. Ma quanto conviene alle otte e a quale dimensione della stessa è indirizzata l’o erta? Viaggio tra le tante proposte che permettono di “liberarsi” dall’impiego di risorse interne per gestire il parco pneus

maggiori e minori in caso di scarsità di guadagno». «Come Bridgestone utilizziamo sempre personale nostro per fare i controlconclude il direttore commerciale – Anzi ultimamente abbiamo fatto forti investiper assumere nuovo personale che esegua i controlli fisicamente sui piazzali clienti, riducendo i tempi di fermo mace senza portare il mezzo in officina.

Poi ci occupiamo della preparazione dei pre–revisione, dove troviamo spescamion gommati con battistrada resisotto ai limiti, che non passerebbero l’ispezione. Su rotture e danneggiamenti, ciassumiamo direttamente noi rischio».

RISPARMIARE CARBURANTE MASSIMIZZANDO IL RENDIMENTO GOMMA

ramo di Michelin che si occupa della gestione delle flotte è Servizi e Soluzioni propone ai suoi clienti Effitires, servimirato ad aumentare la sostenibilità economica e ambientale delle aziende di trasporto, riducendo l’utilizzo di materie il consumo di carburante e le emisdi CO2

li –menti dei china veicoli so dui infine, ci assumiamo il che zio economica e ambientale delle aziende prime, sioni CO –

«L’offerta Effitires – specifica Arianna Bianchi di Michelin Italia – consente alle flotte di concentrarsi sul proprio business, esternalizzando le attività legate alla gestione degli pneumatici. Partendo dal presupposto che ogni azienda di trasporto ha le sue specificità e necessità, viene offerto al cliente un servizio ‘cucito su misura’, che migliora la manutenzione degli pneumatici e adotta la strategia multi–vite. In que-

sto modo si riesce a ottenere il massimo rendimento da una gomma – fino all’ultimo millimetro utile in termini di legge –abbattendo i costi, minimizzando i fermi macchina, assicurando elevati standard di sicurezza, riducendo i consumi di carburante e rispettando l’ambiente».

Con Michelin Effitires l’autotrasporto italiano ha risparmiato lo scorso anno 3,5 milioni di litri di gasolio e oltre 3.100 ton di materie prime, abbattendo le emissioni di CO2 di oltre 8.300 ton. La soluzione della casa francese è utilizzata da 80 aziende italiane di autotrasporto, con un parco mezzi totale di 28.000 veicoli.

PAGARE PER CHILOMETRO PER OTTIMIZZARE LE SCELTE

«Goodyear Sustainable Reality Survey, la nostra indagine sulle flotte che serviamo su base europea – ci informa poi Margherita Scattolari di Goodyear – ci permette di intercettare quelli che sono i loro bisogni e vediamo come sempre più flotte si orientano verso la terziarizzazione del servizio, soprattutto in termini di sostenibilità, giudicata dal 41% delle flotte come un’opportunità anche di riduzione di costi».

«Nell’ottica dell’efficientamento della gestione delle flotte – precisa – abbiamo lanciato un programma che si chiama Goodyear Total Mobility, un’offerta integrata per la gestione della flotta che combina pneumatici, soluzioni e servizi.Rappresenta un portafoglio su misura di soluzioni che consentono di adottare un approccio strategico per ottenere progressi misurabili ogni anno, nel pieno rispetto degli obiettivi. Goodyear Total Mobility si compone di una serie di servizi dedicati, come il costo chilometrico (Pay–Per–Kilometer) per migliorare la gestione continuata e terziarizzata della gomma. Qui c’è uno sgravio significativo del carico di lavoro del fleet manager. Grazie a una gestione centralizzata e digitale, forniamo una reportistica al cliente (lavori di manutenzione effettuati, localizzazione delle gomme, ecc.) che permette loro di capire quali gomme rendono meglio e come ottimizzare la scelta degli pneumatici in base alle strade percorse e da quali mezzi». Oltre al contratto chilometrico, esiste anche un servizio come il FOS per una gestione centralizzata delle fatturazioni. All’interno di queste iniziative, il retread diventa un altro elemento importante per ottimizzare la gestione continuata dello pneumatico.

L’IMPORTANZA DEI DEALER NELLA GESTIONE DELLA GOMMA

La terziarizzazione gestionale del parco gomme sembra essere un concetto penetrato nella testa delle aziende di trasporto: «Ma non solo, anche dei dealer – puntualizza Sabrina Oriani di Prometeon Tyre Group – Prometeon è un’azienda di sell in (i prodotti sono venduti dai produttori ai rivenditori che poi li commercializzano agli utenti finali – ndR), per cui i dealer sono la chiave per arrivare alle flotte. Sono i rivenditori a chiedere di essere presenti nel rapporto con le flotte per proporre servizi accessori. La gestione “zero pensieri” è sempre più importante: parlando con flottisti e autotrasportatori, tanto più cresce il numero di mezzi tanto più si tende a trasferire all’esterno i problemi della gomma, che è un prodotto particolare che costituisce per le aziende un costo. Inoltre, stiamo cercando di aiutare rivenditori e aziende a creare dei contratti con pagamento a canone mensile che definiscano il tipo di gomme (misure e quantità) e di servizi di cui hanno bisogno nel giro di 6–12 mesi. Questa soluzione piace tanto ai flottisti, gli permette di non pensare alle coperture perché è il dealer a chiamarli quando va effettuata la manutenzione».

AFFIDARSI A TERZI?

ABBATTIMENTO DEI COSTI

E MENO PREOCCUPAZIONI

«I vantaggi della terziarizzazionesono molteplici – elenca Giorgio Cattaneo di Continental – Controlli regolari, ricezione di reportistica basata su diversi criteri, utilizzo degli pneumatici che lavorano nelle condizioni per le quali sono stati progettati, abbattendo i costi derivanti da usura irregolare, ma anche diminuendo i consumi e le emissioni. Infine, assistenza in caso di breakdown e consulenza per la scelta dei prodotti più adatti alla tipologia del trasporto che la flotta effettua, considerando anche i percorsi sui quali viaggia, il tipo di strade, la tipologia di fondo stradale. Occorre ricordare che gli pneumatici influiscono nel complesso sulle spese di carburante, manutenzione e riparazione: si parla del 53% dei costi totali di una flotta. Affidarsi a un partner per la gestione può essere la somma di tutti questi vantaggi. Si viaggia nelle migliori condizioni e non ci si preoccupa di tutta una serie di aspetti importanti per risparmio e sicurezza».

aprile 2023 57

TONDA, CONNESSA, DIGITALE

RFID, TPMS e altri sensori, insieme a sistemi di rilevazione e monitoraggio su piazzale e applicazioni sul cellulare.

Ormai non è possibile pensare a uno pneumatico che non sia collegato ad apparecchiature di rilevazione e di analisi dati che migliorino la gestione del parco gomme

Come in tutti i settori industriali, anche in quello degli pneumatici il digitale sta cambiando le carte in tavola. La digitalizzazione dei processi sia di raccolta che di utilizzo dei dati rende più semplice e veloce la gestione, ma soprattutto fa evolvere la manutenzione ordinaria verso quella predittiva, ottimizzando fermi macchina ed evitando fermi macchina. Tra i produttori è tutta una gara ad assicurare sempre più soluzioni tecnologiche migliorativealle aziende. Vediamo come.

PROMETEON PRO CHECK, PRO MANAGEMENT E ALTRI SENSORI

Prometeon ha deciso qualche anno fa di istituire un’area digital all’interno dell’azienda dedicata al mercato: «Da lì abbiamo sviluppato un software di gestione pneumatici, il Pro Check, che è molto apprezzato dalle flotte –racconta Alexandre Bregantim –Si tratta di un sistema che, tramite una pistola, monitora pressione e temperatura dello pneumatico e con cui si può misurare la profondità del battistrada (treadback). Nel sistema possono essere inseriti dati sul posizionamento delle gomme e sui cambi degli assi, il chilometraggio della motrice e del trattore, ecc. In questo modo si può capire se siano necessari interventi prima di uscire dal deposito e in seguito definire

una manutenzione predittiva (quando cambiare le gomme, quando invertire gli assi, ecc.). Inoltre stiamo rilasciandoda 12 mesi e partendo dall’Italia

mercato per noi fondamentale – Pro Management, un sistema di fatturazione centralizzata per facilitare le transazioni tra noi, la flotta e i dealer».

La società ha poi sviluppato un sistema di sensori interni alla gomma per la raccolta di dati su pressione e temperatura, collegati alla telematica del veicolo e con l’obiettivo di ottimizzare il consumo carburante. È un risparmio significativo, visto che secondo Prometeon una variazione di pressione di appena l’1% comporta 2.000 euro di maggiori consumi per veicolo a fine anno.

«I primi sensori rinnovati li abbiamo prodotti a fine 2022 e adesso stiamo cercando sul mercato flotteopinion leader e partner per testarli sulle nostre gomme e su quelle dei concorrenti – aggiunge Sabrina Oriani – È una ricerca fondamentale perché dal 2024 il controllo di pressione e temperatura sarà obbligatorio. Si tratta di sensori montati su valvola o, come nel nostro caso, inner liner (interni), che saranno testati per tutto il 2023».

Manon basta. Bregantim aggiunge che una gomma che «gira sottogonfiata avrà una vita più corta, farà 70 mila km invece di 100 mila. E poi le flotte nonvogliono certoavere un mezzo fermo per strada, è meglio pianificare

la fermata e fare la manutenzione che lasciare il veicolo fermo e improduttivo. Infine, il sensore permette di capire se la gomma è idonea a essere ricostruita. Il futuro? Ci sarà la possibilità di monitorare lo spessore del battistrada così da non avere problemi con i controlli della Polizia».

L’altro sistema utilizzato da Promete-

58 aprile 2023
SPECIALE PNEUMATICI TECNOLOGIA
Prometeon

on è l’RFID, tecnologia consolidata per l’identificazione e/o la memorizzazione automatica di dati che ‘legge’ i tag (le etichette elettroniche) posizionati sugli pneumatici: «Tutte le nostre gomme della serie 02 ne sono dotate – sottolinea Oriani – Adesso dobbiamo fornire i nostri principali dealer di lettori RFID e capire come far leggere questo dato anche ai sistemi gestionali dei rivenditori».

CONTINENTAL

CONTICONNECT 2.0 ADVANCED

MONITORA LA GOMMA A 360°

«Nel 2022 Continental ha lanciato la versione 2.0 di ContiConnect – ricorda Giorgio Cattaneo – il sistema di monitoraggio da remoto degli pneumatici che si basa sulla digitalizzazione degli stessi, consentendone unagestione sicura, un migliore uptime e una trasparenza deicosti.Grazieall’analisi continua dei dati raccolti dai sensori posizionati sugli pneumatici e di quelli provenienti dal veicolo, si generano grandi quantità di informazioni che consentono a ContiConnect 2.0 di fare previsioni precise sulle condizioni degli pneumatici. La versione aggiornata dell’ormai collaudato sistema di monitoraggio degli pneumatici offre una user experience migliorata e maggiore modularità, flessibilità e compatibilità dei suoi componenti che ci consente di integrare soluzioni aggiuntive a secon-

CARA GOMMA, MA QUANTO MI COSTI?

Aumenti dei costi di energia e gas, in azione alle stelle, incremento dei prezzi delle materie prime. Sono alcuni dei fattori che hanno portato a far lievitare i prezzi degli pneumatici. Ma è possibile utilizzare comportamenti gestionali per contenere le spese, senza abbracciare la soluzione più facile, di comprare gomme meno costose, ma di scarsa qualità e poco sicure?

1° CONSIGLIO: PROVARE GOMME PIÙ MODERNE

«Sono problemi di tutti – conferma Alexandre Bregantim di Prometeon Tyre Group – a cui si aggiunge il discorso delle gomme sintetiche, il cosiddetto carbon black (il nerofumo utilizzato come rinforzo della gomma – ndR), di cui la Russia è uno dei più grandi produttori e di cui quindi, per ovvi motivi, c'è scarsità. Per questo è giocoforza che i prezzi salgano in fretta, dato che la domanda è molto più alta dell'offerta». «In questo contesto – suggerisce Bregantim – utilizzare una linea di pneumatici innovativa come la serie 02 fa certamente risparmiare carburante, anche se a influenzare il consumo sono anche altri fattori da considerare (stile di guida, veicolo vetusto, ecc)». L'altro lato di possibile risparmio è il servizio. «Si può terziarizzare la gestione degli pneumatici con un accordo che comporti un investimento più accurato nel parco gomme, diluendo il pagamento nel tempo e affidandosi a un team di esperti che ti garantisce il risparmio. E credo che questo sia un ragionamento applicabile anche alle piccole flotte».

2° CONSIGLIO: PASSARE A SISTEMI DI GESTIONE

GOMME

«L'incremento dei costi investe indubbiamente tutto il settore – concorda Margherita Scattolari di Goodyear – Ma noi lo vediamo come un'opportunità dal punto di vista dell'offerta. Con Goodyear Total Mobility ci proponiamo di aumentare l’efficienza operativa delle flotte, sostanzialmente con tre soluzioni: quelle tecnologiche e scalabili come Goodyear TPMS, DrivePoint e CheckPoint, per far fronte all’impatto sui costi delle operazioni quotidiane come il sottogonfaggio; i contratti di gestione continuata (Goodyear PPK), con cui offriamo delle opportunità ulteriori per ottimizzare i costi; l'offerta sul ricostruito, che può contribuire a efficientare i costi operativi di una flotta».

3° CONSIGLIO: AUMENTARE LE VITE DELLO PNEUMATICO

«Nel contesto attuale in cui i costi hanno subito un brusco incremento – commenta Arianna Bianchi di Michelin – l'autotrasportatore deve concentrarsi sul prolungamento della vita dello pneumatico. In questo senso sottolineiamo ancora l’importanza dell’adozione del modello Multi-vite. Le operazioni di ricostruzione e riscolpitura contribuiscono a ridurre il Total Cost of Ownership, consentendo non solo di allungare la percorrenza chilometrica fino al 25%, ma di risparmiare il 5% di carburante».

aprile 2023 59

da delle richieste del cliente. I risultati sono ottimali in termini di riduzione dei tempi di fermo dei veicoli, costi di manutenzione più bassi e maggior chilometraggio. Tutto ciò fa di ContiConnect 2.0 un’eccellente soluzione sia in ottica di mobilità sostenibile che per gli operatori del settore, perché consente loro di concentrare tutta l’attenzione sul core business».

Risale invece allo scorso marzo l’introduzione della versioneAdvanced di ContiConnect 2.0 per lagestione da remoto degli pneumatici. Ora, oltre a pressione e temperatura, questo upgrade consente la registrazione di dati aggiuntivi, come la profondità del battistrada e le condizioni dello pneumatico, passando così da un sistema di puro monitoraggio a uno di asset management. Con ContiConnect 2.0 Advanced lo pneumatico può essere tracciato individualmente, sia sul veicolo in movimento che in deposito. Ogni gomma ha un “corrispettivo digitale” nel sistema completo di codice prodotto e ciò permette al cliente di sapere sempre quale pneumaticomonta il veicolo e dove si trovi. Il ContiConnect di seconda generazione è poi in grado di trasmettere informazioni sulla distanza percorsa, permettendo alle flotte di avere sempre sotto controllo il chilometraggio. Viene indicato anche il livello di carica della batteria del sensore. Inoltre gli utenti Advanced ricevono

avvisi e raccomandazioni riguardo alla manutenzione del veicolo. L’aggiornamento dell’App On-Site porta ContiConnect direttamente sullo smartphone dell’utente, grazie alla funzionalità bluetooth della nuova generazione di sensori, che permette l’invio dei dati all’applicazione. Così il monitoraggio della profondità del battistrada e delle condizioni degli pneumatici può essere effettuato anche sul veicolo in movimento.

GOODYEAR

CHECK POINT, DRIVEPOINT

E L’APP FLEETHUB

Nello svilupparetecnologia digitale di supporto alla gomma, Goodyear si è dedicata in particolare a sistemi di controllo in tempo reale e alla creazione di app di facile utilizzo: «Per esempio Goodyear Checkpoint– spiega Margherita Scattolari – si compone di una piastra hi–tech, installabile sul piazzale dell’impresa, su cui passano tutti i mezzi per verificare la pressione dello pneumatico e la profondità del battistrada. In questo modo, tramite una manutenzione predittiva, si riescono a ridurre i costi dei fermi macchina e da sotto gonfiaggio (con 1 bar in meno si spendono fino a 900 euro in più per veicolo), evitando così anche errori da misurazioni manuali. Il Checkpoint permette poi di raccogliere dati e produrre report che consentono di prevedere la

gestione delle gomme future». «Per l’utilizzatore finale – ricorda la responsabile marketing – abbiamo sviluppato una serie di facili applicazioni con cui monitorare tutte le informazioni sullo stato degli pneumatici. Con l’app Goodyear FleetHub è possibile controllare ogni mezzo in maniera veloce, con evidenza dello stato delle gomme in tempo reale. In più il fleet manager riceve una notifica giornaliera sulle azioni da intraprendere».

C’è poi DrivePoint, sistema che prevede sensori di pressione applicati sulle valvole e dispositivi riceventi alimentati a batteria, installati sui piazzali. Così si monitora in tempo reale lo stato della pressione su tutti gli pneumatici al passaggio di un mezzo in movimento (drive through). Questa soluzione non richiede lo smontaggio dello pneumatico, poiché i sensori possono essere rapidamentemontati sullevalvole, riducendo la complessità dell’installazione e i tempi di inattività.

Tutte queste tecnologie sono scalabili in base alle esigenze e alle dimensioni della flotta. Il Checkpoint è rivolto a flotte di grande dimensione, mentre per realtà più piccole è più adatto il Drivepoint o il TPMS.

60 aprile 2023 SPECIALE PNEUMATICI TECNOLOGIA
E QUICKSCAN
MONITORARE LA MOBILITÀ
Continental
MICHELIN RFID
PER
Michelin mira a migliorare la mobilità

del veicolo tramite diversi tipi di monitoraggio. Un esempio è dato dall’adozione progressiva del RFID negli pneumatici per soddisfare esigenze di identificazione e tracciabilità durante tutto il ciclo di vita. Un secondo esempio è l’utilizzodella tecnologia QuickScan che permette, tramite il passaggio degli automezzi su un tappeto installato all’ingresso dei piazzali, di rilevare automaticamente il battistrada residuo degli pneumatici, inviando poi i dati al gestionale a disposizione del fleet manager. Si può così anticipare la pianificazione della manutenzione e prevenire i fermi macchina ottimizzando gestione e produttività dei mezzi.

BRIDGESTONE WEBFLEET PER OTTIMIZZARE

LA FLOTTA

La sterzata di Bridgestone verso il digitaleparte nell’aprile 2019 quando ha acquisito TomTom Telematics (oggi Webfleet), chiara espressione della volontà del produttore del Sol Levante di passare da fornitore di pneumatici di qualità premium a venditore n.1 di soluzioni di mobilità: «Una scelta necessaria a sostenere un cambio radicale nel mondo dei trasporti – afferma Alessandro Marchisio – in cui lo pneumatico sarà sempre più connesso, tant’è vero che tutti i nuovi contratti di fatturazione chilometrica vengono oggi proposti con i sistemi Webfleet, passando dalla

E PER DANNI E ROTTURE C'È L'ASSICURAZIONE

Sempre più spesso fornitori e rivenditori di pneumatici garantiscono formule assicurative particolarmente utili nei settori – come il cava/cantiere – in cui le gomme sono più esposte a danneggiamenti.

Prometeon, per esempio, contestualmente al lancio della serie 02, ha proposta la garanzia Tyre Back: «Le flotte che acquistano la gamma – spiega Sabrina Oriani – si possono registrare sul nostro sito e attivare la garanzia, per la quale se lo pneumatico presentadanni dovuti a imperfezioni strutturali la flotta avrà diritto alla sostituzione integrale del prodotto. La garanzia copre il ciclo della gomma, 48 mesi dalla data di produzione».

In casa Goodyear Omnitrac, appositamente progettata per mezzi che operano in cave e cantieri, «offre una maggiore durata e ricostruibilità grazie all’innovativa tecnologia DuraShield, alla nuova struttura del battistrada e alle particolari mescole – racconta Margherita Scattolari – Siamo così sicuri della tecnologia Durashield da offrire gratuitamente la garanzia Omnitrac a clienti selezionati».

Bridgestone presenta invece tre tipi di contratti: «Due sono di fornitura pneumatici – raccontaAlessandro Marchisio – in cui sono però inclusi anche i servizi, a pagamento su un tariffario (pay–for–use), mentre il ter-

gestione gomme a quella generale della flotta. Il produttore può monitorare in modo più efficace le performance dello pneumatico attraverso sensori interni–già in fase avanzata di test su flotta –in grado di dialogare con le centraline.

Siamo pronti ad avere un monitoraggio delle pressioni in cabina e sulle piattaforme che ci permetta di ottimizzare il servizio alle flotte e lavorare in ottica di manutenzione predittiva». «La cabina di regia della flotta, sia del cliente o di terzi, riesce a dare un valore aggiunto – assicura Marco Federzoni – e cioè fornire dati certificati e incontestabili. L’idea è diventare una realtà di mobility solutions, dalla tecnologia TPMS finoalla possibilità di mettere sulla

zo è un full service (fornitura più tutti i servizi e tariffazione a chilometro). Per la vendita c'è Easymove Pro, forma di protezione dedicata ai veicoli commerciali, in collaborazione con Allianz Partners, che prevede una copertura dei danni accidentali di utilizzo dello pneumatico truck entro un anno dall'attivazione. Oggi gli pneumatici assicuratiinquesto modo sono il Duravis e l'Ecopia».

Sempre con Allianz Partners, Bridgestone EMIA ha creato un programma assicurativo per gli pneumatici dedicato alle flotte e ai veicoli commerciali, esistenti e nuovi. Il programma

lanciato in Italia – copre la sostituzione di pneumatici a terra a causa di oggetti appuntiti o a collisioni con marciapiedi, che normalmente non sono protetti in caso di danni.

Per gli pneumatici cava/cantiere Michelin proponeun rimborso per danni accidentali per tutta la gamma Michelin X Works: «La qualità della struttura e la robustezza dell'X Works – sottolinea Arianna Bianchi – consente una riduzione dei danneggiamenti e dei fermi macchina. Nel caso in cui però l'X–Works subisse dei fuori uso accidentali, Michelin rimborserà il valore residuo attraverso una semplice procedura». Basta effettuare il login o creare un account sullo spazio Michelin MyPortal e registrare gli pneumatici.

piattaforma digitale i dati della catena del freddo e del fresco (controllo della temperatura, della pressione ecc.). Questo ha come vantaggio un risparmio di tempo e di denaro e, non ultima, una maggiore sicurezza». Tra le ultime novità spicca un algoritmo di analisi delle flotte endotermiche per capire quali mezzi siano potenzialmente trasformabili in veicoli elettrici sulla base non solo dei chilometraggi, ma del peso, della tipologia di utilizzo, ecc. «In circa tre mesi riusciamo a fornire dati – puntualizza il direttore vendite –con cui identificare quelli più adatti alla trasformazione, quelli possibili e quelli non adeguati».

aprile 2023 61

ALLESTIMENTI L’ARRIVO DI BURGERS IN ITALIA

Un doppio piano

SCHEDA TECNICA

UNO È MEGLIO DI DUE

Logistica e trasporti sono il connettore dell’economia ed evolvono di pari passo con la tecnologia e con le istanze dell’ambiente. E oggi quelle più pressanti vanno in direzione di maggiori dosi di efficienza e di flessibilità per riuscire a conservare sempre redditività. Sono esattamente queste le caratteristiche che identificano il Double Deck di Burgers. Con i trailer a due piani, sfruttando anche lo spazio tra gli

assali, l’intera zona di carico del mezzo può essere asservita al trasporto di merci. «Così, si dimezzano i costi di due camion, di due autisti, di due pedaggi autostradali e del gasolio per muover due veicoli – conteggia soddisfatto Alberto Maggi, ceo di Multitrax – valorizzando al massimo la sostenibilità del trasporto». È questa la ragione per cui l’importatore di Cremona ha deciso di aggiungere ai vari marchi commercia-

mm

Peso sulla ralla 15.000 kg

Peso su assi 18.000 kg

19 europallet piano inferiore

Carico

33 europallet piano superiore

Testata in plywood 24 mm

Pareti laterali in plywood 21 mm

Tetto 30 mm

L’operazione di apertura della ribalta è molto elementare e sicura. Il ribaltamento è abbinato all’ascensore interno-esterno, che crea un tunnel di carico unico. L’ascensore esterno, invece, chiude completamente la coda del trailer.

62 aprile 2023
di Massimiliano Barberis
dimezza e rende più produttivi i viaggi, toglie qualche camion dalle strade, abbatte i costi e contiene l’impronta ecologica di chi lo utilizza. Tutti risultati che si possono ottenere con il Double Deck del costruttore ultimo marchio importato nella penisola da Multitrax olandese,
i numeri del Double Deck
Lunghezza pianale int. parte alta 13.590
Lunghezza pianale int. parte bassa 9.940
Larghezza est. 2.550
Larghezza int. parte alta e bassa 2.500
Larghezza int. corridoio tra le ruote 1.270
Altezza int. dei
piani 1.820
Lunghezza est. 13.820 mm
mm
mm
mm
mm
mm
due
mm Lunghezza da perno ralla 12.191 mm Altezza 4.000 mm Altezza ralla 1.150 mm Sbalzo ant. 1.620

lizzati (D-Tec, Felbinbder, Doll e Kraker) anche questo costruttore olandese con sede ad Aalsmeer, nei pressi dell’aeroporto di Amsterdam, e che, con 400 mezzi all’anno, è il maggiore allestitore di trailer a doppio piano in Europa. «Siamo stati contattati dalla Burgers in autunno – spiega Maggi – e a gennaio abbiamo firmato la collaborazione. Il nostro percorso è di continuare a proporre soluzioni di trasporto innovative e avanzate, che il mercato sta iniziando a ricercare e a capire». Ovviamente, affiancando al lato commerciale, il service, le garanzie, il post-vendita, i ricambi e le omologazioni, interamente gestite dall’importatore.«Aggiungere il marchio Burger alla nostra offerta – continua Maggi – è stato naturale in quanto trattiamo solo brand di prima fascia del panorama europeo, stando attenti a offrire prodotti di nicchia e a valore aggiunto, con un’alta percentuale di optional di serie, in modo da mettere i clienti in condizione di scegliere poi gli accessori reputati più utili per il loro lavoro specifico».

Il numero uno di Multitrax sottolinea poi l’impronta ambientale di un mezzo, con cui – spiega – si è in condizione di «togliere il 30% dei camion dalla strada abbattendo così il particolato, l’anidride carbonica (-40%) e il costo carburante.

E in più entriamo in un segmento di trasporti legato alle filiere verdi», quelle per esempio del mondo alimentare o del fashion, che fino a ieri hanno concentrato i loro sforzi nel ridurre l’impronta ecologica soprattutto nella fase produttiva, ma che oggi guarderanno anche alla movimentazione delle merci e quindi potranno prendere in considerazione veicoli come i doppi piani Burgers.

LE CARATTERISTICHE DEL TRAILER

Il semirimorchio è disponibile in diverse varianti e con diverse configurazioni di assali. È possibile scegliere tra 2 o 3 assi, rigidi o sterzanti e, in termini di capacità di carico, tra assi da 9 e 10 ton. Oltre al semirimorchio lungo 13.60 metri, il Double Deck è disponibile anche nella versione City, modello che, equipaggiato con assali sterzanti, è il più adatto alle forniture urbane. Il primo modello mostrato da Multitrax è il veicolo promozionale, a cui seguirà in prova e a noleg-

gio la versione a 2 assi fissi Tridec, più adatta al mercato italiano, con sospensioni indipendenti e freni a tamburo da 52 europallet, 33 sul piano superiore e 19 sotto, con angolo di sterzata massimo per agganciare il trattore di 1.900 mm. Caratteristica fondamentale la sponda posteriore Dhollandia DH-VH da 2.500 kg, con pedana in alluminio lunga 3.750 mm (con parte finale e parapetti laterali entrambi pieghevoli) comandata anche da remoto e con la possibilità di allacciare il veicolo alla rete elettrica del piazzale per uno scarico silenzioso. Il volume totale di carico sfiora i 110 m³ e può essere modificato in base al cliente. Si possono aggiungere tramezzi in direzione longitudinale e traverse mobili. Di conseguenza si possono formare più scomparti che possono essere raffreddati o riscaldati a diverse temperature nelle versioni isotermiche.

Per il carico e lo scarico il doppio piano è dotato di Multi-Deck, disponibile come ascensore esterno e ascensore interno-esterno. Quello esterno chiude completamente la coda del trailer, mentre quando è presente quello interno-esterno il trailer presenta anche porte posteriori e ribalta ribaltabile, così da creare un tunnel di carico. Nelle versioni coibentate possono essere installate diverse marche e versioni di gruppi frigo. Se sono presenti più scomparti, gli evaporatori e le tubazioni sono già predisposti. Inoltre, lo spazio

La sponda posteriore Dhollandia DHVH da 2.500 kg, con pedana in alluminio lunga 3.750 mm (con parte nale e parapetti laterali entrambi pieghevoli) comandata anche da remoto e con la possibilità di allacciare il veicolo alla rete elettrica del piazzale per uno scarico silenzioso.

anteriore sul collo di cigno si può utilizzare per installare componenti aggiuntivi. Mentre la parte posteriore della versione coibentata può essere dotata di porte posteriori o paratia pedonale. Sono possibili anche i certificati FRC e FNA. Fra gli optional anche i convogliatori d’aria per i refoli in coda attorno alla porta posteriore.

La versione del Double Deck a 2 assi ssi Tridec è quella più adatta al mercato italiano, con sospensioni indipendenti e freni a tamburo da 52 europallet, 33 sul piano superiore e 19 sotto, con angolo di sterzata massimo per agganciare il trattore di 1.900 mm.

aprile 2023 63

LUCA VARETTO CONSIGLIA…

Il locale di cui parliamo in questo numero me lo suggerisce Luca Varetto,un padroncino di 43 anni, nato a Ravenna. Luca ha cominciato a guidare camion a 22 anni, poi ha cambiato diversi lavori, ma alla fine 15 anni fa è tornato alla sua vecchia passione e da 4-5 ci si dedica full time. Adesso ha un’azienda monoveicolare di proprietà e fa trasporto intermodale di vario tipo. Una curiosità: il camion di Luca si chiama Gordon 2, il secondo veicolo di sua proprietà con questo soprannome, datogli da una ragazza che lo aveva chiamato così perché il padre di lei aveva lo stesso nomignolo e Luca le ricordava appunto papà. La trattoria che piace a Varetto è ‘L’Oasi del Ristoro’ e si trova nell’area di servizio Repsol della SP 111, a Campegine in provincia di Reggio Emilia, a 1 km dal casello Terra di Canossa: «An-

dando a lavorare a Boretto – racconta – ho visto che aveva il piazzale pieno di camion. Poiché di solito questo è un segno di buona cucina, mi ci sono fermato e mi sono trovato benissimo. Il cibo è di ottima qualità e c’è grande scelta, fanno una carbonara eccezionale e il coniglio alla cacciatora è fantastico. Il personale poi è molto gentile e alla mano, abbiamo fatto subito amicizia e si è creato un bel legame». «La cena è un momento importantissimo della giornata quando non torni a casa –aggiunge – Il posto in cui mangi è quello in cui trovi la tua seconda famiglia, in cui parli, scherzi e ti diverti. All’Oasi sanno creare queste condizioni, anche perché i trasportatori sono una clientela particolare che va trattata con grande familiarità e loro lo fanno in modo genuino».

ll gestore dell’Oasi, Alfonso Durante, mi spiega che il ristorante si chiama così perché dove sorge, vicino all’autostrada, «c’è praticamente solo l’area di servizio e quindi siamo una sorta di oasi dove fermarsi per mangiare e riposarsi un po’». La locanda è aperta da 15 anni, ma Alfonso e il suo staff la gestiscono da 5. Il menu è fisso – tre primi, tre secondi, contorni e caffè – ma tutti i giorni cambiano i piatti, a un costo di 15 euro a pranzo e 16 la sera Per quanto riguarda i servizi il parcheg-

gio è veramente ampio, potendo ospitare 25-30 camion, mentre la doccia costa 1 euro e 50 a gettone

potendo «Cuciniamo seguendo stagione –

«Cuciniamoseguendo la stagione chiarisce Alfonso – tortelli, cappelletti e in generale piatti che possono accontentare chi sta tutto il giorno al volante». Con i clienti Durante mi conferma che c’è grande feeling: «Siamo tutti giovani mediamente sui 30 anni – sottolinea – e il rapporto con chi viene da noi è sempre alla mano. E comunque cerchiamo sempre di interagire con gli autotrasportatori come amici e non solo come semplici clienti».

RISTORANTE

L’OASI DEL RISTORO

Area di servizio Repsol-Tamoil

SP 111, via Bertona

Campegine (RE)

Cel. 347 9054690

Fascia di prezzo: 15 - 16 euro

Parcheggio: 25-30 posti camion

Servizi: doccia

Giorno chiusura: domenica

Tipo cucina: italiana

Orari: da lunedì - venerdì 5.00 - 22.00

Sabato 6.30 - 13.00

64 aprile 2023
NON DI SOLO TRASPORTO RECENSIONI, SVAGHI, CONSIGLI
RISTORANTE L’OASI DEL RISTORO

CARTA D’IDENTITÀ

Nome Marcello

Cognome Bonifacio

Età 24

Stato civile Celibe

Punto di partenza Altamura (Bari)

Anzianità di servizio 5 anni

Settori di attività cereali e farine

Cosa ti ha spinto verso questa professione?

Sono figlio d’arte. Mio padre fa il camionista e mi ha trasmesso questa passione. Tuttavia, non è stato un percorso semplice perché la mia famiglia era contraria. Mio padre stesso mi diceva: «Non voglio finanziarti una cosa che ti porterà ad avere una brutta vita».

Quindi è stata una scelta controcorrente?

Assolutamente sì. E lo dimostra il fatto che le patenti me le sono pagate di tasca mia, senza alcun sostegno economico oltre che emotivo, grazie al lavoretto da mulettista che svolgevo nel doposcuola presso un’azienda di autotrasporto. Cosa che mi ha permesso di mettere da parte qualche soldino.

Il momento in cui hai realizzato che questa era la tua strada?

A scuola. A un certo punto, dopo il quarto anno delle superiori, ho deciso di mollare tutto. I banchi non facevano per me e neanche la vita di ufficio mi attraeva. Quello che mi piace è complicarmi, scoprire cose nuove, mettermi alla prova. E fare il camionista è un lavoro che ogni giorni ti mette alla prova, ti fa misurare con le difficoltà. E questa cosa mi rende vivo.

Come si è evoluta la tua carriera da quel momento in poi? Ho iniziato con il trasporto locale, dopodiché sono passato alla linea. È stato un continuo crescendo, fatto di duri sacrifici ma anche di soddisfazioni. Oggi lavoro per una ditta che copre tutto il territorio nazionale.

Cosa trasporti nello specifico?

Sfarinati vari. Parto dalla Puglia trasportando la semola di grano duro ai pastifici e alle grandi industrie di lavorazione del Nord. Al ritorno scendo con la farina di grano tenero per consegnarla ai forni e ai biscottifici locali. In pratica, uno scambio di farine.

Quali sono le criticità maggiori di questo lavoro?

Innanzitutto, l’inadeguatezza dei servizi. Mi riferisco in particolare alla mancanza di parcheggi nelle aree di sosta, agli stalli poco sicuri, ai bagni e alle docce improponibili. Ma anche il contesto infrastrutturale non aiuta. Ad esempio, la tratta adriatica Taranto-Bologna, che è quella su cui viaggio solitamente, è piena di cantieri e ciò ti porta a essere sempre in ritardo. Con conseguente aggravio di stress.

Come affronti queste pressioni?

All’inizio mi arrabbiavo, ma poi te ne fai una ragione e ti adatti. È amaro a dirsi ma è così.

Ti aspetti che in futuro ci saranno più giovani alla guida di un camion?

Mi auguro di sì, perché i numeri dicono che stanno diminuendo. E di ragazzi veramente appassionati è dura a trovarne. Così come mi auguro di vedere sempre più donne al volante. Ancora oggi ci sono molte difficoltà e i pregiudizi di genere continuano a rendere le cose più difficili per loro. Oltre al camion, quali sono le tue passioni?

Mi piacciono i motori in generale, in particolare le moto. Sono anche un grande appassionato di raduni di camionisti. Quando posso partecipo volentieri a questi eventi perché ci si ritrova con ragazzi che provengono da tutta Italia. Si sta due o tre giorni insieme e ci si diverte. Un’altra passione è fare video. Quando sono in cabina mi registro con una telecamera e poi, a fine serata, faccio il montaggio e pubblico il tutto sui miei canali social (Instagram e TikTok).

Quindi sei anche un «content creator»?

In un certo senso sì. Mi piace pensare ai social come un grande strumento per fare rete, conoscere e unire ragazzi che condividono la stessa passione. Un po’ come si faceva un tempo con il baracchino.

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di Gennaro Speranza

ORA LEGALE, ORA LETALE…

Come ogni anno, a fine marzo cambia l’orario e bisogna spostare le lancette dell’orologio ma, soprattutto, abituarsi a svegliarsi un’ora prima. E, come ogni anno, faccio fatica ad abituarmici. È vero che l’ora legale fa male alla salute?

Aquesta specifica domanda non saprei davvero cosa rispondere. Per un verso mi sembra che questo presunto problema rientri nell’eccessivamedicalizzazione della vita umana che ormai inizia ancor prima di nascere, passa per gliinevitabilicambi di stagione, attraversa i malesseri da lavoro, quelli da vacanza e quelli da rientro dalle vacanze e avvolge in un involucro di paura e pericolo il mare, la sabbia, la montagna, la collina, il cibo, l’aria che respiriamo e quella respirata da altri e tanto altro ancora, compresi 3600 secondi. Una sorta di ossessione contemporanea che porta a temere che tutto faccia male e che fa perdere la capacità di discernere ciò che davvero è nocivo o rischioso per la salute. Ma spostiamo pure le lancette avanti di un’ora e cerchiamo di capire perché e per chi l’ora legale dovrebbe rappresentare un pericolo o comunque un fattore traumatico.

L’ora legale in Italia venne introdotto per la prima volta nel 1916, durante la Prima Guerra Mondiale per sfruttare al massimo le ore di luce e ridurre i consumi energetici, ma solo nel 1966 è diventata definitiva.

Secondo cronobiologi e genetisti questo cambio dell’ora sarebbe piuttosto svantaggioso in quanto causa di una perdita di sincronizzazione tra l’orologio biologico che scandisce i ritmi di funzionamento del corpo umano e l’orario sociale esterno, generando qualcosa di molto simile al jet leg, cioè a quello sfasamento temporale che provano i viaggiatori dopo essersi spostati rapidamente attraverso molti fusi

I principali disturbi consistono in alterazioni del sonno e del ritmo sonnoveglia, stanchezza, apatia e di coltà di concentrazione responsabili tra l’altro del cosiddetto ‘lunedì nero’ degli studiosi statunitensi, vale a dire dell’aumentato numero di incidenti sul lavoro e di incidenti stradali osservato il lunedì successivo al ne settimana di introduzione dell’ora legale il

I principali disturbi consistono in alterazionidel sonno e del ritmo sonno-veglia, stanchezza, apatia e difficoltà di concentrazione responsabili tra l’altro del cosiddetto «lunedì nero» degli studiosi statunitensi, vale a dire dell’aumentato numero di incidenti sul lavoro e di incidenti stradali osservato il lunedì successivo al fine settimana di introduzione dell’ora legale. Addirittura in quella stessa settimana, secondo lo stesso studio durato 21 anni, anche i pedoni correrebbero maggior rischio di essere investiti. Di fatto però nell’intero periodo in cui è in vigore l’ora legale gli incidenti mortali diminuiscono, forse perché nelle «ore di punta» c’è più luce.

In ogni caso le persone più fragili fisicamente e/opsicologicamente, come ad esempio i cardiopatici, gli obesi, i depressi, gli ansiosi e gli insonni, sonopiù vulnerabili alle conseguenze del cambio di orario. Secondo studi internazionali pubblicati su importanti riviste mediche, nella settimana seguente allo spostamento in avanti delle lancette si registrerebbe un aumento di circa il 5% anche dei casi di infarto, con un

picco sempre nel famigerato «lunedì nero». La causa non è nota, ma sembra legata allo stress secondario alla perdita di sonno.

Pertanto, chi soffre di problemi cardiaci o presenta importanti fattori di rischiocardiovascolari (fumo, pressione alta, ipercolesterolemia, obesità) dovrebbe adattarsi all’ora legale lentamente e in anticipo, cominciando con 10-15 minuti a notte. Gli esperti dunque sono concordi nel ritenere che, soprattutto durante le prime settimane dopo il cambio, non tutti riescano ad adeguarsi al nuovo ritmo. Sulla base di questi dati sono partite numerose campagne per abolire il cambio di orario due volte l’anno proponendo due soluzioni alternative o abolire l’ora legale o, meglio ancora, renderla permanente per tutto l’anno.

L’ora legale resterà in vigore fino a domenica 29 ottobre 2023, quando ci sarà il ritorno all’ora solare, con le lancette che andranno spostate un’ora indietro.

Buon Viaggio!

66 aprile 2023
orari.
L’IMPORTANTE È LA SALUTE CONSIGLI PRATICI DI PREVENZIONE
di AnnagiuliaGramenzi ricercatore Dip. medicina clinica Univ. Bologna

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