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L’AUTOTRASPORTO HA BISOGNO DI UNA SAMANTHA CRISTOFORETTI

e legislativa molto differente dalla nostra. Penso per esempio al congedo di paternità che consente una migliore distribuzione dei ruoli famigliari. L’ingresso delle donne nel settore va quindi di pari passo con una legislazione che in qualche modo aiuti sotto il profilo sociale e dia supporto. L’elemento fondamentale per capire lo stato dell’arte, quindi, non è il numero di donne che entrano nel settore, ma il numero di donne che vi rimangono.

La violenza sulle donne che lavorano nel settore è un tema di cui si sente parlare poco, ma che è di primaria importanza per il Comitato. Perché?

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Il tema è in realtà primario anche rispetto alla disparità di genere perché se ci sono episodi di violenza nel settore, e putroppo i casi sono numerosi, è l’occupazione femminile a risentirne. Quando si parla di violenza si tende a pensare solo alla violenza sessuale, in realtà ci sono sfaccettature, spesso invisibili, fortemente legate al modo in cui si lavora o, per esempio, ai termini che si utilizzano.

Esistono dei numeri in grado di restituire le dimensioni del fenomeno?

Non siamo riusciti a ottenerli e questo è proprio uno degli elementi sul quale ci stiamo interrogando e adoperando per portarli alla luce. Esistono per esempio dei sistemi di monitoraggio e aiuto per chi usufruisce dei mezzi di trasporto, ma non per i lavoratori del settore. A tal proposito avvieremo una campagna mirata a sensibilizzare sul tema della violenza nei confronti delle lavoratrici del settore dei Trasporti, raccogliendo le loro testimonianze e portandole alla Commissione europea. Un altro progetto al quale ci dedicheremo, lanciato dal sindacato inglese Unite, si chiama “Get me home safely”, portami a casa in sicurezza, e riguarda le pendolari che devono spostarsi da casa al luogo di lavoro, spesso fuori città se pensiamo ai magazzini logistici, anche in orari non “da ufficio”. L’obiettivo è quello di raccogliere buone pratiche per garantire un trasferimento casa-lavoro più sereno e sicuro, rinegoziando i turni di lavoro o riorganizzando gli spostamenti. Un esempio virtuoso è quello del sindacato bulgaro della metropolitana di Sofia che garantisce alle donne che devono coprire il primo o l’ultimo turno di lavoro il taxi pagato. Queste sono buone pratiche che però non sono ancora diffuse, serve incrementarle.

Secondo il Global Gender Gap 2022 del World Economic Forum ci vorranno ancora 132 anni per colmare il gap di genere a livello globale. Come anticipare i tempi?

Penso sia fondamentale agire sulla formazione e in particolare sull’area STEM. Serve poi far emergere le donne che hanno avuto successo in questo ambito, così che possano essere da esempio anche per altre ragazze. Nel settore aerospaziale, per esempio, abbiamo Samantha Cristoforetti. Servono figure così di spicco anche nel settore dei trasporti. Lei è una donna che si occupa di diritti delle donne. Spesso si pensa che la tematica sia solo femminile. Quale dovrebbe essere il ruolo degli uomini?

Il motore del cambiamento sono sicuramente le donne, ma il ruolo degli uomini è altresì cruciale. Senza il loro sostegno, il loro agire e la loro solidarietà è difficile raggiungere la parità di genere. Credo che l’approccio dovrebbe essere più laico e aperto, perché prima di avere un genere siamo tutti esseri umani.