Uomini e Trasporti n. 392 Novembre

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www.uominietrasporti.it

mensile anno XLII

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novembre 2023

Come ti passo l’azienda

RISCHI E CRITERI NELLA TRASMISSIONE AGLI EREDI Storie di famiglia

DAI BOOMER AI NUOVI DIGITALI Di padre in figlia

QUANDO LA NUOVA GENERAZIONE DIVENTA FEMMINILE

IL PASSAGGIO GENERAZIONALE NELLE AZIENDE DI AUTOTRASPORTO

«UN GIORNO TUTTO QUESTO SARÀ TUO» NUMERO MONOGRAFICO UeT23_NOVEMBRE_COVER.indd 1

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A biometano per natura. Leader da sempre. DRIVE THE NEW WAY. La propensione al cambiamento, anche nel business, è la capacità di reagire I EHEXXEVWM EPPI RYSZI W½HI -:)'3 PIEHIV MR -XEPME I MR )YVSTE RIP XVEWTSVXS sostenibile, offre oltre 25 anni di esperienza ed eccellenza nei motori E QIXERS I FMSQIXERS KEVERXIRHS YR´EYXSRSQME ½RS E OQ I YRE VMHY^MSRI HIPPI IQMWWMSRM HM '32 ½RS E * * Con BIO-LNG derivato da scarti zootecnici si negativizzano le emissioni di CO2.

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Daniele Di Ubaldo

NUMERO MONOGRAFICO

EDITORIALE 392 Anno XLII - novembre 2023 Direttore responsabile Daniele Di Ubaldo (d.diubaldo@uominietrasporti.it)

Vice direttore Patrizia Amaducci (p.amaducci@uominietrasporti.it)

Comitato editoriale Lucia Bergonzoni, Silvio Camanini, Paolo Morea, Fabrizio Ossani, Claudio Villa

Redazione Gennaro Speranza (g.speranza@uominietrasporti.it)

Collaboratori Massimiliano Barberis, Elisa Bianchi, Laura Broglio, Umberto Cutolo, Anna De Rosa, Luca Regazzi (l.regazzi@uominietrasporti.it)

Foto Alfonso Santolero

Editore Federservice Soc. Coop.

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Mensile di informazione politica e tecnica. Pubblicazione dell’Associazione professionale di categoria Organo del Gruppo Federtrasporti - gruppofedertrasporti.it

I GIOVANI GIIO SONO FANNULLONI? E MO’ BASTA! Questo editoriale è scritto da un boomer. Anzi, più che un editoriale è un appello indirizzato ai miei coetanei: smettiamola con la retorica dei giovani fannulloni, dei giovani sdraiati, dei giovani interessati più allo spritz che alle trasferte o allo straordinario. Che sia vero o meno non mi interessa. Reputo invece necessario circostanziare le situazioni, in modo da favorire – tema di questo numero monografico – il passaggio e il dialogo generazionale. Partiamo allora da noi, figli di una generazione uscita dalla guerra e votata esclusivamente al lavoro e impossibilitata a individuare un concetto di tempo libero, perché ogni minuto era funzionale a ricostruire, a rimettere in moto un paese lacerato. Il fatto che i figli di quella generazione si chiamino «baby boomer» è il sintomo che i nostri padri hanno vinto, che hanno ottenuto un’esplosione economica. Ma insieme al benessere, unitamente al potere liberatorio del fare, ci hanno trasmesso la logica vincente del sacrificio. Anche per noi cioè il lavoro è stato prioritario, ma era anche il prezzo di un patto sociale con cui una parte concedeva il proprio tempo senza vincoli, per ottenere in cambio due certezze decisive: quella che le sorti del proprio quotidiano sarebbero state comunque progressive rispetto a quelle della generazione precedente, che cioè i figli avrebbero beneficiato di maggiori agi rispetto ai propri genitori; quella che, alla stagione della concessione del tempo lavorativo, sarebbe seguita quella del riposo, garantito con assegni pensionistici adeguati e a partire da un’età ragionevole. Esattamente ciò che manca ai giovani di oggi, venuti su con una litania costante che ha ripetuto come un mantra che la pensione è un concetto da dimenticare. Per varie ragioni, ma una è da rimarcare: siamo stati costretti a smantellare pezzi di welfare anche perché abbiamo un debito pubblico di circa 2.800 miliardi di euro. A conti fatti, è come se ogni cittadino italiano si ritrovasse sulle spalle 47 mila euro di debiti da pagare. Tutti, compresi quelli nati prima che quel debito esplodesse. Ma «la pensione, questa sconosciuta» non è l’unica hit che ha risuonato nelle orecchie di questi giovani dalla loro adolescenza in avanti. L’altra serviva a ricordare che «c’è tanta crisi» e che quindi bisognava rimboccarsi le maniche. Ed era un motivetto molto vario e ritmico perché una volta c’erano i mutui subprime, un’altra i debiti sovrani, un’altra ancora la pandemia e ora una guerra. Anzi, due. Un meccanismo analogo ha funzionato anche con l’ambiente, ma qui evito di entrare nel dettaglio. Siamo tutti consapevoli che il pianeta in cui i giovani si trovano a vivere è molto più inquinato di come noi l’avevamo trovato. E siamo soprattutto certi che loro hanno tutto l’interesse – che difetta invece a molti di noi – di ripulirlo il più possibile. Ma non è finita, perché mentre scorreva questo triste susseguirsi di eventi, già di per sé ansiogeno, il quotidiano amplificava i contorni dell’incertezza, quantificando la disoccupazione giovanile su percentuali disarmanti. Tale per cui un giovane ogni quattro è impossibilitato a trovare un impiego. E come se non bastasse quei fortunati che lo trovano in fretta perché hanno studiato in una delle università dell’EmiliaRomagna (sono dati presenti nel Rapporto AlmaLaurea 2023) si devono comunque accontentare di 1.100 euro al mese, se hanno alle spalle un percorso di studi triennale, e di 1.380 euro, se hanno terminato la magistrale. Ecco perché comprendo che, a fronte di tali prospettive, monti la disillusione, il desiderio legittimo di salvaguardare il proprio privato e di difenderlo dalle invasioni del lavoro. Così come comprendo che qualcuno, dopo ponderato parallelismo, faccia la valigia e si lasci l’Italia alle spalle. È un rischio che non ci possiamo permettere, sia perché siamo già congelati dall’inverno demografico, sia perché stiamo procedendo verso una transizione epocale e complicata. E gli unici occhi in grado di fornirci un orizzonte temporale più lungo sono quelli dei giovani. Perché – evidentemente – sono più vicini al domani. novembre 2023

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DOPOLAVOROPRODOTTOPROFESSIONE SOMMARIO

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3 EDITORIALE I giovani sono fannulloni? E mo’ basta! 6 NUMERI PER CAPIRE Passaggio in cifre IL DIFFICILE PASSAGGIO Solo il 20-25% passa la mano alla seconda generazione.

8 Affari di famiglia

IL DIFFICILE PASSAGGIO Le principali criticità nella trasmissione agli eredi e come

12 evitarle. Programmare il tempo

IL DIFFICILE PASSAGGIO Il mancato ricambio generazionale visto da una realtà

16 aggregativa. Quando il consorzio assume la parte del figlio

20 IL DIFFICILE PASSAGGIO l consulente esterno. Un mentore per papà IL DIFFICILE PASSAGGIO Parla Fabio Quarato della Cattedra Bocconi di Strategia

22 delle aziende familiari. «Il passaggio comincia dall’età scolare»

STORIE DI FAMIGLIA Le aziende familiari nella classifica 2022 del Giornale della

26 Logistica. Generazioni al volante

STORIE DI FAMIGLIA Le diversità tra le quattro generazioni succedutesi dal 1945.

30 Dai boomer ai nuovi digitali

LA TESI DI LAURA Storie di strada che valgono un master.

32 La verità? Non gli piaci abbastanza

STORIE DI FAMIGLIA Il passaggio generazionale per il padroncino

38 «Mio figlio è meglio che studi»

STORIE DI FAMIGLIA Francesco Ciaravino racconta il «suo» passaggio generazionale.

40 In viaggio con papà (a 12 anni)

STORIE DI FAMIGLIA Da trent’anni in azienda la seconda generazione. Ma il padre

42 resta presidente. Un passaggio formato Torello

STORIE DI FAMIGLIA Parla Stefano Storti, terza generazione di un gruppo nato

44 dalla Trasporti Pesanti. «Prima pensiamo alle persone»

STORIE DI FAMIGLIA A colloquio con Domenico De Rosa, Ceo di Smet. Gestire la

46 transizione in tempi di crisi

SUPPORTI PER IL SUBENTRO Gli strumenti societari per il passaggio generazionale.

48 Come ti passo l’azienda

SUPPORTI PER IL SUBENTRO Parla l’esperto Nicola Carozza.

50 «Per i padroncini oggi è più semplice»

52 SUPPORTI PER IL SUBENTRO Gli incentivi al passaggio generazionale. Gli aiuti per le Pmi SUPPORTI PER IL SUBENTRO Massimo Artusi, direttore commerciale di Romana

54 Diesel. La formazione è la chiave del passaggio generazionale

SUPPORTI PER IL SUBENTRO Andrea Bertoja, responsabile commerciale dell’omoni-

56 ma azienda di allestimenti. 100 anni in quattro generazioni

GIOVANI E DONNE In quanti siedono negli organi di governance delle aziende italiane?

58 Ancora pochi sotto i trent’anni

60 GIOVANI E DONNE Quando la nuova generazione diventa femminile. Di padre in figlia GIOVANI E DONNE Dentro la storia di Arco Spedizioni.

62 L’importanza di essere un padre «presente»

NON DI SOLO TRASPORTO

64 Me l’ha detto un camionista: Trattoria del Camionista 65 Voci on the road. 10 domande a…Luca Varetto

LE RISPOSTE DEGLI ESPERTI 66 L'importante è la salute ALL'INTERNO 33 L'Agenda del mese. Novità normative

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NUMERI PER CAPIRE

PASSAGGI O LE AZIENDE DI FAMIGLIA IN ITALIA SONO 101 MILA, PARI AL: 65% del totale delle imprese. (AUB Osservatorio, gennaio 2023) 70% delle PMI. (Cerved, 2021) 65% delle imprese (11.635) con fatturato pari o superiore a 20 milioni di euro. (AUB XIV Osservatorio, gennaio 2023)

Come Paese siamo al settimo posto tra quelli che ospitano le prime 500 imprese familiari al mondo. (AUB XIV Osservatorio, gennaio 2023)

I CONSIGLI DI AMMINISTRAZIONE I CdA composti esclusivamente da membri della famiglia sono ridotti di 6 punti nell’ultimo decennio (di 8 nelle aziende più grandi). (AUB XIII Osservatorio, gennaio 2022)

Solo il 26,4% delle imprese ha almeno un consigliere sotto i 40 anni di età (dieci anni fa erano il 46,6%). (AUB XIV Osservatorio, gennaio 2023) Solo il 37,6% delle imprese ha una quota di donne in CdA superiore al 33% (con un miglioramento di soli 3 punti percentuali rispetto a dieci anni fa). (AUB XIV Osservatorio, gennaio 2023)

IL PASSAGGIOGENERAZIONALE NELLE AZIENDE DI FAMIGLIA IN ITALIA (> 20 mln di fatturato) Il 29% delle imprese familiari è guidato da un leader di età superiore ai 70 anni. (AUB XIV Osservatorio, gennaio 2023)

Il 62% dei leader familiari italiani desidera che l’azienda resti di proprietà della famiglia. (AUB-Istat, citato da IG Academy)

Il 18% delle imprese italiane dovrebbe cambiare leadership nei prossimi 5 anni, ma soltanto il 9% sembra dargli un’importanza strategica. (AUB-Istat, citato da IG Academy) Solo il 14% delle imprese dichiara di avere un piano formale per il passaggio generazionale. (AUB-Istat, citato da IG Academy)

Il calo della percentuale di leader familiari negli ultimi anni è scesa quasi dell’8%. (AUB XIII Osservatorio, gennaio 2022)

Nel periodo 2003-2016 ci sono state 1.785 successioni (di cui 657 nella leadership collegiale), per il 23,6% con mentoring. (AUB XIII Osservatorio, gennaio 2022) Il 28% dei passaggi generazionali andati a buon fine ha realizzato politiche di digital transformation. (Cerif, citato da Gi.Ma.Trans)

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I O IN CIFRE LA LONGEVITÀ DELLE AZIENDE DI FAMIGLIA IN ITALIA Solo il 20% delle imprese sopravvive alla seconda generazione. (IG Academy, 2023)

Solo il 13% arriva alla terza generazione. (IG Academy, 2023)

Solo il 4% arriva alla quarta. (IG Academy, 2023)

LE PERFORMANCE

(aziende familiari con >20 mln di fatturato) Nel 2021 (post-pandemia) le aziende familiari hanno incrementato i ricavi del 20,1%, più di quelle non familiari. (AUB XIII Osservatorio, gennaio 2022) Nel primo semestre 2021 (post-pandemia) le imprese familiari quotate hanno avuto un ROA triplo rispetto a quelle non familiari. (AUB XIII Osservatorio, gennaio 2022)

La solidità media di tutte le aziende familiari italiane è migliorata di oltre il 20% rispetto al 2019: il rapporto di indebitamento (totale attivo/patrimonio netto) è sceso da 5 a 4 volte. (AUB XIV Osservatorio, gennaio 2023)

LE AZIENDE FAMILIARI DI TRASPORTI E LOGISTICA Le aziende familiari di trasporto e logistica sopra i 20 milioni di fatturato sono 493 su 898, pari al 54,9% del totale: dieci punti in meno della media nazionale delle imprese familiari (65%). (Fabio Quarato, Osservatorio AUB a Uomini e Trasporti) Nel periodo 2011-2018, 358 aziende familiari sopra i 20 milioni di fatturato sono state cedute (l’80% all’estero): solo il 2,9 di queste sono aziende di trasporti e logistica. (AUB XIII Osservatorio, gennaio 2022) Nel biennio 2020-2021 le imprese familiari di trasporto e logistica con oltre 20 milioni di fatturato hanno registrato una crescita del 21,8%, superiore di quasi due punti alla media delle aziende di famiglia. (AUB XIV Osservatorio, gennaio 2023)

.

Le aziende familiari di trasporti e logistica hanno registrato nel 2020 (anno della pandemia) tassi di redditività operativa del 7,2%, di poco superiore alla media delle aziende familiari (7,0%). (AUB XIII Osservatorio, gennaio 2022) Le aziende familiari di trasporti e logistica hanno registrato nel 2020 (anno della pandemia) una caduta del fatturato del 5,5%, di quasi tre punti inferiore alla media delle aziende familiari (78,3%). (AUB XIII Osservatorio, gennaio 2022)

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IL DIFFICILE PASSAGGIO

SOLO IL 20-25% PASSA LA MANO ALLA SECONDA GENE R

AFFA di Umberto Cutolo

C

12,66% È la percentuale di aziende di autotrasporto che hanno indicato l’«assenza di eredi o di successori interessati e/o qualificati» un ostacolo al passaggio, a fronte del 14% del totale nazionale

ome sta la famiglia? Bene, grazie. Sembra uno scambio di convenevoli, invece è la fotografia delle imprese familiari in Italia, scattata dall’Osservatorio AUB (acronimo di Aidaf, Unipol e Bocconi) che dal 2009 monitora l’andamento di questo importante settore produttivo. Importante perché – come rivela la 14a edizione dell’Osservatorio AUB, presentata lo scorso gennaio – in Italia tra le aziende con un fatturato pari o superiore ai 20 milioni di euro, il 65% (cioè 11.635) sono a struttura familiare. E stanno bene: nel 2021, in uscita dalla pandemia, hanno registrato un rimbalzo di ricavi del 20,1%, una redditività netta che ha superato di più di mezzo punto il ROE (Return of Equity) pre-pandemico (dal 13% del 2019 al 13,6% del 2021) e una maggiore solidità dimostrata da un rapporto di indebitamento sceso di 4-5 volte. Ma non è tutto oro quel che fa luce. Mentre all’orizzonte si addensano sfide epocali – dalla transizione ecologica all’incerto panorama geopo-

litico – le aziende familiari italiane stentano a rinnovarsi: solo il 26,4% delle imprese ha almeno un consigliere sotto i 40 anni (dieci anni prima, nel 2011, erano il 46,6%); le presenze femminili non decollano: solo nel 37,6% dei casi almeno un terzo dei consiglieri è donna, con un incremento di soli tre punti in dieci anni;

LE AZIENDE FAMILIARI ITALIANE SOPRA I 20 Mln DI FATTURATO (2021) Assetto proprietario

TOTALE

Familiari

11.635

Filiali di imprese estere

3.245

Cooperative e Consorzi

957

Coalizioni

761

Statali/Enti locali

618

Controllate da Private Equity

541

Controllate da banche/assicurazioni

110

Controlate da Fondazioni

17

Public Companies

17

TOTALE

17.901

(*) con fatturato superiore a 50 mln di euro a fine 2020

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(**) con fatturato tra 20 e 50 mln di euro a fine 2020

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(F (F


E RAZIONE

A RI DI FAMIGLIA Uno studio dell’Osservatorio AUB sulle imprese italiane con oltre 20 milioni di fatturato ha rilevato che per il 65% sono a struttura familiare e nelle PMI le percentuali (discordanti) salgono di molto. Il 62% dei leader familiari desidera lasciare l’azienda ai figli, ma solo il 18% si prepara al passaggio. E l’autotrasporto non si discosta molto dal quadro nazionale

16,21%

cresce invece di più – dal 54,3% al 60,1% – la presenza di consiglieri non familiari, ritenuta essenziale dall’Osservatorio per una transizione verso modelli di governance più evoluti. Lo studio di Aidaf, Unipol e Bocconi, infatti, ha scelto come standard per misurare la diversità delle imprese familiari proprio questi tre requisiti (almeno un consigliere sotto i 40 anni; almeno un terzo di donne in consiglio e almeno un soggetto non familiare) e in Italia li ha ritrovati soltanto in 344 aziende familiari delle 8.589 esaminate. Ma ce n’è un quarto da considerare, anche in confronto agli altri Paesi. Se i valori registrati sono analoghi in Francia e in Germania, da noi è sempre molto elevata la presenza di leader con età superiore a 70 anni: il 29% del totale contro il 19% della Germania e il 10% della Francia, mentre i leader sotto i 50 anni sono il 33%, al di sotto del 37% francese e del 39% tedesco.

È la percentuale di imprese di autotrasporto che, nel passaggio generazionale, incontrano maggiore difficoltà a far fronte agli inciampi burocratici, legislativi e/o fiscali, rispetto a quelle di altri settori (pari al 14,01%) IL TASSO DI LONGEVITÀ

Medio-grandi (*)

%

%

%

65

5.048

61,0

6.587

68,4

18,1

1.793

21,7

1.452

15,1

5,3

404

4,9

553

5,7

4,3

292

3,5

469

4,9

3,5

346

4,2

272

2,8

3

314

3,8

227

2,4

0,6

57

0,7

53

0,6

0,1

8

0,1

9

0,1

0,1

10

0,1

7

0,1

8.272

0

Piccole (**)

(Fonte:Aida) da) (Fonte:Aida)

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9.629

Che dietro le luci ci siano alcune ombre, del resto, lo dimostrano i tassi di longevità delle imprese familiari italiane. In questo caso i dati sono ballerini, ma la tendenza è evidente: in linea di massima solo il 20-25% riesce a passare la mano alla seconda generazione, solo il 13-15% arriva alla terza e solo il 4% alla quarta. Perché non dimentichiamo che lo studio di AUB riguarda fatturati di tutto rispetto; se scendiamo e arriviamo alla piccola e media impresa, la quota di aziende familiari sale enormemente: su un totale di 5 milioni di imprese iscritte alle Camere di Commercio, l’85-90% è a gestione familiare, a fronte di una media europea del 50%. Ma se per una grande azienda è

difficile condurre in porto la transizione generazionale, figuriamoci per una PMI. IG Academy, azienda di formazione del gruppo londinese, sempre facendo riferimento a dati AUB, fornisce sul suo blog una serie di percentuali sconcertanti. Uno in particolare: il 62% dei leader familiari desidera che l’azienda resti proprietà della famiglia, ma mentre il 18% delle aziende italiane si prepara a cambiare leadership nei prossimi cinque anni, soltanto il 9% dà importanza strategica a tale passaggio e soltanto il 14% dichiara di avere un piano formale per il passaggio generazionale.

L’AUTOTRASPORTO NELLA MEDIA E l’autotrasporto merci come vive il passaggio generazionale? Claudio De Vecchi, ex docente alla Bocconi di Milano, oggi amministratore unico e direttore scientifico del Centro di ricerca sulle imprese di famiglia (Cerif), in un’intervista ha affermato che «il settore non presenta tratti distintivi rispetto ad altri», ma lo confermano sostanzialmente anche gli unici dati ufficiali disponibili per il settore, quelli Istat, relativi al Codice Ateco 4941 – «Trasporto di merci su strada» – che non mostrano grandi differenze con il quadro nazionale, ma bisogna premettere che sono state prese in considerazione solo le aziende con più di tre dipendenti, il che già taglia fuori dalla statistica migliaia di padroncini: basti pensare che contro le 80 mila imprese attive (e con veicoli) iscritte all’Albo degli autotrasportatori, quelle prese in considerazione dall’Istat per le tabelle dedicate al passaggio generazionale sono soltanto 17.746. Le tabelle dei censimenti permanenti dedicati dall’Istat a questo

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IL DIFFICILE PASSAGGIO

tema offrono, tuttavia, indicazioni interessanti. In primo luogo, i valori medi dell’autotrasporto merci non si discostano da quelli delle imprese nazionali, salvo in alcuni casi. I passaggi generazionali nel settore sembrano aver subito un’accelerazione nei tre anni prima del 2018, con una quota nazionale del 2,55% che è superiore alla rappresentanza delle imprese di autotrasporto merci sul totale di quelle esaminate (2,28%), mentre negli anni antecedenti la quota era assai inferiore, con l’1,79%. Ma già dall’anno successivo al 2018 la percentuale torna a scendere all’1,52%, per risalire al 2,44% – sia pure solo come ipotesi futura – per i successivi cinque anni. Un andamento stop and go che mostra come l’autotrasporto merci subisca più del resto del mondo produttivo l’incertezza del quadro economico. Le altre voci in cui l’autotrasporto merci si discosta dalla sua quota di settore nelle ricerche Istat, riguardano le conseguenze del passaggio generazionale, rispetto al quale le famiglie imprenditoriali del settore mostrano maggiore tenuta rispetto al quadro nazionale: mentre le percentuali di «rafforzamento del ruolo» e di «mantenimento del ruolo» sono in linea con il 2,14%, che costituisce la quota dell’autotrasporto merci nel totale delle imprese testate, nettamente al di sotto di tale rapporto sono le imprese di autotra-

SOLO IL 20-25% PASSA LA MANO

sporto merci che hanno visto una «riduzione» del ruolo della famiglia (1,20%) o addirittura la «perdita del controllo» (1,51%). Tenuta confortata, per converso, dal rapporto all’interno dell’autotrasporto merci in cui la quota di famiglie che hanno mantenuto il proprio ruolo nell’impresa è superiore di quasi 4 punti rispetto alla percentuale raccolta per la stessa voce nel totale nazionale. Proprio nel confronto sugli ostacoli al passaggio generazionale tra imprese di autotrasporto e totale nazionale si evidenzia una maggiore difficoltà per le prime a far fronte alle difficoltà burocratiche, legislative e/o fiscali (il 16,21, contro il 14,01 totale, con un divario di 2,20

punti percentuali), mentre sono di un punto percentuale inferiori le aziende di autotrasporto che non hanno incontrato alcuna difficoltà (il 39,34% contro il 40,38%). Unica

voce

in

controtendenza

l’«assenza di eredi o successori interessati e/o qualificati»: nell’autotrasporto solo il 12,66% l’ha indicata come un ostacolo al passaggio, contro il 14 del totale nazionale. Mentre più o meno la stessa quota, anche se assai bassa, hanno registrato «conflitti familiari» sia nell’autotrasporto che nel totale: 3,85 il primo, 3,78 il secondo. Segno che, quanto a beghe di famiglia, tutto il mondo è paese.

AZIENDE FAMILIARI ITALIANE: TASSO DI CRESCITA 2019-2021 Settore

%

Energia ed estrazione

32,8

Manifatturiero: Prodotti in metallo

28,3

Manifatturiero: Gomma e plastica

25,3

Costruzioni

24,4

Commercio all'ingrosso

23,9

Trasporti e logistica

23,1

Manifatturiero: Chimico

22,4

Manifatturiero: Mobile_Arredamento

20,3

Commercio al dettaglio

19,8

Manifatturiero: Mezzi di trasporto

19,8%

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IL DIFFICILE PASSAGGIO

LE PRINCIPALI CRITICITÀ NELLA TRASMISSIONE AGLI

PROGRAMMARE IL TEMPO Secondo l’Istat il primo passaggio di generazione avviene dopo 25 anni, ma la complicazione principale è la tensione emotiva esistente nella famiglia. Per questo tutti gli esperti sono d’accordo: prendere una lunga rincorsa e farsi guidare da un consulente fuori dalla mischia

Il

primo passaggio è sempre il più difficile. L’Istat ha calcolato che in un’impresa la seconda gene-

razione prende il controllo dopo 25 anni, quella successiva ne deve aspettare «soltanto» 21. Forse uno scarto troppo ridotto per scaricare tutte le maggiori difficoltà sul primo passaggio di mano. La verità è che la prima generazione di imprenditori uscita dalla seconda guerra mondiale, negli anni Cinquanta del secolo scorso, ha faticato per affermarsi e consolidarsi, mentre i loro figli e nipoti hanno comunque trovato un’azienda pronta. Anche per le generazioni successive, però, non è stato tutto rose e fiori. L’ultima ricerca dell’Osservatorio AUB sulle aziende con oltre 20 milioni di fatturato rileva che solo il 16% delle aziende familiari cedute tra il 2011 e il 2018 sono rimaste in famiglia: il grosso (79%) è finito a multinazionali o a fondi esteri. E l’autotrasporto non sfugge a tali percentuali, visto che la quota di aziende di famiglia del settore cedute nello stesso periodo è il 4,1% del totale, in linea con la sua quota nel panorama aziendale italiano.

AZIENDE FAMILIARI CEDUTE PER SETTORE

media AUB

Settore Commercio all'ingrosso Metallurgia Manifatturiero: Alimentari e bevande Altri servizi Commercio di autoveicoli Manifatturiero: Meccanica Commercio al dettaglio Manifatturiero: Sistema moda Trasporti e logistica Manifatturiero: Altro Holding diversificate Costruzioni Servizi alle imprese Manifatturiero: Gomma e plastica Elettronica Manifatturiero: Chimico Manifatturiero: Carta e stampa Manifatturiero: Mobile_Arredamento Energia ed estrazione Manifatturiero: Mezzi di trasporto Manifatturiero: Farmaceutica Immobiliare

18,1% 8,5% 8,1% 7,2% 7,0% 6,7% 5,4% 4,6% 4,1% 3,7% 3,7% 3,5% 3,2% 3,0% 2,7% 2,5% 1,9% 1,8% 1,6% 1,5% 1,0% 0,2%

TOTALE

100%

a compimento, e il passaggio a sbalzi,

di consulenza, IG Academy, sono tre:

quando la generazione che esce dice di

La mancata distinzione tra relazioni fami-

voler cedere, ma ogni passaggio è estre-

liari e ruoli aziendali, perché spesso i pro-

mamente sofferto e lento, per ogni passo

blemi familiari tendono a essere traspor-

avanti ne fa uno indietro. Capita quando

tati all’interno dell’impresa e viceversa; il

chi è al comando ha radicato una forte

rifiuto delle nuove idee, perché quando la

identificazione con l’azienda, il ruolo e il

nuova generazione vuole introdurre nuo-

modello costruito. Non ha la forza di ac-

vi approcci al business, non in linea con

cettare il nuovo pur essendo consape-

quelli compiuti dal fondatore, si possono

vole di doverlo fare. Spesso il passaggio

generare ostacoli all’ingresso in azienda

scompare improvvisamente). Marco Si-

è naufragato quando l’imprenditore, nel

del discendente; la mancanza di un’ade-

montacchi, dello studio omonimo, le

passaggio a sbalzi, non è riuscito a far

guata formazione del successore, quan-

riassume in poche parole: «Il passaggio

prevalere logica e buon senso al tema del

do l’insufficiente preparazione dell’erede

diretto, quando la generazione che esce

possesso e del controllo».

rappresenta un elemento negativo che

accompagna per il tempo necessario

Soprattutto in questa seconda modalità

conduce l’impresa a subire il passaggio

quella subentrante cedendo responsa-

(definita anche «Tira e molla»), le insi-

generazionale e tutte le decisioni che ne

bilità e deleghe un poco alla volta sino

die principali, secondo un altro studio

conseguono.

PASSAGGIO DIRETTO O TIRA E MOLLA? Le insidie, del resto, si nascondono già nella metodologia adottata – o che finisce per prevalere – nella transizione. Gli esperti della materia – studi legali e società di consulenza aziendale – registrano soprattutto due modalità nel passaggio di mano (se si esclude quella traumatica, quando cioè il fondatore

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E


I

EREDI E COME EVITARLE

IL CARICO EMOTIVO

A tutte queste difficoltà, Simontacchi

È più o meno quello che sostiene un’altra

aggiunge «la pericolosa e innaturale

società di supporto alle aziende, il Make

commistione tra patrimonio famiglia-

Group, segnalando tre ordini di problemi:

re e aziendale per cui la separazione

tra le generazioni («spesso il senior, più

diventa un impedimento pressoché

o meno inconsapevolmente, finisce col

bloccante, per costi e per fiscalità.

fare ombra ai propri eredi», rendendo dif-

Quasi sempre, inoltre, il vecchio patron

ficile ai junior di «conquistarsi la stima dei

ha fidejussioni personali su buona parte

collaboratori»; nella comunicazione («nel

degli affidamenti e difficilmente chi le ha

caso in cui ci sia più di un erede, il conflit-

in mano accetta di estinguerle o di girarle

to generazionale può spostarsi anche tra

sulle nuove generazioni, di certo non ca-

junior e junior, arroccandosi in posizioni

pienti quanto la vecchia.

non negoziabili»); nella governance («in

Cosa fare allora? IG Academy detta tre re-

un’azienda familiare non è raro incontra-

gole, in apparenza semplici: privilegiare

re una figura che spazi su ogni aspetto,

la parte di impresa rispetto a quella fami-

generando così grossi danni»).

liare; darsi il giusto tempo per pianificare

10% La percentuale dei fallimenti totali delle aziende che deriva dalla mancata pianificazione e gestione del passaggio generazionale

ASSETTO POST-CESSIONE DELLE AZIENDE FAMILIARI CEDUTE 2011

2012

Filiale di impresa estera

3

Controllata da Fondi/PE

6

%

2013

2014

2015

2016

2017

2018

TOT

5

11

13

30

25

34

33

154

43%

7

10

15

16

18

21

37

130

36%

Familiare

1

0

4

6

6

8

16

17

58

16%

Statale o di Ente locale

0

1

1

0

1

1

2

2

8

2%

Cooperative/Consorzi

0

0

0

0

3

1

0

1

5

1%

Coalizione

1

0

0

0

0

10

0

1

3

1%

TOTALE

11

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26

34

56

54

73

91

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IL DIFFICILE PASSAGGIO

LE CRITICITÀ AGLI EREDI

il passaggio (anche 5-10 anni, ma il Cerif

Eppure, solo il 14% delle imprese di fa-

zione e gestione del passaggio genera-

scende a 3,5 anni); avvalersi di un consu-

miglia, stando ai dati AUB-Istat citati da

zionale; che entro 5 anni dal passaggio

lente esterno, di una figura professionale

IG Academy, dichiara di avere un piano

dalla prima alla seconda generazione

estranea alle dinamiche familiari ma con

formale per il passaggio generazionale.

due aziende su tre dichiarano fallimento

una profonda comprensione di quelle

Sarà per questo che (fonte Studio Simon-

e che per il 30% delle aziende il processo

dell’organizzazione. In poche parole, pia-

tacchi) il 10% dei fallimenti totali delle

di passaggio generazionale coincide con

nificare bene la successione.

aziende deriva dalla mancata pianifica-

la fine della realtà aziendale.

Giovanni e Giuseppe Curcio, rispettivamente la prima e la seconda generazione della Curcio Trasporti.

ANCHE AL SUD SI PARLA DI FAMIGLIA I cinquant’anni di attività della Curcio Trasporti, azienda di Polla (Salerno) evoluta nell’internazionalizzazione dell’attività in coincidenza al passaggio generazionale, ha dedicato al tema un convegno organizzato lo scorso 22 luglio Anche al Sud. Anzi, forse soprattutto al Sud, dove il vincolo familiare è sentito con particolare intensità. È successo lo scorso 22 luglio, a Polla (Salerno), dove la Curcio Trasporti per festeggiare i 50 anni di attività dell’impresa ha dedicato una giornata di dibattito al passaggio generazionale. È stata un’occasione per toccare i temi più pressanti del processo di successione d’impresa, con la partecipazione di Giuseppina Della Pepa, segretario generale di Anita, che si è concentrata sulla peculiarità del settore dell’autotrasporto, ambito nel quale – ha detto – il tema è particolarmente sentito, considerata la particolare evoluzione di questo tipo di imprese che spesso vengono avviate in forma di aziende familiari monoveicolari. Annarita Rinaldi, vice presidente di Confindustria Salerno, con delega al Cambio generazionale, ha sottolineato la necessità di adeguarsi al cambiamento e di promuovere l’innovazione digitale e tecnologica per garantire la continuità aziendale, ricordando che in Italia il 93% delle PMI sono basate sul modello di family business, illustrando i vantaggi che si ottengono da questo tipo di assetto, ma segnalando le criticità e le sfide che tali aziende affrontano nel passaggio generazionale. Alberto Salsi, esperto di sviluppo aziendale e ideatore

del premio «Di padre in figlio. Il gusto di fare impresa», ha analizzato la struttura della PMI italiana, le difficoltà di sviluppo e gli impatti del ricambio generazionale nel rapporto famiglia-impresa, soffermandosi sulle aspettative delle nuove generazioni rispetto al lavoro interno all’azienda. Enzo Mattina, presidente di Quanta (società per la ricerca del personale), ex segretario nazionale della Uil ed ex parlamentare europeo, ha sostenuto che innovare, sperimentare, stimolare l’apprendimento continuo è la strategia vincente per garantire una buona gestione dell’impresa anche nell’ottica del ricambio generazionale. L’innovazione – ha aggiunto – con possibili ampliamenti dello scopo sociale, è oggi prioritaria nell’ottica di sfruttare la trasformazione digitale per la programmazione e l’ottimizzazione delle attività e per la gestione del personale, favorendo l’apprendimento continuo. Curcio Trasporti, fondata nel 1983 da Giovanni Curcio (attivo nel movimento terra fin dal 1962) è presieduta oggi dal figlio Giuseppe, che ha guidato il passaggio all’internazionalizzazione del business. Oggi la forza dell’azienda è rappresentata dalla cooperazione (dal 2011 fa arte di Astre, la più importante struttura logistica europea) e l’attenzione all’ambiente (con investimenti ingenti sulla multimodalità).

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IL DIFFICILE PASSAGGIO

IL MANCATO RICAMBIO GENERAZIONALE VISTO DA UNA R

QUANDO IL CONSORZIO AS S

Il presidente del Conap e di Federtrasporti, Claudio Villa. Alle sue spal-

Il presidente del Coap, Eugenio Zaninoni, tra Filippo Treno, un socio del con-

le, anche Villa ha vissuto un passaggio generazionale morbido. Nel

sorzio, e suo figlio Giorgio, che ha raccolto il testimone di autotrasporatore.

1977-78, dopo un anno di università, decise di fare il servizio militare

«Per una decina di anni – spiega – è stato in azienda come collaboratore familia-

e, in quel mentre, suo padre gli preparò la strada per entrare a lavorare

re e poi due anni fa ha sostenuto il corso per accedere alla professione e aprire

nel consorzio di cui era già socio. Da allora non ne è più uscito.

una sua società, alla quale progressivamente trasferirò i miei camion».

Una cosa è certa: l’inflazione complica il passaggio generazionale. Perché lascia nelle tasche dell’autotrasportatore meno di quanto serve a sopportare il sacrificio. Ecco perché soltanto pochi figli di soci di consorzi sono disponibili a raccoglierne il testimone. Ma così a ogni passaggio mancato il fatturato scema e i costi si conservano. Per evitarlo ci sono tanti modi. Ma quasi sempre l’ente aggregativo deve fare la sua parte

Un

passaggio generazionale che non va in porto determina la chiusura di un’azienda. Se poi questa azienda è socia di un consorzio o di una cooperativa, al problema specifico se ne somma un altro di contesto, perché la struttura aggregativa perde un pezzo, ma soprattutto, come puntualizza Claudio Villa, presidente del Conap di Fiorenzuola D’Arda (PC) e di Federtrasporti, «il suo parco veicolare diminuisce e, di conseguenza, anche il suo fatturato, mentre rimangono inalterati i costi che sopporta». Una situazione da scongiurare e i modi per farlo – come vedremo – sono diversi. Prima, però, cerchiamo di capire quanto, quando e perché il socio di una cooperativa non trova figli disponibili a raccogliere i frutti della sua attività.

UN PAIO DI PASSAGGI OGNI 40 SOCI Silvio Camanini, presidente del GAM di Mantova, non dispone di statistiche precise. Ma se gli chiedi come si manifesta in un consorzio la difficoltà del passaggio generazionale, lo quantifica sulla base dell’esperienza: «Di figli disponibili a raccogliere il testimone dei propri genitori ce ne sono uno o due ogni trenta o quaranta soci. Quindi, ci stiamo rassegnando all’idea che se oggi gli associati al GAM sono 60, tra qualche anno diventeranno 50. L’importante è che i 150 veicoli con cui operiamo attualmente restino disponibili anche un domani». È l’approccio condiviso dai

più, anche perché quasi tutti ritengono che arginare a monte il problema del passaggio generazionale è un po’ come vuotare il mare con un cucchiaio. Soltanto Eugenio Zaninoni, presidente del Coap di Piacenza, stabilisce un distinguo dimensionale, sostenendo che in realtà «il problema, seppure generalizzato, colpisce principalmente le piccole realtà, quelle che operano con uno o due camion, perché quelle meglio strutturate e dotate di un parco veicolare più consistente riescono a trasferirlo più facilmente e magari trovano figli maggiormente disponibili». Tutto dipende, cioè, dal maggior valore dell’impresa, che nella dimensione riesce a generare maggiori economie di scala e quindi margini più elevati. Il presidente del CAN di Noci (Bari), Giovanni Piangivino, non è molto d’accordo. E al principio economico ribatte con la cruda esperienza: «Mio padre diceva sempre che un camion provoca un problema, ma cento camion ne determinano cento. E oggi il problema principale è di riuscire a far fronte a costi gestionali straordinariamente in aumento, che si moltiplicano per ogni macchina da gestire». Piangivino mette in colonna questi costi. Ricorda, per esempio, che «un trattore, che fino a un paio di anni fa si acquistava con 100 mila euro, adesso arriva a costarne più di 150 mila, che un contratto di manutenzione per tre anni arriva tranquillamente a 24 mila euro e che un treno di pneumatici costa in media il 30% in più. Certo, anche le tariffe sono aumentate, ma con percentuali decisamente più contenute».

L’INFLAZIONE NEMICA DEL RICAMBIO Quest’ultima affermazione racchiude in sé un’evidenza matematica: il ricambio generazionale è inversamente proporzionale all’inflazione. Nel senso che il passaggio diventa tanto più improbabile, quanto più prezzi e costi aziendali tendono ad aumentare. Anche su questo sono tutti d’accordo e il ragionamento con cui dimostrano la proporzione inversa è sempre il medesimo: la generazione precedente, quella uscita dal dopoguerra o quella partita a lavorare negli anni Sessanta, sapeva che, salendo su un camion per macinare ogni giorno migliaia di chilometri e rimanendo sempre lontano da casa, si esponeva a sacrifici. Ma a fine mese, poi, aveva la fortuna di trovarsi in tasca quanto bastava a rendere più sopportabili le privazioni. Insomma, fare il padroncino rendeva, permetteva di consolidare l’attività, di mettere soldi da parte, di acquistare una o più case e di far studiare i figli. Oggi le cose non sono più così: «Al momento attuale – constata Villa – non c’è più un risultato economico adeguato al sacrificio. E quindi i figli non sono più propensi ad accedere in questa professione». Sulla stessa falsa riga si esprime Zaninoni, che in più sostiene che spesso «è lo stesso padroncino a sconsigliare il figlio a salire sul camion, perché sa perfettamente che oggi, con i costi che ci sono, ci tiri fuori ben poco». Ma è Mario Piangivino, autotrasportatore come il padre Giovanni, a rappresentare la dimostrazione vivente di tale assunto. Per-

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A REALTÀ AGGREGATIVA

S SUME LA PARTE DEL FIGLIO

Giovanni Piangivino, e suo figlio Mario. Sono rispettivamente la seconda

Il presidente del GAM di Mantova, Silvio Camanini, qui in compagnia di Dante

e la terza generazione di una tradizione familiare, intrapresa dal nonno

Pasquali, un socio del consorzio. Camanini – come si spiega a pagina 60 – ha

di Mario e che hanno raccolto due dei suoi figli, entrando entrambi

due figlie che lavorano nell’autotrasporto e di questo è molto soddisfatto

all’interno della cooperativa pugliese CAN di cui Giovanni attualmente è

perché – dice – «la mia attività non finirà nel momento in cui andrò in pen-

presidente.

sione».

ché per un verso ammette di aver scelto di lavorare nell’autotrasporto «perché sentivo di dover continuare la professione di mio padre e di mio nonno e perché in questo modo potevo vivere esattamente quella passione che loro mi avevano trasmesso». Poi, però, il diverso contesto in cui oggi si trova a operare e le difficoltà continue a cui deve far fronte, gli stanno minando l’entusiasmo. E alla domanda diretta: «Ma tu consiglieresti a tuo figlio di

salire sul camion?», risponde volgendo lo sguardo a terra: «In tutta sincerità, no. Almeno al momento attuale, per l’impegno che richiede, per la concorrenza a cui ti espone, per il sacrificio che ti impone, per il poco che ti lascia in tasca, non penso valga più la pena».

PRIMO STEP: TROVARE UN SOCIO CHE FUNGA DA FIGLIO Fin qui le difficoltà del passaggio genera-

zionale. Rimane da capire come una realtà aggregativa riesca a fronteggiarle. I metodi sono diversi. Il primo step è quello di motivare qualcuno dei soci ad acquisire i veicoli e l’attività di chi va in pensione. A fungere, per così dire, da figlio. E spesso – aggiunge Villa – «può essere utile anticipare il passaggio, vale a dire individuare i casi in cui i soci potrebbero incontrare difficoltà a tramandare l’attività e favorire la fusione con un’altra real-

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IL DIFFICILE PASSAGGIO

IL MANCATO RICAMBIO GENERAZIONALE Il socio non ha figli disponibili

Dopo qualche anno viene data all’autista formato l’opportunità di diventare socio

Il parco veicolare di proprietà impone di reperire e formare nuovi autisti

tà, in modo tale che l’integrazione diventi più morbida, in quanto il socio ricevente, almeno per qualche stagione, può ricevere il supporto del socio uscente». Questa modalità – in apparenza fluida – presenta come contraltare un possibile sbilanciamento dei rapporti interni alla compagine societaria, tematica a cui le cooperative sono particolarmente sensibili. Nel senso che il socio che funge da figlio finisce per aumentare, magari per raddoppiare la propria dimensione e i suoi colleghi potrebbero storcere il naso. Prova ne sia che in molte strutture esiste un limite dimensionale oltre il quale il singolo socio non può andare, sia per tenere in equilibrio le relazioni tra soci, sia per non trovarsi a gestire una difficoltà troppo complessa nel caso in cui il socio troppo accresciuto abbandoni la cooperativa. Perché se tamponare il pensionamento o la fuga di un padroncino con qualche camion è ancora agevole, farlo rispetto a un socio con 30 o 40 macchine può diventare complicato. Ecco perché, per esempio, il GAM, spiega Camanini, ha posto da sempre un limite societario di sei veicoli, innalzato a dieci soltanto in tempi recenti proprio per compensare le difficoltà generate dai mancati passaggi generazionali, mentre in Conap, riferisce Villa, seppure non esista un vincolo analogo, è stata prevista una procedura articolata, che allunga i tempi dell’abbandono anche fino a un anno.

SECONDO STEP: IL PARCO VEICOLARE DELLA COOP Se la prima modalità rimette la palla ai singoli soci, una seconda chiama in causa la struttura aggregativa, che in prima persona rileva i veicoli del socio a fine corsa e li utilizza per creare un proprio parco veicolare. Per certi versi non è una modalità inedita, in quanto molte strutture si dotano di un polmone veicolare di proprietà. Ma si tratta per lo più di mezzi trainati, utilizzati – spiega Camanini – «per mettere i soci in condizione di

Il Consorzio sonda la disponibilità di altri soci a rilevare la struttura

IL CERCHIO PER AMMORBIDIRE IL PASSAGGIO IL PARCO VEICOLARE PUÒ SERVIRE A: 1) Diversificare e ottimizzare le opportunità di fatturazione 2) Accedere a nuovi segmenti di mercato 3) Presidiare segmenti ritenuti strategici

diversificare l’attività e quindi di ottimizzare le opportunità di fatturazione» o magari, aggiunge Zaninoni, per sondare l’opportunità di accedere in un segmento di mercato nuovo o per presidiarne uno divenuto strategico. Il presidente del Coap cita in proposito l’esperienza recente del suo consorzio, che ha rilevato un’area industriale di 48 mila metri quadri alle porte di Piacenza con un magazzino di 20.000 metri quadri. Tutto questo ha incrementato la necessità di disporre di un numero di motrici maggiori rispetto al passato, perché più funzionali alla distribuzione anche in contesti limitrofi alle città. «Ecco perché quando un paio di soci disponevano proprio di motrici hanno deciso di abbandonare l’attività, il consorzio ha ben pensato di rilevarle e di gestirle direttamente». Oggi però la partita è diversa, «perché le cooperative si stanno dotando – riferisce Villa – di un parco veicolare di qualche decina di veicoli e che quindi va gestito con una logica e un’organizzazione inedita». Ma soprattutto, nell’attuale contingenza, impone di dover affrontare il problema, non particolarmente agevole, di trovare qualcuno che materialmente guidi i camion. Lo stesso Villa riferisce che il Conap è stato costretto a tenere fermi cinque veicoli di quelli acquisiti dai soci perché non riusciva a trovare autisti. Mario Piangivino, invece, allarga il problema dalla ricerca degli autisti, alla loro formazione e fidelizzazione. «È un aspetto che la generazione di mio padre non percepiva, perché all’epoca per un autista che andava via ce n’era subito un altro disponibile a lavorare. Oggi, invece, io ho dovuto investire un anno di tempo per formare quattro giovani, viaggiando al loro fianco e trasmettendo loro non soltanto i segreti dell’attività, ma anche il rispetto del veicolo e le modalità per rendere il lavoro stesso più soddisfacente. E ora vivo nel timore che qualcuno di questi giovani mi dica «io mollo» e proprio per questo cerco di assecondare le loro esigenze, di metterli in condizione di tor-

In mancanza, il Consorzio rileva i veicoli del socio uscente creando un proprio parco veicolare

nare a casa il più frequentemente possibile, di concedere loro un giorno libero non appena ne hanno bisogno. E lo faccio perché sono consapevole che se un autista lo tieni troppo impegnato, alla fine scoppia. Ecco perché è necessario trattare chi lavora come una persona a tutto tondo e cercare sempre di mediare, un verbo magari sconosciuto al vocabolario di mio padre, ma che per me è diventata una regola assoluta».

IL PASSAGGIO COME OPPORTUNITÀ DI CRESCITA IMPRENDITORIALE Camanini aggiunge un particolare interessante, che in qualche modo chiude il cerchio. Perché se è vero che formare l’autista richiede tempo e dedizione, è anche vero che spesso la maniera migliore per fidelizzarlo – spiega – è quella «di indicargli un percorso, una prospettiva evolutiva che, nell’arco di tre anni, lo trasformi da dipendente a padroncino. Perché in questo modo lui fa un salto, divenendo un piccolo imprenditore in grado di crescere professionalmente, e il gruppo aggregativo ottiene un ritorno dall’investimento formativo conquistando un nuovo socio. È un percorso che abbiamo seguito più volte e oggi sono una decina i soci partiti anni fa come autisti». È una puntualizzazione importante, soprattutto rispetto alla logica che la ispira, attenta a ottenere un ritorno da un investimento divenuto necessario. Ma questo a ben guardare potrebbe essere il lieto fine di questa vicenda: il passaggio generazionale impone alle realtà aggregative di affrontare una criticità, di frenare un’emorragia tramite un proprio parco veicolare, ma alla fine costringe pure a trovare modalità organizzative e gestionali più attente e imprenditoriali. Insomma, una criticità potrebbe diventare un’opportunità.

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IL DIFFICILE PASSAGGIO IL CONSULENTE ESTERNO

UN MENTORE PER PAPÀ È la soluzione migliore, soprattutto per evitare il rischio di conflitti interni. Deve essere esperto nel passaggio generazionale, equidistante nella famiglia e conoscere il business. Eppure, tra le aziende con più di 20 milioni di fatturato, nel periodo 2003-2016, su 1.785 successioni, soltanto il 23,6% si è avvalsa del mentoring

Ha

un nome che riecheggia la classicità: Mentor manager. E come il Mentore dell’Odissea, che aiuta e consiglia Telemaco nei venti anni dell’assenza del padre Ulisse, il suo moderno epigono guida e indirizza i figli di oggi (ma anche i padri) a subentrare nell’impresa. Che un occhio esterno, non coinvolto negli intrecci familiari, dove spesso il sentimento prevale sulla ragione, sia un supporto importante per guidare la transizione generazionale è evidente. E, infatti, secondo una ricerca realizzata su un campione di 300 dirigenti, da Studio Temporary Manager (STM), società veronese di consulenze aziendali, il 90% degli intervistati ritiene fondamentale l’aiuto di un professionista esperto.

CHIEDERE AIUTO ALL’ESTERNO Eppure, a differenza dei loro manager, i titolari d’impresa hanno qualche problema a chiedere aiuto fuori dalla famiglia. Secondo il XIII Osservatorio AUB sulle imprese familiari con più di 20 milioni di fatturato, nel periodo 2003-2016, su 1.785 successioni, soltanto il 23,6% si è avvalsa del mentoring. Percentuale in linea con i dati del Centro di ricerca sulle imprese di famiglia (Cerif), secondo cui nei processi di questo genere sono coinvolti una media di 3,5 membri della famiglia e 1,5 consulenti esterni. Più alta, ma comunque inferiore al 50%, la percentuale indicata da STM che fissa al 41% i titolari d’impresa che si avvalgono di un manager esperto, mentre il 39% fa tutto da solo e un 16% si rivolge a persone di fiducia, ma non esperte.

Invece, il Mentor manager deve avere qualità specifiche che gli intervistati da STM hanno precisato nel dettaglio: al primo posto capacità psicologiche, di coaching, tutoring e mentoring, indicate dal 63% del campione, addirittura più dell’esperienza specifica di passaggio generazionale (47%) e dell’equidistanza familiare, ovvero nessun rapporto precedente con alcun membro della famiglia (37%) e solo ultima una conoscenza approfondita del business (32%). «Ma sono ancora pochi gli imprenditori che comprendono l’importanza di un piano di successione che favorisca l’inserimento del familiare all’interno dell’organizzazione nel modo corretto», ha osservato Gian Andrea Oberegelsbacher, AD di STM, nel presentare la ricerca. «Così come l’utilizzo di manager esperti esterni che possano supportarli in questa fase delicata della vita aziendale».

stati da STM esprimono giudizi positivi. Secondo l’83%, la nuova figura così formata si è dimostrata adatta a prendere le redini della società, con il giudizio che eguaglia quello dei predecessori (7,2 contro 7,5). Per l’87%, la situazione aziendale è in generale stabile o migliorata (solo per il 13% è peggiorata), così come il fatturato, dove solo il 16% ha avuto un calo. Perché l’innovazione tecnologica è la svolta che tutti si attendono dalle nuove generazioni. Tanto è vero che alcuni studi di consulenza, sdoppiano la figura del Mentor manager, proponendone uno «tecnico» da affiancare all’erede, per trasmettergli le hard skill funzionali a ricoprire il nuovo ruolo apicale, e uno «manageriale» per tutto il resto.

COME PREPARARE IL SUCCESSORE Ci sono alternative? «Dall’analisi», aggiunge Oberegelsbacher, «emerge una diretta correlazione tra formazione e performance aziendali: chi ha seguito un percorso corretto, come aver fatto esperienze in altre aziende, aver ricoperto nell’impresa familiare diversi ruoli non apicali e aver ricevuto un’istruzione adeguata, non solo ha eguagliato i propri genitori, ma ha portato ulteriore valore all’azienda». Sui familiari che prendono il timone dell’impresa hanno ricevuto una formazione adeguata, avendo fatto esperienza in altre aziende o essendo cresciuti in quella di famiglia, i manager intervi-

41% È la percentuale di titolari d’impresa che si avvalgono di un manager esperto. Il 39% fa tutto da solo e un 16% si rivolge a persone di fiducia, ma non esperte

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IL DIFFICILE PASSAGGIO

PARLA FABIO QUARATO DELLA CATTEDRA BOCCONI DI

«IL PASSAGGIO COMINCIA DALL’ETÀ SCOLARE» In Italia su 898 imprese di trasporti e logistica con oltre 20 milioni di fatturato, 493 sono a controllo familiare, pari al 54,9%, dieci punti sotto la media nazionale. Ma se scendiamo di dimensioni la percentuale aumenta. Ed è un falso mito che in Italia le aziende di famiglia siano di più che all’estero: è solo che si vede di meno perché sono meno presenti negli organi di governance

«È

necessario premettere che nel nostro Osservatorio monitoriamo le aziende sopra i 20 milioni di euro. Quindi siamo un po’ distanti dalla figura del padroncino». Fabio Quarato è pacato e preciso, come richiede il suo lavoro di studioso e ricercatore. Trentotto anni, Laureato alla Bocconi in Amministrazione, Finanza e Controllo, è docente di Economia aziendale e Sistemi di corporate governance alla Bocconi e – sempre alla Bocconi – Managing Director della Cattedra AIDAF-EY di Strategia delle aziende familiari intestata alla memoria di Alberto Falck, che elabora ogni anno l’Osservatorio AUB (AIDAF-Unicredit-Bocconi) sulle imprese a controllo familiare. E con pacatezza e precisione Quara-

Nelle aziende di grandi dimensioni sta prendendo piede il modello francese o tedesco, dove la famiglia fa un passo indietro, al massimo entra nel Cda, e lascia la gestione in mano a manager esterni. In una PMI, invece, è quasi scontato che la famiglia resti al comando operativo e al titolare succederà un familiare

to elenca i dati dell’Osservatorio che riguardano le imprese di trasporto e logistica: «Sopra i 20 milioni di euro ci sono in tutto 898 imprese di trasporto e logistica, di cui sono 493 a controllo familiare e 405 non familiari. Ne viene fuori un’incidenza del 54,9%, che quindi è una percentuale un po’ più bassa rispetto alla media nazionale del 65%. Sono dieci punti sotto la media, ma è comprensibile. Bisogna ricordare quel che dicevo prima: noi monitoriamo aziende di medie e grandi dimensioni e, più scende il fatturato, più la percentuale di imprese di famiglia aumenta. Quanto ai passaggi generazionali, quelli avvenuti nel settore dei trasporti e logistica sono in linea con la media nazionale che si aggira intorno al 2%». Parlando in generale, e non solo di trasporti, le aziende di famiglia sono più numerose in Italia o all’estero? Qui dobbiamo sfatare un falso mito. Noi abbiamo fatto un confronto con Francia, Germania e Spagna e abbiamo scoperto che la presenza di imprese familiari è molto simile alla nostra. Quello che cambia è la presenza della famiglia negli organi di governo dell’azienda, che in Italia è molto maggiore. In Germania, per esempio, i consigli di gestione sono quasi sempre formati solo da non familiari. Penso che il falso mito di cui parlavo prima sia dovuto proprio a questo: che molte imprese estere non sembrano di famiglia, perché nei consigli di amministrazione o di sorveglianza o di gestione – a seconda del paese – non ci sono (o sono molti meno) membri

Fabio Quarato, docente di Economia aziendale e Sistemi di corporate governance alla Bocconi e Managing Director della cattedra AIDAF-EY di Strategia delle aziende familiari intestata alla memoria di Alberto Falck, che elabora ogni anno l’Osservatorio AUB (AIDAF-Unicredit-Bocconi) sulle imprese a controllo familiare.

della famiglia, ma manager esterni. Torniamo in Italia. Quali sono le maggiori criticità in un passaggio generazionale? Da quello che vediamo ce n’è una, ma basta e avanza, verrebbe da dire, perché il processo – come lo chiamiamo noi – non viene pianificato, ma continuamente rinviato e poi, quando il titolare ha un’età molto avanzata, crede di poter realizzare l’avvicendamento all’ultimo minuto. E questo da cosa dipende? Probabilmente perché è insito nella cultura italiana questo meccanismo accentratore, dove soprattutto i fon-

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S


I

STRAT EGIA DELLE AZIENDE FAMILIARI

datori – la prima generazione – fanno molta fatica a delegare o a concedere autonomia e questo li induce, finché sono in salute, a voler comunque continuare a essere il soggetto decisore. Me c’è anche una componente anagrafica – lo abbiamo constatato nelle nostre interviste – cioè la fatica di accettare di essere entrati in una fase diversa della propria vita. Come dire: se passo il ruolo di comando a mio figlio, io che sono abituato a stare in azienda tutti i giorni, dieci ore al giorno, dal lunedì al sabato, poi che faccio? E questo un po’ spaventa. Dunque, per il passaggio generazionale bisogna muoversi in tempo. Ma quanto in tempo? Quando bisogna cominciare? Dall’età scolare, perché è lì che s’incomincia a trasmettere l’entusiasmo, lo spirito, l’amore per l’azienda e i ragazzi cominciano a capire se l’azienda è qualcosa che gli piace o non gli piace e quindi a indirizzare i propri studi in funzione di qualcosa che potrebbe essere utile un domani per entrare nell’impresa. È l’avvicinamento all’azienda, la prima di quattro fasi

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illustrate in una «guida per i passaggi generazionali» – realizzata dalla Cattedra AIDAF-EY in collaborazione con Assolombarda e reperibile anche su Internet – nella quale non si è coinvolti operativamente in nessuna maniera, ma si comincia a conoscere l’azienda, i suoi dipendenti, il prodotto, quindi ad assimilare quel knowhow intrinseco di cui la famiglia è portatrice. E le altre fasi? La seconda è la fase della formazione, dove è chiaro che il giovane potrà assecondare le proprie tendenze, ma dovrà avere ben presente che se vorrà entrare in azienda avrà bisogno di un certo tipo di formazione. Per questo molte imprese si stanno dotando di un patto di famiglia che stabilisca prima e con chiarezza le regole di ingresso. Per esempio, se per entrare in azienda ci vuole una laurea, una certa conoscenza delle lingue e un periodo di lavoro fuori (o all’estero), il giovane fin da quando comincia a studiare sa quale percorso seguire. Se non avrà conseguito la laurea, non potrà rivendicare di entrare in

È insito nella cultura italiana questo meccanismo accentratore, dove soprattutto i fondatori – la prima generazione – fanno molta fatica a delegare o a concedere autonomia e questo li induce, finché sono in salute, a voler comunque continuare a essere il soggetto decisore azienda con la scusa che nessuno glielo aveva detto. E quando entra in azienda? È la terza fase, di formazione lavorativa, in cui ci sarà il primo trasferimento di responsabilità al figlio in quella che noi chiamiamo «convivenza ge-

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IL DIFFICILE PASSAGGIO PARLA FABIO QUARATO DELLA CATTEDRA BOCCONI

54,9% È la percentuale di aziende familiari di trasporto sul totale delle imprese del settore. Nel complesso nazionale le aziende familiari italiane raggiungono il 65% del totale, ma la statistica non tiene conto di quelle con meno di 20 milioni di fatturato. E più questo è basso, più aumenta la presenza delle imprese di famiglia

nerazionale». Il livello d’ingresso dipenderà molto proprio dagli studi e dall’esperienza maturata all’esterno. Evidentemente il papà mantiene ancora un potere superiore, ma si apre un periodo di trasferimento di competenze, segnato da una fase di apprendimento sia da parte della nuova generazione che della precedente, con quest’ultima che comincerà un po’ alla volta a delegare e ad affidare responsabilità a quella nuova. Alla fine di questa fase si dovrebbe arrivare al vero e proprio «passaggio del testimone».

delle imprese più piccole. Cosa

Quindi questo processo quanto dura? Da quello che ho spiegato si capisce che può durare anche venti, trent’anni. Dipende anche da come datiamo la partenza: se cominciamo dalle scuole superiori per arrivare al momento in cui il figlio subentra come amministratore delegato al posto del papà, di anni ce ne vorranno certamente tanti.

glio d’amministrazione, e lascia la ge-

Voi studiate le aziende con fatturati elevati, ma certamente avrete – se non i numeri – almeno il polso

ta attenzione alle dinamiche interne

succede nelle PMI? La differenza più forte è che la PMI è ancora molto concentrata sul passaggio della gestione all’interno alla famiglia, quindi il meccanismo che ho illustrato per le piccole e medie imprese è molto più accentuato e richiede un’attenzione ancora maggiore. Nelle aziende di grandi dimensioni, invece, sta prendendo sempre più piede, anche in Italia, il modello francese o tedesco, dove la famiglia fa un passo indietro, al massimo entra nel consistione in mano a manager esterni. In una PMI, invece, è quasi scontato che la famiglia resti al comando operativo e dunque al titolare succederà sicuramente un familiare. Il percorso è sempre lo stesso, ma magari ci sono anche cugini e nipoti che vogliono entrare in azienda e alla fine prenderne la leadership, e dunque ci vorrà molalla famiglia, soprattutto se questa è molto numerosa.

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eCitan: Consumi WLTP ciclo misto: consumo di energia elettrica in kWh/100 km: 20,0-18,9; Emissioni di CO2 (g/km): 0.

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STORIE DI FAMIGLIA

LE AZIENDE FAMILIARI NELLA CLASSIFICA 2022 DEL GIORN A

LE PRINCIPALI AZIENDE FAMILIARI DEL TRASPORTO posizione in classifica

fatturato 2021

famiglia di riferimento

Fercam

6

943

Baumgartner

BZ

Arcese

10

630

Arcese

TN

azienda

Per

capire il peso che hanno le famiglie imprenditoriali ita-

prov.

BCube

14

560

Bonzano

AL

Transmec Group

18

500

Montecchi

MO

Gruber Logistics

-

(720 dopo acquisizione di Universal T.)

Gruber

BZ

il primo posto è una partita a due fra il

Italtrans

21

Bellina

BG

colosso tedesco DHL e la Savino Del

Gruppo Codognotto

22

Codognotto

TV

Gruppo Smet

28

De Rosa

SA

liane nella logistica e nell’autotrasporto nazionali, basta scorrere la classifica per fatturato pubblicata ogni anno da Il

340

Giornale della Logistica, dove da tempo

Bene. Che è soprattutto un’agenzia di spedizioni marittime, da un miliardo e mezzo di fatturato, fondata nel 1889

340 (oggi 430)

330 268 (aggregato 450)

dall’imprenditore di cui porta ancor

Arco spedizioni

32

257

Riva

MB

oggi il nome e racconta emblematica-

Torello Trasporti

35

240

Torello

AV

mente nella sua lunga vita (comincia

Gruppo Pacorini

36

196

Pecorini

TS

con il trasporto degli emigranti ed è segnata dal recupero delle opere d’ar-

Brivio e Viganò Holding

39

189

Viganò e Brivio

MI

te dai nazisti) la storia di due famiglie:

Albini e Pitigliani

41

169

Albini e Pitigliani

PO

Pezzoli Petroli

50

139

Pezzoii

CO

prima quella che ha dato il nome alla società, poi – dopo una serie di giri proprietari che l’hanno portata in bor-

Bartolini, fondata nel 1928 a Bologna to anni dai suoi eredi e ceduta poco

TRA MULTINAZIONALI STRANIERE E FAMIGLIE ITALIANE

a poco, a partire dall’inizio del nuovo

Poi tutta la classifica continua così,

successione del figlio vice presidente,

secolo, alla francese La Poste, fino alla

alternando

Fabio, cresciuto in azienda e delega-

sostituzione nel 2019 di Daniele Barto-

(TNT, SDA, UPS, Schenker, DSV) a fami-

to di fatto al mercato americano. Così

lini, con il direttore generale Dalmazio

glie italiane, con la presenza nella top

come, al terzo posto nella classifica

Manti e, dall’ottobre 2023, da una ma-

ten di due famiglie ancora saldamente

del 2022, figura BRT, sigla del corriere

nager esperta come Stefania Pezzetti.

in sella: Fercam (sesta con oltre 900

sa e poi al delisting – quella di Paolo Nocentini, attuale presidente novantunenne, detentore del pacchetto di maggioranza, dietro il quale si profila la

da Divo Bartolini, retta per quasi cen-

multinazionali

straniere

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N ALE DELLA LOGISTICA

GENERAZIONI AL VOLANTE

di Umberto Cutolo

Tra le prime cinquanta aziende di trasporto per fatturato sono almeno una ventina le aziende di famiglia, ma il numero sale se si considera quelle che hanno cominciato con il camion e oggi – alla seconda o terza generazion – sono diventate imprese di logistica da milioni di euro di fatturato milioni euro di fatturato, salito nell’ultimo bilancio a 1,128 miliardi) e Arcese Trasporti (decima, con 630 milioni). La prima, nata nel 1949 a Bolzano, con l’idea (futuristica per l’epoca) di coniugare il trasporto stradale con quello ferroviario, entra a pieno titolo nelle imprese di famiglie nel 1963, quando Eduard Baumgartner la rilevò, insieme ai suoi cinque camion, trasformandola nel tempo in un’organizzazione internazionale e passando la mano nel 1981 al figlio Thomas, che lo scorso luglio ha concluso il passaggio alla terza generazione, con la nomina del

Una foto del giovane Eleuterio Arcese scattata nel 1957 insieme agli zii Teresa e Benedetto, alla sorella Rita e a due amiche.

figlio Hannes ad amministratore delegato. Solo due generazioni, invece, si contano nella storia – più recente – della Arcese trasporti, fondata nel

senza di società familiari – o di origine

stica integrata – alla terza generazio-

1966 da Eleuterio Arcese come ditta

familiare – si fa più fitta e più legata al

ne, con Carlo Piero, presidente e figlio

individuale, che vede ancora al vertice

trasporto merci su strada che alla logi-

del fondatore Luigi, che ha affidato ai

il fondatore, oggi novantenne, ma con

stica: se ne contano 18, a cominciare

suoi figli, Luigi e Umberto, gli incari-

la presenza in azienda dei quattro figli,

dalla BCube di Casale Monferrato (14°

chi rispettivamente di amministratore

in particolare di Matteo, Executive Pre-

posto con un fatturato di 500 milioni di

e consigliere delegato. O come il Tran-

sident del gruppo.

euro), fondata dalla famiglia Bonza-

smec Group (18° posto), fondato, ad

Se, poi, allarghiamo lo sguardo alle pri-

no nel 1952 per la lavorazione e il tra-

onta del nome inglese, a Pavullo e poi

me cinquanta aziende della classifica

sporto del legname e arrivata lo scorso

spostatasi a Campogalliano (Modena)

de Il Giornale della Logistica, la pre-

febbraio – da multinazionale della logi-

dalla famiglia Montecchi, addirittura nel 1850 (da non perdere le foto d’epoca di Domenico Montecchi con il suo carretto a cavalli) e – dopo la scomparsa a 99 anni del nipote del fondatore, anch’egli di nome Domenico – arrivato alla quarta generazione, con Danilo, Mariangela e Massimo alla guida di quello che oggi è un gigante da quasi 400 milioni di fatturato. Oppure il Gruppo Gruber di Ora (Bolzano), 20° con 340 mila euro di fatturato (lievitato poi

Hannes e Thomas Baumgartner: il primo è dal 2017 amministratore delegato di Fercam, il secondo lo è stato, a partire dal 1981, fino a quel momento. Oggi rimane presidente.

a 720 milioni dopo l’acquisizione nel settembre 2022 della tedesca Universal Transport) e oltre 2300 unità di trasporto, fondato nel 1936 da Josef Gruber e partito subito, data la posizione,

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STORIE DI FAMIGLIA

LE AZIENDE FAMILIARI DEL TRASPORTO

turato, 600 veicoli, 1.500 semirimorchi e 1.000 container intermodali, con al vertice il figlio del fondatore, Maurizio.

cetta l’amministrazione, ad Antonio i rapporti con gli stakeholder e la guida di un team Controller Logistics Service. Ancora il Gruppo Pacorini di Trieste

STORIE PARALLELE

Germano e Sheela Bellina, rispettivamente presidente e responsabile della divisione commerciale di Italtrans.

E poi tante storie parallele: il Gruppo Smet, (28° con 268 milioni di fatturato e 450 di aggregato), nato nel 1947, per opera di Domenico De Rosa, passato nel 1975 al figlio Luigi e dal 2008 nelle mani della terza generazione: Domenico, che ne è l’amministratore delegato, Andrea e Lorella; oggi conta un parco di 5.500 veicoli e oltre trenta sedi in tutta Europa. La Arco spedizioni, fondata da Giovanni Riva nel 1970 a Milano e oggi - oltre 200 milioni di fatturato e più di cento filiali in tuta Italia per trasporti di collettame, ADR e vino - guidata dai tre figli del fondatore, Lanfranco, Lucrezia e Leandro. Torello Trasporti di Montoro (Avellino), il cui fondatore, Nicola Torello, che ha appena festeggiato i suoi 80 anni, è tuttora presidente dell’azienda (35°

(36°, 196 milioni), fondato nel 1933 a Trieste come trasportatore di generi coloniali da Bruno Pacorini e oggi – specializzato nella distribuzione del caffè – guidato, come CEO, dal nipote Enrico Pacorini. E Brivio e Viganò Holding di Pozzuolo Martesana, Milano (39°, 189 milioni), fondata da Giovanni Viganò e Luigi Brivio, con due camion a metà degli anni Settanta, in transizione verso la seconda generazione, con i figli Stefano e Mauro Brivio e Alessandro Viganò, in consiglio d’amministrazione, insieme al padre Giovanni. Albini e Pitigliani, (41°, 169 milioni), fondata Albo Albini e Alessandro Pitigliani nel 1945 a Prato, con un camion in affitto e oggi, raggiunta una dimensione globale, arrivata alla terza generazione (Piero e Ferdinando Albini con Fabrizio Pitigliani). Pezzoli Petroli, di Bregnano, Como (50°, 139 milioni), creata nel 1964 da Adriano Pezzoli e dalla moglie Anna Guarnerio per distribuire stufe, bombole a gas e fustini di cherosene, prima di diventare concessionaria di Agip petroli. Oggi l’azienda – diventata leader nella commercializzazione di prodotti petroliferi – è gestita dalla terza generazione della famiglia. L’elenco potrebbe continuare a lungo,

Danilo e Massimo, la quarta generazione della famiglia Montecchi, al comando del gruppo Transmec.

anche perché più cala il fatturato, più è recente la nascita della ditta, più la famiglia resiste. D’altra parte, ogni azien-

con i trasporti internazionali; diventata Gruber Logistics, dal 2014 è guidata da un Consiglio direttivo del quale fa parte

posto e 200 milioni di fatturato), ma ha distribuito gli incarichi ai tre figli: a Umberto l’area fleet e clienti, a Con-

da individuale, all’inizio è un’azienda familiare. Almeno nella testa e nel cuore del fondatore.

la seconda e la terza generazione della famiglia Gruber: il figlio di Josef, Kurt, e i nipoti Christian, Michael e Martin Gruber, quest’ultimo amministratore delegato. E subito dietro Gruber, altre due aziende di famiglia: 21° posto con 334 milioni di fatturato, per la Italtrans di Bergamo, partita nel 1985 con una Fiat di terza mano per portare ortofrutta a Milano, e oggi guidata da Laura Bertulessi, che ha fondato la società insieme al marito e al cognato, Claudio e Germano Bellina, e dalle sue due figlie, Paola e Sheela. E al 22° posto il Gruppo Codognotto, fondato da Attilio, con due camion, nel 1946, che oggi

Il board di Gruber Logistics. Al centro il CEO Martin Gruber, il primo a sinistra l’amministratore delegato Marcello Corazzola.

è una realtà da oltre 300 milioni di fat-

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E’ORA DI IMPARARE

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STORIE DI FAMIGLIA

LE DIVERSITÀ TRA LE QUATTRO GENERAZIONI SUCCEDUTESI D

DAI BOOMER AI NUOVI DIGITALI Dai figli del boom economico fino a quelli nati con la testa a forma di chip. Passando dalla Gen X e dai millennials. Quattro step generazionali corrispondenti a quattro tipologie di approccio all’azienda. E la vera discriminante è la sensibilità ambientale, scaturita soprattutto negli anni Duemila demografi sostengono che stiamo vivendo una fase storica senza precedenti, con quattro generazio-

I

demografi tendono ad assottigliare le

è trasferire il potere aziendale dall’una

differenze, soprattutto tra quelle degli

all’altra. Nell’autotrasporto la situazio-

ultimi anni. Il problema è che spesso

ne è assai simile a quella che si registra

ni che si sono susseguite dal 1945, al

risulta difficile far coesistere – e colla-

nelle altre aziende, non solo a livello di

mondo globalizzato di oggi. Quattro

borare – generazioni con esperienze,

management, ma anche semplicemen-

generazioni che hanno nomi e carat-

caratteristiche e visioni diverse della

te per quanto riguarda i dipendenti, a

teristiche proprie, anche se gli stessi

vita e del lavoro; ancor più, dunque, lo

cominciare dagli autisti.

CARTA DI IDENTITA DI QUATTRO GENERAZIONI Nome

baby boomer

gen x

gen y

gen z

anno di nascita

dal 1945 alla metà degli anni 60

tra il 1966 e il 1979

tra il 1980 e il 1999

tra il 2000 e il 2010

segni particolari

foto

Sono tanti, ottimisti sul futuro e tendenzialmente orientati al sacrificio, a mettere al primo posto il lavoro, anche a scapito della vita privata. Con il mondo digitale stabiliscono spesso un rapporto complicato Respirano un’aria in cui trovano spazio i diritti civili e in cui, oltre alla ricchezza, diventa importante la realizzazione personale. Familiarizzano con i giochi elettronici e, malgrado abbiano conosciuto i pc non più giovani, sono in grado di piegarli alle loro esigenze sono una generazione connessa, la prima a essere nata con uno smartphone in mano, la prima che nasce con un pc in casa. Qualcuno la definisce anche la MTV Generation, facendo riferimento al canale televisivo musicale che tanto successo raccolse in quegli anni Perdono ottimismo sul futuro e questo accresce anche lo stress. Coltivano una forte sensibilità ambientale, che diventa un obiettivo di vita primario. Crescono quando internet conquista ogni forma di lavoro e di comunicazione e fanno fatica a pensare che se ne possa fare a meno

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SI DAL 1945

I BABY BOOMER

il che altrettanto spesso la mette in

tenze aggiunge un bisogno di fiducia

Le differenze più marcate, tuttavia, si

contrapposizione con le generazioni

e di autonomia che costituisce una no-

racchiudono nella prima generazione,

successive, più attente a equilibrare

vità non scontata rispetto al passato.

quella uscita dal conflitto mondiale e

l’attività lavorativa con la vita sociale

artefice della ricostruzione di un’Italia

e familiare.

UN SONDAGGIO FRANCESE

GEN X, «MILLENNIALS» E GEN Z

Un sondaggio realizzato lo scorso

metà degli anni 60. Sono i Baumgartner e gli Arcese – per citare i primi due

La prima di queste è la Gen X, che

cupazione e dell’Integrazione fran-

fatturati nelle imprese familiari del

comprende i nati tra il 1966 e il 1979.

cese (in realtà tra i dipendenti delle

settore – che fondarono la loro attivi-

Rispetto ai «capitani d’industria» che

aziende di trasporto e di logistica e

tà fino alla metà degli anni Sessanta.

li hanno preceduti – in pratica i padri

non soltanto tra i manager) chiarisce

Tecnicamente, in realtà, la definizio-

loro e delle aziende – cominciano a vi-

meglio le differenze generazionali,

ne riguarda i nati tra il 1945 e il 1964,

vere in un mondo in cui, al valore della

a cominciare proprio dal bisogno di

ma quel che conta in questo caso è la

ricchezza e del benessere, si affianca-

autonomia. Mentre l’81% dei Baby

data di nascita dell’azienda, non quel-

no le grandi tematiche ambientali e le

Boomer vuole istruzioni precise, la

la del suo fondatore. Tant’è che molte

questioni dei diritti civili. Inoltre, non

percentuale scende al 53% dei Nuovi

imprese di autotrasporto, sorte prima

basta più arricchirsi: bisogna anche

Digitali, il 93% dei quali chiede fiducia

del conflitto, ripresero vigore e attività

«realizzarsi». Una visione che si fa an-

e flessibilità nel loro lavoro.

proprio negli anni della ricostruzione.

cor più netta con la Gen Y, i cosiddetti

Ma la vera discriminante è la que-

È una generazione naturalmente nu-

«millennials» nati tra il 1980 e il 1999.

stione ambientale. È pur vero che la

merosa, non solo per l’arco di tempo

Nata tra il 2000 e il 2010, la Gen Z

maggioranza dei Boomer e dei Gen X

ventennale in cui viene racchiusa, ma

(Nuovi Digitali) è, invece, quella più

(il 66%) si dichiara preoccupata per il

anche per l’esplosione demografica

attenta ai temi dello sviluppo sosteni-

cambiamento climatico, ma la percen-

che coincise con la fine del confitto

bile e del cambiamento climatico, ma

tuale balza all’83% nelle ultime due

che si distingue per una visione del-

anche all’innovazione tecnologica che

generazioni. Segno che dal passaggio

la vita imperniata sul lavoro e spes-

padroneggia meglio delle generazioni

generazionale scaturirà anche una di-

so antepone l’attività e il guadagno

precedenti e molto, molto meglio dei

versa attenzione alla lotta all’inquina-

che ne deriva ai bisogni personali,

Boomer. Ma a questi valori e compe-

mento e alla difesa del clima.

invasa dalle macerie: i Baby Boomer (o sinteticamente Boomer) nati fino a

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anno da Ministero del Lavoro, dell’Oc-

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Autista e Blogger

di

Laura Broglio

LA TESI DI LAURA

STORIE DI STRADA CHE VALGONO UN MASTER

LA VERITÀ?

NON GLI PIACI ABBASTANZA

È la passione ad accomunare lavoro e amore. Un sentimento nutrito di miraggi e della sofferenza indotta dalla disillusione. Eppure a noi umani piacciono le cose difficili da avere: in amore la persona giusta, nel lavoro il ricambio generazionale.

S

apete cosa accomuna lavoro e amore? Di fatto è una parola che nel trasporto va sempre di moda: la passione. Un sentimento aulico che indica il senso della vita, fa battere il cuore e lo spinge verso il sogno. Ma la passione, come chiarisce la sua etimologia latina (da passus – «patire»), evoca anche sofferenza. Perché tanto più sono grandi amore e sogno lavorativo, tanto più sarà sofferente la rincorsa di quell’agognato epilogo disneyano, irrealistico come un topo con i pantaloni. Eppure, non c’è scampo, perché a noi umani piacciono le cose difficili da avere: in amore la persona giusta, nel lavoro il ricambio generazionale.

Se lui non chiama... Hai venti ’anni, sei agli inizi, ma hai tanto entusiasmo. Riesci a ottenere un colloquio di lavoro, ti manca soltanto la capacità di dimostrare l’equazione impossibile: non hai mai lavorato, ma devi disporre di «esperienza». Che è un po’ come cercare totale onestà in un rapporto: quando è tanta costa troppo, se è poca, è meglio lasciar perdere. Così impari la sottile arte dell’equilibrio: devi apparire sicuro di te, ma far credere all’altro che sia lui a doverti guidare. Per qualche anno questa storia proseguirà con infinite suppliche di attenzione da parte tua. Potrai raccontarti che è il suo modo di fare, ma, negli affetti come nel lavoro, se non ti chiama è perché non vuole.

Se ti tradisce... Varchi la soglia dei trenta. La relazione precedente è alle spalle e ora sai di avere un briciolo di potere contrattuale, perché lavori da qualche anno e hai imparato a gestire meglio le emozioni. Ovvero, stai diventando bravo a giustificare i tuoi errori. Inizi a cercare un’azienda in grado di garantirti continuità, di toglierti dalla condizione di dover accettare tutto in quanto novellino e di… alzarti lo stipendio. La trovi. Iniziate una piacevole convivenza fino a quando scopri che siete su due piani distanti. Uno cerca totale dedizione, l’altro un equilibrio tra spazi personali e condivisi. Inseguite un dialogo, più perché avete iniziato un percorso comune che per effettiva volontà di futuro. Poi il dialogo evolve male: chiamate senza risposta, richieste di spiegazioni, telefoni che si coprono non appena rientri a casa. Quando ti presenta il nuovo arrivato è tutto chiaro: il tuo posto non è più quello.

Se non ti sposa... Quaranta. Anni pesanti come un camion a pieno carico. Le hai provate tutte: hai assecondato ogni assurda richiesta in attesa del fatidico «sì». Ma l’anello al dito non arriva, né la richiesta di diventare amministratore dell’azienda (ma i più si accontenterebbero di un banale contratto a tempo indeterminato). Hai spiegato i vantaggi del matrimonio e della scalata verso il successo che l’unione potrebbe portare. Ma non ne vuol sapere.

L’altro è preda del panico da «per sempre», un po’ come il vecchio capitano di impresa che non vuole cedere il posto al figlio. Un po’ perché è geloso del proprio status, un po’ per non dichiarata mancanza di fiducia.

Cambio o ricambio Il ricambio generazionale è un percorso difficile e spesso manifesta i sintomi di un rapporto arenato, dove entrambi i partner vogliono sentirsi soddisfatti e cogliere i frutti degli anni trascorsi insieme. Ma invano, perché sono due persone diverse: uno leggermente più chiuso e magari restio alle novità, l’altro troppo euforico ed entusiasta, tanto da essere percepito come inconcludente. In fondo, i due si percepiscono come una potenziale minaccia. Chi ha messo tanti anni e sacrifici nella propria azienda, non avrà quasi mai voglia di lasciare tutto a chi, invece, si rispecchia nei valori di work-life balance e di ricerca della propria individualità. Valori opposti, ma una terapia di coppia a volte aiuta. Se si vuole stare insieme, se si ha fiducia nell’altro e si comprendono le intensità di un matrimonio tra personalità opposte, basta imparare a comunicare per trovare il compromesso. Basterebbe capire che si può convivere prendendo l’esperienza e la saggezza da chi è esperto e il sogno e l’innovazione di chi parla un linguaggio fresco e vive esattamente nella sua epoca. E se non lo si vuole capire, beh… la verità è che non gli piaci abbastanza.

32 novembre 2023

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l’Agenda

di novembre 2023 A cura di Anna De Rosa

SOMMARIO

L'A

• Proroga per tachigrafi sui veicoli nuovi

• Quando è obbligatorio il consulente ADR

• Crediti d’imposta per energia e gas

• CCNL Trasporti: tra disdetta e trattative

• Il RENTRI che sarà

PROROGA PER TACHIGRAFI SUI VEICOLI NUOVI Ministero dell’interno - circolare del 6.10.2023 Con questa Circolare, il Ministero dell’interno ha

Questo ulteriore slittamento è stato concesso dalla

disposto di prorogare il regime di tolleranza, già

DG MOVE della Commissione UE considerate le criticità

precedentemente esteso all’8 ottobre 2023, fino al 31

dell’installazione del tachigrafo di seconda generazione

dicembre 2023.

– versione 2 – sui veicoli di nuova immatricolazione.

CREDITI D’IMPOSTA PER ENERGIA E GAS Decreto Legge Energia n. 131 del 29.09.2023 pubblicato su Gazzetta Ufficiale n. 228 del 29.09.2023 Con questo decreto contenente misure urgenti in materia di energia, interventi per sostenere il potere di acquisto e a tutela del risparmio, è stato anticipato al 16 novembre 2023 (in precedenza 31 dicembre 2023) il termine entro il quale alle imprese è concesso utilizzare il credito di imposta in compensazione tramite modello F24 ovvero cedere tale credito ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e altri intermediari finanziari. Vediamo i principali punti:

nel secondo trimestre 2023. Il gas deve essere utilizzato

Oggetto: il credito d’imposta in compensazione è quello destinato alle imprese energivore nonché a quelle con utenze con potenza disponibile pari o superiore a 4,5 Kwh e alle imprese gasivore nonché alle imprese diverse da quelle a forte consumo di gas naturale per l’acquisto di energia elettrica nel primo e secondo trimestre.

riguarda anche il gas naturale liquefatto (LNG) ad uso

Caratteristiche del credito di imposta in riferimento ai beneficiari: • Imprese non energivore. Alle imprese diverse da quelle a forte consumo di energia, dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 4,5 kWh, è riconosciuto un credito d’imposta in misura pari al 35 % della spesa sostenuta per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel primo trimestre 2023. Tale credito è pari al 10% della spesa sostenuta nel secondo trimestre 2023. I costi per kWh calcolati sulla base della media del quarto trimestre 2022 (credito imposta riferito al primo trimestre 2023) ovvero del primo trimestre 2023 (credito imposta riferito al secondo trimestre 2023) ed al netto di imposte e degli eventuali sussidi, devono aver subito un incremento superiore al 30% rispetto al medesimo periodo del 2019. • Imprese “non gasivore”. Alle imprese diverse da quelle a forte consumo di gas naturale, è riconosciuto un credito d’imposta pari al 45% della spesa sostenuta per l’acquisto del gas, consumato nel primo trimestre 2023. Tale credito è pari al 20% per la spesa sostenuta

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per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici, se il prezzo di riferimento del gas naturale, calcolato come media, riferita al quarto trimestre 2022 ovvero al primo trimestre 2023, dei prezzi di riferimento del mercato infragiornaliero (MI-GAS) pubblicati dal Gestore dei mercati energetici, abbia subito un incremento superiore al 30% del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre 2019. Il beneficio autotrasporto, come confermato dall’Agenzia delle Entrate. • Imprese energivore. A queste imprese è riconosciuto un credito d’imposta in misura pari al 45% delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel primo trimestre 2023. Tale credito è pari al 20% per le spese sostenute nel secondo trimestre 2023. Per usufruire del credito, i costi per kWh della componente di energia elettrica, calcolati sulla base della media del quarto trimestre 2022 ovvero del primo trimestre 2023 ed al netto di imposte e degli eventuali sussidi, devono aver subito un incremento superiore al 30% rispetto al medesimo periodo del 2019. • Imprese gasivore. a queste imprese è riconosciuto un credito d’imposta pari al 45% della spesa sostenuta per l’acquisto del gas, consumato nel primo trimestre 2023. Tale credito è pari al 20% per le spese sostenute nel secondo trimestre 2023. Il gas deve essere utilizzato per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici, qualora il prezzo di riferimento del gas naturale, calcolato come media, riferita al quarto trimestre 2022 ovvero al primo trimestre 2023, dei prezzi di riferimento del mercato infragiornaliero (MI-GAS) pubblicati dal Gestore dei mercati energetici, abbia subito un incremento superiore al 30% del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell’anno 2019.

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L'A IL RENTRI CHE SARÀ Ministero dell’Ambiente e sicurezza energetica. Decreto direttoriale n.97 del 22.09.2023 Con questo decreto, pubblicato su MASE www.mase.gov.it/

con più di 50 dipendenti. Per questa categoria di imprese dal

bandi/, il ministero dell’Ambiente ha reso noto il calendario con tutte le scadenze per l’iscrizione, l’applicazione dei nuovi modelli di registro di carico e scarico e del FIR, l’emissione del Formulario di Identificazione del Rifiuto in formato digitale. Il Ministero ambiente e sicurezza energetica, in particolare, ha dato informazioni sulle tempistiche di iscrizione al Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti e sulle altre scadenze previste dal regolamento istitutivo del RENTRI inclusi i processi di digitalizzazione ( come da DM 4 aprile 2023, n.59). Vediamole in dettaglio. Iscrizione: l’iscrizione è prevista dal 15 dicembre 2024 al 13 febbraio 2025 e riguarda enti o imprese produttori di rifiuti speciali pericolosi (e non)

13 febbraio 2025 diverrà obbligatoria la tenuta in formato digitale del registro di carico e scarico, mentre per le altre imprese scatterà nel momento dell’iscrizione al registro. Nuovi modelli di registro di carico e scarico: il nuovo formulario di identificazione del rifiuto e del registro cronologico di carico e scarico diventa obbligatorio con decorrenza dal 15 dicembre 2024 e sarà applicabile dal 13 febbraio 2025. FIR in formato digitale. Dal 13 febbraio 2026, tutti gli operatori obbligati a iscriversi al registro saranno chiamati a emettere e a gestire i formulari in modalità digitale. Tabella riassuntiva delle scadenze e degli oneri:

Iscrizione RENTRI

Scadenze

Enti o imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi e non aventi più di cinquanta dipendenti, e per tutti gli altri soggetti diversi dai produttori iniziali (compresi i soggetti ex art. 18)

decorrenza dal 15 dicembre 2024 ed entro il 13 febbraio 2025

Enti o imprese produttori di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi aventi più di dieci dipendenti

decorrenza dal 15 giugno 2025 ed entro il 14 agosto 2025

Per tutti i restanti produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi obbligati (ex art. 12, comma 159/2023)

decorrenza dal 15 dicembre 2025 ed entro il 13 febbraio 2026

Entrata in vigore nuovi modelli

Data

Nuovi modelli di registro cronologico e FIR

decorrenza dal 13 febbraio 2025

Obbligo di tenuta del registro di carico e scarico in formato digitale

Scadenze

Per gli operatori tenuti ad iscriversi al RENTRI tra il 15 dicembre 2024 e il 13 febbraio 2025)

decorrenza dal 13 febbraio 2025

Per gli operatori tenuti ad iscriversi al RENTRI tra il 15 giugno 2025 e il 14 agosto 2025

dalla data di iscrizione al RENTRI

Per gli operatori tenuti ad iscriversi al RENTRI tra il 15 dicembre 2025 e il 13 febbraio 2026

dalla data di iscrizione al RENTRI

Obbligo di emissione del FIR in formato digitale

Data

Per gli operatori tenuti ad iscriversi al RENTRI

decorrenza dal 13 febbraio 2026

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L'A QUANDO È OBBLIGATORIO IL CONSULENTE ADR MIT. Decreto del 7.08.2023 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 220 del 20.09.2023

delle aziende che movimentano merci pericolose di

ANDAMENTO PETROLIO BRENT A 3 MESI

nominare un consulente per la sicurezza. Vediamole in

AGOSTO

dettaglio

95

Esenzioni. Sono esentate dall’obbligo di nominare un

90

consulente per la sicurezza, le imprese che svolgono un’attività che comporta la spedizione, il trasporto

SETTEMBRE

OTTOBRE

85

oppure una o più delle attività correlate di imballaggio,

80

carico, riempimento che rientrino:

75

• nei casi di esenzione previsti dall’ADR; • in un regime di esenzione per l’applicazione delle

PREZZI EXTRARETE

condizioni di trasporto di cui:

tendenza

• al cap. 3.3 dell’ADR «Disposizioni speciali applicabili ad alcune materie o oggetti»;

NORD

CENTRO

SUD E ISOLE

• al cap. 3.4 dell’ADR «Merci pericolose imballate in quantità limitate»; • al cap. 3.5 dell’ADR «Merci pericolose imballate in

GASOLIO EURO/ 000L

quantità esenti».

min

max

min

max

min

max

1401

1421

1406

1450

1415

1499

rilevazione del 11.10.2023

settembre 2023, sono previste alcune deroghe all’obbligo

LA LA FEBBRE FEBBRE DEL DEL GASOLIO GASOLIO

Con questo decreto, che ha abrogato precedente del 21

Nei trasporti in colli, le esenzioni dall’obbligo di nomina dei consulenti sicurezza devono rispettare le seguenti

di operazioni connesse alla spedizione, al trasporto o ad

condizioni:

attività di riempimento o di scarico di merci pericolose.

a) ogni operatore ha un limite massimo di 24 operazioni

Anche in questi casi devono essere rispettate le seguenti

all’anno e di 3 al mese;

condizioni:

b) ogni operazione deve rispettare i limiti quantitativi

a) le materie devono essere caricate alla rinfusa oppure

presenti nella tabella 1.1.3.6.3 dell’ADR e nella sezione

in cisterna;

1.1.3.6.4, qualora tali merci appartengano a categorie di

b) le materie devono essere assegnate al 3° gruppo di

trasporto diverse;

imballaggio; o a categoria di trasporto 3 o 4;

c) ogni impresa è tenuta a disporre di un registro

c) il numero massimo di operazioni è di 12 per anno e

interno per monitorare il numero di spedizioni eseguite

di 2 per mese, con il limite massimo di 50 ton di merci

ogni anno, integrandolo con i dati di classificazione e

pericolose trasportate all’anno;

identificazione di ogni spedizione, data di esecuzione,

d) ogni impresa deve predisporre un registro interno

tipo di confezionamento come indicazione di genere

per monitorare il numero di spedizioni eseguite ogni

di imballaggio, recipiente a pressione, IBC o grande

anno, integrandolo con i dati di classificazione e

imballaggio, oltre al relativo quantitativo netto.

identificazione di ogni spedizione, data di esecuzione,

Il registro, va compilato per ogni anno e archiviato (in

tipo di confezionamento (rinfusa oppure cisterna)

modalità cartacea o digitale) per almeno cinque anni

e relativo quantitativo netto. Il registro anche in

e in ogni caso reso disponibile all’amministrazione se

questi casi va compilato per ogni anno e archiviato (in

richiesto.

modalità cartacea o digitale) per un minimo di cinque

Le materie appartenenti alla classe 7 non godono del

anni e messo a disposizione dell’amministrazione in caso di richiesta.

beneficio delle esenzioni. Esenzioni per trasporti occasionali. Ulteriori ipotesi

Anche in questo caso, sono escluse dal regime delle

di esenzione dalla nomina del consulente riguardano

esenzioni le materie appartenenti alla classe 7.

le spedizioni di imprese la cui attività comporta lo

Esenzioni in caso di destinazioni finali. Anche le

svolgimento occasionale o saltuario, in ambito nazionale,

imprese destinatarie esclusivamente di spedizioni di

Furgokit produce e commercializza in Italia e all’estero un’ampia gamma di kit per furgoni in grado di soddisfare qualsiasi tipologia di trasporto efficace e sicuro, dal prodotto realizzato su misura alla grande flotta. ato

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L'A merci pericolose, in colli, in cisterna oppure alla rinfusa,

e delle procedure interne. Il legale rappresentante resta

per le quali il luogo di ricezione si configuri come

in ogni caso responsabile della costante formazione

destinazione finale di tali merci possono evitare la

sul trasporto di merci pericolose (come previsto nel

nomina del consulente per la sicurezza.

capitolo 1.3 dell’ADR) e a tale fine deve conservare per

Sono incluse nel beneficio delle esenzioni, le imprese

almeno cinque anni una registrazione della formazione

destinatarie che provvedono direttamente allo scarico

effettuata.

dei colli ovvero quelle destinatarie che affidano a terzi le attività di scarico colli, svuotamento di cisterne oppure

Relazione di incidente. Nel caso di incidenti gravi o

scarico di merci alla rinfusa.

eventi imprevisti che si siano verificati nelle fasi di carico,

Obblighi per il legale rappresentante. Il legale

riempimento, trasporto o scarico di merci pericolose, e

rappresentante dell’impresa che intende esentarsi dalla

che richiedano una notifica (secondo quanto previsto

nomina del consulente per la sicurezza, deve garantire

nella sezione 1.8.5 dell’ADR) il legale rappresentante

che tutte le altre disposizioni dell’ADR, nella misura e

deve assicurarsi che il rapporto d’incidente sia inoltrato

nella modalità in cui risultino applicabili, siano verificate e

al competente UMC del MIT e che riporti espressamente

rispettate, tenuto conto degli aggiornamenti delle norme

la condizione di esenzione della nomina del consulente.

CCNL TRASPORTI: TRA DISDETTA E TRATTATIVE Disdetta CCNL del 28.09.2023 e trattative di rinnovo Il CCNL ha come scadenza il 31 marzo 2024 e in mancanza

d’area; diritti; sostenibilità; clausola sociale; sicurezza e

di disdetta almeno sei mesi prima di tale scadenza si

tutela della salute; legalità – internalizzazione -appalti;

rinnova automaticamente di semestre in semestre.

mercato del lavoro; cooperazione; welfare; formazione;

Le organizzazioni sindacali Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti

rappresentanza e diritti sindacali.

con la firma di Michele De Rose, Maurizio Diamante e Marco Odone hanno dato espressa disdetta del CCNL alle organizzazioni datoriali. L’intento è porre le basi per la firma di un nuovo contratto

Le organizzazioni datoriali di categoria hanno 20 giorni di tempo dal ricevimento delle nuove proposte per dare riscontro. Inoltre, nel CCNL viene precisato che nel

collettivo, che abbia al centro una serie di punti salienti:

periodo di tempo compreso tra i sei mesi antecedenti e il

Relazioni Industriali; richiesta economica; orario di

mese successivo alla scadenza del contratto, stando alle

lavoro; classificazione, rivisitazione dei parametri e

stesse previsioni contrattuali, «le parti non assumeranno

nuove figure professionali; indennità professionale

iniziative unilaterali né procederanno ad azioni dirette».

+ semirimorchio P.T.T. 44 t, CASSONATO | Trattore prezzo di acquisto € 130.000; consumo 2,9 km/litro. Costi di Gestione (€/km)

Km/ Anno

Totale

Ammortamento

Gasolio (+IVA)

Lubrificanti /AdBlue

Pneumatici

Manutenzione

Collaudi/ tassa di possesso

Assicurazioni

Autostrade

40.000

0,6500

0,5550

0,0440

0,1270

0,0730

0,0210

0,2980

0,1300

60.000

0,4330

0,5550

0,0440

0,1270

0,0480

0,0140

0,1990

80.000

0,3250

0,5550

0,0440

0,1270

0,0360

0,0110

100.000 0,2600

0,5550

0,0440

0,1270

0,0290

0,0080

Costi personale (€/km)

Totale

COSTI DI GESTIONE SETTEMBRE 2023

Autista

Straord Trasf.

1,8980

1,0440

0,2050

3,1470

stito al persistente incremento del

0,1300

1,5500

0,6950

0,1370

2,3820

costo del gasolio e dei carburanti in

0,1490

0,1300

1,3770

0,5220

0,1030

2,0020

modo costante e progressivo senza

0,1190

0,1300

1,2720

0,4170

0,0820

1,7710

Nel mese di riferimento, si è assi-

particolari segnali di inversione di tendenza. Il forte rialzo è stato annotato sia in termini assoluti sia di me-

CISTERNATO |

dia ponderata e deriva, in particolar

Trattore + semirimorchio P.T.T. 44 t, prezzo di acquisto € 192.000; consumo 3,1 km/litro.

modo, dalle tensioni internazionali

Ufficio Studi Federtrasporti

politiche ed economiche, oltre a un Costi di Gestione (€/km)

Km/ Anno

Totale

Ammortamento

Gasolio (+IVA)

Lubrificanti /AdBlue

Pneumatici

Manutenzione

Collaudi/ tassa di possesso

40.000

0,8000

0,5190

0,0440

0,1270

0,1090

0,0590

0,3740

0,1390

60.000

0,5330

0,5190

0,0440

0,1270

0,0730

0,0390

0,2500

80.000

0,4000

0,5190

0,0440

0,1270

0,0550

0,0290

100.000 0,3200

0,5190

0,0440

0,1270

0,0440

0,0240

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Costi personale (€/km)

calo delle estrazioni di greggio dei Totale

Paesi produttori, che hanno inne-

Autista

Straord Trasf.

2,1710

1,2000

0,2050

3,5760

del “Brent” avvicinatosi in alcune

0,1390

1,7240

0,8000

0,1370

2,6610

occasioni ai 100 dollari al barile. An-

0,1870

0,1390

1,5000

0,6000

0,1030

2,2030

0,1500

0,1390

1,3670

0,4800

0,0820

1,9290

Assicurazioni

Autostrade

scato un nuovo graduale aumento

che il mercato extra rete risente delle stesse tensioni mentre le altre voci di spesa non registrano variazioni.

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STORIE DI FAMIGLIA IL PASSAGGIO PER IL PADRONCINO

«MIO FIGLIO È MEGLIO CHE STUDI» È alta la percentuale dei padroncini che non vogliono trasmettere mestiere, camion e fornitori, ma non manca chi la pensa diversamente. L’importante è che siano d’accordo padre e figlio. E che abbiano il supporto di un’associazione che li guidi nei meandri della legge

Se

la grande impresa strutturata da migliaia di camion e milioni di fatturato che fatica a condurre in porto un passaggio generazionale può ricorrere al supporto di uno studio di consulenza, come può fare un padroncino che sogna di lasciare al figlio il suo camion e i committenti per cui lavora da sempre? Cominciamo a dire che tale prospettiva non sembra allettare i piccoli proprietari dell’autotrasporto. A chi gli proponeva una percentuale dell’80% di autotrasportatori (di ogni dimensione) che non vogliono trasmettere ai figli il proprio mestiere, Claudio De Vecchi, direttore scientifico di Centro di ricerca sulle imprese di famiglia, ha risposto in un’intervista dimezzando la quota (ma il 40% è un dato comunque importante)

40% È la percentuale di autotrasportatori che, secondo il Centro di ricerca sulle imprese di famiglia, non ha interesse a trasmettere ai figli il proprio mestiere

e concentrandola sui padroncini: «Cogliamo questo sentimento in particolare presso le ditte individuali, che vivono situazioni economiche più precarie e criticità intrinseche in grado di intaccare il patrimonio personale del titolare, spesso interessato a preservare i figli».

UNA VITA STRESSANTE Il fatto è che la vita stressante del camionista, sempre in giro sul suo veicolo a strappare viaggi a suon di sconti, non è quanto di meglio un padre voglia trasmettere a un figlio. Meglio lo schema: «Faccio una vita di sacrifici per far studiare mio figlio, così da consentirgli di raggiungere una posizione più tranquilla della mia». E spesso i figli sono i primi a rifiutare i disagi della vita da camionista: la crisi di vocazioni degli autisti ne è un chiaro sintomo. Ciò non vuol dire, tuttavia, che il passaggio generazionale sia precluso ai padroncini. La Toson&Toson di Buja (Udine) è portata come esempio da Confartigianato Udine sulla sua rivista InformaImpresa. Aperta da Oscarre Toson nel 1960, lavorando per una grande azienda siderurgica della zona, oggi è guidata dal figlio Daniele che nel 2000 ha rilevato l’attività aumentando personale e mezzi ed estendendola a tutto il Nordest. Come? «Grazie alla passione per la guida che gli ha trasmesso il padre», si limita a raccontare la pubblicazione. Ed effettivamente molti padroncini seguono lo stesso itinerario, cercando magari dalle associazioni di categoria quel supporto che non possono permettersi di acquistare presso gli studi di consulenza.

GENERAZIONI CHE CONVIVONO Certo, devono essere d’accordo sia il fondatore che l’erede, condizione fondamentale anche nelle imprese strutturate, ma per la natura empirica il processo richiederà impegno e anni. Se Daniele Toson ce ne ha messi venti per ampliare l’impresa (passo, peraltro, compiuto dalle prime generazioni delle grandi aziende di oggi, partite con un solo camion nel dopoguerra) è anche perché ha superato ostacoli spesso imprevedibili da chi non è del mestiere. Il blog dell’Unione artigiana di Milano, affrontando il tema delle «generazioni che convivono», racconta il caso di un artigiano simile al padroncino: «Marco fa l’imbianchino nella sua impresa familiare e si lamenta del padre, ancora in azienda a lavorare e ancora socio. Il calendario delle commesse viene gestito da Marco, ma i clienti sono ancora abituati a chiamare il padre, generando così confusione tra gli appuntamenti». Confusione nella quale un esperto esterno riuscirà a mettere ordine. Perché il futuro non aspetta e se il passaggio in mani più giovani riesce ad andare in porto, i vantaggi per l’azienda e per la famiglia sono di valore. «In questo mondo», conclude De Vecchi, «assistiamo a un grande avanzare della tecnologia con la guida autonoma e altre innovazioni. Anche le piccole realtà devono capire che non si lavora più come 30 anni fa e devono dare spazio al rinnovamento. Anche rispetto al passaggio del testimone, se viene fatto verso i figli, bisogna dare loro la possibilità di formarsi sul campo e di prepararsi all’evoluzione tecnologica».

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STORIE DI FAMIGLIA

FRANCESCO CIARAVINO RACCONTA IL «SUO» PASSA G

IN VIAGGIO CON PAPÀ (A 12 ANNI) Questo è il primo camion acquistato da Francesco Ciaravino. Appena lo porta in azienda ovviamente lo tengono a battesimo: Salvatore appare visibilmente commosso: «Piangeva - racconta il figlio – perché non sapeva che sarei arrivato al piazzale con il mezzo».

Lui,

il passaggio generazionale l’ha cominciato quando aveva dodici anni. «Mio padre non lo vedevo mai», racconta. «Usciva di casa alle quattro del mattino e rientrava alle undici di sera. Una vita di sacrifici per dare il benessere alla sua famiglia: a me, a mia sorella, a mia madre. Ma, all’epoca ero piccolo e questo non lo capivo. E mio padre mi mancava. Perciò ogni anno, ai primi di giugno, quando finivano le scuole, salivo sul camion con lui e ce ne andavamo in giro per tutta Italia: per lui era lavoro, per me un’avventura indimenticabile». E guarda il figlio, Sirio, sei anni, che oggi già sgambetta sul piazzale, in mezzo ai veicoli: «Chissà se un domani farà anche lui dei camion una cosa sua?». E con il pensiero ritorna a quand’era ragazzino.

IL BAGNO NEI RUSCELLI A quando, cioè, alla fine degli anni Novanta, Francesco Ciaravino, approdato alle scuole medie, fu «promosso» anche a compagno di viaggio di papà Salvatore, inanellando ricordi indelebili, dai ruscelletti della Val d’Aosta («Mio padre ogni tanto si fermava accanto a uno di questi rigagnoli e io mi facevo il bagno con quell’acqua fresca

e cristallina»), alle cave di marmo del Carrarese («Anche qui a fare la doccia con l’acqua dei pozzi»). Quasi un rito di iniziazione («In quei viaggi, mio padre rendeva magico ogni momento»), ma anche un percorso di crescita lunghissimo. Dura ancora quando Francesco ha vent’anni e, dopo il terremoto dell’Aquila, Salvatore se lo porta in Abruzzo, dove deve scaricare materiali da costruzione, caricare altre merci e ripartire subito, senza perdere tempo. Ma il suo giovane compagno di viaggio non si trova. «Ero finito a inseguire una gallina, abituato com’ero a vivere in campagna e a trattare con gli animali: ne avevo visto una scappare e l’avevo inseguita». Oggi Francesco ci ride sopra, ma ricorda ancora l’ansia affannosa del padre, costretto a non perdere neanche un secondo per poter arrivare in tempo a destinazione. Come avveniva sempre, del resto, in quella sua vita logorante da padroncino, continuamente sotto la pressione del tempo. Aveva cominciato presto, Salvatore, a lavorare con i camion. Praticamente dopo aver concluso il servizio militare quando, arruolato con gli autieri, aveva preso la patente C e – come tanti in quegli anni – si trovò aperte le porte di un mestiere. Era il 1982 e Sal-

vatore si mise in società con un amico e cominciò con il trasporto di mobili, facendo base nella sua Valderice di Trapani. Ma dopo qualche anno cominciarono i problemi. «In Sicilia non si respirava più aria buona», si limita a ricordare il figlio. E allora, nel 1992, Salvatore si separa dal socio («che qualche anno dopo è fallito», sottolinea Francesco, a dimostrazione che l’aria siciliana era davvero cattiva), si divide con lui i veicoli e, con tre camion e quattro rimorchi, tenta la fortuna in Toscana. Prima trasporta di tutto, spostandosi tra Genova e Livorno, poi trova base a La Spezia, dove impianta la sua

Il giorno della pensione di Salvatore Ciaravino, festeggiato rigorosamente sul camion. Formalmente è il giorno del passaggio generazionale, ribadito in qualche modo dalla scritta presente sulla torta: «C’era una volta un lavoratore. Oggi è un pensionato»

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A GGIO GENERAZIONALE All’inizio il padre, Salvatore, non voleva che il figlio facesse il camionista, ma il ricordo delle estati passate in cabina hanno prevalso e adesso, con una strategia studiata a tavolino, Francesco sta trasferendo nella sua azienda veicoli e clienti della ditta individuale del padre sede operativa ed entra nel trasporto container. «Oggi», sottolinea con orgoglio Francesco, «abbiamo sette camion e un piazzale di proprietà con cento metri quadrati di uffici. Siamo una delle poche aziende sulla Spezia che può garantire GPS, telecamere e piazzale recintato. Gli altri parcheggiano per strada».

IL METALMECCANICO, NO Ma gli anni dell’avventura passano presto. E quando si tratta di scegliere un mestiere, Salvatore non vuole che il figlio faccia la sua vita da camionista: troppo stress, troppa fatica, troppi problemi. Così Francesco va a lavorare in un’azienda metalmeccanica locale. Fa l’operaio, va tutti i giorni in fabbrica, si concentra sui macchinari, ma ha ancora negli occhi i ruscelli della Val d’Aosta e le cave di Carrara. Dopo un paio d’anni molla tutto e torna ai camion nella ditta paterna. È il 2015. Inizialmente Salvatore gli affida compiti amministrativi – la gestione degli autisti, la fatturazione – inquadrandolo come collaboratore familiare, a quel punto il passaggio generazionale diventa un obiettivo obbligato. Ma difficile da raggiungere. «Il problema», spiega Francesco, «era che se avessi voluto rilevare la ditta individuale di mio padre, nel momento in cui sarebbe arrivato all’età della pensione, mi sarei trovato di fronte a una spesa di oltre 100 mila euro, oltre al costo del notaio, ai passaggi di proprietà dei camion e dei rimor-

Francesco Ciavarino non si occupa soltanto di guidare un veicolo, ma amministra l’azienda nel suo complesso. Con il padre c’è sostanziale identità di vedute, tranne che su un punto: il figlio vuole chiudere i ponti con le agenzie, per recuperare quei 7.000 euro al mese che darebbero margine e respiro all’attività. Il padre rimane ancorato a quei rapporti perché ritiene abbiano i giusti contatti.

chi e così via. Invece, grazie al supporto di Confartigianato Trasporti, qui a La Spezia, abbiamo studiato una strategia: da una parte io ho fatto un corso di sei mesi e ottenuto la capacità professionale, poi il giorno del mio compleanno, il 9 dicembre 2022, ho aperto una srl – la CTL Ciaravino Trasporti Logistica – e ho cominciato a comprare gli asset della ditta individuale di mio padre. Oggi dei sette veicoli del babbo, tre li ho già acquisiti, il prossimo – con l’assunzione dell’autista – lo comprerò a novembre; gli altri quattro li rileverò nei mesi successivi, probabilmente entro un anno. Poi la ditta individuale potrà chiudere».

DALLA DITTA INDIVIDUALE ALLA SRL Un passaggio che è anche simbolico: dalla ditta individuale del padre alla srl del figlio. Dentro c’è una visione diversa del mondo, idee differenti sulla gestione dell’azienda. «Sì», ammette Francesco, «c’è un punto su cui la pensiamo diversamente: il rapporto con le agenzie. Secondo me, non possiamo sottostare passivamente alle regole dettate dagli intermedia-

ri, dobbiamo cercare di reagire e trovare altre soluzioni, perché io lavoro ancora a 1,35 euro e quel margine di 8-9 centesimi che si prendono loro, per me sono 800-1.000 euro al mese a macchina. Che, con le nostre sette macchine, fanno 7 mila euro di risparmio al mese. Per questo mi sto dando da fare per trovare il modo di trattare direttamente con i committenti». E papà, invece? «Lui è d’accordo che dobbiamo farci rispettare, ma pensa di trattare sempre con le agenzie, perché, dice, ci danno il lavoro, hanno relazioni giuste, hanno l’assicurazione, sono più consolidate. Ma sono discussioni che, come si dice, nascono e finiscono nel piazzale». D’altra parte come può litigare Francesco con un padre che gli ha sempre lasciato spazio («Mi faceva anche sbagliare, per rispettare le mie idee»), che ha fatto sacrifici oggi per lui inconcepibili («Era un’altra generazione: per noi oggi alzarci alle sei è un problema, lui si svegliava tutte le mattine alle quattro»), che ha superato mille difficoltà per dare un futuro tranquillo alla famiglia («Lo criticavamo perché non era presente, ma se oggi abbiamo – io e mia sorella – una buona posizione, lo dobbiamo a lui»), che gli ha sempre dato fiducia e responsabilità come quella volta che… «Nel nostro piazzale c’era un ingresso complicato», racconta Francesco. «Non potevamo fare manovra dentro e dunque dovevamo entrare in retromarcia, ma di traverso, perché la strada era stretta. C’era un nostro collaboratore – di quelli che hanno sempre da ridire su tutto – che si lamentava, dicendo che ci volevano troppe manovre, che noi non lavoravamo bene, che quando lui aveva la sua ditta eccetera, eccetera. Allora mio padre gli disse: facciamo una cosa, se mio figlio riesce a entrare con due manovre, noi restiamo amici, ma il nostro rapporto di lavoro finisce qui. Lui ha accettò e io guardai mio padre: che devo fare? Entra in due manovre, mi rispose, perché questo non lo sopporto più. E io così feci».

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STORIE DI FAMIGLIA DA TRENT’ANNI IN AZIENDA LA SECONDA GENERAZIONE. MA IL

UN PASSAGGIO FO

L’azienda Torello ha 2.300 dipendenti e tutti insieme, per il fondatore Nicola, hanno contribuito al successo del gruppo. Anche se il primo nucleo di questo gruppo rimane la famiglia, dalla moglie Filomena ai tre figli Umberto (56 anni), Concetta (55) e Antonio (50).

Dal 1992 Nicola ha portato in azienda i figli, intestando loro le quote societarie e coinvolgendoli nella gestione. Ma fin da piccoli tutti e tre hanno respirato l’aria dell’autotrasporto, viaggiando con il padre. E oggi guidano l’impresa, lasciando al capostipite l’ultima parola

Lo

scorso 20 settembre

no tutto in piena intesa – non trova-

to societario che né lui né i suoi figli

ha compiuto 80 anni.

no l’accordo su qualche cosa.

sembrano al momento voler mettere

E li ha celebrati con

in discussione.

una festa in azienda e una lettera in-

LA DIVISIONE DELLE QUOTE

Non si pensi, tuttavia, che il passag-

viata a tutti i suoi 2.300 dipendenti

Perché il Gruppo Torello di Montoro

gio sia stato così improvviso come

in Italia, Francia, Romania, Slovac-

(Avellino), trasporti, logistica e di-

potrebbe apparire, anche se nei

chia e Serbia, per ringraziarli e per

stribuzione – 280 milioni di euro di

primi anni Novanta, le procedure

ripetere per l’ennesima volta la pa-

fatturato, 3.300 veicoli – che porta

oggi adottate per questi processi

rola che è diventata nel tempo il leit

soprattutto food&beverage in tutta

di transizione – mentor manager,

motiv dell’azienda: «Insieme». Ma il

Europa, il passaggio generazionale

master universitari, tirocini in altre

primo «insieme» per Nicola Torello,

lo ha fatto da trent’anni e alla ma-

aziende, stage all’estero – erano

fondatore, presidente e amministra-

niera di Nicola Torello: tutto insieme

fantascienza. Molto più semplice-

tore unico di Torello Trasporti, è la

nel 1992, portando in azienda con-

mente, Umberto, Antonio e spesso

sua famiglia, dalla moglie Filomena

temporaneamente tutti e tre i figli

anche Concetta, in età adolescenzia-

ai tre figli Umberto (56 anni), Con-

e consegnando loro, un anno dopo,

le, accompagnavano il padre nei suoi

cetta (55) e Antonio (50), con cui

le quote dell’azienda, un terzo cia-

viaggi in camion. Erano i primi anni

condivide la guida del gruppo, anche

scuno, con una quota maggiore (il

Ottanta mentre gli altri ragazzi si go-

se lui si riserva, comunque, l’ultima

34%) a Umberto, il più grande. E,

devano il papà nei week end al mare,

parola. Soprattutto quelle rare volte

di fatto, non lo ha mai completato,

loro passavano del tempo in cabina

che i tre esponenti della seconda ge-

conservando ancora per sé il ruolo di

insieme al padre-camionista, e que-

nerazione – che solitamente decido-

amministratore unico, per un asset-

sta era anche un’occasione per stare

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A IL PADRE RESTA PRESIDENTE

O RMATO TORELLO con lui, per seguire carico, trasporto

clienti, mentre il minore, Antonio, si

e scarico del mercato ortofrutticolo

occupa delle tecnologie come ideatore e coordinatore di un team di

da Sud a Nord.

Controller Logistics Service.

QUEI DUE «BIRBANTI»

Se è vero che le nuove generazioni

Nicola Torello, infatti, aveva comin-

portano come valore aggiunto le

ciato nel 1975 con i pomodori, tra-

competenze tecnologiche e la sensi-

sportandoli con il suo primo camion

bilità ambientale, è proprio nel 1992,

e i suoi ragazzi presto avevano co-

con l’ingresso dei tre fratelli in azien-

minciato a dargli una mano. Soprat-

da, che Torello installa il primo loca-

tutto Umberto e Antonio, mentre

lizzatore satellitare sui suoi camion,

Concetta restava a casa trepidando

aprendo una strada che porterà non

per quei «birbanti» dei suoi fratelli che – vispi com’erano – ne combinavano di tutti i colori pur di incrementare il lavoro. Ma forse proprio questa preoccupazione, questa vicinanza ai fratelli, ha prima tenuto lontana e poi riavvicinato Concetta all’azienda, di cui oggi segue l’area amministrativa, mentre il primogenito, Umberto (che appena possibile ha preso la patente C e si è messo alla guida del suo primo camion), si occupa della flotta e dei

solo a dotare del dispositivo tutti i veicoli del Gruppo, ma anche a impegnare tutti gli strumenti più moderni di analisi – da Internet of things alla

big data analysis – per la programmazione aziendale. Ed è a Umberto Torello che l’azienda deve il suo fiore all’occhiello: quel sistema GLAP (Green Logi-

stica Automation Platform) che ha ottenuto il brevetto di procedimento, perché permette non solo di programmare i viaggi nel modo più rispettoso dell’ambiente, ma anche di monitorare il veicolo in movimento e di intervenire in tempo reale per correggere

porte scalpita la terza generazione.

sprechi o avarie.

Annachiara Torello, figlia di Umber-

LA CRESCITA INARRESTABILE Ma l’ingresso della seconda gene-

to, 28 anni ha deciso di mettersi in gioco e di seguire un percorso per trovare il proprio ruolo nell’azienda.

razione in Torello segna anche un

Ma anche gli altri nipoti – sono nove

34%

processo di crescita inarrestabile:

in tutto – sembrano avvicinarsi all’at-

è del 2007 la prima sede estera, a

tività di famiglia. I più grandi, anche

Bratislava, in Slovacchia, seguita

se frequentano l’università o sono

È la quota aziendale assegnata da Nicola Torello al figlio maggiore, Umberto, appena un punto percentuale in più rispetto a Concetta e ad Antonio. Una divisione fatta nel 1992, seppure il fondatore abbia tenuto per sé il ruolo di amministratore unico

nel 2013 da quella in Romania, a Pi-

già laureati, spesso tornano in azien-

testi, nel 2017 da quella in Francia, a

da chi a fare il magazziniere per un

Saint-Quentin-Fallavier, nel 2022 da quella di Valjevo, in Serbia. Nel frattempo, nascono l’officina Truck&Van (2009) e soprattutto Distribuzione

paio di mesi, chi a seguire i carichi nella zona. Perché la chiave del passaggio generazionale nel Gruppo

Italiana Freschi (oggi Distribuzione

Torello, lo si ritrova in una frase di An-

Italiana Food), un network di picco-

nachiara in una video-intervista: «La

le e medie aziende di cui Torello è

nostra famiglia ci ha sempre coinvol-

coordinatore e capofila.Intanto alle

ti. In tutto e per tutto».

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STORIE DI FAMIGLIA

PARLA STEFANO STORTI, TERZA GENERAZIONE DI UN GRU P

«PRIMA, PENSIAM O È alla guida, insieme al padre Elvezio e al fratello Massimo, dell’azienda avviata negli anni Cinquanta dal nonno Tullio, diventata ormai un Gruppo da quasi 400 milioni di fatturato. Ha cominciato a 13 anni a scoprire il lavoro di famiglia,a 23 fu costretto per qualche mese a sostituire il padre che sugli sci si era fratturato il bacino, ma l’ingresso vero e proprio fu dopo l’università

«La

prima volta avevo 13 anni. Mio padre mi portò in stazio-

attività terminalistiche e logistiche per la

a mio padre in azienda, sia pure con la

siderurgia, dal noleggio all’assistenza e

sua continua assistenza telefonica. Una

al commercio dei veicoli industriali, come

scuola unica per imparare a gestire un’a-

ne – all’epoca movimentavamo 2.500

concessionario di DAF e come importato-

zienda. La cosa che mi colpiva di più era

carri ferroviari al mese – a lavorare con

re e concessionario di Ford Trucks.

che vedevo applicare nella gestione quo-

lui. Il primo giorno dovette costringermi,

Tutto questo oggi, di fatto, è il lavoro quo-

tidiana quei concetti teorici che avevo

dal secondo in avanti è stato un diverti-

tidiano di quel ragazzino che dai suoi 13

studiato sui libri all’università.

mento continuo». Stefano Storti oggi

anni in poi ha trascorso buona parte del

Questo è stato il suo ingresso

ha 35 anni e – alla guida di fatto del Grup-

suo tempo libero a fare lavori spot per

in azienda?

po Storti con il padre Elvezio e il fratello

l’impresa di famiglia e a scoprirne le per-

In realtà, quando mio padre è potuto tor-

Massimo – continua a divertirsi. È la terza

sone e le tecniche, prima di entrare diret-

nare al lavoro, io prima di tutto ho com-

generazione di un’azienda che ha aperto

tamente in azienda a tempo pieno.

pletato il mio percorso di studi, poi ho tra-

i battenti negli anni 50 a Casalmaggiore

Che lavori faceva quel ragazzo?

scorso un periodo di sei mesi all’estero,

(Cremona) con il nonno Tullio, è passata

Di tutto. Ho cominciato a caricare e sca-

a Tampere, in Finlandia. In azienda sono

per i figli Elvezio e Manuela per appro-

ricare con i muletti i vagoni dai carrelli

entrato a tempo pieno solo nel marzo

dare a Stefano, a cui si sta affiancando

e usavo il Reich Stacker per il carico e lo

del 2012 e sono stato subito impegnato,

il fratello Massimo, 32: entrambi sono

scarico dei coils e il carroponte nel ma-

insieme a mio padre e a un suo socio, a

figli di Elvezio che mantiene la presiden-

gazzino. Poi mi sono spostato in officina,

metter su il consorzio Siderlogistics per

za del Gruppo di Piadena. Nel frattempo

e qualche volta anche in ufficio. Ma la

la gestione della logistica del gruppo Ar-

la società di Tullio, «Trasporti Pesanti» è

vera svolta l’ho avuta nel 2010. Frequen-

vedi, con dei container che avevamo fatto

stato un robusto tronco dal quale sono

tavo il primo anno di laurea specialistica

costruire appositamente per trasportare

spuntati numerosi rami, fino a formare

in ingegneria gestionale, era Pasquetta,

sia coils che rottami. In questo modo i tre-

un gruppo che oggi fattura fra i 350 e i

quando mio padre – che era a sciare – mi

ni che facevamo partire, da uno al giorno

400 milioni di euro consolidando le varie

telefona: era caduto e si era rotto il ba-

sono diventati dieci al giorno e l’attività

partecipate e spazia dal trasporto strada-

cino. Lui fu costretto a rimanere per sei

ha subito avuto una crescita esponenzia-

le – sia a carico completo che parziale – a

mesi a letto; io, a 23 anni, dovetti sospen-

le. Tant’è che abbiamo dovuto realizzare

quello eccezionale, dalla spedizione alle

dere il semestre di studi per sostituirmi

dei magazzini-polmone per gli eccessi di produzione e organizzare la movimentazione interna. In breve, siamo arrivati a gestire tutta la loro logistica. Un vero e proprio battesimo del fuoco… Poi mi sono dedicato ad attivare il nostro terminal trasporti pesanti di Piadena, tra Cremona e Mantova, e a consolidare l’attività del trasporto eccezionale, che era il nucleo intorno a cui si era sviluppata «Trasporti Pesanti». Un lavoro durato due anni, tra il 2016 e il 2017. Dopo, un’altra svolta: un concessionario Volvo Trucks della zona, che era un nostro fornitore, va in bancarotta e noi decidiamo di rilevarlo all’asta giudizia-

I servizi serviz zi ad alto a tasso di innovazione che eroghiamo, i miglioramenti che apportiamo alla gestione ambientale, la maggiore capacità di cheappor penetrazione i commerciale, sono una conseguenza di un’organizzazione basata sulle persone e sulle loro motivazioni. Se non funzionano zion no le persone, l’innovazione e la sostenibilità non fanno significativi cativi passi avanti. A prescindere dall’età di chi gestisce ce l’azi l’azienda enda

ria. Ci furono complicazioni e finimmo per cederlo, ma intanto eravamo entrati nel mercato dei concessionari: nel frattempo, infatti, avevamo acquistato, sempre in un’asta giudiziaria, un’immobile per trasferirci la concessionaria Vol-

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U PPO NATO DALLA TRASPORTI PESANTI

O ALLE PERSONE»

Il passato, il presente e il futuro della Trasporti Pesanti: una storica foto di Tullio Storti, papà di Elvezio (il primo a destra, insieme a due collaboratori) e, in quella contemporanea, Elvezio tra i due figli, Massimo e Stefano.

lavoro del Gruppo supera le 600 persone. Una bella corsa cominciata 70 anni fa. Ma quanto e, soprattutto, come vi ha contributo la terza generazione? Gli esperti sostengono che i giovani oggi sono determinanti nelle aziende di famiglia, perché portano innovazione tecnologica e sostenibilità ambientale.Anche per voi è stato così? Mettiamo le cose in chiaro. Il primo tipo di innovazione e di sostenibilità io non la leggo in chiave tecnologica o ambientale (e mio padre e mio fratello la pensano nello stesso modo), ma in chiave aziendale e riguarda le persone. Quando ho cominciato a lavorare i collaboratori erano, a occhio e croce, una cinquantina, oggi sono 600. Messo così il paradigma è diverso: noi lavoriamo molto sul coinvolgimento delle persone e sulla loro responsabilizzazione.

vo. Saltata l’operazione, si fece avanti

E a quel punto?

In questo modo puntiamo a potenziare

DAF e ne diventammo concessionari.

A quel punto era il 2020. Io avevo ormai

le risorse della società. I servizi ad alto

Ma anche Ford Trucks aveva manifesta-

33 anni, mio padre ne aveva 67 e mio fra-

tasso di innovazione che eroghiamo, i mi-

to interesse nei nostri confronti, pro-

tello, Massimo, ancora 28. Era il momento

glioramenti che apportiamo alla gestione

ponendoci di importare i loro veicoli. In

di consolidare quel che avevamo creato

ambientale, la maggiore capacità di pene-

realtà si era proposta anche un’altra cor-

negli ultimi anni: oggi «Trasporti Pesanti»,

trazione commerciale, sono soltanto una

data: così abbiamo finito per accordarci

l’azienda-madre, fattura più di 60 milioni

conseguenza di un’organizzazione basa-

con tutti – cioè con il Gruppo Maurelli,

di euro, ma F-Trucks dove siamo al 31% ar-

ta sulle persone e sulle loro motivazioni.

con il Gruppo VFM di Fabio Telese e con

riva a 80 milioni, OVIP DAF a 25 e WLF Ford

Se non funzionano le persone, anche

Edoardo Gorlero – per creare insieme la

a 15, e ASTL, società di spedizioni che par-

l’innovazione e la sostenibilità non fanno

F-Trucks con cui importare e commercia-

tecipiamo al 50% con la Magli Intermodal

significativi passi avanti. A prescindere

lizzare il prodotto.

Sevice, supera i 160 milioni e la squadra di

dall’età di chi gestisce l’azienda.

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STORIE DI FAMIGLIA A COLLOQUIO CON DOMENICO DE ROSA, CEO DI SMET

GESTIRE LA TRANSIZIONE IN TEMPI DI CRISI di Gennaro Speranza

Affrontare il passaggio generazionale in un momento di incertezza economica è una sfida ancora più ardua per chi si trova nelle condizioni di ereditare la gestione di un’impresa. Ma può rappresentare anche uno stimolo per rompere con i vecchi schemi e orientarsi al progresso. Così è stato per Domenico De Rosa, che nel 2008, nel pieno della crisi finanziaria, si è ritrovato al timone della salernitana Smet. Portandola, con costanza e metodo, verso risultati mai raggiunti prima

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anni di storia, tre generazioni e un percorso che ha portato l’azienda a diventare uno dei più importanti operatori intermodali a livello europeo, tra non pochi ostacoli ma anche con tante soddisfazioni. Parliamo di Smet, società fondata a Salerno nel 1947 dal capostipite Domenico De Rosa Senior. Dopo un primo passaggio di consegne avvenuto nel 1975, anno in cui la gestione passò nelle mani del figlio Luigi (al quale si deve l’internazionalizzazione del business e la prima caratterizzazione specialistica dell’azienda), dal 2008 Smet è guidata dal figlio di quest’ultimo, Domenico De Rosa Junior. E proprio con lui abbiamo scambiato due chiacchiere per capire in che modo l’azienda si è evoluta nel passaggio tra le generazioni, quali sono stati i banchi di prova più difficili e come sono stati superati, quali gli insegnamenti appresi per tracciare la rotta verso il futuro. Dottor De Rosa, Lei ha ricevuto il passaggio di testimone in un momento delicato, quello del 2008 segnato dalla crisi globale finanziaria. Come ha gestito la successione generazionale? Il 2008 è stato senza dubbio un anno particolare perché si aprì una nuova fase di trasformazione dell’economia globale. La crisi ebbe un impatto importante sulle forze fondamentali

guato per affrontare un cambiamento, perché presuppone cambi di paradigma e orientamento al progresso.

che guidano la crescita, autotrasporto e logistica comprese. Di quel momento ricordo come molte aziende italiane ricorsero in modo massiccio alla cassa integrazione. Molti stabilimenti e impianti industriali chiusero i battenti. Esordire in tale contesto in una posizione di comando, insomma, fu un banco di prova complesso. Tuttavia, venivo da sei anni di gavetta. Nel 2002 avevo conseguito la laurea e fino al 2008 avevo accumulato esperienza in azienda. Inoltre, avevo energie fresche e tanto entusiasmo per fare e riuscire bene nel mio compito. C’è da dire che fu anche mio padre a spingermi in questa direzione, perché riteneva che il miglior banco di prova per esordire fosse proprio quello di trovarsi alle prese con un campo dissestato. E oggi posso dire di condividere ampiamente questa visione. La crisi è il momento più ade-

Il parallelo tra la crisi del 2008 e quella post-pandemica viene naturale. Quali differenze ha ravvisato tra la crisi di allora e quella attuale? Ogni crisi finanziaria è diversa dalle altre per le cause specifiche che l’hanno innescata, per come si è manifestata e per i rimbalzi economici che si sono susseguiti. Gli scenari sono sempre mutevoli e il rischio è di trovarsi ad applicare ricette vecchie

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I 75 anni di Smet sono stati festeggiati nell’agosto del 2022, alla presenza non soltanto delle precedenti generazioni, ma anche di Lorella, Andrea e Gianluigi De Rosa che condividono con Domenico l’onere di portare avanti l’azienda familiare.

a contesti non corrispondenti. Ciò che dovrebbe restare immutato, invece, sono i principi di buona amministrazione economica, di moralità e di etica. Perché nessun business, sia in tempi negativi che positivi, può avere successo se colui che conduce l’impresa non si ispira al «fare bene». I risultati, prima o poi, arrivano solo se si applicano i principi con buona forza d’animo, preparazione, formazione e valori solidi e validi. I dati che abbiamo raccolto in questo numero raccontano di un Paese che fa fatica a condurre in

Per festeggiare i 76 anni di vita, il gruppo Smet ha presentato un Iveco S-Way Fuel Hero da 490 cv, consegnato dalla concessionaria Mecar e personalizzato con una speciale livrea che rende omaggio ai colori della Salernitana Calcio.

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porto la transizione generazionale. Tra le grandi aziende, solo il 20-25% riesce a passare la mano alla seconda generazione, solo il 13-15% arriva alla terza e solo il 4% arriva alla quarta. Secondo lei perché? Gran parte della responsabilità del mancato ricambio generazionale è da imputare soprattutto all’elemento politico e istituzionale, che ha fatto di tutto per distruggere il morale dei figli che avrebbero dovuto sostituire naturalmente i padri, non supportandoli con misure adeguate e anzi creando sempre maggiori limiti, problemi, incertezze. Se il contesto non rende appetibile la sostituzione, è chiaro che il passaggio si complica. Da questo punto di vista, Smet può essere considerata una sorta di «mosca bianca» nel panorama delle aziende familiari che si proiettano verso la quarta generazione. Quali sono stati gli elementi distintivi che hanno dato continuità alla transizione generazionale? E quali innovazioni, rispetto al passato, ha apportato all’azienda durante la sua guida? In tempi recenti c’è stato sicuramente un grande rinnovamento in azienda in termini di ingresso di giovani. Ma un ruolo importante l’ha avuto anche la costante attenzione alle innovazioni tecnologiche, alla digi-

talizzazione e al miglioramento dei processi operativi. Decisivo, in particolare, il passaggio dagli organigrammi aziendali statici a quelli funzionali, che ha reso il lavoro più fluido ed efficiente grazie al fatto che le persone vengono coinvolte maggiormente nei processi decisionali. 15 anni dopo aver preso il timone di Smet, quanto è cresciuta l’azienda e verso quali orizzonti si proietta? Nel passaggio generazionale c’è stato un ulteriore ingrandimento rispetto al passato. I numeri più attuali parlano di un fatturato aggregato nel 2022 di oltre 450 milioni di euro, con oltre 2.000 dipendenti tra diretti e indiretti e più di 30 sedi operative dislocate in Italia e in Europa. La prospettiva è certamente quella di non fermarsi e di crescere ancora. Come gestirebbe in futuro un eventuale cambio di testimone? Insegnando ai miei figli due concetti tanto semplici quanto efficaci: ancorarsi ai buoni principi e avere grande fiducia in sé stessi. E anche se si sbaglia non c’è niente da temere, perché di fronte a un errore l’importante è dimostrare un atteggiamento positivo di reazione. Quello che per me è intollerabile è l’immobilismo.

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SUPPORTI PER IL SUBENTRO

GLI STRUMENTI SOCIETARI PER IL PASSAGGIO GE N

COME TI PASSO di Umberto Cutolo

L’AZIENDA Holding, trust, patto di famiglia e non solo: sono numerose le procedure previste dalla legge per condurre la transizione della proprietà di un’azienda dai fondatori ai discendenti. Ma per scegliere quello più aderente alla propria situazione è bene farsi aiutare da un esperto

«G

uarda, figlio mio. Un giorno tutto questo sarà tuo». Una battuta abusata dai vignettisti, che su questa immagine – un padre con il braccio sul figlioletto e di fronte una distesa di qualche cosa di improbabile che si offre all’ilarità del lettore – ha costruito centinaia di ilarità: dal mendicante che mostra al piccolo una discarica, al ladro (con mascherina d’obbligo) che indica al suo pargolo (anch’egli con mascherina) l’angolo di un palazzo dietro cui appostarsi. Due esempi di ironia, validi però solo per mendicanti e ladri. Perché trasferire un’azienda ai propri figli è tutt’altro che semplice, anche quando in famiglia c’è pieno accordo e l’erede (o gli eredi) hanno guadagnato le competenze per guidare l’impresa di famiglia. Naturalmente il processo è più complesso e delicato quanto maggiori sono le dimensioni e le articolazioni dell’azienda, ma la principale difficoltà è proprio nel suddividere le responsabilità e i relativi ruoli durante la fase di transizione generazionale. Gli strumenti che la legge mette a disposizione delle famiglie imprenditoriali sono numerosi, proprio a confermare le diversità

delle situazioni che si possono creare o dei risultati che si intendono perseguire.

GLI STRUMENTI PRINCIPALI I principali strumenti a cui si fa ricorso nell’autotrasporto (e non solo) per regolare la successione sono la holding di famiglia, il trust e il patto di famiglia. La holding di famiglia permette, durante la fase del passaggio generazionale, l’accentramento del controllo societario, evitandone la dispersione in quote tra tutti gli eredi e ha il vantaggio di prevedere sgravi fiscali attraverso lo strumento della donazione con riserva di usufrutto delle partecipazioni detenute. Si tratta di una società finanziaria che detiene parti del capitale di altre imprese al fine di controllarne la gestione e indirizzarne le attività conformemente alla strategia unitaria del gruppo. Il controllo – diretto e unitario – sulle società operative è concentrato nelle mani del socio fondatore, ma soprattutto i conflitti tra familiari sono affrontati all’interno della holding, non ostacolando così l’attività delle società. Per di più la holding può essere costituita da società di capitali, ma anche – caso più ricorrente nell’auto-

trasporto – da società di persone: una holding di famiglia può infatti essere costituita come società semplice, in nome collettivo o in accomandita semplice. Il trust è l’istituto con cui l’imprenditore («disponente»)

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E NERAZIONALE

I TRE PRINCIPALI STRUMENTI GIURIDICI PER PASSARE IL TESTIMONE strumento negoziale

cos’è

vantaggi

HOLDING DI FAMIGLIA

società finanziaria (di capitali o di persone) che detiene parti del capitale di altre imprese per controllarne la gestione e affidare la cura delle società operative al socio fondatore, così da dirimere internamente conflitti tra familiari

• consente di accentrare il controllo societario, evitando la dispersione in quote tra tutti gli eredi

è l’istituto con cui l’imprenditore designa un soggetto di fiducia per amministrare, secondo le sue prescrizioni, i beni conferiti nel trust e destinati a beneficiari da lui individuati.

• può beneficiare dell’esenzione dall’imposta sulla successione

contratto con cui l’imprenditore designa con atto pubblico notarile le persone che proseguiranno l’attività aziendale e indica le regole per gestire il trasferimento

• evita eventuali pretese e liti con altri eredi

to particolarmente utile ai fini della trasmissione di un patrimonio imprenditoriale, per esempio nel caso in cui il subentrante a cui si vuol trasmettere l’azienda (un figlio, un nipote) è ancora minorenne. Lo strumento consente infatti di rinviare il subentro al raggiungimento della maggiore età da parte del subentrante e l’azienda, non rientrando più nel patrimonio del titolare, non potrà finire nelle mani di familiari non idonei. Il patto di famiglia è un contratto con cui l’imprenditore designa con atto pubblico notarile (sottoscritto, però, con atto pubblico da tutti gli eredi) la o le persone che proseguiranno l’attività aziendale ed è tra i più consigliati nell’autotrasporto, perché evita eventuali pretese e liti con altri eredi e, con determinati presupposti, consente di usufruire di un trattamento fiscale vantaggioso. Introdotto in Italia nel 2006, il patto di famiglia è di fatto un contratto tra l’imprenditore e i suoi eredi che dà la possibilità di definire ex ante le regole con cui gestire il trasferimento dell’impresa, salvaguardandola quindi da eventuali conflitti tra soci-eredi, anche grazie alla deroga dai patti successori che questa procedura prevede.

gratuito di beni da parte di un soggetto vivente), l’atto di destinazione (prevede la creazione di un patrimonio separato, imprimendo ad alcuni beni un «vincolo di destinazione», che isola questi beni e li protegge dai creditori del titolare), il fondo patrimoniale (un insieme di beni costituito dai coniugi o anche da un terzo, al fine di soddisfare i bisogni della famiglia che non può essere rivendicato dai creditori), il contratto di affidamento fiduciario (affida a un soggetto la destinazione di un numero di beni a vantaggio di uno o più beneficiari), gli accordi di governance (una rivisitazione del sistema delle regole aziendali), i patti parasociali (accordi tra soggetti appartenenti alla stessa società al fine di regolare l’agire comune) e tanti altri meccanismi di trasformazione societaria per rendere la struttura più idonea ad accogliere gli eredi. Gli strumenti giuridici, insomma, sono numerosi, ma per scegliere quello più adatto alla propria situazione di famiglia è bene farsi accompagnare da una consulenza qualificata. «La scelta dello strumento giuridico con cui gestire il passaggio generazionale», osserva una nota di Assoholding, società di consulenza per le imprese, «è strettamente legata alle caratteristiche della famiglia presa in considerazione, vale a dire dalla dimensione e qualificazione del suo patrimonio, dal tipo di beni in oggetto, dal numero di familiari e dalle dinamiche tra loro esistenti, e dalle esigenze specifiche e dalle finalità perseguite».

TRUST

PATTO DI FAMIGLIA

designa un soggetto di sua fiducia (trustee) che amministri, secondo le sue prescrizioni, i beni conferiti nel trust (beni mobili e immobili, partecipazioni societarie, opere d’arte ecc.), destinati ai beneficiari individuati dal disponente. Anche in questo caso, con determinati requisiti, si può beneficiare dell’esenzione dall’imposta sulle successioni. Istituito nel sistema anglosassone dal 1992 è in vigore in Italia in virtù della ratifica della Convenzione dell’Aja. Il trust è uno strumen-

GLI ALTRI STRUMENTI GIURIDICI Esistono, però, altri strumenti giuridici, anche se meno usati soprattutto nell’autotrasporto, ai quali si può far ricorso per la transizione generazionale, come la donazione (permette la trasmissione a titolo

• beneficia di sgravi fiscali tramite lo strumento della donazione con riserva di usufrutto delle partecipazioni detenute

• è utile quando l’erede a cui trasmettere l’azienda è minorenne perché consente di rinviare il subentro ed evita che l’azienda finisca in mani inidonee

• consente di usufruire di un trattamento fiscale vantaggioso e di derogare ai patti successori

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SUPPORTI PER IL SUBENTRO

PARLA L’ESPERTO NICOLA CAROZZA

«PER I PADRONCINI OGGI È PIÙ SEMPLICE» Con gli imprenditori bisogna essere chiari e spiegare subito le procedure e i tempi necessari al passaggio, ma la cosa fondamentale è che il titolare voglia davvero trasmettere l’impresa ai figli. Il resto è meno problematico, grazie anche alla semplificazione dell’accesso al mercato

«S

ono molte, in diversi settori, non soltanto nel campo dell’autotrasporto, le piccole imprese che si rivolgono a un’associazione di categoria, per essere aiutate nel passaggio generazionale». Nicola Carozza, 43 anni, un dottorato di ricerca in Scienze Politico-Sociali e Psicologiche dell’università di Genova e responsabile Confartigianato Trasporti di La Spezia, parla in fretta e va subito al nocciolo del problema, come è abituato a fare in un mestiere che deve semplificare una materia complicata come la gestione d’impresa. «Perché», spiega, «il passaggio generazionale comporta una pluralità di adempimenti sul piano autorizzativo, fiscale, previdenziale, creditizio, prevenzione. Per questo motivo un’associazione di categoria che offre servizi a 360° gradi è particolarmente indicata a dare il supporto necessario». Qual è la prima indicazione che dà a chi si rivolge a lei? È importante essere chiari con gli imprenditori: di solito parlo dell’attestato di capacità professionale necessario per aprire e dei tempi necessari, perché essendo coinvolti molti uffici di enti diversi – Motorizzazione, Camera di Commercio, in primis, e poi Agenzia delle Entrate, Comune e così via – è bene sapere subito quali sono le reali tempistiche. Quali sono le difficoltà principali della piccola e media impresa di autotrasporto nel passaggio generazionale? Per un imprenditore, spesso padre-padrone, il passaggio gestionale dell’attività al figlio non è mai semplice. È una questione di capacità di delega: i rapporti con i clienti, quelli con i fornitori, l’ultima parola sui contratti. Ma quel che è fondamentale è che vogliano realmente il passaggio generazionale e favo-

riscano l’inserimento graduale dei propri figli all’interno dell’azienda. Il passaggio vero e proprio, tutto sommato, è la difficoltà minore: volture, costituzione, atti notarili in fondo sono dettagli. È vero che molti autotrasportatori fanno studiare i figli perché non vogliono che facciano il loro mestiere? In generale, oggi molti figli di imprenditori studiano e si laureano. E la cosa è positiva. Molti «padroncini» hanno lavorato duramente proprio per far studiare i figli e può capitare anche che un figlio laureato, non soddisfatto della proprio situazione lavorativa o di uno stipendio troppo basso, rientri in azienda, intuendo che il titolo di studio conseguito può essere un valore aggiunto per cambiare i processi e acquisire nuovi clienti. Diverse nostre aziende con il passaggio generazionale oggi sono guidate da figli laureati. Come si svolge l’opera del consulente nel passaggio generazionale di un padroncino? Bisogna innanzitutto conoscere l’azienda, valutare la visura camerale, e in caso di so-

cietà, l’atto costitutivo, conoscere bene il titolare, parlare con il figlio per fargli conseguire i titoli autorizzativi per impostare al meglio il passaggio. Quale consiglio dare ai padroncini che vogliono trasmettere camion e clienti ai figli? Oggi il cosiddetto «accesso al mercato» è stato semplificato: non si pone più il problema dell’accesso diretto mediante l’acquisizione di autoveicoli o complessi veicolari per una massa complessiva totale non inferiore a 80 tonnellate e non inferiore a euro 5 o l’acquisizione per cessione di azienda o dell’intero parco veicolare. Grazie alla Circolare n. 3738 del 13 maggio 2022 il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha definito le nuove disposizioni. Gli uffici delle Motorizzazioni verificano onorabilità, idoneità professionale, idoneità finanziaria e stabilimento, mentre l’accesso al mercato non c’è più e non sono al momento previste limitazioni di categoria dei veicoli. Il passaggio ai figli, quindi, oggi risulta molto semplificato».

A 43 anni, Nicola Carozza ha un dottorato di ricerca in Scienze Politico-Sociali e Psicologiche dell’università di Genova ed è responsabile Confartigianato Trasporti di La Spezia

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SUPPORTI PER IL SUBENTRO

GLI INCENTIVI AL PASSAGGIO

GLI AIUTI PER LE PMI Strumenti come voucher e sgravi fiscali possono rappresentare un sostegno valido per affrontare la successione d’impresa. Ecco una rapida rassegna su quelli attualmente disponibili

Tra

i bandi pubblici più interessanti promossi dalle istituzioni per agevolare

di un voucher a fondo perduto pari al 70% delle spese sostenute e comunque fino a un massimo di 5.000 euro. Le spese am-

nerazionali, il rilevamento di imprese in crisi

il passaggio generazionale c’è quello della

missibili riguardano l’attuazione di progetti di ricambio generazionale e dei relativi oneri funzionali (es. spese notarili), ma anche l’acquisto di beni e servizi per la digitalizzazione dell’impresa, di nuovi macchinari, impianti e attrezzature funzionali alla nuova gestione aziendale. Il voucher copre anche la formazione professionale di titolari, soci e dipendenti dell’impresa subentrante nell’attività. Il termine di presentazione delle domande è il 30 novembre 2023, salvo esaurimento risorse.

spese ammissibili per il bando si dividono in

IN PUGLIA 250 MILA EURO PER I PASSAGGI GENERAZIONALI

Un ulteriore strumento utile per agevolare

Altro bando interessante è il «NIDI» (Nuove Iniziative d’Impresa della Regione Puglia), attivo dal 17 febbraio 2022 e ancora disponibile nel 2023. Si tratta di un avviso da 35 milioni di euro per sostenere la nascita di nuove imprese sul territorio locale, agevolando in particolare quattro categorie di destinatari: le compagini giovanili, le imprese femminili, le nuove imprese costituite almeno per il 50% da soggetti svantaggiati e le imprese turistiche. Il criterio dell’agevolazione è proporzionale alle difficoltà dei destinatari: più il soggetto è debole e maggiore è l’aiuto. L’ammontare del finanziamento varia dunque a seconda della composizione del team di persone che intende avviare l’impresa: vengono agevolate le iniziative nella forma della microimpresa, con un finanziamento compreso tra i 10.000 e i 150.000 euro, che arrivano a 250.000 euro per i passaggi ge-

tore italiano con la legge 346/1990 (TUS),

Camera di commercio Maremma e Tirreno, che ha stanziato dei fondi a sostegno delle imprese delle province di Livorno e Grosseto, rivolti alle imprese di tutti i settori economici con l’obiettivo di «sostenere i processi di consolidamento dell’imprenditorialità sul territorio, favorire la continuità aziendale e creare contemporaneamente opportunità occupazionali per le nuove generazioni». Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.

IN TOSCANA UN VOUCHER FINO 70% DELLE SPESE AMMISSIBILI Il bando della Camera di commercio Maremma e Tirreno, pubblicato sul sito internet www.lg.camcom.it, prevede l’erogazione

30 novembre 2023 È il termine entro cui presentare domanda per ottenere gli incentivi della Camera di commercio Maremma e Tirreno concessi per attuare progetti di ricambio generazionale e per sostenere i relativi oneri funzionali

e le società cooperative costituite da lavoratori dipendenti di un’impresa confiscata. Le due categorie: spese di investimento (arredi, macchinari, impianti di produzioni e attrezzature varie) e spese di gestione (utenze, premi per polizze assicurative, acquisto di dispositivi di protezione individuale, ecc.). La domanda di partecipazione deve essere effettuata esclusivamente online, tramite il portale sistema.puglia.it.

ESENZIONE DELL’IMPOSTA DI SUCCESSIONE il passaggio è l’esenzione dall’imposta di successione. La misura, prevista dal legislaintende favorire la transizione generazionale di aziende e partecipazioni sociali sgravandole da pesi fiscali, in modo da «alleggerire» i successori – che magari non sono muniti di liquidità sufficiente al pagamento delle imposte, spesso onerose – nell’adempiere agli obblighi tributari. Per usufruire dell’esenzione, però, è necessario che i beneficiari del trasferimento proseguano l’attività d’impresa o mantengano il controllo della società per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento. In caso di mancata prosecuzione dell’attività o di perdita del controllo prima del decorso dei cinque anni, l’erede decade dal beneficio e deve corrispondere l’imposta in misura ordinaria, una sanzione amministrativa pari al 30% della somma dovuta e gli interessi di mora.

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SUPPORTI PER IL SUBENTRO

MASSIMO ARTUSI, DIRETTORE COMMERCIALE RO M

LA FORMAZIONE È LA CHIAVE D E di Gennaro Speranza

Da sinistra: Andrea Artusi, Federico Campilli, Massimo Artusi e Francesco Campilli al tempo della frequentazione dei corsi «Euroteam» promossi da Iveco (1992).

Q

uando si pensa a un passaggio di testimone in un’azienda a conduzione familiare, general-

mente viene subito in mente un’immagine precisa: quella di un evento istantaneo, dai contorni netti e prestabiliti, in cui i padri cedono le redini della propria creatura ai figli. Un po’ come nella staffetta, dove l’attenzione è tutta focalizzata sull’istante decisivo in cui avviene il cambio tra un atleta e l’altro attraverso il passaggio del testimone. Ma, in realtà, la successione è un percorso molto lungo, che parte da lontano e si compie in un arco di tempo dilatato e funzionale alla preparazione del passaggio. Perché prima del cambio c’è tutta una fase di «allenamento»

propedeutico

all’ap-

prendimento della tecnica, degli aspetti mentali, dei sincronismi di squadra. Quello di Massimo Artusi, direttore commerciale della Romana Diesel, storica concessionaria Iveco con alle spalle l’esperienza di tre generazioni e 86 anni

Anche nel mondo dei concessionari non è solo un «affare di famiglia». Per portare avanti il nome dell’impresa serve una visione manageriale, tanta esperienza sul campo e soprattutto allargare lo sguardo oltre ciò che è conosciuto e familiare. E se c’è un costruttore, come Iveco, che organizza corsi ad hoc su come preparare al meglio questo passaggio, tutto diventa più semplice

di attività, è un percorso che rispecchia perfettamente questa lettura «per strati» del passaggio generazionale. «Sin da quando ero piccolo – ricorda Artusi – mio padre ha sempre fatto respirare l’aria dell’azienda a me e a mio fratello. Il sabato e la domenica, per esempio, ci portava in giro a visitare i clienti. Ovviamente, per me che ero

sono trovato non solo al timone dell’azienda, ma anche a mettere in pratica tutte le conoscenze assimilate negli anni precedenti e adattarle alla realtà latinense. Lì mi occupavo di un po’ di tutto, dai rapporti commerciali fino all’attività dei ricambi». Dopo quattro anni di esperienza, Artusi si trasferisce quindi alla sede di Roma per dirigere la divisione commerciale dei veicoli pesanti per tutta la Romana Diesel. Attività che ricopre tutt’oggi, in sinergia con gli altri esponenti del gruppo Artusi-Campilli (vale a dire le due famiglie che dal 1937 hanno posto le basi fondanti della Romana Diesel). «Il passaggio di consegne è stato quindi un processo graduale nel tempo – precisa Artusi – fatto di anni di gavetta, studi, formazione sul campo e accumulazione di esperienze. Seppur con esperienze diverse, ciascuno di noi della terza generazione (Enrico, Andrea, Federico, Fernando e Francesco) ha seguito questo tipo di percorso. La pianificazione del passaggio ha anche comportato il settaggio delle regole e dei comportamenti

UN PASSAGGIO GRADUALE Massimo Artusi sembra destinato a seguire le orme del papà Mario. Dopo la laurea in Economia e Commercio, negli anni 90 inizia a frequentare con maggiore intensità l’azienda di famiglia, quindi si trasferisce all’estero per lavorare in Iveco verso la

di ciascuno, all’interno del proprio ruolo, nel rispetto degli equilibri aziendali».

I CORSI DI IVECO Un ruolo chiave nel processo di crescita professionale di Artusi l’ha senza dubbio giocato Iveco, che nei primi anni 90 istituì un corso di formazione, battezzato

bambino, quegli incontri erano noiosis-

fine del 1995, per poi ritornare in Italia nel

«Euroteam», rivolto a tutti i figli dei con-

simi. Poi però ho presto capito quanto

1998 alla guida della sede di Latina della

cessionari, sia che fossero alle prime armi

fossero importanti, perché si andava a

Romana Diesel. «Quello di Latina è stato

oppure già operativi in azienda. L’obiet-

conoscere persone e aziende che col

il mio primo incarico dirigenziale e proba-

tivo? Instillare nelle nuove generazioni

tempo sarebbero diventati i nostri clien-

bilmente il banco di prova più difficile della

una mentalità di crescita soprattutto dal

ti fidelizzati per anni».

mia carriera, perché per la prima volta mi

punto di vista manageriale. «Fu un’espe-

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O MANA DIESEL

D EL PASSAGGIO GENERAZIONALE In questo scatto del 1996, la seconda e terza generazione di Romana Diesel al completo. Da sinistra: Francesco Campilli, Mario Artusi, Massimo Artusi, Federico Campilli, Andrea Artusi, Massimo Campilli, Enrico Campilli, Roberto Campilli, Fernando Campilli.

Massimo Artusi in compagnia di tutte le donne della sua famiglia. Da sinistra la prima figlia Lavinia, la moglie Ilaria Mazzonis e l’altra figlia Lorenza.

rienza molto interessante», ricorda Artusi,

te privo di impostazioni e condizionamenti

in cui riusciamo a prestare la massima

che frequentò proprio il corso inaugurale

familiari. Credo infatti sia costruttivo impa-

attenzione al cliente e alla sua soddisfa-

nel 1992. «All’epoca le lezioni erano te-

rare da voci, esperienze, valori e culture

zione. Questo è tuttora il primo concetto

nute dall’ISVOR, che era una scuola di

diverse». E se un domani si trovasse alle

che cerchiamo di trasferire alle nuove ge-

formazione superiore del gruppo Fiat. Suc-

prese con un eventuale passaggio di testi-

cessivamente, nel 1998, furono affidate

mone, Artusi non avrebbe dubbi su come

alla Scuola di Direzione Aziendale dell’U-

gestirlo: «L’insegnamento più importante

niversità Bocconi di Milano. In ogni caso,

che tramanderei è quello che mi è stato

si trattava di corsi seri e competenti. Del

insegnato: il cliente dev’essere sempre al

una staffetta, si gareggia bene solo se c’è

resto, Iveco si è sempre dimostrata molto

centro di tutto. Perché il vero driver che ci

un perfetto sincronismo e affiatamento di

attenta al passaggio generazionale, tant’è

porta a essere quello che siamo è il modo

squadra.

nerazioni». Ma altrettanto importante è «alimentare una cultura in cui c’è spirito di collaborazione», perché, appunto come in

che ancora oggi la Casa organizza corsi di formazione rivolti ai figli dei titolari delle concessionarie».

LA VISIONE MANAGERIALE Massimo Artusi è oggi diventato un manager di successo. Nel 2021 è stato chiamato a guidare la vicepresidenza di Federauto con delega al settore truck e veicoli commerciali e dal 2023 è componente del Board of Directors della AECDR (Alleanza dei concessionari Europei, l’associazione che raggruppa tutti i concessionari automotive di Europa). Da alcuni anni partecipa inoltre ai gruppi di lavoro di GACIE (Associazione Europea dei Concessionari Iveco) impegnati a seguire le evoluzioni e la qualità dei prodotti e della distribuzione truck e van. Ha due giovani figlie: la prima ha intrapreso una carriera nel mondo del turismo, la seconda studia Economia all’Università. «Sono stato io a spingerle a fare un’esperienza al di fuori dell’azienda – afferma il manager – perché le competenze tecniche si possono imparare facilmente un po’ ovunque, ma il carattere, l’atteggiamento e la sensibilità si devono sviluppare in conto proprio, lontano da casa, in un ambien-

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Romana Diesel 86 ANNI DI STORIA E TRE GENERAZIONI Tutto nasce verso la fine degli anni Trenta, quando Massimo Maurizi e Fernando Campilli fondano due società distinte: rispettivamente la Sievit, che distribuiva i veicoli Fiat, e la Saroca, che si occupava del marchio Om. Negli anni Settanta Mario Artusi (genero di Massimo Maurizio), Massimo e Roberto Campilli (figli di Fernando) uniscono le forze e decidono di fondere in un corpo solo la Sievit e la Saroca, dando vita alla Romana Diesel. Oggi il gruppo si sviluppa sulle quattro sedi di Roma, Frosinone, Latina e Viterbo e dà lavoro a oltre 300 dipendenti. La società dal 2015 è guidata da tre amministratori delegati, tutti esponenti della terza generazione: Andrea Artusi, Enrico e Federico Campilli.

nella foto: Mario Artusi, padre di Massimo e seconda generazione dell’azienda. Lo storico logo Viberti che campeggia alle sue spalle non è casuale: la Romana Diesel nasce negli anni Ottanta fondendo insieme una serie di altre realtà sorte nei decenni precedenti. Tra queste la Saroca, Commissionaria OM Veicoli industriali e Trattori agricoli, e la Sievit che commercializzava – appunto – Rimorchi Viberti. Entrambe videro la novembre 2023 55 luce nell’autunno del 1937.

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SUPPORTI PER IL SUBENTRO

ANDREA BERTOJA, RESPONSABILE COMMERCIALE D

100 ANNI IN QUAT T di Massimilano Barberis

ondata a Pordenone nel 1926 come SA Officine automobilistiche Industriali Bertoja, oggi quel-

F

titolari della Bertoja – «la progettazione

la che è una delle società di allestimenti

quando molti altri costruttori esordi-

più vecchie d’Italia è diventata una so-

vano o proseguivano a fare centinati e

cietà per azioni interamente controllata

telonati per varie missioni, ma tutti ab-

dalla famiglia del fondatore, che con-

bastanza uguali, in cui la progettazione

tinua anche a gestirla. Un primato che

languiva e la noia aumentava. Nel senso

condivide, nel settore, con pochissime

che non vi erano tante cose da studiare,

altre realtà, come la famiglia Rolfo di Bra

per concentrarsi su quantità e sconti. La

o i Menci di Arezzo.

nostra specializzazione ci ha consentito

«Iniziò tutto con il mio bisnonno, Carlo

quindi di crescere e di diventare un Grup-

Bertoja – racconta Andrea Bertoja, re-

po che fattura 16 milioni di euro, ancora

sponsabile commerciale e vicepresiden-

molto presente in Italia, ma in crescita

te, che con i suoi 52 anni rappresenta la

all’estero».

di macchine per mezzi speciali, per movimento terra e per carichi concentrati,

quarta generazione della famiglia – di cui però so molto poco, perché parliamo

DALL’OFFICINA ALLE RETI

di un periodo molto lontano, anche per-

Se l’ingresso in azienda della terza ge-

ché gli succedette presto mio nonno,

nerazione ha segnato una svolta deci-

Carlo Zambon Bertoja». Erano anni in

sa, l’avvento della quarta è stato invece

cui, continua Bertoja, «in fabbrica si fa-

più morbido o – come lo definisce An-

ceva di tutto, compresi gli assali, i carri

drea Bertoja – più «leggero», seppure

agricoli e anche i primi mezzi stradali.

con una forte iniezione di innovazione.

So per certo, però, che nel passaggio

«Di fatto – spiega – i primi due anni li ho

da mio nonno a mio padre Pierluigi,

trascorsi in officina. Mio padre avrebbe

attualmente ancora presidente, avven-

voluto che finissi gli studi di ingegneria,

ne una scelta fondamentale: quella di

perché in questo modo avrei potuto

specializzarsi, di concentrare l’esperien-

continuare a essere autonomo e a fare

za acquisita in un solo settore. Se cioè

tutto da solo. Nella sua mentalità ac-

i miei due avi realizzavano tutto ciò che

centratrice, un ingegnere che si firma i

si muoveva su gomma e poteva essere

progetti in autonomia poteva seguire

trainato, dai mezzi per pulire le strade,

tutto in prima persona. Quindi, non ne

ai rimorchi per trasportare gli elefanti

voleva sapere di avermi in officina. Ma

per il circo Orfei, con mio padre si è de-

io ho insistito e da lì, oltre che a saldare,

ciso di concentrarsi sulla tipologia di al-

ho iniziato a conoscere tutti i passaggi

lestimento legata agli eccezionali». Un

produttivi. Ma soprattutto, avendo car-

passaggio decisivo, quasi controcorren-

ta bianca sull’innovazione, spingevo

te, perché implicava – prosegue uno dei

molto sull’elettronica, sulla rete, sui

Pierluigi e Andrea Bertoja sono rispettivamente la terza e la quarta generazione dell’azienda. 80 anni il primo e 52 il secondo, lavorano ancora l’uno accanto all’altro. Formalmente sono il primo presidente e il secondo responsabile commerciale oltre che vicepresidente. Ma alla Bertoja non sono molto appassionati di formalismi. E anche nelle foto – ci tengono a sottolineare – «si mostrano così come sono veramente».

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E DELL’OMONIMA AZIENDA DI ALLESTIMENTI

TRO GENERAZIONI Nata nel 1926 per realizzare tutto quanto potesse essere trainato su gomma – compresi i rimorchi per spostare gli elefanti del circo Orfei – la Bertoja si specializzò nelle macchine per mezzi speciali, per movimento terra e per carichi concentrati con il passaggio alla terza generazione. Quello alla quarta ha fornito invece una spinta verso l’innovazione e verso il decentramento delle responsabilità nuovi programmi di progettazione in

mi spiazza: non ero mai uscito dalla

differenza tra le due generazioni è sta-

3D. C’era letteralmente da tirare i nuovi

fabbrica per una trattativa! Comunque

ta essenzialmente qui. Anche se poi

cavi, da cambiare le prese. Fino ad allo-

vado. Chiamo mio padre al telefono

devo riconoscere che lui mi ha sempre

ra ogni ufficio aveva un computer, ma

decine di volte per avere conferme,

dato fiducia e mi ha lasciato anche sba-

nessuno era connesso agli altri e mio

ma alla fine riesco a vendere il semiri-

gliare in alcuni casi. E questo ha reso il

padre per informarsi su tutto chiamava

morchio. E così iniziai a capire come si

passaggio estremamente semplice».

i singoli reparti. Rammento che quando

stabilisce una contrattazione, come ci

E, in qualche modo, mai ultimato del

cambiammo i telefoni, mio padre urlava

si rapporta con un cliente, come si ap-

tutto. Oggi, infatti, se Andrea Bertoja

dal suo ufficio perché non riusciva più

plicano gli sconti. E mentre tornavo in

è vicepresidente, suo padre Pierluigi,

a chiamare nessuno. E questo stesso

azienda, mi sembrava quasi che l’auto,

a 80 anni, detiene ancora la carica di

approccio l’ho avuto nella realizzazione

invece di toccare terra, letteralmente

presidente.

dei rimorchi, rendendoli più compatibili

volasse».

La quinta generazione, intanto, alme-

con centraline e sensori».

Fu una lezione importante, ma coin-

no quella espressa dai tre figli di An-

cise anche con una consapevolezza:

drea, per ora non ha varcato i cancelli

LA PRIMA TRATTATIVA NON SI SCORDA MAI

«Mio padre sapeva tutto in prima per-

aziendali. Il primo è medico, il secondo

sona, gestiva dagli acquisti alle conse-

è un ingegnere del suono e la più pic-

Ma il racconto più movimentato di An-

gne. Io avrei fatto la stessa cosa, ma

cola frequenta il liceo classico. Ma mai

drea Bertoja è quello relativo al suo in-

tramite i miei responsabili. La grande

dire mai…

gresso in area commerciale, avvenuto a seguito di un piccolo incidente a una mano, che non gli impedì di comple-

NUMERI

tare la rete, di aggiornare i listini e di cominciare a capire chi erano i clienti

60

il numero di dipendenti

220

i trailer venduti nel 2022

dell’azienda. Poi un giorno – ricorda in maniera nitida – «arriva una telefonata del titolare di un’azienda interessato a un nostro veicolo: terminata la conservazione vado da mio padre a riferirgli che attendeva da noi una proposta. Lui mi guarda e mi fa: La ventiquattrore ce l’hai, i listini li ha sistemati, a questo

16 milioni

il fatturato 2022

punto prendili e vai dal cliente. La cosa

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GIOVANI E DONNE

IN QUANTI SIEDONO NEGLI ORGANI DI GOVERNANCE DELLE

ANCORA POCHI SOTTO I TRENT’ANNI

di Umberto Cutolo

Qualche anno fa soltanto nel 4% degli organi direttivi del totale delle imprese italiane si registrava una presenza giovanile, ma la percentuale sale al 26% nelle aziende di famiglia al di sopra dei 20 milioni di fatturato. E la quota di CEO sotto i 50 anni nelle aziende di famiglia è del 27%, cinque punti in più che nelle imprese non familiari

L’

azienda italiana è vecchia e fatica a ringiovanire. Secondo i dati del Registro Imprese

gestiti da Infocamere nel 2019 dei 10 milioni di cariche esistenti nei 6 milioni

LA DIVERSITY NELLA GOVERNANCE DEI PRIMI 1000 GRUPPI FAMILIARI Indicatori di diversity

ITALIA

GERMANIA

FRANCIA

SPAGNA

Almeno un consigliere under 40 anni

25,0%

15,0%

26,6%

6,8%

30,7%

15,7%

40,9%

27,0%

Almeno un membro non familiare

69,0%

78,9%

77,6%

55,2%

Non più di un consigliere over 75

74,6%

99,7%

90,1%

69,7%

mercio, soltanto 367 mila (il 4%) erano tenute da giovani con meno di 30 anni. Per converso, 1,25 milioni erano occupate da persone di almeno 70 anni. In altre parole, per ogni 100 imprenditori ultrasettantenni ce ne sono 29 giovani. Dato anomalo rispetto al rapporto nazionale tra la popolazione under 30 e quella over 70, dove ci sono 72 giovani ogni 100 anziani. Anche se a incoraggiare la presenza di ultrasettantenni al vertice delle imprese – secondo un’interpreta-

Più del 33% di consiglieri donna

XIV Osservatorio AUB, gennaio 2023

di imprese iscritte alle Camera di Com-

zione maliziosa, ma diffusa – c’è anche la norma che limita di molto la possibili-

i capitani d’azienda con più di 70 anni

questo tipo di impresa con almeno un

tà di detenzione per le persone con più

erano quasi 74 mila, oggi sono 22 mila

consigliere under 40. Una variazione si-

di 70 anni. Quel che preoccupa maggior-

in più, passando dal 9% al 12,2%, nono-

gnificativa, anche se la ricerca restringe

mente, però, è che il tempo non sembra

stante il totale degli amministratori sia

il campo alle aziende con oltre 20 milio-

giovare in favore del ringiovanimento

diminuito di 34 mila unità. Dati specifici

ni di fatturato, dove il ringiovanimento

dei ranghi dirigenziali.

sul settore dei trasporti non ce ne sono,

dei ranghi è un fattore maggiormente

Al contrario. Secondo

ma in Friuli-Venezia Giulia, il settore, in-

sentito che non in quelle più piccole.

il Data Scientist Team

sieme a quello del commercio registra –

Tant’è che un ulteriore restringimento

di Infocamere, nel solo

sempre secondo il Data Scientist Team

del campo, limitato alle aziende quo-

Nordest, se nel 2009

– gli amministratori più anziani.

tate alla Borsa di Milano, fa lievitare la percentuale al 35%. La differenza nella

26 % È la percentuale di under 40 nei consigli d’amministrazione delle imprese familiari con più di 20 milioni di fatturato. Dieci anni fa erano molto di più (il 46%)

IN FAMIGLIA AMMINISTRATORI PIÙ GIOVANI

presenza giovanile con il dato generale

Qualche dato in più è disponibile per le

nelle aziende di famiglia contro il 22%

imprese di famiglia, anche se non omo-

delle altre. Anche l’Osservatorio AUB,

geneo (under 40 anni anziché under

tuttavia, rileva un peggioramento della

30) ed è limitato a quelle quotate in

situazione, in quanto quel 26% di under

borsa, grazie alla XIV edizione dell’Os-

40 nei Cda delle imprese familiari con

servatorio AUB che ha registrato un

più di 20 milioni di fatturato, dieci anni

26% di consigli d’amministrazione di

fa erano il 46%. È evidente, dunque, che

è ancor più evidente per quanto riguarda i CEO: quelli under 50 sono il 27%

58 novembre 2023

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A


E

AZIENDE ITALIANE? La presenza degli under 40 nei Cda MA SIAMO DAVVERO COSÌ VECCHI? Lo svecchiamento delle aziende non è solo questione di età. L’Osservatorio AUB sulle imprese familiari italiane ha misurato nel 2023 il processo di modernizzazione della governance, analizzando la composizione dei Cda alla luce di tre fattori: l’età (almeno un componente under 40 e non più di uno over 75), il genere (almeno il 33% di componenti donna) e l’appartenenza alla famiglia proprietaria (almeno un componente non familiare). La fatica delle aziende familiari italiane a migrare verso modelli di governance più evoluti è indicata dal fatto che, nelle imprese con più di 20 milioni di fatturato, i tre valori sono bassi: il 26,4% delle imprese ha almeno un consigliere sotto i 40 anni; il 37,6% ha una quota di genere femminile superiore al 33%; il 60,1% delle imprese ha almeno un consigliere non familiare (dieci anni fa era il 54,3%). Ma il confronto con altri tre paesi presi, limitatamente alle prime 1.000 imprese per fatturato, ci vede posizionati meglio della Spagna e in linea con Francia e Germania, anche se con qualche differenza forte nella presenza di over 75 nei Cda. Almeno quando ci sono tali organismi, giacché in Francia e in Germania nessuna impresa familiare è retta da un amministratore unico contro il 12% dell’Italia. Quanto a presenze giovanili, nel 28,4% dei Cda italiani c’è almeno un consigliere under 40, contro il 26,6% della Francia, il 15,7% della Germania e il 6,8% della Spagna. Dunque, non siamo così vecchi.

in tale situazione il passaggio genera-

situazione aziendale è rimasta stabile

zionale assume un ruolo strategico non

o è migliorata, mentre solo il 16% degli

solo per la longevità delle imprese di

intervistati ha dichiarato un calo del fat-

famiglia, ma per la sopravvivenza delle

turato, con un salto di qualità attribuito

stesse aziende in generale. Le nuove

proprio alle nuove figure nel più alto li-

generazioni non adeguatamente pre-

vello di innovazione in azienda, indicato

parate alla successione spesso vanno

da sei manager su dieci.

incontro al disastro. Un’indagine di Stu-

Quello dell’innovazione è, infatti, il car-

dio Temporary Manager, società di consulenza aziendale, condotta su un campione di 300 manager, ha riportato che la nuova figura dirigenziale si è spesso rivelata inadeguata a ricoprire incarichi di vertice: il 56% del campione ha dato un giudizio che sfiora la sufficienza (6 su 10), mentre i titolari usciti di scena hanno avuto un voto più alto (7,5 su 10). Le conseguenze sono state significativamente negative: dopo due anni dal passaggio del testimone, un terzo delle aziende ha registrato un calo del fatturato, oltre il 42% ha visto un peggioramento nel rapporto con i dipendenti, mentre il 9% ha cessato l’attività.

dine intorno al quale ruota, oggi, lo sviluppo dell’azienda di famiglia. È quello che gli esperti del settore chiamano il «paradosso delle imprese familiari», per spiegare come mai questo tipo di aziende, pur essendo costituzionalmente legate alla tradizione, alla fine sono quelle che maggiormente riescono ad innovare processi e strumenti produttivi. E un recente libro realizzato da Fabula (Family Business Lab della Liuc - Università Cattaneo) in collaborazione con Banca Sella, dal titolo «Imprese familiari e creazione di valore - Il contributo delle nuove generazioni», spiega questo paradosso con l’esempio concreto di 15 imprese familiari che si sono rinnovate

Passaggio e demografia MA I FIGLI SONO SEMPRE DI MENO Houston c’è un problema. Passaggio generazionale, sì, ma il calo della natalità riduce le possibilità di trasferire l’azienda a figli e nipote. L’allarme lo ha lanciato un anno fa – per tutto il settore artigiano – Confartigianato Vicenza, con un’indagine a campione realizzata in collaborazione con Banco Popolare di Milano, che registra l’invecchiamento del comparto tra il 2010 e il 2020: in dieci anni gli under 35 sono diminuiti di 7 punti (dal 17,3% al 10,3%) e gli over 60 sono aumentati di 8 (dall’11,4% al 19,4%). Nascono alternative nella continuità se non dell’impresa almeno del business. Il 37% degli intervistati si dice disponibile a passare il testimone a un collaboratore interno all’azienda ma non appartenente alla compagine familiare, il 57% valuta l’ipotesi di stipulare alleanze o la cessione della proprietà a terzi per garantire la continuità del business.

L’IMPORTANZA DELLA FORMAZIONE

grazie ai giovani di famiglia. Che il volu-

Al contrario quando i giovani candida-

volutioner, che introduce cambiamenti

ti alla successione vengono preparati

radicali focalizzati sull’innovazione; l’Or-

(formazione, esperienze in altre azien-

chestator, che gestisce la complessità e

de, incarichi non apicali nell’impresa

sviluppa diverse forme di imprenditoria-

di famiglia per conoscerla a fondo), il

lità; il Venturer, che va in cerca di nuove

giudizio dei manager intervistati si ca-

sfide e opportunità; il Renower, che

tecnologia (e sulla sostenibilità) che si

povolge: per l’83% il giovane è ritenuto

riorganizza e managerializza l’azienda;

gioca il futuro, in particolare dell’auto-

in grado di salire sul ponte di comando,

l’Improver, che valorizza la tradizione

trasporto. Per questo, l’apporto di una

ottenendo un voto (7,2 su 10) che si

migliorando il business. Non è un caso

governance giovane è essenziale. Ma

avvicina a quello dei predecessori; per

che al primo posto ci sia il rivoluzionario

come fare per farla arrivare sulla plancia

l’87% dei manager in questo modo la

dell’innovazione. Perché è proprio sulla

di comando?

me identifica in cinque categorie: il Re-

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GIOVANI E DONNE

QUANDO LA NUOVA GENERAZIONE DIVENTA FEMMINILE

Mio pa ad che le d principal della fam Questa vi effetto lib in quan nei miei pratic e questo un vanta Robertta

Più

della metà degli eredi che prendono in mano le redini dell’azienda di

tografa anche il Rapporto annuale 2023 di

turale, indipendentemente dal genere, ma

Istat: le imprese femminili attive in Italia nel

soltanto sulla base delle proprie vocazioni e

2020 rappresentano il 27,6% del totale. An-

attitudini. Questo è stato possibile perché i

famiglia sono uomini con un’età compresa

cora poche, è vero, ma pur sempre in cresci-

nostri genitori sono stati bravi a instradarci,

tra i 41 e i 55 anni. Il dato – 63%, per la pre-

ta rispetto, per esempio, al 12,2% registrato

così come ci auguriamo di fare noi oggi con

cisione – non è nuovo, ma risale al Report

nel Rapporto 2017.

i nostri figli e nipoti». L’ingresso delle nuove generazioni – la

Cerif dell’Università Cattolica del 2018. Negli ultimi anni, però, l’interesse per le aziende a guida femminile è cresciuto, così come fo-

SONIA E SERENA PRIMICERI, DONNE IN UN’AZIENDA DI “FRATELLI”

terza, per la precisione – è diventato infatti

Insomma, il timone nelle aziende familiari

ma a farlo, neanche a dirlo, è stata proprio

passa ancora generalmente di padre in

una donna: Serena Primiceri, oggi respon-

figlio, ma non mancano i segnali incorag-

sabile commerciale dell’azienda di Casara-

gianti e, soprattutto, non mancano le ecce-

no. «A farmi innamorare di questo mestiere

l’elemento distintivo della Trasporti F.lli Primiceri: dei quattordici nipoti di Rocco, dieci hanno già varcato i cancelli aziendali. La pri-

zioni. Una di queste è la Trasporti F.lli Primiceri: fondata nel 1957 da Rocco Primiceri, a guidarla dal 2004 è sua figlia Sonia, la più piccola di sei fratelli (di cui quattro uomini). E il risultato è indubbiamente un successo: oggi l’azienda conta oltre 70 dipendenti, di cui 45 autisti. «La cosa più scontata, essendo la figlia più piccola – spiega Primiceri – era che io mi mettessi da parte. I miei fratelli, invece, mi hanno sempre supportata e non mi hanno mai fatto pensare che questo mondo, in quanto donna, non potesse appartenermi». Se la notizia è che l’azienda è stata affidata alla figlia più piccola, sorprenderà ancora di più che a volerlo fu il nonno: «Ricordo una bellissima conversazione con lui durante la quale mi disse che avrei dovuto portare avanti la parte documentale dell’azienda, un messaggio che mio padre ha accolto e raccolto. Mi è stata affidata una Melissa Camanini è figlia di Silvio, presidente del consorzio GAM di Mantova. Cinque anni fa ha deciso di entrare nel settore, varcando direttamente la porta principale, senza passare dall’azienda paterna, ma dando vita a una sua impresa. Che sarà pure piccola, ma la rende tanto felice.

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direzione, così come è stata affidata ai miei fratelli, ognuno dei quali, oggi, ha un suo ruolo e gestisce un asset aziendale. Le posizioni di ciascuno sono venute in maniera na-

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DI PADRE IN FIGLIA di Elisa Bianchi

Cosa succede quando a prendere il timone dell’azienda di famiglia è la figlia femmina? Quali aspettative e quali difficoltà bisogna affrontare? E soprattutto, cosa succede se la figlia decide di prendere la propria strada? Ce lo raccontano donne di successo la cui storia, però, è molto differente è stato mio padre e oggi posso presentarmi

Cippà Cavadini. Figlia del fondatore della

con orgoglio come “la figlia di Luigi Primi-

Cippà Trasporti – azienda attiva nel Canton

ceri”, ma sento anche il senso di responsa-

Ticino e in Italia nel trasporto merci, logisti-

bilità legato a questo cognome. Quando

ca e operazioni doganali – è CEO dell’azien-

un figlio o una figlia subentra in azienda,

da dal 1985. «Nel mio caso – racconta – il

la professionalità non viene data per scon-

passaggio di timone da mio padre a me è

tata, ma bisogna fare uno sforzo in più per

stato influenzato da una serie di fattori, tra

dimostrare di non essere solo “figlio/a di

cui la percezione tradizionale del ruolo di

qualcuno”. La nostra sfida è doppia: da una

genere. Mio padre era dell’idea che le don-

parte portare avanti la tradizione familiare,

ne dovessero principalmente occuparsi

dall’altra riuscire comunque a portare inno-

della famiglia e della casa. Questa visione

vazione». “E il segreto per farlo – conclude

ha avuto un effetto liberatorio su di me, in

Sonia Primiceri – è educare le nuove gene-

quanto le aspettative nei miei confronti era-

razioni supportandole in questo processo,

no praticamente nulle. In un settore come

affiancandole, ma senza illuderle».

la logistica, che è ancora prevalentemente maschile, questo ha rappresentato un van-

ROBERTA CIPPÀ, IL VANTAGGIO DI ESSERE LA SFAVORITA

taggio inaspettato. Essere “il figlio o la figlia

Ogni storia, però, è a sé. Se nel caso della

è immensa, proveniente sia dal genitore

Trasporti F.lli Primiceri il ricambio genera-

che da colleghi e clienti. Questa aspettativa

zionale ai vertici aziendali è avvenuto da padre a figlia come un processo naturale, un’esperienza diversa è quella di Roberta

del capo” è uno dei ruoli più difficili da gestire in un’azienda. La pressione per eccellere

di alta performance è presente fin dall’ini-

Roberta Cippà Cavadini è la figlia del fon-

zio della carriera. Tuttavia, la mancanza di

datore della Cippà Trasporti, convinto

aspettative predefinite, soprattutto in anni

che il ruolo delle donne non era chiamato

decisamente più “lenti”, mi ha permesso di

a dare il meglio di sé in azienda. Eppure

sviluppare le mie competenze e il mio stile

da questa chiusura, a Roberta si è aperta

di leadership in modo più organico e meno

quell’autostrada che l’ha portata a guida-

stressante». Un esempio – che potremmo

re l’intera azienda.

definire da manuale – di trasformazione di quello che apparentemente è percepita come una barriera in una risorsa.

Ci rimase sicuramente male da un punto di vista lavorativo, gli sarebbe piaciuto inserire

MELISSA CAMANINI, COME IL PADRE MA SENZA IL PADRE C’è poi un terzo caso, quello in cui la figlia fa propria la passione del padre, ma non l’azienda. «Ho deciso di seguire la mia strada», racconta Melissa Camanini,

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vista umano mi ha sempre supportata. Mio padre è una buona guida e un grande aiuto, ma sono consapevole dei miei sacrifici». Per un breve periodo Melissa ha anche lavorato nel GAM come supporto commerciale:

classe 1993 e figlia di Silvio Camanini,

«Il consorzio è una famiglia per me, ma mi

presidente del Consorzio GAM di Mantova.

sono sempre sentita un po’ stretta nel ruolo

Melissa oggi lavora come responsabile tec-

della “figlia di”. Per quanto sia stato difficile

nico-commerciale di un’azienda del berga-

comunicare le mie decisioni, sapevo che la

masco, ma ha anche una sua piccola realtà Sonia e Serena Primiceri: la prima è la più piccola di sei fratelli che ha preso il timone aziendale in modo quasi naturale, così come lo è stato ripartire le competenze insieme agli uomini della famiglia; la seconda, invece, segna l’esordio della terza generazione, impegnata a creare un equilibrio tra tradizione familiare e innovazione.

persone giovani in azienda, ma dal punto di

di autotrasporto composta da due camion e due autisti. «Covavo l’idea già da un po’,

cosa migliore per me era allontanarmi da quel ruolo. Con la mia azienda sono rima-

ma fu solo alla fine di agosto del 2018, di

sta socia del Consorzio, ma a trent’anni ho

ritorno da un viaggio estivo, che trovai il co-

imparato che la mia felicità non me la può

raggio di comunicare la scelta a mio padre.

togliere nessuno».

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GIOVANI E DONNE

DENTRO LA STORIA DI ARCO SPEDIZIONI

L’IMPORTANZA DI UN PADRE «PRESENTE»

di Gennaro Speranza

Far crescere un’impresa familiare significa mantenere sempre viva la propria visione, dando continuità all’identità e alla tradizione dell’azienda, con affiancamento e supporto nei processi operativi e formativi. Una lezione ben appresa da Lanfranco, Leandro e Lucrezia Riva, che con tale spirito hanno proseguito nella gestione della società monzese fondata dal padre Giovanni, portandola a numeri da leader ella pratica educativa, è risaputo come il ruolo del padre sia fondamentale ai fini di una buona

N

segnato tanto: dalle competenze tecni-

quel momento che l’azienda ha spiccato

che a quelle organizzative, dalle capacità

il volo. Fu un’intuizione perfettamente

strategiche all’avere un atteggiamento di

coerente con la visione e l’ambizione di

identificazione da parte dei figli. Un ruolo

rispetto verso ogni singolo dipendente

mio padre, che ha sempre creduto nel

che diventa doppiamente importante nel

dell’impresa. Ovviamente un ruolo chiave

fatto che questo è un mestiere che non

caso dell’imprenditore-padre, che costrui-

l’ha giocato anche mia madre Tiziana, da

si può delegare a terzi. Siamo noi che

sce l’azienda pensando (anche) al futuro

sempre parte dell’azienda e attualmente

dobbiamo decidere il come, il quando e il

dei propri figli, di come dovrà eventual-

direttrice generale, perché ci ha garantito

mente essere da loro guidata, attra-

tutto il supporto necessario in questa

verso quali visioni, valori, competenze.

fase di transizione».

Una figura che deve saper affiancare opprimere, nella vita così come nel lavo-

NON È UN MESTIERE PER TERZI

ro. Così è stata quella di Giovanni Riva,

Oggi Arco Spedizioni è un’azienda in

fondatore della storica società monzese

crescita, con un fatturato di oltre 300

Arco Spedizioni S.p.A., guidata con la

milioni di euro nel 2022, 125 filiali, più

stessa continuità di spirito dai suoi tre

di 800 dipendenti diretti, 1.800 mezzi

giovani figli Lanfranco, Leandro e Lucre-

per le consegne, 1.000 autotreni di li-

zia Riva, rispettivamente di 37, 31 e 28

nea, 6 milioni di spedizioni effettuate

anni.

e 300.000 metri quadri di magazzini.

senza schiacciare, essere presente senza

perché dei processi operativi».

QUESTIONE DI METODO Crescita continua, capillarità delle filiali sul territorio e centralizzazione del lavo-

Un percorso di crescita che parte da

PADRE E MAESTRO

lontano, esattamente nel 1970, quando

«Sono stato fortunato ad avere un otti-

viene fondata da Giovanni Riva a Milano

mo maestro qual è stato mio padre, per-

diventando, ben presto, uno dei princi-

ché molte lezioni di vita e di impresa che

pali corrieri collettamistici italiani. Negli

mi ha trasmesso hanno avuto un forte

anni 90, poi, la svolta, con il trasferimen-

impatto sulla mia crescita personale e

to dell’headquarter a Monza e l’apertura

professionale», racconta Leandro Riva,

delle prime filiali sul territorio nazionale,

condirettore operativo di Arco Spedizioni,

ma soprattutto con una nuova idea im-

che sottolinea come, dopo la scomparsa

prenditoriale: quella di sviluppare il lavoro

del papà nel 2019, è stato subito chiaro

tutto all’interno del perimetro aziendale,

quello che si doveva fare. «Il passaggio

senza gestione in outsourcing. «Agli inizi,

di testimone è stato semplice proprio

l’attività si appoggiava per la maggior

perché, grazie ad anni di gavetta sotto

parte ad alcuni fornitori esterni – conti-

di lui e in collaborazione con i vari reparti

nua Leandro – ma poi mio padre ebbe

dell’azienda, avevo già molti strumenti

l’intuizione di canalizzarla in un flusso di

per poterla guidare. Mio padre mi ha in-

lavoro più fluido e centralizzato. Ed è da

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LE PRINCIPALI TAPPE DI ARCO SPEDIZIONI ro sono dunque alcuni dei pilastri della visione imprenditoriale di Giovanni Riva.

1970

Giovanni Riva fonda a Milano Arco Spedizioni. In poco tempo diventa uno dei principali corrieri collettamistici

1990

La società trasferisce il proprio headquarter a Monza, in un’area di 100.000 metri quadri

1997

Nasce la divisione ADR per la distribuzione di prodotti chimici

2019

Avviene il passaggio alla seconda generazione. A Giovanni Riva succedono i figli Lanfranco, Leandro e Lucrezia, rispettivamente condirettore commerciale nazionale, condirettore operativo e condirettrice commerciale internazionale

2023

Arco Spedizioni continua a crescere, con 125 filiali in tutta Italia, più di 300 milioni di euro di fatturato annuo nel 2022 e oltre 800 dipendenti diretti

A ciò si aggiunge una grande attenzione alla qualità del trasporto e, in particolare, a come la merce viene maneggiata, imballata e protetta. «Dal momento che ci siamo sempre occupati del trasporto non solo di groupage e in ADR, ma anche di eccellenze italiane, come per esempio vini e oli di qualità DOP e IGP, è fondamentale essere all’altezza dei prodotti trasportati – sottolinea Lucrezia Riva,

che dell’azienda è condirettrice commerciale internazionale – ed è per questo che nel tempo abbiamo costantemente migliorato i nostri servizi di stoccaggio, di lavorazione e di consegna anche in ambienti a temperatura controllata e con casse coibentate».

DIFFERENZE TRA IERI E OGGI Ovviamente ci sono differenze operative tra come veniva svolto ieri il lavoro e come avviene oggi. «Di sicuro è cambiata la tecnologia, diventata sempre più user-friendly – continua Lucrezia Riva – per esempio nel 2019 abbiamo introdotto i palmari, in dotazione degli autisti, attraverso i quali è possibile certificare in modo semplice e immediato l’ora, il luo-

go e tutte le informazioni della spedizione. In questo modo i clienti possono conoscere l’avvenuta consegna del servizio in tempo reale». Ma è cambiata anche la qualità dell’informazione intra-aziendale. «Mio padre forse aveva un solo difetto – conclude Leandro – quello di condividere la propria visione solo con pochi. Forse per troppo amore verso la sua azienda tendeva a essere piuttosto individualista. Il nostro attuale metodo, invece, è diverso: vogliamo che tutto sia di dominio di tutti, così che ciascun anello della nostra catena aziendale sappia in che direzione si sta andando, verso quale futuro e attraverso quali obiettivi. Perché un buon capitano deve saper fare gioco per tutta la squadra».

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NON DI SOLO TRASPORTO

RECENSIONI, SVAGHI, CONSIGLI

BRUNO SQUERI CONSIGLIA… Il trasportatore che ci consiglia il ristorante del mese si chiama Bruno Squeri, ligure doc e autista per la Compagnone e Porcile Srl. Tra le tante locande frequentate da Bruno, la scelta cade sulla Trattoria del Camionista, a Vado Ligure. «Questo è uno dei pochi posti che frequento come autista dove c’è un senso di famiglia, di accoglienza generosa e di relax. Il proprietario, Giorgio, ti fa sentire subito a casa, mettendoti a proprio agio con cordialità e buonumore». Squeri sottolinea come questo sia un aspetto decisamente importante, anche perché, trascorrendo la maggior parte della giornata sul camion, da solo, quando arriva il momento in cui ci si deve fermare c’è un forte bisogno di socialità. «Se il posto dove mi fermo ha un’atmosfera fredda, dove magari i camerieri ti guardano pure come se stessi

dando loro fastidio, è ovvio che poi ti senti a disagio. Qui invece l’ambiente è rilassato ed è un piacere scambiare qualche battuta simpatica con il titolare o lo staff». Bruno ci racconta del rapporto speciale con il titolare Giorgio, che considera ormai «come un fratello», ma anche con il resto del personale. «Qui le cameriere sono gentili. Con ciascuna di loro ho un modo di scherzare diverso. Ce n’è una, ad esempio, che ha la mania di tingersi i capelli con colori ogni volta differenti, e quando entro in trattoria la saluto dicendo: ‘Ciao arcobaleno’. E lei mi sorride divertita». E poi c’è la buona cucina, che Squeri definisce «la migliore per rapporto qualità prezzo». Il piatto preferito? «Senza dubbio i tagliolini al nero di seppia: una ricetta squisita e ricca di gusto».

TRATTORIA DEL CAMIONISTA che, tra l’altro, hanno la possibilità di stazionare i loro mezzi nel parcheggio antistante molto grande. Il cibo è buono, vi è un’ampia scelta e si possono gustare le specialità della cucina ligure e non solo. Ottimi i primi, in particolare i tagliolini al nero di seppia, ma anche i ravioli ripieni di branzino e orata conditi con una salsa a base di funghi locali, rucola, gamberetti e pomodorini. Buoni pure i secondi. Da provare il pesce alla griglia, ma anche le fritture. Per finire, se non ci si deve Il locale si trova a Vado Ligure, a pochi chilometri da Savona, lungo la storica via Aurelia, comoda per chi di passaggio vuole fermarsi per un pranzo prima di immettersi sull’A10 in direzione da o verso Genova. La trattoria, gestita dal titolare Giorgio Bondi, si chiama così proprio perché frequentata da tanti camionisti

mettere al volante, si consiglia un rinfrescante sorbetto al limone oppure il «bananino», un liquore alla banana prodotto direttamente in casa. Le portate sono giuste, a prezzi ragionevoli, e il servizio è veloce. Il personale è cordiale e scherzoso, mentre il locale ha un aspetto intimo e caldo, con gli interni che richiamano gli ambienti di antiche masserie (utensili e attrezzi appesi alle pareti). C’è anche un’ampia terrazza al piano superiore, perfetta per l’estate. Tra i servizi ci sono le docce, gratuite per chi si ferma a pranzo o a cena. Gennaro Speranza TRATTORIA DEL CAMIONISTA Via Aurelia, 232 7047 Vado Ligure (SV) cel. 347.2452379 Fascia di prezzo: 15 - 20 euro Servizi: doccia Tipo cucina: italiana, ligure Orari: dal lunedì al sabato 12.00 - 14:30 e 19.00 - 22:30 Giorno chiusura: domenica

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CARTA D’IDENTITÀ

di Gennaro Speranza

1

Il tuo primo incontro col camion? È stato casuale. Durante il servizio militare mi assegnarono l’incarico di autista e così presi le patenti. All’epoca non avevo la più pallida idea di cosa fosse un camion. Poi però ci presi gusto. Finita la leva, cominciai a lavorare per una cooperativa di trasporto, poi l’abbandonai temporaneamente per tentare altre strade, nuovi mestieri, ma alla fine mi resi conto che il richiamo del camion era troppo forte. Oggi sono proprietario di un’azienda monoveicolare.

2

Come mai la scelta di diventare padroncino? Mi sento molto più libero. Mi piace organizzarmi il lavoro da solo, senza condizionamenti esterni.

3

Qual è il tuo perimetro di attività? Mi occupo di trasporto intermodale di vario tipo (tank container e cisterne). Solitamente parto dall’interporto di Mortara, oppure da Busto Arsizio, e giro per tutta Europa.

4

5

Una caratteristica del tuo lavoro? L’essere altamente specializzato. Perché non si tratta solo di guidare, ma anche di intendertene, ad esempio, di come si lava una cisterna, di avere a che fare con raccordi, tubi, pompe di pressione e quant’altro. Insomma, devi saper fare un po’ di tutto. Una cosa che non sopporti? I raccordi per connettere le cisterne ai serbatoi di scarico. Ne esistono a centinaia e sono tutti diversi gli uni dagli altri. Dovrebbero creare uno standard comunitario. Oltretutto costano, sono ingombranti, pesano svariati chili e bisogna ingegnarsi portandosene dietro un quantitativo considerevole per ogni viaggio. E non è detto che sia sufficiente. Perché può capitare di presentarti allo stabilimento di destinazione e trovarti a farti carico di tutto.

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Nome

Luca

Cognome

Varetto

Età

44

Punto di partenza

Mortara (PV)

Anzianità di servizio

18 anni

Settori di attività

Trasporti intermodale

6

Ti è mai capitato di trovarti in una situazione di questo tipo? Sì, una volta in Francia. Serviva un tipo di raccordo che non avevo mai visto in tutta la mia vita. E io non ce l’avevo. Sai cosa ho fatto? Sono dovuto uscire dallo stabilimento, andare in un negozio di ferramenta e farmelo costruire ad hoc.

7

Una cosa assurda, insomma… Decisamente. Anche perché tutto ciò si traduce in perdita di tempo e quindi di guadagno.

8

9

10

Se dovessi descrivere l’autotrasporto con un solo aggettivo, quale useresti? Tormentato. Perché è veramente un settore pieno di imprevisti, incognite e sofferenze, soprattutto dal punto di vista dei servizi. Penso per esempio alla carenza di aree di sosta, oppure ai bagni molto spesso sporchi o malfunzionanti. O almeno in Italia è così. All’estero, penso alla Francia, già le cose vanno meglio. E oltre al camion, cosa ti piace? Ho fatto politica per diversi anni, almeno fino a quando ho deciso di dedicarmi alla mia attuale attività a tempo pieno. In verità ho poco tempo libero per coltivare hobby e passioni. La mia vita è qui sul camion. In questo numero si parla di passaggio generazionale. Se un domani ti trovassi alle prese con un cambio di testimone, come lo gestiresti? Insegnando a mio figlio che se vuole fare questo lavoro, deve sentirlo nell’anima. Perché alla fine il camion diventa la tua casa, la tua missione di vita, il tuo tutto. Bisogna saper convivere con il fatto che non puoi pensare di vedere giorno e sera le persone a cui vuoi bene. È il camion il perno attorno a cui ruota tutto.

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ricercatore Dip. medicina clinica Univ. Bologna

di

Annagiulia Gramenzi

L’IMPORTANTE È LA SALUTE

CONSIGLI PRATICI DI PREVENZIONE

BISOGNA SAPER

SCEGLIERE

Sono sempre di fretta, in costante rincorsa del tempo perso in diverse situazioni (traffico, attese al carico/scarico, ecc.) e quindi molto spesso consumo un piccolo pasto veloce, preconfezionato. Nonostante la quantità di cibo mi sembri pochissima, spesso mi ritrovo con la testa pesante e sonnolenza. Non posso però esagerare nemmeno con il caffè. Come posso aiutarmi? Ezio C_Potenza

Si

scrive Junk Food, si traduce cibo spazzatura e si legge minaccia per la salu-

te, in quanto si tratta di alimenti industriali, ultra-processati caratterizzati da elevato apporto calorico e scarsissimo valore nutrizionale: snack, piatti e prodotti da forno pre-confezionati, merendine, salse e sughi pronti, patatine fritte, biscotti industriali e soft drink cioè bevande analcoliche, anche light, spesso gasate e artificialmente dolcificate. Combinazioni micidiali di sale, zuccheri raffinati, grassi saturi e idrogenati e sostanze chimiche conservanti, stabilizzanti, emulsionanti all’apparenza piacevoli, gustose, eccitanti ma che saziano poco e

miare su costi e tempo, il cibo spazza-

Per quanto uanto rig riguarda gli autotrasportatori, otr spo bisogna partire dal presupposto che l’alimentazione corretta non solo è alla base della salute, ma mantiene la mente lucida e attenta, perciò è necessario essere informati e scegliere con attenzione a ma ngia e cosa mangiare ndo m mang quando mangiare

innescano una sorta di dipendenza che porta a mangiarne sempre di più.

rare uno stato di cronica e persistente

Alimenti resi ancora più allettanti da

infiammazione. Più se ne consumano,

pubblicità e confezioni accattivanti il

maggiore sarà il rischio per la salute.

cui consumo si associa all’insorgenza

Non solo, ma il consumo abituale ed

di numerose patologie croniche quali

eccessivo di junk food è nocivo anche

in particolare obesità, diabete di tipo

per l’ambiente, si tratta di alimenti

2, malattie cardiovascolari (ateroscle-

che per la produzione, la confezione

rosi, infarto, ictus), tumori e, secondo

e il trasporto comportano emissioni

quanto descritto da alcuni recentissi-

elevate di gas serra, enorme spreco

mi articoli scientifici, anche depressio-

di acqua e quantità elevate di rifiuti.

ne e demenza. I cibi spazzatura fanno

E allora perché continuare a mangiarli

dunque malissimo, non solo al cuore

se fanno soffrire la salute nostra e del-

e alle arterie, ma anche al cervello,

la terra? Perché sono a buon mercato

in quanto inondano rapidamente le

(costano infatti meno del cibo buono

cellule del nostro organismo di tanta,

e sano) e sono dappertutto, nei super-

troppa energia di bassa qualità che

mercati e negli autogrill, nei distributo-

sovraccarica e mette in crisi i sistemi di

ri automatici e in alcune mense, pronti

metabolizzazione e smaltimento tan-

all’uso, senza “perdere tempo” in

to da indurre la produzione dei fanto-

preparazioni o cotture. E quando per

matici e dannosi radicali liberi e gene-

motivi di lavoro si è costretti a rispar-

tura, magari rapidamente ingurgitato nel primo posto di ristoro utile, può diventare il pasto di fortuna ideale, veloce e ipercalorico, nonostante incida negativamente anche sulla qualità della guida e sulla sicurezza stradale in quanto richiede lunghi tempi di digestione che possono portare a stanchezza cronica e sonnolenza. Nutrizionisti e studiosi di alimentazione sono consapevoli del fatto che oggi è difficile eliminare del tutto i cibi spazzatura dalla nostra vita, ma raccomandano con sempre maggiore enfasi campagne informative, regolamenti, azioni politiche che consentano di limitarne al massimo il consumo. In questo senso, per quanto riguarda gli autotrasportatori, bisogna partire dal presupposto, come già sottolineato più e più volte, che l’alimentazione corretta non solo è alla base della salute, ma mantiene la mente lucida e attenta, perciò è necessario essere informati e scegliere con attenzione cosa mangiare e quando mangiare. È quindi fondamentale il rispetto delle pause che possono concedere il tempo per un pasto vario e sano ricco di frutta e verdura e povero di grassi, magari preparato a casa e conservato in borsa termica o in frigorifero. Buon viaggio!

66 novembre 2023

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