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DODICI UOMINI ARRABBIATI

Una sentenza già data per certa, ovvero lo stop ai motori termici dal 2035 a favore del «tutto elettrico», all’improvviso viene messa in discussione e adesso le perplessità della transizione vengono a galla.

Con i biocarburanti appesi a un futuro ancora tutto da scrivere

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Nell’iconico film 12 Angry Men, maldestramente tradotto in italiano con «La parola ai giurati», dodici uomini arrabbiati – quelli del titolo originale della pellicola – si riuniscono nella stanza di un tribunale per decidere le sorti, apparentemente ovvie, di un ragazzo condannato a morte per l’omicidio del padre.

I dodici giudici, infatti, sono certi della colpevolezza del ragazzo tranne uno che, sulla base di

È l’anno in cui ci saranno le prossime elezioni europee e, di conseguenza, cambierà sia il Parlamento che la Commissione. A quel punto una nuova maggioranza potrebbe riscrivere le regole della transizione green, a dandola non soltanto all’elettrico, ma anche ai biocarburanti e all’idrogeno un ragionevole dubbio, metterà in discussione le prove raccolte fino a quel momento, riuscendo così a cambiare le idee degli altri undici giurati dopo un lungo e acceso dibattito. Sembra quasi di sentire la storia della prematura condanna a morte dei motori termici, dopo che una decisione ormai presa dal Parlamento europeo per decretarne la fine, a vantaggio del «tutto elettrico», viene all’improvviso messa in discussione. Al punto quasi da essere ribaltata.

La Sentenza

I fatti sono noti. A condannarealla «sedia elettrica» il diesel è stato il Parlamento comunitario, che lo scorso 14 febbraio aveva emanato il regolamento con cui fissava lo stop alla vendita di auto e veicoli commerciali leggeri nuovi equipaggiati con motori endotermici a partire dal 2035, con l’obiettivo di tagliare per quella data le emissioni di questi veicoli del 100% rispetto al 2021. Sembrava tutto deciso.

Ma il 7 marzo seguente, giorno in cui il Consiglio europeo avrebbe dovuto ap-

RIFLESSI DEL GRANDE SCHERMO

«La parola ai giurati» (titolo originale 12 Angry Men, ovvero «dodici uomini arrabbiati») è un film del 1957 diretto da Sidney Lumet, con Martin Balsam, Henry Fonda e John Fiedler. Racconta la storia di un componente di una giuria che, sulla base di un ragionevole dubbio, riesce a persuadere gli altri undici membri ad assolvere un ragazzo accusato di parricidio. Una vicenda che ricorda la messa in discussione dello stop dei motori termici al 2035 «ispirata» inizialmente da due Stati, che poi sono diventati quattro, poi otto e infine dodici.

Solo elettrico dal 2035?

Le Ultime Tappe

E I Colpi Di Scena

• 14 febbraio2023: il Parlamento europeo approva in via definitiva il regolamento con cui a partire dal 2035 sarà vietata in Europa la vendita di auto e veicoli commerciali leggeri equipaggiati con motori termici

• 7 marzo 2023: le perplessità di Italia e Polonia, con l’appoggio decisivo di Germania e Bulgaria, fanno saltare tutto l’iter. Il Consiglio europeo rinvia il voto sul regolamento a data destinarsi provare definitivamente il regolamento, accade qualcosa. Due Stati manifestano posizioni contrarie. Si tratta, per la precisione, di Italia e Polonia, a cui si aggiunge subito il sostegno significativo di Germania e Bulgaria. A quel punto il Consiglio fa l’unica cosa che può fare in questi casi: mancando l’unanimità, sospende il giudizio e rinvia il voto a nuova data da destinarsi.

• 13 marzo 2023: si allarga il fronte dei Paesi scettici su un futuro «tutto elettrico» al 2035. Al quartetto iniziale composto da Italia, Polonia, Germania e Bulgaria si aggiungono Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria. Ma il potenziale del gruppo potrebbe arrivare a dodici (con il sostegno di Spagna, Finlandia, Portogallo e Slovenia).

Il Gruppo Degli Scettici

Ma c’è di più. Con il passare dei giorni il gruppo degli Stati favorevoli a frenare su certe politiche ambientali cresce di numero. La cosa è apparsa evidente il 13 marzo, quando a margine della seduta plenaria del parlamento europeo a Strasburgo si è tenuto un vertice a cui hanno partecipato i ministri dei Trasporti di tutti i paesi scettici, come ormai vengono definiti quelli che vorrebbero relativizzare un futuro tutto elettrico al 2035, per timore di subire una supremazia tecnologica cinese. Ebbene, al vertice hanno partecipato otto Stati: all’iniziale quartetto si sono aggregati Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria. Anche se il potenziale del gruppo potrebbe arrivare addirittura a dodici (con il sostegno di Spagna, Finlandia, Portogallo e Slovenia). Dodici Stati, dunque, proprio come i dodici uomini arrabbiati nel film di Lumet, uno dopo l’altro conquistati dal contradditorio innescato da quella che si definisce in gergo una «minoranza di blocco». Contraddittorio che ha finito progressivamente per sbriciolare personaliconvinzioni, instillando nei più il beneficio del dubbio. Insomma, il gioco democratico nella sua più spettacolare manifestazione.

LE RAGIONI

Ma qual è il «ragionevole dubbio» che ha fatto crollare il capo accusatorio? Lo abbiamo accennato sopra e ha che fare con una questione di competizione internazionale: un’elettrificazione della mobilità creerebbe maggiori chance all’industria cinese a discapito di quella europea. In realtà, le ragioni sono più d’unae toccano variequestioni collaterali: a partire dall’introduzione dell’Euro 7, sui cui tutti i dodici Paesi si sono detti contrari. Perché se il nuovo standard emissivo entrasse in vigore –come previsto – dal 1° luglio 2025 per vetture e veicoli commerciali leggeri e dal 1° luglio 2027 per i veicoli pesanti, non si capisce per quale motivo i costruttori, vedendo all’orizzonte il 2035 come data fatidica dello stop ai diesel, dovrebbero investire importanti risorse senza poi avere un orizzonte temporale sufficiente per poterle ammortizzare. Tant’è che Martin Kupka, ministro dei Trasporti ceco, tra i promotori del vertice, ha definito «irrealistici gli standard Euro 7» puntualizzando poi che lo scopo dei Paesi scettici si muove in due direzioni: per un verso

A livellonazionaledapiùparti è stataauspicatal’ammissibilità deibiocarburantioltrelafatidica data spartiacque del 2035, anche perché il nostro Paese rappresenta un’eccellenzatecnologica,in particolare sul fronte della ricerca. Bastipensarechel’industria italiana è alsecondopostoin Europapercapacitàproduttiva di biodiesel con un valore che si aggira intorno 2.000.000 ton/anno, valore in crescita alla luce dei nuovi investimentiinitineredaparte diaziendenazionali.Traqueste, inprimafila,c’èsenzadubbio Eni,chehadirecenteiniziatola distribuzione in Italia del biodiesel HVOlution,prodottousandol’olio vegetale idrotrattato. Questo diesel da fonti rinnovabili è già sbarcato in 50 stazioni di servizio del gruppo, è in vendita in 33 province – tra cui Roma,Firenze,Bologna,Genova e Torino — e a breve arriverà in altre città per un totale di 150 punti vendita. puntare a modificare i target di omologazione ricordati, per un altro mirare a ritardarne l’applicazione per almeno tre anni, arrivando fino al 2028 per vetture e furgoni e al 2030 per i camion.

E I BIOCARBURANTI?

C’è poi un altro dubbio in sospeso: che ne sarà dei biocarburanti? Nel senso: ammesso e non concesso che si vieterà la produzione di veicoli alimentati a benzina e gasolio per promuovere solo le soluzioni a emissioni zero (fondamentalmente l’elettrico), che futuro avranno gli altri carburanti alternativi inquesta complessa fase di transizione? Il riferimento è in particolare a quelli ottenuti da biomasse, vale a dire dafonti energetiche rinnovabili, che non hanno un impatto a zero impronta carbonica ma che, diciamo, ci vanno quasi vicini. E poi c’è tutta l’importante filiera del biogas su cui l’Italia ha molto investito. Ed è su questo fattore che il nostro Paese ha fatto pressione, lamentandosi non tanto dell’elettrificazione dei veicoli leggeri, quanto che essa debba rappresentare, nella fase di transizione, l’unico percorso per raggiungere le emissioni zero. A questo proposito il ministro per le Imprese e il made in Italy, Adolfo Urso, lo ha dichiarato a chiare lettere: «Se altre tecnologie oltre l’elettrico, come i carburanti biologici e l’idrogeno, dove l’Italia è in posizione avanzata, garantiscono gli stessi risultati in termini di emissioni zero, perché non battere anche queste strade?».

Occhio Al 2024

Alla fine di questa storia appare chiaro come tutti i dubbi abbiano portato al rinvio della votazione del Consiglio europeo. E che ora la data da tenere sott’occhio sembra quella del 2024, anno in cui ci saranno le elezioni europeee cambieranno Parlamento e Commissione. E visto il vento che tira, è plausibile ritenere che il fronte dei paesi scettici, già oggi in espansione, possa allargare il proprioperimetro. Magari prendendo ulteriore tempo per affidare la transizione green non solo all’elettrico, ma anche a qualcosa di «bio».

Ibiocarburanti sonoottenuti dabiomasse,fontienergetiche rinnovabili(adifferenzadei carburantitradizionaliche provengonodafontifossili).Cene sono di diversi tipi. Citiamo i principali:

• ilbioetanolo,ottenutodalla fermentazionedeglizuccheri estratti da piante da zucchero

• il biometano, che si ricava dal biogas generato a partire da rifiuti organici urbani, biomasse agricole o agro-industriali

• ilbiodiesel,chesiottiene facendo reagire tra loro attraverso un processo chimico oli vegetali (di colza, di soia, di girasole, di palma, ecc.) con alcol.

Il biodiesel, in particolare, esiste in realtà da fine Ottocento e soltanto negliultimidecenniètornatoalla ribalta. Un po’ come i motori elettrici.

Bastipensareche RudolfDiesel, quandoinventònel1892ilprimo motore diesel (da cui il nome), utilizzò l’olio di arachidi come combustibile per farlo funzionare.

Maperchéquestaalimentazione fuabbandonataepoiriscoperta?

Larispostaèriassumibileindue principalimotivi.Ilprimoèdi caratteretecnico:l’oliovegetale haunaviscositàmoltomaggiore

LO SAPEVATE CHE…

Nel 1892, quando Rudolf Diesel mise a punto il primo motore diesel, a cui poi diede in prestito il nome, utilizzò l’olio di arachidi come combustibile per farlo funzionare? Poi un po’ la tecnica (era eccessivamente viscoso), un po’ l’economia (l’ascesa di sua maestà il petrolio) indussero a metterlo da parte. Ma, come si dice: a volte ritornano… rispettoalgasolio,èpiùdenso, tende a lasciare sedimenti durante lacombustioneeaotturaregli iniettori. Pertanto già tra il 1920 e il 1930 i produttori di motori diesel cominciaronoamodificaresempre più i loro propulsori per sfruttare la minore viscosità del gasolio a scapito dell'olio vegetale. Il secondo motivo è di natura politico-economica e ha achefareconlacontemporanea ascesa del greggio, fattore che fece ladifferenza.Sceltepolitiche,forti azionidilobbing,disponibilitàdi grandi quantità di greggio e il basso costodelpetrolio,infatti,fecero quasi del tutto scomparire l'opzione deibiocarburanti.Solonell’ultimo decenniolepreoccupazionicirca l'impattoambientale,ilcostante aumentodeiprezzidelpetrolio eiltimorediunesaurimentodei suoigiacimentihannoriportatoi biocarburantiadesserepresiin considerazionecomealternativaai carburantidioriginefossile.Salvo poiesseremessinuovamentein discussioneafavorediun«tutto elettrico» a partire dal 2035.

Nel 2026 Si Far Il Punto

Anche se, va precisato, i biocarburanti (e con essi anche i carburanti sintetici, noti anche come e-fuels) non sono statiesclusicategoricamentedal bandoimpostodallaCommissione europea ma è stato lasciato loro uno «spiragliodecisionale»,unaporta cioèchelasciaspazioapossibili apertureanchedopol’ipotetico spartiacquedel2035.Equesto spiraglio ha una data ben precisa, il2026,ovverol’annoincuila Commissione europea dovrà riunirsi per valutare i progressi raggiunti da questatecnologianelperseguire l’obiettivodel100%diriduzione della CO2 considerando l’intero ciclo di vita produttivo.

MA FACCIAMO CHIAREZZA

Ma entrando più nel dettaglio, quali sono i vantaggi dei biocarburanti? Se si considera per esempio il biodiesel al100%,quindinonmiscelato conilgasolio,dalpuntodivista ambientale offre numerosi vantaggi: innanzituttohaunimpattoallo scarico neutro in termini di emissioni di CO2 Le emissioni di monossido di carbonio,standoquantocalcolato dal Comitato Termotecnico Italiano, sonoinmediainferioridel40% rispettoalgasolio,mentrela riduzionedellepolverisottilipuò arrivare al 50%. Un altro vantaggio è economico. I costi di produzione del biodiesel ne rendono competitivo il prezzo rispetto al gasolio. Di contro, il punto dolente del biodiesel sono gliossididiazoto.Mediamentesi parla di un aumento delle emissioni di NOx del 10-13% (la fonte è sempre ilCTI).Inconvenientechepuò esserecontenutoriprogettando imotoridieseledotandogli scarichidiappositicatalizzatori. Ma la principale critica che di solito simuovealbiodieselriguarda l’impatto ambientale considerando l’intero ciclo produttivo. Impatto che sarebbetutt’altrochesostenibile, perchélacreazionedicolture dedicate alla produzione di biodiesel in certi Paesi causa deforestazioni, masoprattutto,perprodurre quantità crescenti di biocarburanti sicorreilrischiodientrarein competizione con la produzione di cibo,sottraendoterrenicoltivabili utilizzabiliperscopoalimentare. Peraggirarequestiproblemiè allostudiounagenerazionepiù avanzata di biocarburanti, detti di secondagenerazione,prodottida biomasse vegetali non coltivate adhoc, quindi non in competizione con il cibo, come per esempio gli scarti agricoli e forestali, bucce di semi di girasole, oli esausti, trucioli di legno, microalghe e altri materiali vegetali di scarto, opportunamente trattati e filtrati. Alcuni di questi biocarburanti sono in fase di sperimentazione, altri sonogiàcommercializzabili,come l’HVO(OlioVegetaleIdrotrattato). Molti studi suggeriscono che l'olio vegetale di scarto sia la miglior fonte di olio per produrre il biodiesel. Anzi, come ha spiegato il World Resources Institute,gliunicibiocarburanti chepotrebberofunzionaresono solo quelli di seconda generazione, perché non prevedono la conversione diterreagricole,eliminandoun problema etico e alimentare.

Un Futuro Da Scrivere

Per quanto sia prodotto al 100% con materie prime rinnovabili, l’HVO non ha un’impronta carbonica azzerata, tuttavia, come nel caso di HVOlution (diesel rinnovabile di Eni sbarcato in Italia in 50 stazioni del gruppo), il suo utilizzo riduce le emissioni di CO2 tra il 60% e il 90% nell’intero ciclo di vita. E questo è un aspetto interessante, visto che l’Europa potrebbe lasciare aperto un altro «spiraglio», dando la possibilità alle case costruttrici di commercializzare camion con motori a combustione interna anche dopo il 2040, a patto che le loro emissioni di CO2 siano ridotte appunto del 90% rispetto ai livelli del 2019.