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AGGREGAZIONE

Si può stare insieme all’interno di un’associazione per tutelare sul piano politico la cultura aggregativa. Oppure per riuscire a garantire agli associati una gamma di servizi a condizioni migliorative rispetto a quelle di mercato. Ma secondo il presidente di Federtrasporti, Claudio Villa, gli attuali trend impongono alle realtà aggregate di «fondersi» in un’unica società e di stringere relazioni con altri partner per realizzare progetti comuni su altri anelli della catena logistica acquisiti i traffici, questi venivano distribuiti tra i vari associati. Oggi tutto questo continua a essere utile, ma non è sufficiente. In molti ambiti di mercato diventa necessario che almeno determinate strutture creino un’unica realtà edificata con un cemento aggregativo più solido e stabile.

Se questo cemento funziona soltanto in alcuni ambiti e rispetto a determinate strutture, significa che i piani di aggregazione possono essere diversi?

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Esattamente. Per essere precisi, ritengo debbano essere tre i piani su cui può applicarsi la funzione aggregativa. Il primo è quello dell’associazione, utile a diffondere la cultura aggregativa e a crearle opportunità in ambito politico e istituzionale, anche in vista della tutela degli associati. Una sorta di attività lobbystica in senso buono che trova sponde importanti nei servizi editoriali del Gruppo, primo tra tutti quelli che passano attraverso Uomini e Trasporti

E il secondo piano?

È quello legato alla vendita dei servizi, al cui interno un ruolo essenziale è affidato all’agenzia di assicurazione, che da sempre fornisce le sostanze neces- sarie per tenere in equilibrio finanziario l’organizzazione. È un piano importante perché il fatto di gestirlo con spirito cooperativistico e con senso di mutualità ci ha permesso di compensare una piccola maggiorazione di spesa, attraverso il desiderio di stare uniti e l’orgoglio di disporre di strutture che ognuno poteva sentire come proprie. Nel corso del tempo, però, il piano dei servizi rischia di non essere più sufficiente a giustificare l’ingresso in Federtrasporti da parte di nuove società. Per la semplice ragione che sono sempre più numerose le strutture che, almeno in

IlportodiRavenna è oggettodiun’importante attivitàdiriqualificazione e potenziamento.

Tramite il progetto «Ravenna Port Hub» nei prossimi annisiavràinfattiunriassettocompletamente rivoluzionatodelloscalo.Ilpianodirestyling, finanziato con i fondi del Pnrr, prevede diverse azioni da realizzarsi entro la fine del 2026: la costruzione di nuove banchine e l’ammodernamento di quelle esistenti, il dragaggio dei fondali del porto-canale

(-14,5 metri) per permettere l’accesso a imbarcazioni più grandi, la realizzazione di piattaforme logistiche e terminal, poi nuove stazioni e raccordi ferroviari. Insostanza,unavera e propriaristrutturazione logisticacheinteresserànonsoloilportoma anchelareteferroviaria e stradale e cheavrà, quindi, notevoli ripercussioni sullo sviluppo futuro della movimentazione merci nel corridoio balticoadriatico.

RAVENNA, UN PORTO PER SOGNARE

Un nuovo modo di fare aggregazione. Non più soltanto orizzontale, tra imprese che condividono lo stesso ambito operativo, ma verticale, compenetrando professionalità di soggetti e aziende attive sempre all’interno della stessa filiera produttiva, ma in contesti operativi differenti. È il modello a cui guarda con ambizione Federtrasporti, gruppo che da oltre 50 anni accorpa numerose realtà dell'autotrasporto nazionale. E per applicarlo ed espandere i propri orizzonti aggregativi, il Gruppo punta a inserirsi in un progetto a forte vocazione internazionale che potrebbe rappresentare un’occasione di crescita per tutte le imprese associate.

Intermodalit E Internazionalizzazione

In particolare, il progetto cui si fa riferimento è strettamente legato allo sviluppo di una precisa infrastruttura: il nuovo hub portuale di Ravenna, che dovrebbe essere realizzato entro la fine del 2026 grazie ai finanziamenti del Pnrr. Proprio qui, infatti, in un’area di oltre 40 ettari localizzata immediatamente a Sud del porto ravennate, il Gruppo sta focalizzando i propri interessi per ritagliarsi una nicchia di attività logistica dove poter lavorare in sinergia non solo con compaginisocietarietrasportistiche, ma con realtà imprenditoriali legate al mondo dell’intermodale, dell’assicurazione e in generale della grande committenza. L’obiettivo è duplice. Per un verso, promuovere con determinazione l’intermodalità, con particolare orientamento a sviluppare servizi di trasporto per il settore agroalimentare. Per un altro, puntare all’internazionalizzazione, grazie proprio al fatto che il sito ravennate – terzo porto dell’Adriatico dopo Trieste e Venezia – costituisce un nodo logistico strategico che si apre ai mercati del Mediterraneo orientale e del Mar Nero. Inoltre, l’inclusione di Ravenna nel sistema della grande viabilità stradale e il collegamento con le principali reti di trasporto ne fanno un porto facilmente raggiungibile dai maggiori centri italiani ed europei.

Ambizione Collettiva

La scelta di Federtrasporti di inserirsi all’interno di questo progetto va letta quindi come investimento strategico giustificato dalla centralità crescente dello scalo portuale ravennate, il cui obiettivo sarà ovviamente quello di conseguire importanti incrementi di traffico grazie alle nuove infrastrutture. Ma è una scelta dettata anche da esigenze geo-logistiche, dal momento che molte realtà associate al Gruppo operano con frequenza nell’area di riferimento. Parliamo di Carp (con sede a Pesaro), Coap Autotrasporti (Piacenza), Giezendanner Italy (Ravenna), Gam (Mantova) e Cafa (Ferrara). Strutture che accorpano complessivamente una flotta di veicoli a disposizione composta da più di 500 unità, distribuiti tra mezzi per liquidi industriali, cisterne per il trasporto di prodotti chimici, motrici e autoarticolati in grado di trasportare la quasi totalità di categorie merceologiche (compreso il settore ecologico relativo ai rifiuti).

parte, forniscono questo tipo di aiuto. Ed è proprio per questa ragione che serve il terzo piano?

È un piano che impone il mercato. Se ci si guarda intorno, infatti, appare chiaro che una struttura con 100 o 200 macchine riesce a stare sul mercato soltanto se si specializza in un segmento di nicchia, caratterizzato da lavori molto particolari. Al di fuori di questi settori, però, ritengo sia necessario dotarsi di un modello organizzativo diverso e creare tra le strutture più rappresentative, quelle maggiormente legate alla storia e alla logica identitaria di Federtrasporti, un’unica realtà societaria. Le altre strutture non interessate a questo salto possono limitarsi agli altri piani aggregativi, ma per “salire” su questo è necessario impegnarsi nel creare un contenitore da riempire con i contratti di tutte le realtà aggregate, da onorare poi tramite i 700 e più camion nella loro disponibilità. E il primo sforzo in tal senso è quello di mettere da parte le proprie individualità e rimuovere eventuali frizioni presenti nei rapporti tra associati.

E questi contenitori dovrebbero contenere soltanto aziende attive nello stesso ambito mercelogico? Non necessariamente. Una conseguenza vincente dell’aggregazione è anche l’opportunità di disporre di una presenza territoriale diffusa, di soddisfare cioè quella capillarità sempre più richiesta negli attuali modelli distributivi. E allora se si creasse un’unica società con gli aggregati attivi nel cisternato, non è detto – per esempio che non possa parteciparvi e che non diventi funzionale la presenza di una struttura pugliese attiva nel cassonato. Perché ci sono tanti lavori legati a una “stagionalità” riferita alla tipologia di semirimorchio da utilizzare. E quindi se gli altri associati hanno un viaggio in quell’area ma non hanno la possibilità di ricaricare, lascio il mio rimorchio lì, ne prendo uno della struttura pugliese e vado a fare il mercato.

E in termini organizzativi come ritiene si debba operare?

Questo è un punto nevralgico. Perché innanzi tutto per rimuovere l’instabilità della governance che segna molte strutture aggregative, sarebbe opportuno che tutte insieme individuino un amministratore delegato. Una figura altamente competente, che magari singolarmente non avrebbero potuto permettersi, ma che diventa uno dei benefici frutto dell’aggregazione. Inoltre, nell’operatività pratica sarebbe opportuno specializzare fin dove possibile le diverse realtà aggregative, affidando per esempio l’amministrazione a una, la gestione della flotta a un’altra e così di seguito. Ma soprattutto dovremmo cercare di evitare quella criticità, spesso verificata nei fatti, coincidente con la doppia provvigione, quella cioè da pagare sia alla struttura di primo livello sia a quella di secondo, perché quando si partecipa a tender del valore di diversi milioni anche quei pochi punti percentuali finiscono per metterti fuori mercato.

Fin qui abbiamo ragionato di un’organizzazione orizzontale, costruita dall’aggregazione di realtà impegnate nella stessa attività. Ma l’autotrasporto è sempre di più interconnesso con altri anelli della catena logistica. Come si fa a trasferire anche su scala verticale la logica aggregativa?

Rispondo con un esempio pratico, un progetto che stiamo definendo a Ravenna,dove il piano aggregativo spazia in modo trasversale. Nel senso che mira a mettere insieme interessi di diverse strutture, coinvolgendo allo stesso tempo investitori e clienti, per realizzare un’area retroportuale molto prossima al porto in cui sviluppare attività logistiche diverse. E per forza di cose se operi in un porto e devi preoccuparti di trasferire da qui le merci non soltanto via strada, ma anche via treno, sarà necessario stringere relazioni strette anche con realtà in grado di gestire queste diverse modalità. Sarebbe molto utile, a titolo di esempio, unire al trasporto intermodale anche lo stoccaggio dei tank container, che oggi trovano sempre meno posto all’interno di terminal intasati e che quindi potrebbe incontrare una buona domanda di mer- cato. Ritengo quindi opportuno che, laddove l’attività spazia in tanti ambiti, la gestione di ogni momento sia affidata a realtà specializzate.

Questa logica aggregativa distribuita su altri anelli e che fa leva anche su altre modalità di trasporto comporterà un allargamento del perimetro operativo di Federtrasporti?

Gli conferirà maggiore respiro internazionale. D’altra parte non è un caso se negli ultimi anni abbiamo aperto un ufficio a Bruxelles e se anche da lì cerchiamo di sfruttare l’opportunità per fruire di finanziamenti utili a realizzare progetti in grado di rendere più solida la Federtrasporti e quindi in grado anche di operare insieme a partner altrettanto forti.

L’azienda salernitana ha sviluppato in casa un algoritmo con cui è possibile ottimizzare le percorrenze, ridurre i chilometri, aumentare la produzione e, di conseguenza, contenere il costo del lavoro

SMET: «L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE CONTRO LA CARENZA DI AUTISTI»

Sulpiatto della digitalizzazione della logistica lo Stato ha messo 250 milioni di euro del Pnrr. L’intento dichiarato è di «aumentare la competitività logisticanazionale realizzando un sistema digitale interoperabile tra attori pubblici e privati per il trasporto merci e la logistica. Così si semplificanoprocedure,processi e controlli, grazie alla dematerializzazione dei documenti e allo scambio di dati e informazioni». Di questi, 175 milioni sono da destinare direttamente alle imprese. Pochi, se vogliamo, rispetto ai 191,50 miliardi di investimenti complessivi del Piano, ma abbastanza per un settore che si è svegliato solo con il Covid che, da una parte, ha reso visibile alle stesse aziende l’importanza dellalogistica e, dall’altra, ha lanciato l’e-commerce in Italia con percentuali di aumento annuo costantemente a doppia cifra dopo il 26% del 2020.

Due fattori che hanno convinto anche gli autotrasportatori che nonèpiù possibile eludere la digitalizzazione e che non basta più limitarsi all’utilizzazione del GPS per il tracking della merce o alla dematerializzazione dei documenti (per esempio il CMR che diventerà obbligatorio in tutta Europa dal 2024). Ormai si parla di Logistica 4.0, che rappresenta un mondo complesso da capire e difficile da approcciare. Non è un caso che digitando su un motore di ricerca «digitalizzazione della logistica» si venga inondati da una serie di offerte di software o di consulenza tecnologica che si candidano a venire incontro alle imprese con spiegazioni dettagliate che sfociano nella promozione del proprio prodotto. Segno che la domanda c’è, ma stenta a decollare. Anche perché per sfruttare in pieno tutte le potenzialità c’è bisogno di investimenti.

Come quello deciso dal Gruppo SMET di Salerno, attivo nella logistica integrata, da sempre attento alle tecnologie al punto di aver creato una software house interna composta da cinque espertiin Intelligent transportation system, gestione flotte e pianificazione. Di fronte alla necessità di ridurre il fabbisogno di autisti ha pensato di mettere in campo l’Intelligenza artificiale creando una start up su misura.

Il nuovo soggetto, sviluppato dall’Associazione giovani innovatori italiani, si chiama Artificial intelligence transportation (AIT) e ha il compito di ottimizzare il servizio, gestendo al meglio i turni dei conducenti, con il duplice obiettivo di aumentare la produzione e risparmiare sul costo del lavoro. Dietro, c’è un investimento da 150 mila di euro. Che non saranno tanti ma non tutti se lo possono permettere. Anche la digitalizzazione ha bisogno di aziende solide e ben dimensionate, dove i costi delle tecnologie vengono ammortizzati più rapidamente proprio dalledimensioni delrisparmio. In questo caso l’amministratore dele- gato, Domenico De Rosa, individua i vantaggi del software nella «possibilità di ottimizzare le percorrenze e di ridurre i chilometri percorsi di circa il 12%. Ma sarei assolutamente soddisfatto anche se si fermasse al 7%». In definitiva, si riesce per un verso ad aumentare la produzione e dall’altro a risparmiare sul costo del lavoro. Macome funzional’intelligenza artificiale? In concreto vengono introdotti nel sistema tutti i possibili dati relativi di viaggio, programmando le tempistiche in modo dettagliato. Quando poi si va nella pratica, il sistema compara la pianificazione teorica con la situazione reale e ne valuta lo scostamento suggerendo in tempo reale i correttivi più opportuni. Molto banalmente, se sia conveniente portare il semirimorchio in un porto, come era previsto, e non piuttosto in un terminal ferroviario.

Ovviamente il sistema avrà un periodo di test, condotto con affiancamento degli stessi sviluppatori, necessario non soltanto a verificarne il corretto funzionamento, ma anchea fare in modo che gli operatori del traffico di SMET acquisiscano familiarità con il software. E se qualcuno all’esterno lo trovasse utile e lo volesse utilizzare? De Rosa esclude condivisioni: «È stato sviluppato secondo le esigenze di SMET e sarà utilizzato soltanto in azienda». Come a dire, ognuno deve fare il proprio business.