La memoria di un dono ricevuto

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La memoria di un dono ricevuto – 50° anniversario della dedicazione a san Vincenzo e sant’Anastasio della nuova chiesa di Olmo ad Arezzo

La memoria di un dono ricevuto

4 luglio 1964 – 4 luglio 2014 50° anniversario della dedicazione a san Vincenzo e sant’Anastasio della nuova chiesa di Olmo ad Arezzo



Oreste Giommoni

La memoria di un dono ricevuto 4 luglio 1964 – 4 luglio 2014 50° anniversario della dedicazione a san Vincenzo e sant’Anastasio della nuova chiesa di Olmo ad Arezzo


Copyright © Parrocchia di Olmo (Arezzo) 2014 impaginazione e cura grafica Edizioni Giorgio Vasari srl via Mantegna 4, 52100 Arezzo (AR) 392/95 96 285 – edizionivasari@aruba.it direttore editoriale: Francesco Ciabatti francescociabatti.egv@gmail.com prima edizione giugno 2014 È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, se non espressamente autorizzata dall’Autore


«Dove due o più sono radunati nel mio nome, io sono in mezzo a loro»

Diocesi di Arezzo – Vicariato di Rigutino Parrocchia dei Santi Vincenzo e Anastasio – Olmo 200 (Arezzo) – metri 270 s.l.m tel. 0575/99300 – mail: olmo@diocesi.arezzo.it – www.parrocchiaolmoarezzo.org coordinate geografiche: 43°25’37” N 11°50’42” E V


Comitato per i Festeggiamenti del 50째 della dedicazione della chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio di Olmo ad Arezzo

il parroco, canonico Adam Oldachowski, presidente del Comitato Anna Alpini Tommaso Angeli, presidente della Cooperativa ARCI Maria Pia Bidini Umberto Bonaventi Roberto Casalini Fiore Cacioli Francesco Conti Danilo Deni Anna Dragoni Ivo Franci Oreste Giommoni Franco Mariani Gianfranco Orlandi Donato Palarchi Roberto Parnetti Anastasio Peruzzi, presidente del Gruppo Sportivo Olmo Silvio Peruzzi Giuliano Polvani Giuseppe Rossi Mario Sandali Piero Stanghini, presidente Circolo ARCI Domenico Tavanti, presidente Circolo MCL Eros Tommasuoli Isolina Toscanini

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Non vivere su questa terra come un estraneo o come un turista nella natura. Vivi in questo mondo come nella casa di tuo Padre: credi al grano, alla terra, al mare ma prima di tutto credi all’uomo. Ama le nuvole, le macchine, i libri ma prima di tutto ama l’uomo. Senti la tristezza del ramo che secca, dell’astro che si spegne, dell’animale ferito che rantola, ma prima di tutto senti la tristezza e il dolore dell’uomo. Ti diano gioia tutti i beni della terra: l’ombra e la luce ti diano gioia, le quattro stagioni ti diano gioia, ma soprattutto, a piene mani, ti dia gioia l’uomo Nazim Hikmet VIII


PRESENTAZIONE

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uando nel 1977, con la mia famiglia, mi sono trasferito da Arezzo città a Olmo, non avrei mai pensato di essere colui che avrebbe avuto l’onore di ricordare, attraverso questa pubblicazione, i 50 anni dalla dedicazione (meglio conosciuta come “consacrazione”) della nuova chiesa parrocchiale di Olmo. La dedicazione è uno dei riti più suggestivi e ricchi di significato dell’intera liturgia, ma è anche uno dei riti meno conosciuti per le occasioni che si ha di assistervi, abbastanza rare nella vita di un fedele. Questa pubblicazione vuole essere il mezzo per ripercorrere, se pur non esaustivamente, quanto avvenuto in questi ultimi cinquanta anni nella Parrocchia e ricordare gli avvenimenti che hanno portato a quella lontana realizzazione che oggi è ancora più bella nel suo aspetto originario, per i continui lavori di manutenzione e di miglioramento che i Parroci che vi hanno prestato la loro preziosa opera hanno svolto in questi cinquanta anni, l’ultimo dei quali (permettetemi di fare un “ardito” e un po’ irriverente, forse, accostamento al nostro amato Papa, sua Santità Francesco) viene anche lui da lontano, dalla Polonia, nella nostra Olmo, e cioè il nostro Parroco can. Adam Oldachowski (che il 9 giugno del prossimo anno festeggerà il 30° anniversario della sua Ordinazione). Insieme a lui è doveroso ringraziare, anche a nome di tutti gli abitanti di Olmo, le persone, religiosi e non, che hanno operato in e per la Parrocchia in questi anni. In occasione dei venticinque anni dalla dedicazione della chiesa dei santi Vincenzo e Anastasio, la Parrocchia fece stampare una pubblicazione che fu curata dal professor Pietro Frappi, con tantissime notizie storiche sulla vecchia chiesa che era Sant’Anastasio e che, nel 1967 fu sconsacrata e ceduta poi, nel 1970, a privati. Questa prezioso documento è inserito, in toto, nella presente pubblicazione, per far conoscere la storia della Parrocchia anche a i nuovi residenti (e sono tanti) che dopo il 1989 sono arrivati a Olmo e per ricordare ancora una volta, in questa bella occasione, le persone che hanno contribuito in modo fondamentale alla realizzazione della nuova chiesa, al successivo completamento delle opere parrocchiali ed infine, nel 2005, alla costruzione del tanto sospirato campanile (il sogno delle tre C: Chiesa, Canonica, Campanile). Ne cito qui solo una (per tutti) per non rischiare di dimenticare qualcuno di quei tanti benefattori: il commendator Donato Palarchi (affettuosamente conosciuto come “Donatino”) che francescanamente mise in atto l’ insegnamento di san Francesco d’Assisi: “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. All’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”: infatti prima, forse sognando, la pensò, successivamente generò negli altri fedeli la spinta alla sua costruzione e poi si adoperò fattivamente, con le persone giuste, affinchè il sogno impossibile diventasse realtà. Quel sogno iniziò a realizzarsi con la posa della prima pietra, proveniente dal santuario della Verna, posta il 28 ottobre 1962, e si materializzò, dopo soli venti mesi con la chiusura del cantiere di lavori: la nuova chiesa fu consacrata il 4 luglio 1964 dal Vescovo di Arezzo, sua eccellenza Giovanni Telesforo Cioli.


Quest’opera è da 50 anni ben visibile a noi residenti e a tutti coloro che transitano giornalmente sulla statale 71 che attraversa la nostra frazione.

Con un vanto in più: non essere costata nulla alle finanze della Diocesi, visto che la chiesa era stata sognata, progettata, iniziata, portata a termine (e poi anche arricchita e migliorata) attraverso numerosi impegni finanziari della Provincia Toscana dei Frati Minori di san Francesco Stimmatizzato, continue offerte di abitanti e aziende di Olmo, di Arezzo e fuori Arezzo, di associazioni e enti pubblici nazionali e locali, e anche quelle di un suo parroco che destinò ingenti disponibilità finanziarie, familiari, a preziose opere di miglioramento della chiesa. Oreste Giommoni 2


1959–2005 Il “sogno delle tre C” il lungo cammino della sua realizzazione

ià alla fine degli anni Cinquanta era avvertita, dalla popolazione di Olmo, la necessità di avere una chiesa più grande e più vicina al centro della frazione, che aveva avuto uno sviluppo notevole, per meglio rispondere, appunto, alle esigenze dei numerosissimi suoi nuovi abitanti, poiché la vecchia chiesa, già eretta a parrocchia dal vescovo Niccolò Marcacci sin dal 1784 a Sant’Anastasio, si rilevava insufficiente e distante da quello che stava diventando il centro della frazione.

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I mezzi a disposizione non c’erano ma la volontà di fare era tanta da indurre qualcuno a sognarne la realizzazione. Prezioso fu anche il forte sostegno dato dal vescovo di Arezzo, monsignor Giovanni Telesforo Cioli, a cercare una soluzione in tal senso, dopo la preziosa donazione di un terreno dove poterla costruire, da parte della contessa Matilde Mancini Lanfranchi Chiccoli vedova Calamai, che già aveva ceduto gratuitamente, alcuni anni prima, alla Provincia Toscana dei Frati Minori del convento di Sargiano, il terreno dove era stato poi costruito, da parte del locale Circolo Acli (oggi Mcl), un edificio adibito a centro ricreativo, culturale, nel quale, in un secondo tempo, fu spostato pure un vecchio asilo che prima era nella piazzetta di Olmo.

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A quel munifico gesto poi seguì l’impegno del convento dei Frati Minori della Provincia di San Francesco Stimmatizzato a sostenere le spese della costruzione. Fu anche predisposta, da parte del Comitato pro erigenda Chiesa Parrocchiale, una richiesta da inviare a enti, associazioni, aziende e privati. Le risposte furono numerosissime e decisive per la continuazione del progetto di costruzione: Angiolo e Renata Albiani, Giulio Andreotti, Associazione Amici della Musica Arezzo, Associazione Commercianti Arezzo, Associazione degli Industriali Arezzo, B.M.P.A. Arezzo, Banca d’Italia Arezzo, Banca Toscana Firenze, Mario Bardi, Bruna Bindi e Corrado Gallorini, Ulisse Guido ed Errico Roberto Bonfigli, Brunetto Bucciarelli Ducci, padre Pasquale Buratti, C.R.F. Arezzo, C.R.F. Firenze, Camera di Commercio Arezzo, monsignor Telesforo Cioli, Elio Cipolleschi, Circolo Enal, Consorzio Agrario Provinciale Arezzo, convento di San Romolo, Angelo Cotoloni, Donato Del Gamba, Dino Del Lungo, Agostino Dragoni, E.N.P.A.S., Enzo Droandi, famiglia Giuseppe Fontanelli e Boldi, Enzo Ficai, Renato Fracassi, fratelli Bisaccioni, Gino Gallorini, Laura Galletti, Giuseppe Ghedini, Ugo Ghezzi, Abegaille Giustini, G. Battista Giustini, Vittorio Giustini, Guido Goti, Ist. Sieroterapico Sclavo, Mario Landi, Langione Oreste srl, Raffaello Laurenzi, Mario Lebole, Concetta Lisi, Marfi sia Lisi, Palmiero Lorenzetti, Mario Lulli, Santi Magi, don Alessandro Marchi, Mario Meucci, Ministero dell’Interno, Ezio Monci, Alfredo Moneti, M.P.S. Arezzo, M.P.S. Siena, Angiolo Nibbi, Mario Noferi, Alfredo Ortolani, Aldo Paci, Donato Palarchi, Annunziata Pallini, Dante Pallini, Fortunato Pallini, Raffaele Pazzagli, Enea Piccinelli, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Laura Ponticelli, Adriano Rossi, Damiano Rossi, Mario Salmi, Donato Serboli, Paolo Serboli, don Duilio Sgrevi, Gustavo Soldini, T.E.T.I., Gino Talenti, Antonio Tavanti, Caterina Tavanti, Brunero Testi, Gino Valenti, Gino Vernaccini, Arsiero Zuccherelli, Bruno Zuccherelli, Vittoria Zuccherelli e tantissimi altri anonimi benefattori che voglio ricordare trascrivendo quello che alcuni scrissero nel biglietto che accompagnava la loro offerta: “Speriamo che non sia brutta!” o “Ti mando una mia piccola pietra”. Il 9 marzo 1962 il Comune di Arezzo autorizzò la costruzione, e il 10 ottobre 1962 l’impresa edile dell’ingner Migliarini aprì il cantiere di lavoro. Il 28 ottobre 1962 avvenne la benedizione e posa della prima pietra, proveniente dal sacro monte della Verna, alla presenza di autorità civili e religiose e di tantissimi abitanti di Olmo. 4


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Ma ancora le risorse a disposizione non bastavano per il completamento dell’opera e il Presidente del Comitato pro erigenda Chiesa di Olmo, padre Ildefonso Buratti, domandò nuovamente aiuto al “popolo di Olmo”. Pure questa volta la risposta fu pronta e determinante per il celere prosieguo dei lavori. Constatato che i lavori stavano procedendo speditamente, il 24 agosto 1963, a nome della Provincia Toscana dei Frati minori di San Francesco Stimmatizzato, padre Girolamo Buratti, compiacendosi di questo, scrisse un biglietto a Donato Palarchi dove, tra le altre cose, affermava: «La Chiesa di Olmo sarà il tuo monumento e i Frati Minori di Toscana la guarderanno sempre con grande simpatia e riconoscenza». I lavori di costruzione continuarono sino al dicembre 1963 e beneficiarono anche dei seguenti aiuti: – Contributi in opere e materiali forniti gratuitamente dalle Ditte che collaborarono alla costruzione: Ing. Zuffa, Gellini, Rossi, Ciofini, Pianigiani, Sonnati, Moretti, Romizi, Boldi, Zambon – Contributi per la progettazione e direzione dei lavori: ingegner Giorgio Cantucci, ingegner Vito La Rocca, signor Omero Salvadori – I contributi per la mano d’opera specializzata nei cantieri e l’acquisto dei materiali: Ministero del Lavoro e Ministero dei Lavori Pubblici Nel primo semestre del 1964 furono poi completati gli impianti e cominciarono anche ad arrivare i doni per la nuova Chiesa. Un parato nero completo, un parato rosso completo, un parato bianco completo, una pianeta verde, una pianeta violacea, tre camici, tre cotte, un velo omerale, cinque pianete usuali dei colori liturgici, un ostensorio, una pianeta bianca, due pianete bianche a fiori, una pianeta bianca in oro, una pianeta verde dorata, una pianeta rossa buona, un piviale bianco buono, due veli omerali buoni, un camice con pizzo alto, un camice buono con pizzo, un camice normale, una pisside piccola, una pisside grande con campanello, tre calici, due piattini per comunione, un ombrellino per la processione del Santissimo Sacramento, un messale romano con taglio in oro, due leggii, sei candelieri in legno, tre candelabri, dieci vasi in vetro, un turibolo con navicella, secchiello per acqua santa, e porta turibolo, la porticina del tabernacolo e relativo rivestimento interno in oro, due anfore in argento, dodici croci in ferro per la consacrazione della chiesa, un porta lampada per il Santissimo Sacramento, una statua di san Francesco, una statua della Madonna di Fatima, una statua di santa Rita, due porta candele, un organo, una Via Crucis, un bassorilievo in terracotta, un tappeto piccolo, una guida, un tappeto grande, venti banche, una croce ostile, candelieri dorati, ampolline, vasi per gli oli santi e per il battesimo, bugia, lavabo, il completo per l’estrema

L’ostensorio donato da sua santità Paolo VI 6


unzione, una cotta, un camice, un mobile per la sagrestia, il fonte battesimale. Considerato che i Padri Francescani del convento di Sargiano erano proprietari in Olmo di un immobile dove già erano fattivamente attivi, il vescovo Cioli pensò, visto che ormai la nuova chiesa era ultimata, di affidarla a loro, dopo aver ottenuto il parere favorevole per tale operazione dalla Provincia Toscana dei Frati Minori, anche perché già era abbastanza signifi cativa la carenza di clero secolare nella Diocesi di Arezzo. Tutte le difficoltà erano state superate, diciamolo pure, grazie anche alla Provvidenza che sempre opera attraverso avvenimenti che possono apparire casuali, ma in realtà sono ordinati secondo i piani misteriosi di Dio, il cui scopo ultimo è il nostro bene. Mancava solamente la consacrazione della nuova chiesa per rendere effettivamente fruibile questo bene a tutta la popolazione di Olmo. Prima di raccontare quel bellissimo momento del 4 luglio 1964 (la dedicazione o consacrazione) e quello emozionante dell’inaugurazione del 5 luglio 1964, è bene parlare un po’ di san Vincenzo di Saragozza e sant’Anastasio Magundat, e pure spiegare in cosa consiste la cerimonia della dedicazione di una nuova chiesa.

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Conosciamo meglio i Santi titolari della nostra Chiesa

san Vincenzo e sant’Anastasio AN VINCENZO nacque a Huesca, in Aragona, a circa settanta chilometri da Saragozza che, insieme a Valencia, ne reclama i natali. Non se ne conosce di preciso l’anno della nascita, forse il 280 d.C.; era figlio di una famiglia nobile (suo padre era un console). La famiglia lo avviò agli studi letterari, e per formarlo spiritualmente lo affidò al vescovo di Saragozza, Valerio che, dopo un po’ di tempo, verificate le sue notevoli capacità oratorie, lo nominò arcidiacono e lo inviò a predicare al posto suo, essendo lui balbuziente. Nonostante in quei tempi l’imperatore Diocleziano avesse scatenato una persecuzione contro i cristiani, il vescovo Valerio e Vincenzo continuarono a predicare e testimoniare la fede che li animava. Per questo loro atteggiamento il prefetto della provincia romana li fece arrestare ambedue e li sottopose a torture e fustigazioni. Vincenzo non si lamentò mai delle torture cui fu sottoposto e continuò a testimoniare la sua profonda fede in Dio: «La nostra fede è una sola. Gesù è il vero Dio: noi siamo suoi servi e testimoni. Nulla noi temiamo nel nome di Gesù Cristo e vi stancherete prima voi a tormentarci che noi a soffrire. Non crediate di piegarci né con la promessa di onori né con la minaccia di morte, perché dalla morte che ci avrete dato saremo condotti alla vita». Mostrandosi sempre sereno, quasi a sfidare il proprio persecutore, mentre il Vescovo fu mandato in esilio, Vincenzo fu sottoposto alla tortura del cavalletto (con cui venivano slogate le ossa del corpo), alle lamine infuocate e fu pure disteso sopra un “letto” di cocci acuminati. Ma il Santo non rinnegò mai la propria fede in Dio. Fu a questo punto che il prefetto ordinò che fosse liberato e fosse rifocillato, per poi sottoporlo nuovamente alle torture. Vincenzo, ormai moribondo, fu vegliato e accudito dai suoi compagni cristiani e dopo alcune ore morì. Era il 22 gennaio 304 d.C. Il prefetto non si fermò di fronte alla morte: volle disfarsi subito del corpo di Vincenzo dandolo in pasto agli animali, ma non fu possibile, in quanto un corvo stette sempre di guardia ed evitò che accadesse. Visto ciò, il prefetto ordinò di mettere il corpo di Vincenzo in un sacco, con una grossa pietra, per gettarlo in mare. Ma anche qui avvenne il miracolo e il sacco, galleggiando anziché affondare, giunse in una spiaggia vicino a Valencia, dove i cristiani gli dettero degna sepoltura. Con l’imperatore Costantino, convertito al Criurono composte stianesimo, a Valencia costruirono una basilica dove furono a dei Mori le spoglie mortali di Vincenzo. In occasione della guerra tta presle reliquie furono trasportate in Portogallo, in una chiesetta garve, di so Capo di San Vincenzo, l’ultima propaggine dell’Algarve, fronte all’Oceano Atlantico. Finita la guerra il corpo di san Vincenzo fu imbarcato su una nave con destinazione Lisbona. La leggenda narra che durante il viaggio due corvi si posarono sulla nave, uno a poppa e uno a prua, quasi a ricordare che in precedenza già avevano protetto il ecorpo di Vincenzo dopo le torture subite e che ora ne veorgliavano le sacre spoglie mortali. Arrivato a Lisbona il corpo fu portato nella chiesa di San Giusto e Santa Rufina e le in seguito, il 15 settembre 1173, tumulato nella Cattedrale ma della capitale portoghese di cui è patrono. Nello stemma orvi della città di Lisbona è raffigurata una nave con due corvi posati su di essa, a garantirne una sicura navigazione. Per quella solenne occasione, a ricordo, furono coniate oniate erate in delle monete. Le reliquie di san Vincenzo sono oggi venerate a sono nutanti posti nel mondo, Europa, Africa e America. In Italia merose le città che lo venerano e altrettanto numerose le chiese che ant’Anastasio, ne portano il nome, abbinato molto spesso a quello di sant’Anastasio, 2 gennaio. in quanto il loro martirio si ricorda nello stesso giorno: il 22

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ANT’ANASTASIO, nato a Razech (in Persia) si chiamava Magundat. Il padre Han lo educò sin dalla tenera infanzia alla religione mazdea; diventato un uomo, fece parte dell’esercito persiano del re Cosroe II. Si trovò così a partecipare alla conquista di Gerusalemme del 614 d.C. Da questa città fu trasportata la Vera Croce di Gesù e, in questo viaggio, Magundat cercò di capire le motivazioni che portavano i cristiani addirittura a venerare quello che era uno strumento di sofferenza. Dopo un accurato studio dei principi del cristianesimo, finì per diventare cristiano, facendosi battezzare con il nome di Anastasio, nome che significava “il risorto”. Si fece monaco e dopo alcuni anni di preghiera e meditazione non si fece scrupolo di andare in Palestina, a Cesarea, dominata dai Persiani del re Cosroe II, dove fu imprigionato e sottoposto a numerose torture con il fine di ottenere da lui l’abiura del Cristianesimo. Ma Anastasio non lo fece e, alcuni che lo conoscevano, essendo lui stato soldato nelle milizie del re Cosroe, chiesero al re di liberarlo. Il re pose però una condizione: Anastasio doveva abiurare davanti ad almeno una persona. Il Santo rifiutò ancora una volta e fu quindi portato, insieme ad altri due compagni di cella, a Bethsaloen (poi diventata Resafa o Sergiopoli), nel deserto siriano, dove fu sottoposto a crudeli torture e infine, dopo aver assistito all’uccisione dei due compagni e di altri sessantasei cristiani, fu strangolato e decapitato nel 628 d.C. Dopo alcuni anni, nel 640, i resti del corpo di Anastasio vennero trasportati a Roma, nell’Abbazia delle Acque Salvie, dove, nel VIII secolo, furono portati anche i resti di san Vincenzo di Saragozza. L’unione dei due Santi in un’unica memoria, il 22 gennaio, fu decisa nel Concilio di Trento del 1562, con l’introduzione del Nuovo Messale Romano, promulgato con la bolla di Pio V, che lo rese pubblico, nel 1570.

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Cos’è la dedicazione di una nuova Chiesa?

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Dal Prefazio della Dedicazione: “Tu ci hai dato la gioia di costruirti fra le nostre case una dimora, dove continui a colmare di favori la tua famiglia pellegrina sulla terra e ci offri il segno e lo strumento della nostra unione con Te. In questo luogo santo, Tu ci edifichi come tempio vivo e raduni e fai crescere come corpo del Signore la tua Chiesa diffusa nel mondo, finché raggiunga la sua pienezza nella visione di pace della città celeste, la santa Gerusalemme”. La dedicazione è il rito che sancisce la destinazione di una nuova chiesa al culto religioso. Nei primi secoli del Cristianesimo le messe venivano celebrate in privato, nelle case dei patrizi, sulle tombe dei martiri nel giorno del loro martirio, nelle catacombe. Quando poi fu possibile fare una celebrazione pubblica del rito si cominciò a costruire chiese e basiliche e a parlare di dedicazione, celebrando riti religiosi, plaudendo contestualmente a coloro che le avevano fondate per dedicarle al culto pubblico dei fedeli. Quando s’iniziò a portare nelle chiese, di solito con fastose processioni, le spoglie e reliquie di santi e beati che sino allora venivano tumulate al di fuori della cerchia urbana, rendendo così i luoghi di culto ancora più venerabili, il rito della dedicazione cominciò a essere assimilato a tale iniziativa, diventando legge il riporre le reliquie dei santo e dei martiri sotto l’altare della nuova chiesa e diventando così una cerimonia unica di dedicazione ai santi e martiri che vi venivano riposte. In seguito nella cerimonia di dedicazione, oltre che all’aspersione con acqua benedetta (a volte con aggiunta di sale, vino e cenere), da sempre praticata, s’iniziò anche a ungere con il sacro crisma l’altare della nuova chiesa. Fu anche inserito il rito di segnare il terreno dove doveva sorgere la nuova chiesa, appositamente ricoperto di cenere, con una X in segno di consacrazione, una croce decussata, che stava a ricordare il nome di Cristo (dal greco Χριστός, Christòs), e sulla quale, in un secondo tempo, il vescovo scriveva, con il pastorale, due lettere dell’alfabeto latino e greco, Alfa e Omega, in ricordo di Apocalisse XII, 13 (“Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine”). Oggi il rito della dedicazione inizia il giorno prima della celebrazione della prima santa Messa, con il riconoscimento, da parte del Vescovo, delle reliquie da inserire nell’altare della nuova chiesa, rimanendo a pregare a lungo davanti a esse. Successivamente il Vescovo con il clero presente inizia la solenne cerimonia facendo tre volte il giro attorno alla chiesa, aspergendone le mura; poi Vescovo e Clero entrano nella chiesa, solo loro, chiudono la porta e iniziano a recitare le litanie dei Santi. Il Vescovo, con il pastorale, fa il gesto di scrivere sul pavimento le lettere Alfa e Omega, poi per sette volte asperge con l’acqua benedetta (quella gregoriana, con acqua, vino, sale e cenere) l’altare e per tre volte le pareti interne della chiesa. Mentre viene fatto questo si prega costantemente e i fedeli entrano in chiesa.

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Il Vescovo benedice il piccolo sepolcro ricavato all’interno dell’altare e vi racchiude dentro le preziose reliquie. Si procede quindi al rito dell’unzione dell’altare, mentre si cantano salmi e antifone. Dopo aver consacrato l’altare vengono consacrate anche le pareti interne della chiesa, procedendo a ungere anche pilastri o colonne, dodici unzioni con il sacro crisma. Infine si pulisce l’altare che, rivestito degli ornamenti adatti, è pronto per la solenne celebrazione della prima Messa. La dedicazione di una nuova chiesa è quindi una solenne cerimonia che equivale in pratica al Battesimo in quanto, come il capo del battezzando viene cosparso per tre volte con l’acqua benedetta del fonte battesimale e unto con il sacro crisma, così pure anche la nuova chiesa, nella dedicazione, viene aspersa con l’acqua benedetta per tre volte e le sue colonne portanti o le mura vengono unte con il sacro crisma. Per tramandare memoria di questo solenne atto vengono infi sse nei muri le croci di consacrazione che possono essere di metallo, di pietra o in alternativa dipinte, a segnalare dove il Vescovo ha tracciato con il sacro crisma una croce. Nella nostra chiesa furono applicate dodici croci in ferro. Il significato della croce è quello di rappresentare il segno del trionfo di Cristo e di ricordarlo per sempre, indicando a tutti i limiti dello spazio consacrato al culto cristiano. Le croci possono anche essere solo quattro, a simboleggiare i quattro punti cardinali ma normalmente ne vengono applicate dodici, a ricordare i dodici apostoli che sono stati testimoni di Cristo e diventati quindi dodici colonne su cui poggia la Chiesa. Normalmente ne vengono affi sse due all’ingresso della chiesa, due nel presbiterio e le altre otto nella navata. Il significato delle croci in numero di dodici sta anche a ricordare che quella chiesa, quello spazio da esse delimitato, non potrà comunque mai contenere tutto l’amore che Cristo ha dimostrato verso di noi santificando la Chiesa con la sua passione e il suo sacrificio; quelle dodici croci ricordano pure le dodici colonne della basilica vicina all’Anastasis di Gerusalemme, basilica vicinissima al luogo dove Cristo è stato crocefi sso, unto e sepolto e dove poi è risorto. Non sarebbe male quindi che ognuno di noi, entrando in una qualsiasi chiesa, piccola o grande, basilica o santuario, si ricordasse sempre che quel posto è la dimora di Dio, consacrata a lui, dove possiamo essergli più vicini e procedere così più spediti nel nostro lento avvicinamento al Paradiso. “Non è per la grandezza delle nostre azioni che noi piaceremo a Dio, ma per l’amore con cui le compiamo” (san Francesco di Sales). 11

La lapide che fu posta nel decimo anniversario della dedicazione


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Quel 4 luglio 1964…

Dalla cronaca della parrocchia “Il pomeriggio del giorno 4 dell’anno 1964, alle ore 17.30, dal vescovo di Arezzo S.E. Mons. Telesforo Cioli fu consacrata la nuova chiesa parrocchiale di Olmo. Essa ancora odorava di calce fresca quando il Vescovo dava inizio al solenne rito liturgico della consacrazione. Questo fu un’autentica novità per la popolazione di Olmo e delle parrocchie limitrofe. A memoria d’uomo nessuno ricordava d’aver assistito alla consacrazione di una chiesa. Sua Ecc. Mons. Cioli, con l’assistenza dei Canonici Mons. Pietro Ginestroni e Angelo Scapecchi compiva la complessa, ma suggestiva, cerimonia della consacrazione. Il Coro dei Chierici francescani di Fiesole, abilmente diretti dal Maestro P. Stefano Pallini, commentava musicalmente lo svolgersi del rito. Alla cerimonia presenziarono il M. Rev. Padre Provinciale dei Frati francescani di Toscana, P. Dott. Bernardino Serafini, il P. Custode Girolamo Buratti, alcuni Definitori Provinciali, molti Superiori dei Conventi vicini e numerosi sacerdoti secolari e regolari”. La bellissima giornata trovò poi la sua conclusione con uno spettacolo pirotecnico.

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Dalla cronaca della Parrocchia “Al solenne pontificale celebrato la mattina del 5 Luglio 1964 dal Vescovo di Arezzo intervennero, oltre alle autorità religiose precedentemente elencate, il Presidente della Camera On. Dott. Brunetto Bucciarelli Ducci, con la gentile consorte signora Vera, il Prefetto di Arezzo Dott. Tirrito, il senatore On. Bartolomei, Mons. Paganuzzi della Segreteria di Stato vaticana, le maggiori autorità provinciali, personalità cittadine ed esponenti delle Organizzazioni cattoliche e Il Coro dei Teologi francescani di Fiesole, durante il pontificale, eseguì un repertorio di musiche sacre”.

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Dopo la cerimonia fu offerta una colazione alle autorità intervenute. Nel pomeriggio un lungo corteo di auto e motoscooter prelevò dal convento di Saione la statua in legno della Madonna di Fatima per collocarla nella nuova chiesa. All’arrivo della venerata immagine, nel paese addobbato con bandiere e striscioni multicolori, l’imponente moltitudine di fedeli convenuti dai diversi paesi della Val di Chiana, offrì uno spettacolo di fede. Nello stesso pomeriggio, nella vecchia chiesina di Sant’Anastasio fu celebrato da padre Teodorico Mazzeschi l’ultimo battesimo, quello di Massimo Meucci, nato il 13 giugno. Per tutta settimana successiva alla consacrazione della nuova chiesa continuarono i festeggiamenti, con prediche e conferenze tenute da padre Filippo Anichini. È doveroso a questo punto ricordare le molteplici attività che caratterizzarono i primi anni di vita parrocchiale nella sua nuova chiesa anche per rivivere quegli avvenimenti che piano piano hanno portato al completamento di quel “sogno delle Tre C: Chiesa, Canonica e Campanile”. La nuova chiesa fu presa ufficialmente in consegna dai Padri Francescani di Sargiano.

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Fu stabilito che ogni giorno feriale, alle sette, si sarebbe celebrata la santa Messa e alle ventuno sarebbe stato recitato il santo rosario, con la benedizione eucaristica. Nei festivi le sante Messe sarebbero state celebrate alle sette, alle nove, alle undici e alle diciannove. Tale servizio fu esplicato lodevolmente dai vari frati della Comunità di Sargiano sino al momento in cui i Superiori della Provincia Toscana nominarono, nel Congresso Provinciale tenutosi alla Verna e proseguito a Sargiano, il primo parroco della Parrocchia di Olmo: padre Fabio Caneschi del Convento di San Francesco a Grosseto, che si sarebbe insediato ufficialmente dal 1° gennaio 1965 ma che da subito sarebbe comunque stato presente nella Parrocchia (anche se, per la mancanza della casa canonica, padre Fabio doveva giornalmente andare su e giù, con la sua Fiat 500, tra Olmo e il convento di Sargiano). Nel frattempo padre Girolamo Buratti era il titolare/custode della parrocchia, incarico che aveva avuto dopo la rinuncia a condurre ancora la parrocchia da parte di don Alessandro Marchi, parroco della vecchia chiesina di Sant’Anastasio, stante la sua veneranda età, 85 anni. Don Alessandro, che era stato consacrato nel lontano 15 agosto 1903 dal vescovo di Arezzo Donnino Donnini, rimaneva nella canonica della vecchia chiesa dove avrebbe continuato a celebrare per comodità della popolazione vicina a essa e avrebbe aiutato padre Girolamo Buratti nella nuova chiesa, concordando con lui una continuità di presenza e compartecipando ad alcune celebrazioni. Il 21 agosto 1964, padre Fabio Caneschi, accompagnato a Olmo da padre Antonino Romagnoli, parroco di San Francesco a Grosseto e da alcuni giovani della stessa città, entrò a far parte della comunità del Convento di Sargiano, con la specifica mansione di parroco di Olmo, economo del Convento e organista. La domenica successiva, alla Messa parrocchiale delle sette, con molta semplicità e senza nessun apparato esterno, il superiore del Convento, padre Teodorico Mazzeschi, presentò alle non numerose persone, il nuovo parroco, precisando che comunque, sarebbe stato ufficialmente parroco della parrocchia di Olmo con il 1° gennaio 1965. Nella mattina del 30 agosto 1964 fu celebrata per la prima volta una Prima Comunione nella parrocchia, quella di Paola Monci, mentre nel pomeriggio fu battezzato il fratello di lei, Emilio Gabriele. La famiglia Monci, nell’occasione, regalò alla chiesa un bellissimo cero pasquale. Dopo il suo arrivo a Olmo padre Fabio si preoccupò subito di avvicinare i ragazzi della parrocchia, organizzando, esclusivamente per loro, un piccolo evento calcistico. Furono acquistate due tipi diversi di magline, spendendo la somma di lire 13.000, con il contributo degli stessi ragazzi che furono divisi in sei squadre: e fu torneo di calcio, il primo per i ragazzini dell’Olmo. 18


Fu una mossa molto utile per conoscere anche i genitori e offrire loro un dialogo pastorale di notevole rilievo. Da subito il nuovo parroco si attivò per sviluppare le attività del Gruppo Donne dell’Azione Cattolica che già da alcuni anni operava in Olmo sotto la direzione di don Raffaello, parroco di San Zeno. Il gruppo, di cui era presidente la signorina Doppioni, si riuniva mensilmente nella cappellina di Olmo, di proprietà di padre Doppioni. Fu subito fatta la prima riunione nella sacrestia della nuova chiesa: le socie furono quasi tutte presenti. Don Raffaello presentò il nuovo parroco che pose le basi per un fecondo lavoro del gruppo. Fu anche riunito un gruppo di ragazzi allo scopo di riorganizzare un Gruppo G.I.A.C. (Gioventù Italiana di Azione Cattolica) che precedentemente alcune maestre dell’asilo avevano iniziato a formare con i chierichetti e altri ragazzi della parrocchia. Ora che la nuova chiesa era stata aperta si pose il problema della ridefinizione dei confini della parrocchia. Così, il ventuno settembre 1964, alla presenza dei parroci di San Zeno, Santa Flora e Lucilla e Santi Anastasio e Vincenzo, con il vicario foraneo don Emilio Stopponi della parrocchia di Policiano, fu convenuto che la parrocchia di Sant’Anastasio e Vincenzo avrebbe annesso una buona parte delle abitazioni poste in località Ripa di Olmo, mentre quelle che erano di Sant’Anastasio e Vincenzo a sud della ferrovia, escludendo la stazione ferroviaria di Olmo, passavano alla parrocchia di San Zeno Tanti furono le attività parrocchiali dopo l’apertura della nuova chiesa: Il 27 settembre 1964 vi si celebrò il venticinquesimo di sacerdozio di padre Marino Buratti, ritornato definitivamente dall’Alto Egitto a causa di malferma salute. In quel giorno si celebrò pure la “Giornata di Preghiera per le Vocazioni” e fu allietata dalla presenza di altri tre fratelli sacerdoti di padre Marino, padre Girolamo, padre Vincenzo e padre Ildefonso, con canti del Coro dei Chierici di Fiesole e il discorso di circostanza del guardiano della Verna padre Policapo Belli. Il 1° ottobre 1964 fu celebrata una funzione liturgica particolare alla presenza di tutti gli scolari e delle insegnanti della Scuola Elementare di Olmo, in occasione dell’apertura dell’anno scolastico 1964-1965. Il 17 ottobre 1964 fu completato pure un bellissimo tappeto, con relativa guida, per le cerimonie religiose e per i matrimoni: tale opera fu resa fattibile grazie al lavoro di numerose donne della parrocchia (particolarmente distintesi la signorina Piera Peruzzi e Santina Gallorini). Il 19 ottobre 1964, per l’interessamento della signora Vera Bucciarelli Ducci, l’Azienda Forestale mise a dimora numerose piante. Il 23 ottobre 1964, preceduta da un triduo predicato dal reverendo padre Celestino Corti, fu celebrata solennemente la prima festa della Madonna del Rosario nella nuova chiesa, alla presenza del Coro del Convento di San Francesco di Grosseto che, tra gli altri canti polifonici e canti popolari, eseguì la Missa Choralis di Licinio Refice sia durante la Messa sia durante la processione. Il 22 novembre 1964, a conclusione dei lavori agricoli fu celebrata la festa di san Vincenzo Ferreri, da parte di quei pochi fedeli che ancora si dedicavano all’agricoltura, ormai quasi del tutto abbandonata in favore delle nascenti industrie aretine. La festa coincise con le elezioni amministrative e la gente era poca. Le A.C.L.I. di Olmo offrirono in quell’occasione i doni della terra al Parroco. Il 13 dicembre 1964, da parte della Segreteria particolare del Presidente della Camera, Brunetto Bucciarelli Ducci, fu regalato un presepio completo messo poi in opera da due giovani di Olmo: Giancarlo Giannini e Gino Dragoni. Il 24 dicembre 1964 si celebrò, in una chiesa gremita di persone, la messa del santo Natale: tantissime le confessioni. Il Coro della chiesa (il primo) si esibì per la prima volta ed eseguì, in gregoriano, la Missa Brevis e numerosi canti pastorali a più voci, ottenendo unanime consenso. Il 31 dicembre 1964 si celebrò, per la prima volta, la fine dell’anno, alla presenza di numerosissimi fedeli accorsi per ringraziare il Signore dei benefici concessi durante l’anno. Il 5 gennaio 1965, nei locali dell’asilo parrocchiale, addobbati a festa dalla solerte maestra Renata Albiani, a cura del locale Circolo A.C.L.I., alla presenza della moglie del Prefetto di Arezzo, da parte del presidente delle A.C.L.I. Donato Palarchi furono distribuiti tantissimi giocattoli e dolciumi a tutti i bambini presenti. Il 24 gennaio 1965 la festa di Sant’Anastasio: tantissima gente alla messa celebrata da padre Girolamo Buratti, custode della Provincia e l’omelia fu tenuta da monsignor Giustino Formelli, parroco in Fontelucente di Fiesole. Alla cerimonia partecipò la Corale di Arezzo eseguendo la messa a tre voci del Perosi e altre musiche: presenti l’onorevole Bucciarelli Ducci, il dottor Ortolani e altri amici di Olmo. Il 27 febbraio 1965 per interessamento del superiore della Verna, padre Policarpo Belli, fu montata la bussola alla porta d’ingresso della chiesa. La struttura, disegnata dall’ingegner Vito La Rocca, fu realizzata dagli operai del Santuario della Verna, quasi gratuitamente: furono infatti pagati solo il legno e il vetro necessario alla sua realizzazione. 19


Il 4 marzo 1965 iniziò la conferenza per spiegare ai fedeli le innovazioni liturgiche definite nel Concilio Ecumenico Vaticano II: per tre giorni il canonico don Onorio Barbagli, monsignor Guido Orlandini e da padre Fulgenzio Barbagli, nei locali del Circolo A.C.L.I., informarono la popolazione sul contenuto di tali innovazioni. Il parroco, con lezioni settimanali nelle scuole elementari, poté preparare i ragazzi alla nuova liturgia. Il 7 marzo 1965 iniziò la quaresima, con predicazioni di padre Fulgenzio Barbagli del Collegio di Figline. L’8 marzo 1965 iniziarono anche i corsi per il catechismo per i bambini e le bambine, in preparazione alla prima Comunione e Cresima: tre volte la settimana e la domenica. In quel mese di marzo, al fine di ottenere dallo Stato Italiano il riconoscimento giuridico della nuova chiesa parrocchiale, fu proceduto al collaudo della nuova struttura: presenziarono all’atto l’ingegner La Rocca del Genio Civile, l’ingegner Brunori di Firenze, l’ingegner Migliarini quale impresario e il rappresentante della Provincia Toscana dei Frati Minori padre Girolamo Buratti. Continuarono ad arrivare doni per la nuova chiesa: sei candelabri in legno, due portacandele in ferro battuto, un parato di colore verde e due tunicelle. A maggio, con la partecipazione del vescovo di Arezzo monsignor Telesforo Cioli, fu ripresa la consuetudine delle prime comunioni. In precedenza, per tanti anni, non si erano avuti tanti bambini in parrocchia. Infatti le famiglie, dopo una sommaria preparazione, facevano fare la comunione dove e quando pareva loro più opportuno, con sfarzo e lusso. Per questo il parroco decise di ammettere alla Comunione e Cresima solo quei bambini che avessero frequentato il regolare corso di catechismo e che avessero superato positivamente il relativo esame. Decise anche che tutti i bambini e tutte le bambine, dovevano avere un vestito uguale, senza sfarzi e lussi che alcune famiglie non potevano permettersi. Tale decisione non piacque a tutti e ci furono bisticci e malumori, ma alla fine il parroco ebbe il sopravvento. Ottenuta la licenza edilizia dal Comune, il 7 giugno 1965 iniziarono i lavori per la costruzione della canonica sul terreno di proprietà della Provincia dei Francescani di Toscana. Un piano terra e un primo piano: il piano terra per le attività parrocchiali e il primo piano come abitazione del parroco e dei suoi collaboratori eventuali. Il progetto fu firmato, agli effetti legali, dall’ingegner Giorgio Cantucci ma l’autore del progetto fu l’ingegner Vito La Rocca, coadiuvato dal signor Omero Salvadori, ambedue del Genio Civile di Arezzo. I medesimi poi, sempre gratuitamente, prestarono la loro opera durante la preparazione ai lavori e all’ esecuzione dell’intero rustico. I fondi occorrenti per questa prima realizzazione furono reperiti con un contributo del Ministero del Lavoro (754 giornate di lavoro di 15 operai, pari a una spesa di lire 987.000 circa); un contributo del Ministero dei Lavori Pubblici per l’acquisto dei materiali e per il costo della manodopera specializzata per l’importo di lire 1.000.000 circa; un contributo della Provincia Toscana dei Frati Minori, per lire 1.200.000; più 20


altri contributi di Ministero degli Interni, Banca Mutua Popolare Aretina, Cassa di Risparmio di Firenze, Monte dei Paschi di Siena, per un totale di lire 1.000.000. Oltre al personale pagato dal Ministero dei Lavori Pubblici furono assunti due muratori (Ferruccio Verrazzani e Silvano Vestri). Il geometra Santino Mazzini fu designato dall’Ufficio Provinciale del Lavoro, quale Direttore Tecnico della realizzazione. La parte amministrativa su affidata alla signora Liliana Rossi, la stessa che aveva tenuto la contabilità della costruzione della chiesa. Fu prestata anche, alla costruzione, assistenza tecnica da parte dell’ingegner Vito La Rocca, dell’ingegner Giovanni Bittoni e del signor Omero Salvadori. Il 4 luglio 1965 fu celebrato l’anniversario della consacrazione della chiesa e fu deciso di festeggiare, ogni anno, tale ricorrenza la prima domenica di luglio di ogni anno a venire. In tale occasione fu celebrata la Messa e ci fu un concerto del Corpo Filarmonico di Terranuova Bracciolini. I soldi finirono e i lavori si fermarono: e il 7 agosto 1965 il cantiere di lavoro per la costruzione della casa parrocchiale fu chiuso. La costruzione non era però terminata ed era opportuno arrivare prima possibile alla copertura dell’immobile. Fu deciso che si sarebbe riaperto nei giorni successivi e si sarebbe concluso in una quindicina di giorni attraverso il lavoro di cinque manovali e dei due muratori, con costi a totale carico del Convento di Sargiano per la parte che rimaneva scoperta. L’11 settembre i lavori per il rustico furono completati, il cantiere chiuso. Rimase comunque la speranza che si sarebbe ripreso al più presto per completare l’opera e renderla abitabile. Ancora arrivavano regali alla chiesa: un magnifico piviere bianco e uno violaceo. Nello stesso giorno che si celebrò la festa della Madonna del Rosario alla presenza del monsignor Francesco Benedetti, vescovo di Cuevo (Bolivia), frate francescano missionario, il pomeriggio, si svolse anche una corsa ciclo turistica con la partecipazione di ben 50 concorrenti convenuti da alcune regioni. La corsa fu organizzata da Franco Tommasini in collaborazione con l’E.N.A.L. di Arezzo: dalla chiesa di Olmo a Castiglion Fiorentino, Montagnano, Alberoro, Pieve al Toppo, con ritorno a Olmo. Dopo la corsa si svolse la processione con la statua della Madonna per le vie di Olmo. In quell’occasione la famiglia Vaiani Lisi donò alla chiesa un nuovo stendardo che fu benedetto durante la Messa. Il 20 novembre 1965 ai soci del Circolo A.C.L.I. di Olmo fu tenuta una conferenza dal canonico don Onorio Barbagli sull’enciclica Misterium fidei di papa Paolo VI e il giorno successivo si svolse l’annuale festa del Ringraziamento, promossa dal locale Circolo Acli. In quei tempi però le presenze alle sacre celebrazioni cominciavano a calare: donne e bambini erano sempre o quasi presenti, mentre gli uomini erano invece poco frequentanti. La situazione economica nel paese era abbastanza buona: molti avevano l’auto, televisori ed elettrodomestici in casa. In pratica le famiglie stavano bene in quanto tutti avevano un’occupazione. Comunque non mancava il sostegno alla parrocchia per coprire le spese che venivano sostenute per le tante attività parrocchiali: in quel periodo le famiglie, quasi il sessanta per cento, offrivano quello che potevano alla parrocchia. Nel pomeriggio del 20 marzo 1966 nella nuova chiesa si celebrò la Santa Messa, in occasione del 25° di sacerdozio di monsignor Giustino Formelli, natio di Sant’Andrea a Pigli e cugino di don Fabio. Il 3 luglio 1966 ci fu un torneo di bocce al Circolo Acli, a carattere provinciale. Il 5 settembre 1966 si aprì il secondo cantiere di lavoro per il completamento della canonica e per le altre opere parrocchiali. Il Ministero del Lavoro concesse un contributo per sostenere le spese per 10 operai. Il Ministero dei Lavori Pubblici stanziò 1.000.000 di lire per l’acquisto dei materiali occorrenti. I lavori riguardarono intonaci, infi ssi, pavimentazione dei locali e altre piccole rifiniture. La direzione del cantiere fu affidata al signor Verrazzani La premiazione del torneo di bocce Ferruccio. E nelle casse alla presenza del presidente della Camera Brunetto c’erano solo 2.500.000 Bucciarelli Ducci, padre Fabio, Mario Lulli, Silvano Fracassi, Gerardo Gudini di lire… L’11 novembre 1966 il Comune di Arezzo, dietro interessamento del parroco, decise di finanziare la costruzione di 25 loculi al cimitero di Olmo. 21


Il 13 novembre 1966, a seguito delle inondazioni che avevano devastato Firenze e la zona del grossetano fu fatta una raccolta fondi da inviare in aiuto alla popolazione e furono raccolte 150.000 lire, a dimostrazione della sensibilità della popolazione di Olmo, sempre pronta a rispondere alle richieste di aiuto del parroco. Ancora regali per la chiesa: le signore Mirella e Santina Gallorini donarono per l’altare della Madonna due buone tovaglie, di cui una con le trine ricamate in oro; il dottor Eldo Neri di Siena donò una pianeta bianca a fiori, la signora Marfi sa Zuccherelli confezionò il copri crocefi sso e i genitori della bambina Angioletta Palarchi, in ricordo della sua prima comunione, donò alla chiesa una pianeta buona di colore rosso. Il cantiere di lavoro per la canonica era già a buon punto: erano state completate tutte le divisioni interne, gli intonaci e i pavimenti. Inoltre furono sistemate le tubazioni per il riscaldamento e per l’impianto idrico, furono fatte le riquadrature delle finestre e delle porte e tutto l’impianto elettrico interno, oltre alla sistemazione delle pareti della cantina. Dal falegname del Convento della Verna furono sistemate 21 finestre e due portoncini. Rimanevano da sistemare le bussole interne. S’installò poi una serranda al garage. Furono sistemati i battiscopa, rifinite le scale, pavimentazione e rivestimento del bagno e della cucina, il loggiato e il garage, e sistemata la fossa biologica. Nel mese di gennaio 1967 questi lavori terminarono ma mancava ancora da sistemare il marciapiede interno, l’ufficio parrocchiale e da completare l’impianto d’illuminazione. Le bussole interne della canonica, nel frattempo, venivano preparate dal falegname della Verna. Il 21 febbraio 1967 a Olmo, dopo incessante interessamento da parte di Donato Palarchi, la nostra parrocchia aveva anche la farmacia che fu assegnata al dottor Mario Ricci. Le iniziative continuavano a essere molteplici: nel mese di marzo furono tenute tre conferenze coinvolgendo molti giovani del paese: la dottoressa Giuliana De Robertis parlò su “Il giovane nel mondo d’oggi”, il professor Ferdinando Del Pia su “L’ateismo contemporaneo dinanzi a Cristo, uomo nuovo” e don Onorio Barbagli su “L’attività umana dinanzi alla realtà del peccato e al mistero pasquale”: molto alta la partecipazione da parte dei giovani. Finalmente le bussole interne della canonica furono terminate e messe in opera. Il 16 aprile 1967 padre Raffaello Deni, nato a Sant’Anastasio da una delle più vecchie famiglie della parrocchia, residente a Roma nella Comunità dei Padri Redentoristi di San Gioacchino (dove svolgeva il suo servizio di confessore), celebrò nella chiesa della sua terra natia il 60° anniversario del suo sacerdozio. Ancora doni per la chiesa: dalla signora Franci Iolanda una tovaglia completa di sopratovaglia, un parato bianco e un offerta di 700.000 lire da parte del dottor Cinotti. Il 17 giugno 1967 fu terminata l’imbiancatura interna della canonica, e fu data un’altra mano di coppale a tutti gli infi ssi. Nello stesso periodo erano stati effettuati anche altri lavori in muratura: marciapiede interno, divisioni della sacrestia e creazione di un ufficio parrocchiale con ingresso esterno, rifiniture varie e canalizzazione delle acque piovane. Il 9 luglio 1967, nel festeggiare il terzo anno dalla consacrazione della Chiesa, furono benedetti i locali della canonica dato che i lavori della casa parrocchiale si potevano definire ormai finiti . Dal progetto dell’ingegner Vito La Rocca, coadiuvato dal signor Omero Salvadori, totalmente gratuito si arrivò alla conclusione di questa fase dei lavori che furono sostenuti, oltre che con l’intervento del Ministero del Lavoro e Ministero dei Lavori pubblici, con varie offerte pervenute: Monte dei Paschi di Siena, Banca Mutua Popolare Aretina, Cassa di Risparmio di Firenze, Ministero degli Interni, da vari benefattori tramite piccole ma preziosissime offerte. Inoltre la Provincia Toscana dei Frati Minori, su disposizione del superiore entrante padre Teodosio Mazzeschi, destinò il ricavato della vendita dell’ospizio di Campoluci per pagare circa 3.000.000 alla ditta Migliorini, quale saldo loro residuo avere per la costruzione della chiesa. Il 30 luglio 1967 il parroco della vecchia chiesa di Sant’Anastasio, don Alessandro Marchi, il “curatone”, come lo chiamavano per la sua forte personalità, morì: la sua salma, rivestita dei paramenti sacri, fu esposta a Sant’Anastasio. Il giorno dopo, nella chiesa parrocchiale, furono celebrate le solenni esequie alla presenza del vicario generale della Diocesi, monsignor Tinti, del custode della Provincia padre Girolamo Buratti e molti sacerdoti e francescani della diocesi. La salma fu accompagnata poi al cimitero di Sant’Anastasio. Padre Alessandro Marchi aveva lasciato, prima di morire, al Superiore del Convento, un libretto a risparmio con 200.000 lire da destinarsi alle necessità della nuova chiesa di San Vincenzo e Anastasio. Nel suo testamento spirituale, redatto il 29 aprile e dopo pochi giorni integrato, di suo pugno, il 5 maggio 1967 aggiunse, per precisare: “…Mi raccomando, la massima semplicità, senza fiori, ma con molte preghiere e Sante Comunioni…”.

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Il testamento spirituale di don Alessandro Marchi

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Il 1° ottobre 1967, alcuni bambini e bambine delle locali scuole elementari e medie, cantarono la messa in italiano. L’11 ottobre 1967, dietro interessamento della parroco di Olmo, si concordò con la ditta Pandolfi di Arezzo di installare le lampade votive al cimitero di Sant’Anastasio. Nel mese di ottobre 1967, su iniziativa del Circolo Acli di Olmo, furono iniziati i lavori per l’installazione dell’impianto di riscaldamento nei locali dell’asilo infantile e del Circolo stesso, di proprietà della parrocchia di Olmo. La direzione tecnica dei lavori fu affidata all’ingegner Giovanni Montalbano. Per il reperimento delle risorse necessarie s’impegnò il presidente del circolo commendator Donato Palarchi. Il 27 gennaio 1968 furono appaltati, a cura del Genio Civile di Arezzo, i lavori per la costruzione di una nuova scuola elementare a Olmo, scuola voluta fortemente dall’onorevole Brunetto Bucciarelli Ducci, illustre abitante di Olmo. Dal 16 al 18 marzo 1968 fu celebrato il decennale di attività dell’Asilo “Antonio Camillo Calamai” che, eretto a suo tempo dal Circolo Acli su un terreno donato nel 1951 dalla contessa Matilde Mancini Lanfranchi Chiccoli vedova Calamai e ampliato nel 1961, aveva, con personale qualificato, affiancato circa 200 famiglie di Olmo nell’educazione e nella crescita dei loro figli. Alla contessa Matilde fu consegnata, per dimostrare gratitudine per il suo generoso gesto, una medaglia d’oro a nome di tutti i bambini. Alla cerimonia fu presente anche il presidente della Camera Bucciarelli Ducci con la gentile consorte signora Vera, sua eccellenza monsignor Giovanni Telesforo Cioli, monsignor Ettore Chiodini.

In precedenza, negli stessi locali del Circolo Acli, era stata tenuta, da parte di padre Flaminio Vannuccini, una conferenza sul tema “La famiglia” . Durante la Santa Messa della domenica 17 marzo, i bambini portarono doni da consegnare ai bambini ammalati. Infine, per la celebrazione del decennale si svolse una conferenza dell’ex sindaco di Firenze, professor Piero Bargellini, sul concetto di carità cristiana. A questa conferenza, oltre al presidente della Camera onorevole Brunetto Bucciarelli Ducci con sua moglie, la signora Vera, furono presenti numerose autorità religiose e civili. Il 3 giugno 1968 si completarono i lavori d’asfaltatura del piazzale della chiesa dove, nel mese di luglio, vi fu approntato un campo di pallavolo, montando una rete mobile, e disputato un torneo al quale parteciparono moltissimi giovani di Olmo. Dal 25 al 29 settembre molti ragazzi di Olmo parteciparono alla “Mini Olimpiade”, organizzata dalla parrocchia dell’Orciolaia. 24


Purtroppo, in quei giorni, forzando la porta della canonica, alcuni ladri rubarono due calici e un prezioso quadro raffigurante sant’Anastasio, una “eredità”, tra le altre, della vecchia chiesina dove don Alessandro Marchi aveva svolto per tantissimi anni la sua missione di parroco. Il 27 ottobre 1968 si svolse la festa più sentita della parrocchia, quella della Madonna del Rosario: tantissima gente alle celebrazioni religiose, e tantissimi accorsi pure alla corsa cicloturistica organizzata dal G.S. Olmo. Corsa a cui parteciparono settanta corridori provenienti da Ravenna, Forlì, Prato, Firenze e Arezzo, che ricevettero tantissimi premi, anche medaglie d’oro donate dall’onorevole Amintore Fanfani e dall’onorevole Brunetto Bucciarelli Ducci, oltre alle coppe della Banca Mutua Popolare Aretina e, molte, della locale ditta Italo Sanarelli. A ognuno pure merenda con pane, prosciutto, salame e vino. Una bellissima festa per tutti. Il occasione della festa dell’Immacolata, l’8 dicembre, furono installate nella chiesa sei stufe a gas, per riscaldare (almeno un poco) la chiesa. Un buon inizio. Il 31 dicembre 1968 fu installato il telefono: 39300! Il 28 febbraio 1969, il Club dei Giovani, formatosi in precedenza spontaneamente tra i giovani della parrocchia, organizzò una giornata per i lebbrosi e le offerte raccolte (40.000 lire) furono inviate alla procura delle Missioni francescane per essere spedite in un lebbrosario fondato da un padre francescano nella lontana Corea del Sud. Le attività religiose si intrecciavano spesso con quelle sportive parrocchiali del G.S. Olmo: dopo la giornata per i lebbrosi, le “Quarantore”, catechismo per i bambini per prepararli alla Prima Comunione, tornei di calcio per i giovani della parrocchia, corsa cicloturistica, giornata missionaria, visite al santuario della Verna, incontri dei giovani al convento di Sargiano.

Il 10 ottobre 1969 morì la madre della signora Vera Bucciarelli Ducci, Rosa Deni, e il rito funebre fu offi ciato nella nostra chiesa dal vescovo monsignor Telesforo Cioli, alla presenza del presidente del Senato Amintore Fanfani e tante autorità civili e religiose.

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La vita parrocchiale andava avanti: qui sopra una foto di un matrimonio del 1969. Il 17 novembre 1969 iniziarono i lavori di demolizione dell’altare maggiore per costruirne uno nuovo, più rispondente alla nuova liturgia e cioè rivolto verso il popolo (coram populo), su disegno dell’ingegner Vito La Rocca. I lavori furono eseguiti con una spesa minima, grazie anche a un intervento gratuito della ditta Rungi di Olmo. Fu anche tolta la balaustra in legno che era stata posta nel 1964 e furono costruiti, in cemento armato, due amboni (i leggii). La vigilia di Natale si celebrò la prima Santa Messa sul nuovo altare. Il 1970 fu importante, dal punto di vista organizzativo delle attività parrocchiali. Infatti la contessa Matilde Mancini Lanfranchi Chiccoli vedova Calamai, oltre a donare un’ulteriore porzione di terreno per ampliare l’immobile dove era sorto il Circolo Acli e l’antico asilo aperto nel 1959, s’impegnò a permutare un terreno di 7.700 metri quadrati per consentire alla parrocchia di costruire un campo sportivo dove poter praticare varie discipline a partire dal calcio, e coinvolgere i numerosi giovani di Olmo in queste attività salutari per il corpo e per la mente. In cambio andò un terreno di 5.500 metri quadrati che non si prestava a tale scopo, adiacente alla vecchia chiesa di Sant’Anastasio, la quale, poi sconsacrata, fu venduta a privati. Nell’ottobre dello stesso anno padre Fabio lasciò la parrocchia di Olmo per andare in quella di Saione, dove successivamente, tra le altre numerose iniziative, fondò la “Schola Cantorum”, e fu sostituito da padre Ginepro Giuseppe Giacomelli. Appena arrivato padre Ginepro, inaugurò i nuovi locali dell’asilo che era stato ampliato a seguito dell’ulteriore donazione ricevuta e, finalmente, iniziò anche a dimorare nella canonica, già finita da alcuni anni ma che non era stata mai abitata dai parroci. Grande soddisfazione dei parrocchiani per avere finalmente la presenza costante del parroco, il quale sino a quel momento dimorava al convento di

Il campo sportivo dove svolge la sua attività il G.S. Olmo (che il prossimo anno festeggerà i cinquanta anni della fondazione)

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Sargiano, trasferendosi giornalmente a Olmo con la sua Fiat 500. Anche se per padre Ginepro non fu molto piacevole vivere da solo nella casa canonica. Fu inoltre provveduto, prima dell’inizio dell’inverno del 1970 a dotare la chiesa di un impianto di riscaldamento pagato attraverso piccole donazioni (compresa pure quella lasciata dal vecchio parroco di Sant’Anastasio, don Alessandro Marchi), da un contributo dell’acquirente del terreno della vecchia chiesa e dal vescovo, monsignor Cioli, con una parte della somma ricavata dalla vendita della vecchia chiesa di Sant’Anastasio. Con un contributo personale di padre Ginepro fu pure completato l’impianto di riscaldamento della casa canonica che era stato solo predisposto al momento della costruzione. Fu un bell’inizio d’anno anche perché, grazie a tre giovani volenterose, Antonella Orlandi, Elena Sanarelli e Maria Teresa Magri, nei locali della canonica s’iniziò un doposcuola per i ragazzi delle Elementari: tantissimi i partecipanti. La Pasqua del 1971 portò due bei doni: il venticinquesimo di sacerdozio di padre Ginepro e una nuova inquilina nella casa canonica di Olmo, la mamma di padre Ginepro. La signora Rosa fu accolta benissimo dalla popolazione di Olmo e sicuramente, ancor di più, da padre Ginepro.

Alcuni giovani di Olmo vennero aggregati agli scout dell’Arezzo 4, a Santa Maria, per vedere di farli inserire bene nella comunità e magari, dopo un po’ di tempo, poterli avere come dirigenti in Olmo per formare un gruppo locale.

Nel gennaio del 1972 anche un altro pezzo della millenaria storia della chiesina di Sant’Anastasio se ne andò via: l’organetto del Paoli, del 1819, malridotto e in deposito presso il nuovo proprietario della chiesina stessa, fu venduto a un signore di Monterotondo, visto che smontarlo, spostarlo e rimontarlo per poi farlo restaurare, costava troppo, e non sarebbe comunque poi stato idoneo per la nuova chiesa più grande. Con il ricavato furono acquistate delle attrezzature per le attività parrocchiali. L’impegno della parrocchia per dare un campo sportivo ai giovani di Olmo continuò con la decisione di spianare, drenare, recintare il terreno a suo tempo permutato e di sistemare e attrezzarlo (porte, spogliatoi e docce) 27


Padre Ginepro Giuseppe Giacomelli e i ragazzi della Parrocchia

per rendere l’impianto idoneo al gioco del calcio ufficiale, lasciando il vecchio campino allestito dietro la chiesa. Il parroco diventò così, oltre che assistente spirituale, membro permanente del G.S. Olmo. Per la prima volta la parrocchia di Olmo organizzò una gita: Pompei, Vesuvio, Costa Amalfitana, Sorrento, Capri e Napoli. Grande successo per l’iniziativa di padre Ginepro, che al suo rientro aprì il cantiere per la sistemazione del terreno attorno alla chiesa per il quale aveva già ottenuto l’approvazione del Ministero del Lavoro, destinandovi le offerte di alcuni conventi francescani toscani e quelle che aveva raccolto durante la visita pasquale alle famiglie di Olmo. Sulla parete esterna destra della chiesa furono ricollocate, a totale carico del proprietario della vecchia chiesina di Sant’Anastasio, le due lapidi dei caduti della grande guerra del ’15–’18, che erano state rimosse. Dalla stessa chiesina dove era stato depositato venne portato nella sacrestia il vecchio mobile, non bello ma funzionale. Dopo il successo della prima gita arrivò anche la seconda: lago di Garda, lago di Carezza, Cortina, Venezia, Padova, Bologna: altro successo di partecipazione per padre Ginepro. Nel settembre del 1974 padre Ginepro Giacomelli venne sostituito da padre Vincenzo Luciano Annibaldi e padre Vincenzo Luciano Annibaldi, il 22 luglio 1980, venne sostituito da padre Graziano Santi Conti. Padre Conti dette impulso alla formazione di un Gruppo Giovani parrocchiale. Numerosi si riunivano due-tre volte la settimana, trovando nello stare insieme, collaborando in numerose e diverse attività, la soddisfazione personale di condividere valori cristiani e vedere riconosciuto poi, dai parrocchiani, il sacrificio dell’ impegno che mettevano nella realizzazione annuale di numerose rappresentazioni (Sma28


Una comunione del 1974

un battesimo dello stesso anno

scherando; Aggiungi un posto a tavola; Un Pastore e tre Magi; Gioenà; Cristo 2000; Se il tempo fosse un gambero) o in altre attività ludiche o creative in cui s’impegnavano tantissimo. Furono fatte anche gite d’istruzione a Ravenna, a visitare i mosaici, a Roma, Palazzolo, Gello e Montelungo, sempre con lo scopo di stare insieme arricchendosi vicendevolmente. Si ricominciò anche ad ascoltare nella chiesa il Coro (autofinanziato dai componenti) che si aiutava con le chitarre, visto che il vecchio organo non poteva essere usato.

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Purtroppo la preziosa e puntuale cronaca tenuta dai parroci nei primissimi anni fu interrotta da alcuni successori. La ricerca documentale di chi scrive, relativa agli anni 1975–1990, ha portato a reperire solo alcune foto di tale lungo periodo, che comunque lasciano un bellissimo ricordo di tanti giovani, molto soddisfatti di essersi avvicinati alla loro prima Comunione e Cresima.

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Nel 1989, per ricordare solennemente il venticinquesimo anniversario della dedicazione della chiesa, nei giorni precedenti la festa della Madonna del Rosario, padre Costanzo Paracchini, in preparazione a tale solenne celebrazione, tenne un triduo di preparazione a cui parteciparono moltissimi fedeli.

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Due anni dopo fu predisposta una pubblicazione, curata dal professor Pietro Frappi e arricchita da fotografie di Paolo Monci e ritengo utile riproporla oggi, per ricordare il lungo cammino percorso dal popolo di Olmo e dai parroci che si sono susseguiti alla guida della parrocchia, allo scopo di farla diventare un prezioso contributo alla conoscenza completa della millenaria storia della vecchia chiesina di Sant’Anastasio, la cui continuità è oggi assicurata dalla nuova chiesa.

Copertina della pubblicazione per il 25° della dedicazione 46


Riproduzione del testo e delle fotografie dalla pubblicazione Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio – Olmo del professor Pietro Frappi

“Relazione storico-artistica” della vecchia chiesina ituato lungo la romana via Clodia, l’agglomerato di Sant’Anastasio è antichissimo come testimoniano i ”resti forse di una mansio, mattoni, vasi, due colonne, un pavimento a mosaico oltre che ruderi di terme romane e statuette in bronzo” (Carta Archeologica). Del resto, annota il Tafi, il toponimo “Le Fosse” a breve distanza a est della chiesa potrebbe testimoniare l’esistenza di tombe lungo il paesaggio della Cassia Vetus… Ma nella località il Fondaccio, a sud-est della chiesa, siamo sicuri di uno stanziamento etrusco, a partire dal IV secolo a.C. e poi romano. L’insediamento di Sant’Anastasio ebbe un notevole sviluppo nell’alto Medioevo come testimonia la presenza della Chiesa… Durante questa epoca infatti, prosegue il Tafi, i documenti menzionano l’esistenza di una Terra Lombardorum o Longobardorum già nel 969. L’epicentro di tale stanziamento longobardo, sembra essere stato, secondo una pergamena del 1022, Pieve a Quarto ed “è quindi da localizzare nella fascia di colline che dividono la Valdichiana dalla piana di Arezzo e chiudono quest’ultima parte di mezzogiorno dominandola dall’alto e controllandone gli accessi. Entro la Terra Longobardorum si trovano due località di Sant’Angelo e di San Zeno, dedicazioni tipiche dei Longobardi (A. Fatucchi). Un recente studio del professor Nobili, mette in luce una “Terra Obertenga”… Immenso patrimonio immobiliare (in Arezzo, Volterra, Pisa, ecc.) feudo della consorteria degli Obertenghi. Questi, originari della Lombardia, traevano il nome dal marchese Oberto di Toscana. Il patrimonio formatosi nel corso del X secolo, gli fu confi scato allorché si ribellarono nel 1014 all’imperatore Enrico II. Il possedimento aretino passò in gran parte ai conti di Asciano che lo donarono in parte alla Chiesa aretina nel 1022. Sempre dal Nobili apprendiamo che l’epicentro di tale “Terra Obertenga” sembra trovarsi sulla collina di Torrita, con vasti terreni nel territorio appartenenti ai Pievieri del Toppo, di Santa Maria di Arezzo e di Quarto. Nel 1390, il Libro della Lira ci attesta che il comune di “Sancti Anastasi e Molinelli” costituiva uno degli ottantuno comunelli e ville del Capitano di Arezzo, con una allibrazione fra le più alte, di 40 lire: il che prova l’esistenza di molte persone e il loro benessere (Tafi). Oltre a ciò, vi è documentato uno Spedale per comodo dei viandanti che passavano per l’antica strada. “La chiesa parrocchiale intitolata a Sant’Anastasio, detta talora nei documenti ‘Sant’Anastasio a Quarto’, a causa della vicinanza della Pieve a Quarto, è antichissima. Certamente almeno alto-medioevale, ma il grande archeologo aretino G.F. Gamurrini la riteneva chiesa martiriale, paleocristiana edificata sopra il sepolcro del martire aretino Anastasio”. (Tafi) La tesi, prosegue cautamente monsignor Tafi, ha buone possibilità a suo favore: l’esistenza di un vicus romano, il passaggio della strada romana, la presenza nelle antiche liste di santi aretini di un sant’Anastasio, anche se la documentazione su di Lui resta molto vaga. Di diverso avviso sembra essere il professor Fatucchi, che individua la chiesa di Sant’Anastasio a Quarto, extra moenia di Arezzo, come fondazione missionaria traspadana, con titoli di probabile esaugurazione ariana. In realtà, pur non entrando in merito alla questione, sappiamo che la semplice cappella di Sant’Anastasio risulta confermata di patronato all’abbazia di Santa Fiora nel 1135 e nel 1178. Nel 1196 il libero Comune di Arezzo, allo scopo di abbattere la grande potenza politica della fortificata e turrita abbazia (che, sottolinea il Pasqui, aveva sotto la sua giurisdizione 130 chiese parrocchiali, 20 cappelle, 4 ospedali, 7 monasteri, 4 mulini, 14 villaggi, 200 case e 65 castelli), la rase al suolo, obbligando i monaci a trasferirsi entro le mura della città. Probabilmente in seguito a tale evento, la cappella di Sant’Anastasio passò sotto la giurisdizione della Pieve di Quarto, dove la troviamo citata nella decima del 1302-1303 come Ecclesia S.Anastasii, tassata per lire 1 e soldi X. Nel 1390 la presenza di una comunità con un discreto reddito è documentata dal summenzionato Libro della Lira, che attesta quale chiesa parrocchiale quella dei Santi Vincenzo e Anastasio. Si arriva così fino al 1583 allorché monsignor Angelo Peruzzi, vescovo di Sarsina, a seguito delle innovazioni del Concilio Tridentino, viene incaricato di effettuare una visita apostolica nella Diocesi di Arezzo. La prima chiesa parrocchiale visitata fu quella dei Santi Anastasio e Vincenzo, che così descrive: “… visitò quindi l’altare maggiore che trovò essere lapideo, munito di un altare portatile anch’esso lapideo

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decente che fece disporre d’inserire stabilmente… Nella stessa chiesa c’è un altro altare dedicato a Sant’Anastasio decorato indecentemente perciò ordinò di demolirlo. Allo stesso altare, patronato della “Societas” di Sant’Anastasio, società che veste cappe nere decenti e priva di reddito a eccezione delle offerte che vengono spese nel far celebrare le festività di Sant’Anastasio, la Società fa celebrare quattro o cinque Messe nel detto giorno… E poiché detto altare dovrà essere demolito stante la sua indecenza, la Società stessa si trasferisca all’altare maggiore o altrove. E pertanto ordinò che gli uomini della parrocchia dovessero edificare un nuovo altare ed ornarlo con tutti i paramenti come quello maggiore… Nella stessa chiesa non c’è sacrestia, ma i paramenti vengono tenuti in una cassa… Perlustrando detta chiesa vide che non era pavimentata, perciò ordinò di pavimentarla ed imbiancarla completamente… E poiché sentì dire che i morti venivano sepolti in chiesa, ordinò, sotto pena di scomunica, che non venissero sepolti nella chiesa se non si costruivano sepolcri… In questa curia si hanno 250 anime da comunicare e tutte sono comunicate… il cimitero della chiesa era ben chiuso e dispose di fare erigere nel mezzo una croce lignea… Vide la canonica che è abbastanza decente, qui risiede da solo e continuamente il cappellano Jacopo di Santi da Pigli ….”. La circostanziata descrizione del Visitatore Apostolico, ci dà oltre che una precisa visione della chiesa una conferma dei suoi santi titolari: Anastasio e Vincenzo. Tale precisazione è importante poiché permette di individuare i patroni: Anastasio di Mugundat e Vincenzo venerati a Roma nel monastero “ad aqua Salvias” detto poi dei Santi Vincenzo e Anastasio alle Tre Fontane. Anastasio Magundat, monaco persiano e martire, nacque a Razech e morì nel 628. Trasportata in Persia la Croce, Magundat, che era stato istruito nella magia, volle sapere perché i cristiani venerassero tanto uno strumento di supplizio. Conosciuti i rudimenti della religione cristiana, si propose di abbracciarla e andò a Gerapoli dove, nella chiesa dei Martiri, apprese ad ammirare l’eroismo. Recatosi poi a Gerusalemme, vi ricevette il battesimo, cambiando il nome in quello di Anastasio. Dopo sette anni di vita monastica passò a Cesarea di Palestina, allora soggetta ai Persiani e là fu sottoposto a crudeli torture. Di lui fu scritto, per raccomandarlo, al re Crosoe, il quale rispose che lo lasciassero libero a condizione che abiurasse solo formalmente e dinanzi a una sola persona. Anastasio rifiutò. Mandato a Barsiloe (Persia) dove si trovava il re, resistette a ogni tortura e fu strangolato e decapitato (628). Le sue reliquie furono portate a Roma durante l’impero di Eraclio e non più tardi del 640. In due “itinerari di pellegrini” del VII secolo, cioè nel De Locis e nella Notia Partorum, si ha notizia della venerazione del suo capo nel monastero dei Santi Vincenzo e Anastasio alle Tre Fontane. La festa si celebra il 22 gennaio (Enciclopedia Cattolica). Proseguendo nella storia della nostra vecchia chiesa con lo studio delle visite pastorali, troviamo in quella fatta nel 1678 da Alessandro Strozzi vescovo di Arezzo, annotati due altari, quello maggiore e quello di Sant’Antonio a cornu epistolae; si ordina il restauro del tetto. Nel 1708, il vescovo Falconcini, ordina di restaurare il pavimento in cattive condizioni a causa dei chiusini dei sepolcri. Ordina altresì di restaurare l’altare di Sant’Antonio nella mensa e nella predella. Infine ordina di restaurare i tetti. Arriviamo così alla meticolosa visita pastorale del 1828 fatta dal vescovo aretino Sebastiano Maggi che la descrive come chiesa a tetto con la tribuna a volterrana, lunga braccia 27, larga 9, con 3 altari, presbiterio, pulpito, cantoria con organo, via crucis, sepolture, sacrestia e campanile a vela con 3 campane e canonica annessa. L’altare maggiore ligneo con 4 gradini è dedicato a Sant’Anastasio. L’altare a cornu evangelii di stucco, a muro con quadro in tela dedicato a Sant’Antonio Nel 1836, annota il Tafi, la chiesa dei Santi Anastasio e Vincenzo aveva 530 anime divise in ben 79 famiglie. A essa erano collegati diversi oratori, tra cui quello detto dell’“eredità Arrighi” con proprio cappellano. Fu famoso il lascito Arrighi che assegnava 8 doti all’anno a ragazze povere, di 8 scudi ciascuna. Nel 1964 per venire incontro alle sopravvenute esigenze della popolazione fu costruita a Olmo una nuova chiesa. L’antica, già ridotta a oratorio, fu venduta a privati lasciando ad mementum al monaco Anastasio, dipinto sulla volta del presbiterio, la custodia di un monumento di storia e tradizioni millenarie. Esterno della vecchia chiesa 48


Particolare della volta

La nuova chiesa Lo sviluppo urbanistico della frazione di Olmo, durante gli anni CInquanta-Sessanta fu talmente intenso che il vescovo diocesano, monsignor Giovanni Telesforo Cioli pensò di incoraggiare un Comitato Locale per la costruzione di una nuova Chiesa parrocchiale al centro del paese. Animatrice del Comitato fu la signora Vera Boldi BucAltare maggiore della vecchia chiesa ciarelli Ducci, che tutti ancor oggi ricordano con animo grato e commosso per il suo dinamismo e capacità di realizzazione. Fecero parte del Comitato l’anziano parroco don Alessandro Marchi, gli ingegneri Giovanni Bittoni, Giorgio Cantucci e Vito La Rocca, il dottor Mario Cantucci, Deno Deni, Donato Palarchi e il superiore del Convento di Sargiano padre Ildefonso Buratti. L’immediata adesione alla iniziativa da parte della signora Matilde Mancini Calamai nell’offrire gratuitamente il terreno, consentì a monsignor Cioli di porre la prima pietra della chiesa, la sera del 28 ottobre 1962 nel corso di una cerimonia religiosa che vide una partecipazione di popolo estremamente numerosa, a conferma della opportunità della iniziativa.

28 ottobre 1962: posa della prima pietra portata dal sacro monte della Verna 49


Nello spazio di pochissimo tempo il Comitato riuscì a portare a termine l’arduo compito che si era assunto, sicché la costruzione venne rapidamente completata ed il giorno 4 Luglio 1964 S.E. Mons. Cioli poté consacrare la nuova chiesa parrocchiale affidandola ai Padri Francescani di Sargiano che da molti anni, in collaborazione con Don Alessandro Marchi, avevano svolto fecondo apostolato in mezzo alla popolazione di S.Anastasio. Progettista e direttore dei lavori fu l’ingegner Giorgio Cantucci, in collaborazione con gli ingegner Giovanni Bittoni e Vito La Rocca. La nuova chiesa si presenta in una forma assai suggestiva nelle sue linee architettoniche di composta e dignitosa modernità, posta al centro dell’agglomerato urbano lungo la Statale 71. Molto semplice è la facciata esterna divisa in tre parti da rilievi in pietra che sottolineano l’articolazione delle tre navate. La lunetta in terracotta che sovrasta il portone centrale della chiesa raffigura san Francesco e alcune eminenti personalità del Concilio ecumenico Vaticano II, come Paolo VI e il patriarca Atenagora. L’opera è dello scultore Nello Moretti. Tutto l’organismo interno è articolato un pilastri e strutture in cemento armato. Molto pregiate sono le vetrate policrome di san Francesco e di sant’Anastasio, titolare assieme a san Vincenzo della chiesa parrocchiale. Interessante è anche la vetrata posta sopra il fonte battesimale con l’immagine di Gesù. Tali vetrate sono opera del professor Fanfani di Firenze.

Consacrazione della nuova chiesa Consacrazione della chiesa alla presenza dell’onorevole Brunetto Bucciarelli Ducci, presidente della Camera dei Deputati

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Sua eccellenza monsignor Giovanni Telesforo Cioli La nuova chiesa nel 1989

L’altare della Madonna nel 1989

Il fonte battesimale

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L’altare del Santissimo Sacramento


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Gita a Roma del 1995

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Il 1° gennaio 1997 padre Graziano Santi Conti, dopo che il beneficio della parrocchia passò dalla Provincia Toscana dei Frati Minori alla Diocesi di Arezzo, venne sostituito dal vescovo di Arezzo Flavio Roberto Carraro con don Silvano Guiducci. A questo punto giunti, la strada per la realizzazione di quel vecchio ”sogno delle Tre C”, i Frati Minori Francescani e il popolo della parrocchia di Olmo l’avevano percorsa, anche se faticosamente, quasi tutta: la chiesa era stata costruita, come pure la canonica con la casa del parroco e gli ambienti per le opere parrocchiali (Gruppo Catechiste, Gruppo Giovani, Coro parrocchiale, Circolo ricreativo culturale ACLI – oggi MCL – asilo, campo sportivo G.S. Olmo erano in piena attività), il piazzale sistemato, il giardino aveva le piante messe a dimora. Mancavano solo 24,5 metri al traguardo tanto ambito, 24 metri e mezzo al completamento di tutta l’opera parrocchiale: gli ultimi metri, ma i più lunghi e faticosi, quelli dell’ultima “C”: il campanile. Questo cammino ora doveva affrontarlo un prete del clero secolare che da subito si attivò per completare quel sogno delle “Tre C”.

Un Battesimo celebrato da don Silvano Guiducci 54


Quei 24,5 metri… gli ultimi da percorrere

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l desiderio di vederlo da lontano e di sentirne e apprezzarne il richiamo, attraverso il suono delle campane, era stato sempre un altro sogno degli abitanti di Olmo. Quando fu sognato a occhi aperti – cinquanta e passa anni fa – di costruire una nuova chiesa, il campanile fu lasciato in secondo ordine, dando ovviamente la priorità alla chiesa, viste le esigue disponibilità che erano a disposizione. Padre Ginepro Sante Giacomelli, nel 1972, aveva ripreso tale desiderio e aveva provato a chiedere aiuto per tale realizzazione, ma non riuscì nell’intento. Trascorsero dunque tanti altri anni, comunque fecondi di opere e attività parrocchiali svolte con capacità e grande impegno dai Frati Minori Francescani, e fi nalmente il nuovo parroco di Olmo, don Silvano Guiducci, riprese insieme ai fedeli il discorso. Questa volta partirono decisi a raggiungere lo scopo: realizzare quel campanile, già previsto nel progetto della costruzione della chiesa e mai realizzato per mancanza di risorse, alto ventiquattro metri e mezzo e corredarlo di cinque campane, tre nuove e due delle tre (del 1830) provenienti dalla vecchia chiesina di Sant’Anastasio, chiusa dopo la morte del vecchio parroco don Alessandro Marchi, avvenuta nel 1967. “La vista del campanile tra le nostre case, quasi custode vigile e sicuro dei loro abitanti e la voce delle campane come quella premurosa e amica di una persona cara e vicina, ci avrebbe aiutato ad ascoltare e a rivolgerci non solo alla terra ma anche al cielo“: questo, tra le tante altre belle parole riportate in un lungo appello di don Silvano inviato a tutti i parrocchiani di Olmo, fu il succo del suo accorato invito a unirsi nuovamente per realizzare, anzi completare il sogno. E mise in campo, come già altri avevano fatto in occasione della costruzione della chiesa, un gruppo di volenterosi (e di quelli di allora, alcuni si sono resi disponibili anche ora) che si prodigò in tutto il territorio della parrocchia e oltre, per raccogliere i tanti soldi (allora erano lire…) necessari per la sua costruzione. Giusto quindi ricordare chi furono gli artefici di questa imponente raccolta di denaro, finalizzata alla realizzazione degli ultimi ventiquattro metri e mezzo di quel lungo cammino, presso tantissimi benefattori che offrirono il denaro necessario.

COMITATO PER LA COSTRUZIONE DEL CAMPANILE DELLA CHIESA DEI SANTI VINCENZO E ANASTASIO Il parroco don Silvano Guiducci e Luca Bugialli Luciana Cacioli Dell’Artino Roberto Casalini Santi Del Gamba Ivo Franci Violetta Gori Poggiolini Maria Angela Grassi Luciana Liberatori Tiso Luigi Lisi Patrizio Lulli Franco Mariani Ennio Martinelli Enzo Meucci Donato Palarchi Loredana Scaccioni Fattorini Francesco Serboli Andrea Stendardi Camillo Tavanti Marcello Tavanti Eros Tommasuoli Giuseppe Tristi 55


La lunga, lenta marcia d’avvicinamento a quei 24,5 metri

ra il 1997 e il 2002, mentre si continuò a raccogliere le offerte tra fedeli, si crearono manifestazioni per incrementare il fondo cassa per la costruzione del campanile: fu organizzata una mostra mercato dei prodotti artigianali di alcune aziende di Olmo (abbigliamento e orafe) e di quadri, un mercatino di piante; un mercatino dei ragazzi, furono create attrazioni varie e addirittura fu fatta una piccola pubblicità della costruzione del campanile anche su alcune radio locali. Il G.S. Olmo, che svolgeva le sue meritorie attività sportive e sociali su un terreno di proprietà della parrocchia, sin dal 1965 nel campino e nel piazzale della chiesa e poi dal 1972 nel nuovo campo sportivo di via di Ristradelle, prolungò l’annuale festa di tre giorni per devolvere quanto incassato a favore del fondo; mentre le signore di Olmo organizzarono mercatini con dolci e piccoli oggetti regalo. Nel 2002, avendo raccolto a sufficienza per far partire la costruzione, furono iniziati i lavori con l’affidamento alla ditta Beniter srl. Tra queste iniziative ci furono numerosi concerti di fine anno, anche per far vedere e ancor più far sentire e apprezzare la “voce” del nostro organo che era stato motorizzato nel 1964 e restaurato nel 1999, permettendo così al Coro parrocchiale di poter avere un prezioso e indispensabile supporto da aggiungere all’impegno profuso nelle celebrazioni.

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La benedizione e la posa della prima pietra del campanile nel 2000

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L’inizio della costruzione nel 202

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Terminati i lavori di costruzione della struttura (2003) si pensò poi a reperire le risorse (che non erano poche) per le campane e per tutti gli impianti necessari al completamento dell’opera. Si continuò così con mercatini di oggetti usati, dolci, cene e concerti d’organo, finalizzati a tale scopo.

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Arrivò finalmente il giorno del primo “concerto” di campane del nuovo campanile, preceduto la sera prima da una esibizione sul sagrato della chiesa degli Sbandieratori della Città di Arezzo e da una conferenza sul tema ”I cattolici: il loro contributo sociale, politico e culturale in Italia, nel Novecento”, tenuta dal professor Camillo Brezzi e dal professor Paolo Nepi. 1° ottobre 2005, alla vigilia della festa della Madonna del Rosario, la festa più sentita nella parrocchia di Olmo, la benedizione da parte del Vescovo di Arezzo monsignor Gualtiero Bassetti (diventato nel 2014 cardinale), del nuovo campanile e delle sue cinque campane.

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Dopo‌ tutti a tavola a festeggiare l’inaugurazione del nuovo campanile!

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iornata della Pace 2009: sua eccellenza reverendissima l’arcivescovo Robert Sarah (nominato nel 2010 cardinale da Benedetto XVI) insieme a don Raymond Saba, segretario generale della TEC (Tanzanian Episcopal Conference) benedicono il fuoristrada donato alla diocesi di Kigoma (Tanzania) dal Moto Club “For Fun�, rappresentato da Ermanno Laurenzi.

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2011 2011 201 1, inc incon incont ontro ont ntro ntro nt r con con do don n Raym Raym aymond Sa aymond Saba Saba ba del della la dio dioces cesii di ces di Kigo Kigo iig goma

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ell’ottobre del 2011 arrivò il nuovo parroco: il canonico Adam Oldachowski, che iniziò il suo importante incarico scrivendo una breve, affettuosa lettera a tutti i genitori della parrocchia.

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COMUNIONI DEL 2012

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Don Adam e il sindaco di Arezzo Giuseppe Fanfani

Don Adam con alcuni ragazzi della Parrocchia

2011: incontro con sua eccellenza l’arcivescovo Protase Rugambwa

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2012: 50° DELLA POSA DELLA PRIMA PIETRA

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l 28 ottobre 2012 fu ricordato il 50° anniversario della posa della prima pietra della nuova chiesa: alla solenne cerimonia intervenne anche il quartiere di porta Santo Spirito, con un numeroso gruppo di fi guranti – guidati da Roberto Parnetti – che facevano bella mostra, orgogliosamente, delle due Lance d’Oro (il famoso “cappotto”!) vinte nell’anno alle Giostre del Saracino di giugno e settembre.

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La recita dei bambini del dicembre 2012 con il Coro

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uasi alla fine di questo nostro cammino di questa ricerca storica, si arriva al 6 aprile 2014 quando padre Costanzo Paracchini, a conclusione del “quaresimale” da lui tenuto durante il mese di marzo, ha benedetto e scoperto la lapide apposta a ricordo del munifico gesto della donazione del terreno, dove sorge la chiesa, da parte della marchesa Matilde Mancini Lanfranchi Chiccoli vedova Calamai. La figlia della Marchesa, Carla, era presente alla cerimonia, accompagnata da altri parenti. Padre Costanzo, nel 1989, aveva già solennemente presenziato la cerimonia del 25° anniversario della costruzione della chiesa e, nel 2012, quella del 50° della posa della prima pietra.

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Cresime del 25 maggio 2014

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Programma del 6 luglio 2014 Ore 11: solenne concelebrazione presieduta dall’arcivescovo sua eccellenza reverendissima Riccardo Fontana, vescovo di Arezzo, con i canti del Coro della parrocchia. Durante la cerimonia avverrà la consegna della bandiera di Porta Santo Spirito alla parrocchia di Olmo.

Iniziative per i festeggiamenti del 50° anniversario

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Mercatino dei dolci Pulizia delle panche della chiesa Restauro lapidi dei caduti in guerra Pranzo, per raccolta fondi, il 1° giugno Arricchimento delle porte della chiesa con due opere del maestro Francesco Conti Lettera alle famiglie della parrocchia per raccolta fondi Pubblicazione a ricordo del 50° Creazione di un dvd con le foto del 50° Apertura del sito internet www.parrocchiaolmoarezzo.org Ricordo di don Vittorio Pastori (don Vittorione), grande amico della parrocchia, nel 20° anniversario della sua morte

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Conosciamo meglio la nostra chiesa

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l portale è in pietra ed è arricchito da un’opera in terracotta in rilievo, che raffigura l’immagine di san Francesco e di alcune personalità del Concilio Ecumenico Vaticano II, come Paolo VI e il patriarca Atenagora, rappresentante della Chiesa Ortodossa. L’opera è dello scultore Nello Moretti.

Statua della Madonna di Fatima: fu regalata dal Convento dei Frati Minori di Saione e trasferita nella nuova chiesa di Olmo il 4 luglio 1964, accompagnata da un corteo di auto e scooter. Giunse a Olmo tra la moltitudine di persone festanti che presenziarono alla cerimonia di consacrazione della nuova chiesa

Via Crucis, dono del 1964 del Superiore della Verna (particolare di una delle stazioni) 79


Altare del Santissimo Sacramento: alla sua costruzione contribuì la famiglia Peruzzi Marco in memoria dei genitori

Statua di San Francesco: alta 120 centimetri, raffigura il Santo con le braccia incrociate mentre stringe il Crocifisso. Proviene da Ortisei e fu donata alla parrocchia dal padre provinciale Bernardino Serafini. Nel 1964, al suo arrivo, fu collocata sull’altare che a quel tempo era dedicato al Santo

Altare della Madonna col Bambino: alla sua costruzione contribuì la famiglia Lisi Vaiani Egidio, in memoria dei propri defunti. La statua della Madonna era all’altare maggiore della vecchia chiesina di Sant’Anastasio

La Madonna di Czestochowa, regalata da don Adam Oldachowski, e l’immagine di san Giovanni Paolo II

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Il fonte battesimale: opera dell’architetto Castellucci di Firenze, di forma esagonale in pietra viva, ben lavorata ai bordi e ai lati, risale al 1928. Proviene dalla chiesa parrocchiale francescana di Montecarlo, in San Giovanni V.no. Nella parete di fronte alla vasca si può ammirare una vetrata, a colori, che rappresenta Gesù che viene battezzato nel fiume Giordano, opera del prof. Fanfani di Firenze


Le campane

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el campanile sono installate cinque campane. Tre, grandi, sono nuove, fuse nel 2005 dalla ditta Capanni Paolo di Reggio Emilia, mentre due – una grande e una media – sono provenienti dalla vecchia chiesina di Sant’Anastasio, che nel suo campanile aveva tre campane del 1830. Una delle tre nuove fu regalata dalla famiglia Sanarelli e le altre due dagli abitanti di Olmo e dai circoli culturali e ricreativi del paese (ARCI e MCL) e dal G.S. Olmo. Sulla vecchia grande campana, installata sul campanile, è raffigurato il Crocifi sso, un vescovo (forse san Donato), e una santa martire di cui non si conosce il nome, con le scritte Crimina Terge; Fulgura Pelle; Dirige Calles; Protege Fruges (“Cancella le colpe, allontana i temporali, guida i nostri passi, proteggi i raccolti”); D.O.M. (“A Dio ottimo massimo”); Deiparae Coelistibusque. Ast. Illis. Praecipue Quorum Solemnia Colimus Quotannis (“Alla Madre di Dio e alle schiere dei santi che Le stanno attorno, di cui noi ogni anno in particolare celebriamo le feste solenni”); Geminam Nolam Vetere Amota Senio Labante Opus Sanctes Gualandi Pratensis Populus Oblationibus. Ang. Bacci Domo Prati Veteris Faesul. Dioec. Rector (“Rimossa la vecchia [campana] rovinata dagli anni, fatta [un’altra] campana [più piccola] simile, opera di Sante Gualandi di Prato, il popolo con le sue offerte. Angelo Bacci del paese di Pratovecchio della Diocesi di Fiesole. Rettore”); Aere. Zelo. Studioque A.D. MDCCCXXX (Col denaro, lo zelo e lo studio nell’anno del Signore 1830); mentre in quella mezzana è raffigurato un cuore infuocato con corona d’alloro, un Santo (forse sant’Antonio) e la Madonna con bambino. oltre che alle scritte Ignem Accende; Defende Greges; Unica Spes Nostra (“Accendi il fuoco, proteggi i greggi, unica nostra speranza”) e Nono Kal. Novemb. An Red. Sal. 1830 (1° novembre dell’anno della Redenzione della Salvezza 1830) e ancora Hilari. Sonitu. Atque. Festivo Populos Primitus Vocavere (“Chiamarono con suono gioioso e festivo per la prima volta i popoli”) e ancora Diva Coelique. Cives Clietuum Avete Supplicum Favete Votis (“O Santi del cielo ricevete le lodi dei fedeli, accogliete le preghiere dei supplici”). Nella terza vecchia, la piccola, che non è stata installata ma che è visibile in chiesa, c’è la figura di Cristo in croce e della Madonna con il bambino, con la scritta S. Gualandi P.F. 1830 (“Sante Gualandi, da Prato, fece 1830”).

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1: una delle tre campane del 1830 2: la piccola campana del 1830 che verrà collocata all’interno della chiesa 3: un’altra delle tre nuove campane 4: due campane nuove e, al centro, una vecchia del 1830


etrate policrome dietro l’altare, che raffigurano le immagini del Sacro Cuore, di san Francesco e sant’Anastasio. Sono opera del professor Fanfani di Firenze, e furono regalate da padre Girolamo Buratti.

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etrate policrome della facciata: offerte, nel 2001, in memoria di due giovani di Olmo, Gianni Caneschi e Andrea Sbragi, dalle loro famiglie e dalla popolazione del paese.

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Santa Rita da Cascia: dono della famiglia Nofri, in memoria di Annunziata Cacioli

Madonna col Bambino (particolare): regalato dall’autista del presidente Bucciarelli Ducci, signor Maggi

Crocifisso: è una delle poche cose rimaste della vecchia chiesina di Sant’Anastasio

Campanella, proveniente dal monastero di Montecalvario

Quadro raffigurante sant’Antonio Abate: opera databile tra la fine del XVI secolo e l’inizio delXVII, con un’iscrizione che attesta che il quadro è stato dipinto su commissione della Compagnia di Sant’Antonio Abate, costituita nella chiesa di Sant’Anastasio il 13 marzo 1697. Olio su tela, di autore ignoto, cm 105 x150. Restaurato nel 1994 (a sx prima del restauro, a dx dopo)

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Compagnia di sant’Antonio Abate

a Venerabile Compagnia della Misericordia sotto il patrocinio di Maria SS. e di S.Antonio Abate, più conosciuta come Compagnia di S.Antonio Abate, costituitasi con bolla il 1° ottobre 1635, era aggregata all’Arciconfraternita della Dottrina Cristiana di Roma. Alcune persone si radunarono nella Chiesa di S.Anastasio il 3 Marzo 1697 e per ordine del Priore della Compagnia, fu costituita nella chiesa di S.Anastasio nell’Aprile del 1697. Per più di due secoli essa ha operato nella vecchia chiesa di S.Anastasio presenziando uffizi, funerali, festività comandate, processioni, feste, aiutando il parroco nella cura della chiesa ed espletando anche una corposa opera di volontariato a favore dei fedeli bisognosi della parrocchia. Piano piano però, soffrendo di un progressivo indebolimento nell’osservanza del suo spirito e del suo statuto la Compagnia è arrivata sino ai nostri giorni immiserita e demotivata, dimenticando quasi completamente le attività che aveva svolto. Quando nel 1997 don Silvano Guiducci prese pienamente possesso della parrocchia di Olmo, insieme ai pochissimi Fratelli della Compagnia rimasti, pensò di riproporre la riattivazione di quelle attività tanto preziose. A tal fine fu predisposto un nuovo statuto, (prendendo comunque a base quanto riportato nel precedente statuto che è conservato, con tutti gli atti delle sue modifiche, in originale, nell’archivio della chiesa di Olmo) che prevedeva impegni morali, di fede, esplicitati con la partecipazione ai Sacramenti, e di opere di volontariato, opere di misericordia spirituale e corporale, che corrispondevano perfettamente agli insegnamenti della Chiesa anche nell’attualità. E, ora come allora, il tutto veniva poi retribuito con la frase sempre attuale “Dio te ne renda merito”. La bozza di nuovo statuto fu sottoposta dal parroco alla valutazione dei pochi Fratelli presenti (solo 17

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su 68 invitati) che stabilirono con una votazione di non dare nuova vita e nuovo impulso alla Compagnia, stante la carenza d’interesse dimostrata dagli invitati motivata, forse, dalle regole e dagli impegni abbastanza pressanti che vi erano contenuti (e a dire il vero anche poco conosciuti). Ma si convenne che i principi e le finalità che muovevano i Fratelli e Sorelle della Compagnia potevano comunque, almeno in parte, essere trasferiti in un organo che già era previsto nell’organizzazione della parrocchia e cioè il Consiglio Pastorale che non prevedeva comunque i pressanti impegni degli iscritti alla Compagnia. Anche nella riunione delle Donne della Parrocchia, 19 presenze, fu convenuto che si poteva ovviare alle attività di una Compagnia con le iniziative e le opere messe in atto da un Consiglio Pastorale parrocchiano ben strutturato. La Compagnia pertanto rimane silente ma i valori che l’animavano sono sempre presenti in coloro che oggi sono partecipi nel condividere con la Parrocchia certi valori di fede e di volontariato attivo. E a leggere nei vecchi registri che il tempo e la cura dei vari Parroci e dei Camarlinghi che si sono succeduti (e di un giovane benefattore che ne ha curato la rilegatura a proprie spese) si possono ritrovare tanti cognomi che anche oggi ritroviamo presenti nella nostra comunità. Alcuni, senza voler sminuire gli altri che non vengono nominati: Albiani, Barbagli, Bennati, Bianchi, Bicchi, Bisaccioni, Buratti, Cacioli, Calzineri, Caneschi, Cardini, Casalini, Del Gamba, Deni, Doppioni, Dragoni, Faralli, Fedeli, Flori, Forni, Galletti, Lapini, Lastrucci, Lisi, Lulli, Marchi, Mori, Nardelli, Ortaggi, Palarchi, Pallini, Parati, Peruzzi, Pratesi, Sandali, Santini, Scarpelli, Scatragli, Serboli, Severi, Sguerri, Tani, Tommasini, Vaiani Lisi, Vernaccini, Viti, Zuccherelli.

Chi era sant’Antonio Abate ant’Antonio abate, conosciuto in vari modi quali “ il Grande”, “d’Egitto”, “del Fuoco”, “ del Deserto”, “l’Anacoreta”, nacque a Qumans (Coma, in Egitto) nel 251 (?) da agiati genitori, cristiani, dediti all’agricoltura, e morì, a 105 anni il 17 gennaio del 357. È considerato il monaco più illustre della Chiesa di quel periodo e, come eremita, considerato il fondatore del monachesimo cristiano e il primo degli abati, senza comunque aver scritto nessuna regola di vita monastica né aver incoraggiato gli altri a seguirlo in questa sua scelta. Nonostante questo il suo operato destò l’interesse di tantissime persone sia della sua terra che di altre località, anche molto lontane. Di lui, della sua vita, sappiamo molto in quanto il suo amico Atanasio, Vescovo di Alessandria d’Egitto, ne ha scritto una biografia ben dettagliata, la “Vita Antonii”, che dopo essere stata tradotta in varie lingue, si diffuse in tante nazioni in Oriente e in Occidente, contribuendo così ad espandere moltissimo gli ideali della vita monastica. In questa biografia troviamo descritte, molto accuratamente e ampiamente le tentazioni del demonio che l’anacoreta Antonio ebbe a combattere. Antonio rimase orfano dei genitori, giovanissimo e, invece di amministrare l’enorme patrimonio che essi gli avevano lasciato, distribuì molti dei beni che possedeva ai poveri e, dopo aver affidato la sorella ad una comunità femminile, iniziò a vivere solitario nel deserto, nella povertà, nella castità, e dedicandosi alla contemplazione e alla preghiera, incessantemente. Ma presto comprese anche, ottenendone il giusto equilibrio necessario a sopportare quella dura vita di eremita, che la preghiera non escludeva le altre attività e che si poteva fare anche sotto un’altra forma e cioè lavorando, cercando di strappare al deserto e utilizzare quelle poche risorse che vi si potevano trovare finalizzandole al suo sostentamento e nello stesso tempo riuscendo anche a fare la carità ai più bisognosi. In questa vita solitaria fu spesso tormentato dalle tentazioni e dai dubbi che quella scelta di vita fosse veramente quella giusta. Per poter resistere si ritirò ancora più dal mondo che lo circondava andando a vivere dentro una caverna nei pressi della sua città natale Coma. In seguito si trasferì vicino al Mar Rosso, sul monte Pispir dove c’era una fortificazione romana abbandonata e vi rimase per venti anni, cercando di trovare la massima purificazione nell’assoluta solitudine, nutrendosi di pane che gli veniva portato due volte all’anno e di acqua attinta ad una fonte che si trovava in quella sua misera dimora. Poi numerose persone, avendo conosciuto questo suo modo di vivere e volendolo condividere con

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lui, lo riportarono in città da dove poi si divisero in due gruppi per andare a vivere in grotte ed anfratti a oriente ed occidente del Nilo. Questi gruppi, guidati da un eremita più anziano, cominciarono poi a duplicarsi e Antonio rimase solitario ma come guida spirituale. Antonio, nel 311, tornò ad Alessandria, dove i cristiani venivano perseguitati, per dare loro aiuto e conforto. Con l’aiuto dell’amico vescovo Atanasio, Antonio non subì persecuzioni. Gli ultimi anni della sua vita li trascorse nel deserto della Tebaide, pregando e lavorando, come in altre occasioni aveva fatto per il proprio sostentamento, un piccolo terreno. Morì a 105 anni nel 356. Nel 561 i resti di Antonio furono trasferiti ad Alessandria d’Egitto, nella chiesa di S.Giovanni, dove furono venerati per molti anni. Successivamente nel 635, questi resti, a causa dell’invasione dell’Egitto da parte degli Arabi, furono trasferiti a Costantinopoli da dove, nel secolo XI furono poi portati in Francia quale dono dell’imperatore di Costantinopoli ad un nobile francese, Jocelin de Chateau Neuf. Purtroppo, a causa di dispute, tra un priorato di benedettini che avevano in custodia i suoi resti mortali e gli Ospitalieri o Cavalieri Ospedalieri(conosciuti poi come i Cavalieri di Rodi e oggi come quelli dell’Ordine di Malta) che ne dovevano ricevere successivamente le spoglie, oggi abbiamo due corpi venerati di S.Antonio Abate. Ambedue i contendenti ne reclamano l’autenticità e la Chiesa non si è mai pronunciata in merito: uno è a S.Antoine l’Abbaye nella regione del Rodano-Alpi, vicino a Lione e l’altro ad Arles, nella regione Provenza- Alpi-Costa Azzurra. S.Antonio Abate viene festeggiato il 17 Gennaio quale protettore degli animali e viene raffigurato spesso con accanto un maiale, che rappresenta (tra i vari suoi attributi quali la croce tau, il fuoco, il bastone o la campanella) il diavolo che lo aveva tentato tantissime volte nel deserto e che lui alla fine era riuscito ad addomesticare e a trasformate in un maiale da compagnia.

Quadro raffigurante sant’Anastasio, databile attorno al XVIII secolo, olio su tela, cm. 38,5 x 28,5, di autore ignoto ma di scuola toscana. È stato restaurato nel 1994 (a sx prima, a dx dopo) 87


Quadro della Vergine in trono con Bambino

Quadro del Sacro Cuore

Trittico

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Quadro raffigurante santa Mustiola, databile XVIII secolo, cm 74,5 x 57,5, olio su tela. Restaurato nel 1994. Santa Mustiola era una nobile (alcuni dicono cugina dell’imperatore Asinio Volusiano Gallo, altri invece la descrivono cugina dell’imperatore Claudio II, detto “il Gotico”) la quale, dopo essere fuggita da Roma e stabilitasi a Chiusi, si adoperò in molte opere di carità, assistenza e conforto nei confronti dei cristiani che, dopo essere stati spogliati di tutti i loro beni, venivano incarcerati a seguito degli editti dell’imperatore Aureliano. Incarcerata a sua volta, confermò fermamente la sua fede e per questo fu condannata a morte con le piombate (un bastone con delle funi alle cui estremità c’erano palle di piombo), come si può anche desumere nella raffigurazione del quadro. La sentenza fu eseguita o il 3 luglio o il 23 novembre dell’anno 275. Una piccola reliquia (ex corpore) è conservata nella chiesa di Santa Mustiola a Quarto che per secoli aveva avuto nella sua parrocchia la vecchia chiesa di Sant’Anastasio e San Vincenzo sconsacrata nel 1967 (a sx prima del restauro, a dx dopo).

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Le panche: le prime venti furono un dono, nel 1964, dei Frati Minori del convento francescano di Monte Calvario (Pistoia) Il confessionale

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organo: questo antico strumento è una pregiata opera della Ditta Demetrio Bruschi di Loro Ciuffenna, un semplice falegname, amante dell’arte e con uno spiccato ingegno che, da autodidatta, si mise a studiare antichi organi per cercare di carpirne i segreti delle tecniche di costruzione. La sua tenacia e il suo amore per questi magici strumenti lo resero un costruttore di organi molto famoso: a lui si devono numerose e preziose realizzazioni quali, tra le tante, quella dell’organo del santuario della Verna, quello della pieve di San Leolino a Panzano, quello della pieve di Spaltenna a Gaiole in Chianti e quello dell’Istituto Musicale di Firenze. L’organo era installato nel convento francescano di Monte Calvario (Pistoia): fu smontato e donato alla nuova chiesa di Olmo nel 1964, e dopo una revisione fu anche elettrificato. Nel 1999 fu restaurato totalmente in tutte le sue funzioni attuali, con una spesa personalmente e totalmente sostenuta dall’allora parroco, don Silvano Guiducci. È dotato di una tastiera DO1 – SOL 5 cromatica e nove registri e una pedaliera 17 note DO-1 MI-2, timpano a due canne e manticeria a lanterna alimentata da due pompe, azionate da una stanga. [foto qui sotto, 1999: in alto, prima del restauro, al centro durante, in fondo dopo]

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Il mobile di Sacrestia: è del 1848, bello e utile. Proviene dal convento di Montecalvario (Pistoia), convento eretto fra il 1869 e il 1871 da padre Andrea da Quarrata, missionario apostolico dell’Ordine dei Frati Minori Riformati Lapidi ai caduti in guerra: le due lapidi furono collocate, nel maggio del 1973, nel luogo dove oggi sono, dopo che erano state staccate dalla parete della vecchia chiesina di Sant’Anastasio al momento che fu venduta a un privato e verranno restaurate, nelle scritte, in occasione del 50° della dedicazione

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[accanto e sotto] Lapide della dedicazione [qui sopra] Lapide a ricordo della donazione della contessa Matilde Mancini Lanfranchi Chiccoli vedova Calamai [qui sotto] L’immagine della Madonna del Conforto nel campino di calcio: il tabernacolo fu costruito personalmente da padre Ginepro Giuseppe Giacomelli (sua prima opera muraria) , in occasione della sistemazione con recinzione in muratura e reti metalliche del campino da gioco dietro la chiesa

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Il presepe

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NOTIZIE SULLA PARROCCHIA E SULLE SUE ATTIVITÀ a nostra parrocchia è una comunità di 650 Famiglie, con 1650 persone. Si estende in un ampio territorio che richiede quindi un impegno, una presenza costante per poter essere efficaci nella difficile opera pastorale. Nel suo territorio ci sono numerose attività commerciali, artigiane, industriali e sono presenti associazioni culturali e sportive quali il Circolo ”Verso l’Europa”, il Comitato “Amici di Don Vittorione”, il Circolo ARCI, la Cooperativa ARCI, il Circolo MCL e il Gruppo Sportivo Olmo. Queste ultime due associazioni operano in strutture di proprietà della parrocchia.

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LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA Parroco canonico Adam Oldachowski Sagrestano Mario Mori Vice Sagrestano Alvaro Tavanti CPP (Consiglio Pastorale) al giugno 2014 ancora da nominare CPAE (Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici) Roberto Casalini Mario Mori Oreste Giommoni Gruppo Catechesi 1° Anno: don Adam Oldachowski e Lucia Cesaroni 2° Anno: Paola Magri, Cinzia Salvietti, Giovanni Furiosi 3° Anno: Annalisa Magrini, Silvia Bidini 4° Anno: Annamaria Coleschi, Antonella Bonanni, Manuela Roghi 5° Anno: Marta Dragoni, Elisabetta Bidini Il Coro Parrocchiale Maestro del canto Eugenio Dalla Noce coristi Barbara Amerighi Gigela Antohi Gianna Baroni Roberta Bichi Silvia Bidini Antonella Bonanni Silvia Caposciutti Marta Dragoni Edi Gallorini Cristina Lammioni Annalisa Magrini Giovanni Montalbano Pasquale Parati Piero Pedone Monica Peruzzi Anna Maria Tavanti Coleschi Manutenzione spazi verdi Riccardo Santinelli Decoro della chiesa Anna Peruzzi e Anna Alpini “Chi vuol essere grande si faccia servo di tutti” 96


I PROGETTI FUTURI • Raccolta fondi per le 14 vetrate laterali: la prima che verrà realizzata sarà dedicata a San Vincenzo, di cui abbiamo già parlato, essendo uno dei patroni della nostra chiesa. La seconda sarà dedicata a Santa Teresa Margherita (Redi) del Cuore di Gesù, nata da famiglia nobile ad Arezzo, il 15 luglio 1747 e morta giovanissima il 7 marzo 1770. Il suo corpo, conservatosi integro, è sepolto nel monastero delle Carmelitane Scalze di Firenze. Il 19 marzo 1934 papa Pio XI la elevò agli onori dell’altare. • Gruppo Giovani • Sito internet: www.parrocchiaolmoarezzo.org •Incontri con i fedeli

DATE DA RICORDARE 17 gennaio: sant’Antonio Abate 22 gennaio: san Vincenzo e sant’Anastasio, festa dei titolari della chiesa 28 ottobre: posa della 1a pietra della chiesa 4 luglio: dedicazione 5 luglio: inaugurazione nuova chiesa 1° ottobre: benedizione del campanile e primo “concerto” delle campane

ELENCO CRONOLOGICO DEI PARROCI DELLA NUOVA CHIESA DI OLMO 1964-1970

padre Fabio Celso Caneschi

1970-1974

padre Ginepro Sante Giacomelli

1974-1980

padre Vincenzo Luciano Annibaldi

1980-1997

padre Graziano Santi Conti

1997-2011

don Silvano Guiducci

2011-presente

canonico Adam Oldachowski

I Vescovi di Arezzo in questi cinquanta anni

Giovanni Telesforo Cioli (ordine dei Carmelitani): 23 dicembre 1961 – 11 aprile 1983

Giovanni D’Ascenzi: 11 aprile 1983 – 8 giugno 1996

Flavio Roberto Carraro (ordine dei Frati Minori Cappuccini): 8 giugno 1996 – 25 luglio 1998

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Gualtiero Bassetti: 21 novembre 1998 – 16 luglio 2009

Arcivescovo Riccardo Fontana: 16 luglio 2009 – presente


Ringraziamenti

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n questa ricerca storica in cui sono stato piacevolmente coinvolto ho cercato di attingere ai dati uffi ciali reperiti nell’Archivio Storico Diocesano, nella Biblioteca “Città di Arezzo” e in internet, oltre ai ricordi personali di alcune vere “memorie viventi” di Olmo, di un sacerdote già nostro parroco, don Silvano Guiducci, dell’ultimo camarlingo della Compagnia di Sant’Antonio Abate, Silvio Peruzzi. Altri cari amici mi hanno semplificato e reso ancora più bello e interessante il mio compito, fornendomi foto e ricordi personali per poter realizzare al meglio questa mia ricerca: Giuseppe Rossi (“Canino”), Monica Peruzzi, Roberto Casalini, Roberto Parnetti, Franco Mariani, gli amici del gruppo Facebook “Sei de l’Olmo se…”, Paolo Monci, gli altri componenti del Comitato per i festeggiamenti del 50°. Una menzione particolare per l’Archivio Diocesano e una un po’ più speciale alla Biblioteca di Arezzo, il cui personale si è rivelato molto prezioso per le ricerche che ho effettuato presso di loro, e che mi ha fatto trovare un antico sonetto scritto dal padre cappuccino Stanislao da Montecchio, “…che predicava con plauso nella chiesa di Sant’Anastasio” durante la quaresima del 1889, e che riporto volentieri.

(BCA-196772) Biblioteca di Arezzo Li ringrazio di cuore e spero che quanto riportato possa essere utile a far nascere, rinascere o accrescere in tutti il desiderio di voler aiutare in qualche modo la parrocchia a diventare centro di riferimento per tutte le nostre famiglie. Sta a noi trovare questa unione d’intenti che sicuramente ci farà ulteriormente crescere e ci faciliterà nel dare un ulteriore messaggio di speranza ai nostri figli e nipoti. La solidarietà è la medicina per tanti problemi personali, sia per chi riceve ma soprattutto per chi dona. “Tutto quello che avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt. 25,40)

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Un pensiero e un ringraziamento, per me molto particolare, ma credo anche lo sia per voi che leggete queste parole, è doveroso rivolgerlo a tutti coloro che ci hanno lasciato ma che in questi cinquant’anni hanno comunque contribuito alla crescita della nostra Comunità parrocchiale e a costruire e migliorare sempre più la nostra chiesa. E voglio ringraziare, a nome mio personale e di tutti voi, il nostro Coro parrocchiale che in questi cinquanta anni, tra alti e bassi, ha sempre risposto con passione, dedizione e sacrificio personale alle esigenze parrocchiali oltre ad aver allietato con le loro prestazioni canore anche altre iniziative parrocchiali che richiedevano la sua presenza. Uomini o donne, giovani o meno giovani, musicisti o no, tutti insieme sono l’esempio “canoro” che l’unione fa la forza e che le fredde note musicali vengono trasformate nella nostra chiesa, da questa loro passione, attraverso voci di basso, di soprano, di contralto o di tenore, in una melodiosa preghiera. Il Coro parrocchiale è sempre stato presente nelle celebrazioni che si sono svolte in questi cinquanta anni. I primi mesi dopo la consacrazione della chiesa non si poté organizzare bene, in quanto non c’era l’organo, ma, quando questo fu donato dai Frati del Convento di Montecalvario (Pistoia), subito Padre Fabio, che era anche l’organista del convento di Sargiano, iniziò a curarne subito la formazione. E questo coro ebbe sempre una caratteristica che ancora oggi è presente in quello attuale: la maggioranza dei coristi erano e sono donne Aveva anche un’altra caratteristica importante: era formata, in maggioranza da giovani che, una volta che il vecchio, prezioso organo, anche se elettrificato, smise di funzionare bene, si facevano accompagnare dalla sola musica delle chitarre che, sempre giovani della parrocchia, suonavano durante le celebrazioni religiose. Le melodie delle chitarre lasciarono il posto a quelle dell’organo quando poi fu restaurato da Don Silvano Guiducci, nel 1999. 99


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nfine si devono ringraziare coloro che, silenziosamente, uomini e donne, tengono puliti e in ordine tutti gli ambienti della chiesa, della canonica, del piazzale e delle attività parrocchiali, tagliano l’erba del prato, curano amorevolmente gli ulivi, gli alberi. Il Sagrestano e il suo Vice e tutti i componenti del Gruppo Catechesi, che con il loro prezioso aiuto e le loro semplici e chiare parole, pongono le fondamenta della fede cristiana e favoriscono l’assimilazione della parola di Dio nei giovani, portandoli piano piano a scoprire la fede. A tutti loro, un grazie colmo di ammirazione.

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Fonti della ricerca Archivio della Parrocchia di Olmo Biblioteca di Arezzo Archivio storico della Diocesi di Arezzo www.santosepolcro.custodia.org www.it.wikipedia.org www.sangalgano.org www.treccani.it www.santiebeati.it

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Finito di stampare nel mese di giugno 2014 presso tipolito “La Zecca� via Umberto Terracini 25/27 fraz. Levane 52025 Bucine (AR) tel. 055/91.80.101


La memoria di un dono ricevuto – 50° anniversario della dedicazione a san Vincenzo e sant’Anastasio della nuova chiesa di Olmo ad Arezzo

col patrocinio di


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