GIORNALE DI AUGUSTA

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Indagini

giugno 2005

Marco Garsia, che cosa è successo?

G

rande partecipazione di pubblico, com’ era prevedibile, ai funerali del quarantenne Marco Garsia, sfracellatosi in mezzo agli scogli dello sbarcatore dei turchi, in località Villa Marina, una delle più suggestive contrade del cosiddetto monte di Augusta, zona, un tempo, di edilizia estiva, per le seconde case, cioè,

Banca ragusana nel centro storico e, appunto, Marco che dirigeva la sede locale del Credito Siciliano, proprio di fronte ai giardini comunali, all’ angolo con la via principale dell’ isola, laddove, fino a un paio d’ anni fa c’ era uno dei bar più antichi e, un tempo, rinomati. La fine del giovane Marco, nipote del vescovo di Caltanissetta, Alfredo Maria Garsia,

dove le persone abbienti della città andavano a trascorrere la bella stagione. E Marco era l’ ultimo d’ una nidiata di cinque figli di Francesco Garsia, discendente di quel Garçia de Toledo, che fu governatore della piazzaforte augustana al tempo della dominazione degli Spagnoli. Francesco Garsia fu per molti anni direttore generale della Banca Popolare di Augusta, fondata oltre cent’ anni fa da suo padre e da pochi altri e oggi assorbita dalla Banca Agricola Popolare di Ragusa. All’ attività bancaria sono stati inviati i due unici maschi: Alberto, direttore oggi della filiale della

scomparso giusto un anno fa, ha lasciato tutta la cittadinanza sbigottita, giacché i quotidiani, nel dare la notizia, hanno accreditato immediatamente la tesi del suicidio, poiché l’auto, una Bmw, è stata trovata in mezzo agli scogli e il corpo in mezzo all’ acqua. I corrispondenti hanno avanzato subito diagnosi, parlando di depressione e altro. Certo, tutto questo è possibile, ma potrebbe non reggere a un esame più attento, qualora gli inquirenti volessero approfondire le indagini. Per conto nostro, abbiamo ascoltato persone più o meno vicine alla famiglia e al bancario scomparso in modo così

tragico. Innanzitutto, c’ è da prendere in esame la “scena del crimine” ( il suicidio viene considerato peccato gravissimo dalla Chiesa e i Garsia appartengono a una famiglia di salda fede cattolica, tanto che, come su ricordato, un loro congiunto è stato per oltre ventisette anni vescovo di Caltanissetta). E’ stato, infatti, osservato che appare strano un corpo sbalzato dalla vettura. Uno che si vuole ammazzare in quel modo si allaccia la cintura e chiude bene la portiera dell’ auto. In secondo luogo, mancherebbe il <movente> , cioè non ci sarebbero state le cause così profonde da far determinare nel quarantenne in carriera un così insano gesto. E’ vero che Garsia era da anni separato dalla moglie, da cui aveva avuto due figli, ma s’ era rifatto una compagna ed era stato visto in un locale notturno di Catania ballare spensierato con una giovane, augustana come lui (la moglie è siracusana, da lui conosciuta mentre lavorava in banca) . E’ stato detto che la moglie esercitava pressioni nei confronti di Garsia e si è parlato di <ricatto morale> riguardo ai figli. Ma a noi risulta che i figli vedevano regolarmente il padre una volta la settimana e andavano presso la casa del nonno Francesco, scomparso anch’ egli anni fa. Né si può avanzare il dubbio di pressioni di tipo finanziario, giacché l’ ex moglie continua a lavorare in banca, né è presumibile che Garsia fosse in condizioni tali da non poter soddisfare richieste d’ un certo tipo. Inoltre, pare che la moglie, addirittura, avesse fatto avance per rimettersi con Garsia. E, quindi, dove sarebbero le ragioni del suicidio? Un suicidio, comunque, è avvenuto, appena appresa la morte teafica del Garsia. L’ indomani è stato trovato impiccato un altro augustano, ancora più giovane, Andrea Bramanti, di 28 anni. E la notizia ha raddoppiato lo sgomento. Erano anni che non accadeva un suicidio in città. Un doppio suicidio (se tale dobbiamo considerare la morte di Marco Garsia) non era ancora accaduto.

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