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Postfazione

A cura di Roberto Da Cas

I dati Istat indicano che in Italia, nel 2021, la povertà assoluta riguarda il 7,5% delle famiglie e il 9,4% degli individui. Dietro a queste percentuali di per sé significative ci sono però le vite di 5,6 milioni di individui, di cui 1,4 milioni minori, e ancora più drammatica è la situazione della popolazione straniera, con un’incidenza di povertà assoluta pari al 32,4%. Gli effetti economici della pandemia da covid-19 hanno ovviamente favorito la crescita della povertà assoluta, determinando anche qualche cambiamento strutturale delle famiglie povere assolute e aumentando la fascia di coloro che si trovano in condizione di “marginalità sociale”, che non riguarda solo gli stranieri irregolari e i senza tetto (i cosiddetti “invisibili”) ma sempre di più i cittadini italiani.

In questo ambito opera il Poliambulatorio Caritas di Roma, servizio a bassa soglia di accesso per persone in condizioni di marginalità sociale che, in collaborazione con il reparto di Farmacoepidemiologia e farmacosorveglianza dell’Istituto Superiore di Sanità, sta conducendo il progetto “Bisogni di salute e uso dei farmaci in un ambulatorio per persone afferenti ai servizi della Caritas di Roma in condizione di marginalità sociale”, finanziato dalla Regione Lazio. Il razionale

del progetto parte dal presupposto che vi sono pochi studi ed evidenze sull’uso dei farmaci in popolazioni in condizione di marginalità sociale e/o irregolarità giuridica, anche in applicazione alla legge 166/2016 (legge Gadda). Per tale motivo, obiettivo primario dello studio è quello di conoscere lo stato di salute, l’uso dei farmaci e identificare le possibili reazioni avverse nella popolazione assistita, per ottimizzare la distribuzione dei farmaci stessi e migliorare l’aderenza ai trattamenti. Il Poliambulatorio è infatti dotato di un servizio farmaceutico che riceve in donazione, da singoli, parrocchie e gruppi, farmaci integri e in corso di validità per la loro distribuzione coerentemente con la legge 166/2016 “ai fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi”.

Il progetto ha portato all’elaborazione di un sistema informatico attraverso il quale è possibile registrare i farmaci erogati ai pazienti del Poliambulatorio inserendo l’informazione sulla scheda digitale di ogni paziente: non si tratta di un sistema di cartella clinica informatizzata ma di un programma dove per ogni paziente sono inseriti, nel giorno successivo all’accesso al servizio, i dati riportati sulla cartella cartacea. In particolare: informazioni socio-anagrafiche, data di accesso, tipo di visita effettuata, richieste di esami e visite prodotte dal medico e diagnosi emerse, codificate utilizzando il sistema di classificazione internazionale delle malattie (ICD-10). Grazie al progetto è stata definita una nuova sezione della scheda informatica dove è possibile registrare i farmaci dispensati attraverso l’inserimento del codice AIC (Autorizzazione all’Immissione in Commercio) presente sulla confezione.

Tra i risultati attesi del progetto vi è un miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva e di presa in carico terapeutica, oltre alla produzione di un modello di intervento per servizi a bassa soglia, non trascurando la necessaria profes-

sionalità (formazione specifica) e l’attenzione in termini di sorveglianza ad eventuali reazioni avverse da farmaci.

Allargando l’orizzonte della presa in carico terapeutica a quello dei percorsi assistenziali (PDTA) ci si potrebbe lecitamente chiedere: È possibile (e necessario) costruire dei PDTA per questi gruppi di popolazioni? Per rispondere a questa domanda si può prendere come riferimento quella che viene definita come la Sanità pubblica di prossimità, la quale prevede che alcune attività sanitarie siano svolte direttamente nei luoghi di vita dei gruppi “emarginati” o “inconsapevoli” e, spesso, più o meno consapevolmente invisibili. Offrendo attivamente interventi (in particolare di orientamento e prevenzione) negli edifici occupati, nei campi rom, nelle aggregazioni spontanee e baraccopoli, nelle mense sociali, nei mercati rionali, nei luoghi di lavoro ad alto sfruttamento, ma anche dando risposta ai bisogni primari (pasti regolari, un letto dove dormire, un posto per la cura della propria igiene personale) di queste persone. Infatti la garanzia dei diritti non può esaurirsi nella semplice offerta di prestazioni e/o di percorsi assistenziali, ma deve attuarsi anche nel modificare il margine sociale, certamente condizionato da politiche globali. Alcune riforme strutturali spostano il margine: pensiamo alla legge sulla cittadinanza per i minori stranieri, o all’introduzione del salario minimo, o ancora a una diversa politica sulla casa partendo dall’approccio, non esaustivo, dell’housing first.

Finito di stampare nel mese di novembre 2022 da Ti Printing S.r.l. Via delle Case Rosse 23, 00131 Roma per conto de Il Pensiero Scientifico Editore, Roma