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Differenze tra uomini e donne nell’accesso ai servizi sanitari e ruolo del sesso e del genere nei PDTA

dei 75 trial inclusi nello studio, soltanto il 24% riportava i dati stratificati per sesso/genere e addirittura soltanto il 13% commentava in discussione le differenze di sesso/genere riscontrate. Appare, dunque, di fondamentale importanza favorire una vera e propria “parità di genere” in epidemiologia, dando l’importanza che merita al dato stratificato.

Differenze tra uomini e donne nell’accesso ai servizi sanitari e ruolo del sesso e del genere nei PDTA

Il Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio ha recentemente pubblicato un volume in cui sono raccolti i dati epidemiologici regionali analizzati per sesso.6 Da questo lavoro sono emerse numerose e importanti differenze, dalla prevalenza di fattori di rischio e di alcune patologie croniche, alla diversità di accesso alle prestazioni sanitarie. È ben noto, ad esempio, come in ambito cardiologico le donne siano spesso sottotrattate e rispetto ai maschi abbiano un minor accesso a terapie importanti, come l’angioplastica, aspetto che era già stato evidenziato trent’anni fa da colei che è ritenuta la “fondatrice” della medicina di genere, Bernadine Healy, che nel lontano 1991 pubblicò sull’argomento un editoriale che fece il giro del mondo.7 Con gli anni le cose sono sicuramente cambiate, sono stati sviluppati dei percorsi molto più attenti a queste differenze; ciononostante, un differenziale tra uomini e donne (ad esempio per quanto riguarda l’accesso all’angioplastica) permane ancora. Come si fa a superare questo gap? Come si possono strutturare dei percorsi di salute che siano attenti al sesso ed al genere? C’è un dibattito intenso su questo argomento. Dal punto di vista dei clinici, si sconsiglia un approccio che preveda l’implementazione di servizi dedicati per le donne, evitando di puntare ai cosiddetti “women’s hospital”, cari a molti sistemi sanitari a livello internazionale. Lo stesso può dirsi di ambulatori dedicati, perché questo

ovviamente vorrebbe dire duplicare i servizi e non sarebbe sostenibile per il nostro sistema sanitario. Quello che bisogna perseguire è la promozione di un cambiamento culturale: bisogna considerare l’impatto del sesso e del genere nei Percorsi Diagnostico-Terapeutici e Assistenziali (PDTA) in ciascuna fase del percorso, dal momento del rilievo della sintomatologia (spesso differente tra uomini e donne) a quello della diagnosi – dove il contesto sociale può certamente avere un ruolo importante – e ovviamente anche da un punto di vista terapeutico, perché è ben noto come ad esempio l’aderenza e la persistenza alla terapia non siano uguali negli uomini e nelle donne. Chi si occupa della stesura dei PDTA deve tener conto di queste differenze legate al sesso ed al genere anche definendo indicatori che siano attenti a valutarle in modo appropriato. Queste necessità sono ovviamente anche sottolineate nel “Piano per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere”,8 approvato nel 2019, che riporta specificatamente tra i propri obiettivi l’importanza di una presa in carico della persona in un’ottica di genere, in grado di favorire una maggiore appropriatezza e personalizzazione del percorso in tutte le sue fasi. Allo stesso modo, è importante lo sviluppo di piani sanitari (piani socio-sanitari, piani di prevenzione) che al loro interno abbiano degli indicatori di processo e di esito stratificati per sesso e genere. È esemplare a questo riguardo l’esperienza dell’ARS Toscana relativamente alle differenze di sesso nella gestione delle cronicità, in via di pubblicazione. Il gruppo di ricerca ha realizzato uno studio molto interessante in cui, tra l’altro, è stato valutato l’impatto di covid-19 sull’adesione alle linee guida per gli indicatori di processo del PDTA del diabete (valutazione dell’emoglobina glicata, del fundus oculi, del profilo lipidico e della microalbuminuria), stratificando le analisi per sesso. I risultati dello studio hanno mostrato come in Toscana l’impatto di covid-19 abbia ridotto l’adesione alle linee guida, ma senza intaccare il differenziale di circa quattro punti percentuali a sfavore delle donne.