La Pagina del Pollo 73 - Sordi e ciechi

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La Pagina del Pollo 73 pubblicata in Fly Line 2/2019 di marzo-aprile 2019 anno 34° 1


L A PAGINA DEL POLLO 73

Roberto Messori

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Questo articolo non vi piacerà, meglio che lo sappiate subito. Di tanto in tanto dovete sorbirvi cose sgradevoli anche dove vorreste leggere solo cose belle del nostro entusiasmante atavismo, devo scriverle, è più forte di me, proprio per il timore del suo degrado. Spero si tratti di una visione eccessivamente pessimista, ma ho i miei dubbi e so già che verrò accusato di terrorismo, intanto dagli sponsor, ma anche da molti di voi. Forse in un prossimo futuro rimarrà solo quella possibilità per salvare il pianeta: il terrorismo. E io non so più dove ho messo la mazza da baseball. Ne ordinerò una in Amazon.

Pam, cartina tornasole

Non è di certo una prerogativa della pesca a mosca: in pratica innumerevoli contesti possono essere utilizzati come cartina tornasole per valutare ciò che avviene in ambiti ben più ampi, per non dire planetari, tuttavia la nostra disciplina mostra una completezza di caratteristiche impressionante per agire come una sorta di “finestra sul mondo”, poiché ciò che accade in grande scala al pianeta ed alla nostra società accade in scala relativa al nostro piccolo mondo alieutico. Con “ambiti planetari” intendo la consapevolezza di ciò che sta succedendo alla sfera biologica del pianeta, alla nostra società ed agli sconvolgimenti che il nostro “progresso” provoca in entrambi. Perché la Pam deterrebbe simili caratteristiche? Intanto premettiamo quelle fondamentali, poi ne analizzeremo l’interazione: - la pesca a mosca è una disciplina ancestrale, poiché ci riporta ai primordiali istinti di sopravvivenza e predazione così da soddisfare i più antichi e potenti desideri latenti nella nostra psiche;

Nella foto: si direbbe che l’uomo abbia attivato il pulsante di autodistruzione del pianeta Terra.

- interagendo con l’ambiente naturale ci introduce fortemente alle leggi che governano gli ecosistemi e che, per forza di cose, in parte dobbiamo imparare ed in parte intuire; - è basata su etica, regole e rituali finalizzate a trasformare un impatto cruento, dove il predatore umano po-

trebbe sbaragliare ogni forma di vita alieutica grazie alla potenza delle sue armi, in una sfida che tende alla parità delle possibilità di vittoria, con l’ulteriore prerogativa di potere, volendo, non uccidere la preda;

- è stata definita “un capolavoro dell’inventiva umana” in quanto ha saputo trasformare un sistema predatorio in un esercizio di notevole eleganza, manualità artistica, creatività ed abilità da giocoliere; - essendo, come ogni cosa a questo mondo, soggetta alle leggi evolutive, ci obbliga al sottile entusiasmo di un continuo mutamento e ad una continua ricerca;

- infine, potremmo aggiungere in questo brevissimo ed incompleto elenco, aumenta la nostra consapevolezza della citazione di Eraclito, bizzarramente riassunta in tutto scorre: “Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va”. D’accordo, per un appassionato è facile esibirne gli aspetti migliori, quindi... Volendo, la pesca a mosca è anche tante altre cose più discutibili, dipende dai punti di vista: una tecnica d’infinito sforacchiamento di bocche di poveri pesci, il primo step per buttare creature

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A sinistra: logo e slogan del Club di Roma. A destra: un suo detrattore, vedi: http://mondos-porco.blogspot. com/2014/12/club-di-roma.html Ma attenzione, il sito è segnalato come “non sicuro”. di Dio nell’olio bollente, la pratica di allevare poveri zombi geneticamente modificati per poi buttarli nei fiumi in nome di uno “sport” gestito dal connubio Fipsas-Coni, un bersaglio ottimale per gli animalisti... Del resto anche l’arte, un’altro capolavoro dell’inventiva umana, ha prodotto scatolette di merda d’artista e orinatoi elevati a opere d’arte e, ovviamente, a cifre astronomiche.

I limiti dello sviluppo

Nel 1968 si tenne la prima riunione del Club di Roma, così chiamato perché quel primo meeting si tenne, appunto, a Roma. Si trattava, e si tratta, di una associazione di luminari: scienziati, economisti, attivisti dei diritti civili, capi di stato, imprenditori e diversi premi Nobel. Si riunirono, e lo fanno ancora, per un’unica missione: identificare i cambiamenti globali che l’umanità sta imponendo al pianeta, e a sé stessa, in funzione della sua crescita. Per tale analisi venne incaricato il MIT (Massachusetts Institute of Technology). Il lavoro approdò ad un libro edito nel 1972 che all’epoca sconvolse non poco l’intellighenzia planetaria. Il titolo del rapporto era “I limiti dello sviluppo”, a dispetto del titolo originale Limits to Growth (Limiti alla crescita). Coi mezzi informatici dell’epoca venivano analizzati i cinque aspetti dell’interazione antropica sul pianeta terra: la crescita della popolazione, dell’industrializzazione, dell’inquinamento, della produzione di cibo e dello sfruttamento delle risorse. In estrema sintesi, le conclusioni

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del rapporto furono:

1 - Se l’attuale tasso di crescita della popolazione, dell’industrializzazione, dell’inquinamento, della produzione di cibo e dello sfruttamento delle risorse continuerà inalterato, i limiti dello sviluppo su questo pianeta saranno raggiunti in un momento imprecisato entro i prossimi cento anni. Il risultato più probabile sarà un declino improvviso ed incontrollabile della popolazione e della capacità industriale. 2 - È possibile modificare i tassi di sviluppo e giungere ad una condizione di stabilità ecologica ed economica, sostenibile anche nel lontano futuro. Lo stato di equilibrio globale dovrebbe essere progettato in modo che le necessità di ciascuna persona sulla terra siano soddisfatte, e ciascuno abbia uguali opportunità di realizzare il proprio potenziale umano. Chi volesse saperne di più può dedicare mezz’oretta online, giusto per un’infarinatura, leggendo in Wikipedia a questo link:

https://it.wikipedia.org/wiki/ Rapporto_sui_limiti_dello_sviluppo Piaceri della vita come il buco nello strato di ozono, l’emissione di CO2 ed il conseguente riscaldamento globale si conoscevano bene fin d’allora, ma ancora le masse non ci avevano fatto i conti. Il mondo attuale sta invece toccando con mano le problematiche previste negli anni Settanta: il cambiamento climatico, la riduzione dei terreni fertili, un numero ingente di specie viven-

Pagina a fronte, sopra: le multinazionali giudicate più “pericolose”. Sotto: i “padroni del mondo”. ti estinte, grandi migrazioni (sessanta milioni di migranti nel mondo solo nel 2017) e metà popolazione mondiale (4 miliardi di persone) che soffrono la fame. Nel 1970 eravamo meno di 4 miliardi in tutto, oggi siamo quasi il doppio (7,6 miliardi ad aprile 2018). Chi poi desiderasse terrorizzarsi ulteriormente può leggere l’ultimo rapporto del Club di Roma: Come on! Come fermare la distruzione del pianeta, lo trovate in versione digitale in italiano in IBS (Internet Book Shop), dove


è possibile leggerne diverse pagine in anteprima. Tenete un buon Whisky a portata di mano, ne avrete bisogno. Una versione cartacea la trovate, mi pare, in https://www.giunti.it/libri/economiae-business/come-on-come-fermare-ladistruzione-del-pianeta/

I padrini della Terra

Ho sbagliato a digitare, volevo scrivere padroni, ma forse padrini è più adeguato. Sono molte le similitudini tra le multinazionali e le organizzazioni mafiose. Il mondo scientifico preme disperatamente affinché i padroni della Terra cerchino di strutturare un tipo di società che smetta di distruggere l’astronave che ci sta facendo viaggiare attorno al sole e della quale con l’Antropocene (l’era geologica dominata dall’uomo) abbiamo attivato il sistema di autodistruzione. Se non dell’astronave, certamente di noi stessi. – Grazie di aver attivato il meccanismo di autodistruzione, avete 80 anni per abbandonare il veicolo spaziale. Va già meglio: di solito nei film di fantascienza restano sempre poche decine di secondi. Oppure, se anche i sistemi di navigazione adegueranno il linguaggio allo sproloqio generalizzato sempre più di moda: – Brava testa di cazzo, hai tre generazioni di coglioni affinché la tua specie di stronzi decerebrati porti il culo

lontano da questo pianeta. In molti campi il tempo di misura in generazioni, nel recente passato si contava una generazione ogni 25 anni, oggi si è passati a 30 anni e c’è chi propone 35. In altre parole, i nostri nipoti potrebbero già vivere dal vero gli scenari di divertenti film catastrofici come Io sola sulla Terra, The road, Codice genesi, La fine, Bird Box e tanti altri. Ma chi sono i padroni della Terra? È difficile fare dei nomi, poi gli uomini

muoiono e i padroni restano, un filosofo greco puntualizzò che l’uomo è il suo denaro, credo quindi di poter mettere nel mucchio soprattutto i ricchi, i veri ricchi. L’attuale sistema economico favorisce l’accumulo di risorse nelle mani di una élite super privilegiata ai danni dei più poveri, infatti multinazionali e super ricchi continuano ad alimentare la disuguaglianza (Rapporto Oxfam) e ad aumentare la loro interazione col potere politico. I padroni sono quindi i capi di stato, con alle spalle le potenti multinazionali che ne finanziano le campagne elettorali, oppure che operano per mettere al comando nei paesi del III mondo i capi che fanno i loro interessi. Sono i padroni del mondo a decidere le guerre, non i popoli che ne sono vittima, sanno come farci odiare i negri, gli ebrei, gli arabi, i palestinesi o gli extracomunitari a seconda dei casi, sono sempre stati bravi in questo.

Tutto diventa business

Noi, popolo dei paesi industrializzati, abbiamo vissuto in un’oasi felice dal secondo dopoguerra ad oggi, anche se dal 2008 la crisi economica e la grande migrazione mossa da guerre e povertà hanno cambiato parecchio le carte in tavola, ma detta crisi non è stata solo la

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vata in nome della sicurezza, o dell’inquinamento o di qualunque cosa possa far cassa venga sfruttata senza pensare troppo alla sua effettiva validità. Premesso quanto, è il momento della...

Analisi della pesca a mosca

conseguenza delle disastrose speculazioni di un paio di banche Usa. Lo slogan più ripetuto è La forbice tra ricchi e poveri è sempre più larga, ma perché? La crescita necessita di mercati ove smerciare l’infinita produzione di beni di consumo, ed oggi il mercato più fiorente è quello della piccola e media borghesia, la classe media insomma, che viene tartassata da ogni parte, dalle multinazionali che vendono attraverso gli eCommerce come Amazon, eBay, Google, le cui subdole strategie psicologiche dicono a noi cosa desiderare e i cui algoritmi dicono a loro cosa desideriamo. Il desiderio nasce da quello che osserviamo ogni giorno (Hannibal Lecter), e ogni giorno siamo ossessionati sempre di più dalla pubblicità. Non piaciamo per ciò che siamo, ma per ciò che compriamo. ... E tartassata dagli enti governativi che impongono ogni giorno nuovi balzelli in nome della sicurezza, per combattere il riciclaggio o l’evasione fiscale... Non siamo più padroni dei nostri soldi, ora sono delle banche: noi non possiamo neppure prelevare cifre importanti in contanti. Le fatture non le inviamo più noi ai clienti, ma la mandiamo all’Agenzia delle Entrate, le trasmetteranno poi loro ai clienti. E questo in un paese dalle libertà democratiche. Ora manca solo un commissario fiscale di quartiere. Si produce troppa CO2? Occorre ricavare energia da fonti rinnovabili, ecco quindi che parte l’assalto delle microcentrali idroelettriche ai torrenti, ma il vero scopo è quello del business, i fiumi straripano per le alluvioni? Ecco che parte il business delle cementificazioni, ora (novità) i diesel inquinano? Ecco che ci faranno comprare le auto ibride per un nuovo business automobilistico. Le auto mal regolate inquinano? Ecco

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La famosa “forbice” tra ricchi e poveri è sempre esistita, ma ora ha ripreso ad aprirsi sempre più. Pagina successiva: sopra: immagine dal film “Il signore delle mosche”, tratto dall’omonimo libro, la crudeltà di bimbi e adolescenti non è dissimile da quella degli adulti. Sotto: si butta il “pronta pesca”, alternativa commerciale alle leggi di natura. che occorre pagare l’annuale prova dei fumi, girano catorci poco affidabili? Ecco il pagamento della revisione ad anni alterni (ma non basterebbe l’obbligo dei tagliandi delle case automobilistiche?). Una coppia di pensionati muore per la caldaia difettosa? Ecco la tassa sulle caldaie, che ora vanno dichiarate nel catasto regionale con revisione obbligatoria. Non so da voi, ma nelle strade delle campagne di Formigine (dove ha sede Fly Line) da poco sono apparsi cartelli di limiti della velocità di 50 Km/h, strade alternative alla statale formate da lunghi rettilinei poco o nulla antropizzati da abitazioni: perché un limite così assurdo che nessuno rispetta? Ebbene ora sono pattugliate da veicoli della polizia municipale dotati dei nuovi Scout Speed, che rilevano la velocità da auto in movimento, non hanno obbligo di segnalazione, né della contestazione immediata. Aumentano la sicurezza sulle strade o le casse dell’Amministrazione? Pare davvero che ogni nuova tro-

La pesca, a differenza della caccia, reca seco indubbi aspetti contemplativi e filosofici, affascinante conseguenza del contatto col magico liquido che ha catalizzato la vita sul pianeta e dal quale ogni specie vivente dipende. Come precisò Platone, la pesca è una caccia che si fa con la canna e la lenza, nella quale non servono forza e coraggio, ma astuzia e abilità. La pesca a mosca è nata per enfatizzare queste peculiarità e trasformare ogni aspetto cruento o volgare in arte, conoscenza e abilità. Non possiamo pescare a mosca se non ci siamo esercitati, dopo averlo appreso, nel volteggio della lenza, e non possiamo farlo con efficacia se non conosciamo buona parte dei misteri della vita che permea l’ambiente acquatico, i suoi abitanti, il loro comportamento ed i loro cicli vitali. E la soddisfazione aumenta a dismisura se noi stessi creiamo con arte le impalpabili ed ingannevoli esche a somiglianza del cibo, per lo più delicati insetti, che i pesci ricercano con perizia. Pesci che, una volta vinta la sfida, potremo rilasciare al loro elemento, giacché tra una fucilata ed una Silver Sedge la differenza è piuttosto rilevante. Un tempo la canna in refendù ti accompagnava tutta la vita, mentre l’amico cacciatore procurava le penne e le piume utili alle imitazioni. I bachi da seta fornivano sia la lenza che i finali e l’abbondanza di pesce che popolava ogni fiume o torrente ti evitava il famelico bisogno di una attrezzatura più performante, o specifica, dall’impugnatura anatomica per un maggiore controllo del loop. I pochi negozi erano un’oasi di cultura e lungo le rive del fiume il tuo unico pensiero era godere di quel piacere immenso che oggi, tra selfie, schiamazzi, post delle catture, telefonate dei compagni, foga della condivisione, ricerca degli spot ripopolati e frustrazione di una attrezzatura sempre inadeguata


possiamo solo fantasticare o leggere nei vecchi racconti romantici. Con la stessa canna e la stessa coda pescavi trote, temoli o ciprinidi, a secca, sommersa o ninfa. Oggi per lo stesso pesce ti servono tre canne, più la due mani, e se cambi pesce ti serve un’altra serie di canne. E le code di topo che possiedi, se stese, coprono una lunghezza pari al viaggio dell’ultima uscita di pesca. Oggi il pescatore a mosca è un cliente, la pesca dilettantistica un settore del commercio e il fiume un mercato del pesce con ingresso a pagamento. I pescatori, tutti i pescatori, potrebbero essere una potenza se solo fossero uniti nel difendere la naturalezza dei fiumi, invece sono divisi da tribali lotte campanilistiche dove ogni gruppo difende i propri interessi, nonostante ogni associazione abbia nello statuto norme che imporrebbero la salvaguardia degli ecosistemi, a cominciare dalla Fipsas, il che è tutto dire. Tutti i tentativi di creare un’unione unica hanno portato ad ulteriori frammentazioni ove le varie associazioni si comportano esattamente come gli stati: la preoccupazione dei capi è il consolidamento del proprio potere e le mete da perseguire sono quelle che hanno indottrinato le masse: le semine di pesce nelle riserve sono il nostro reddito alieutico di cittadinanza e i no kill solo mosca i porti vietati agli extracomunitari. Le masse chiedono pesce ed i politici glieli danno. A pagamento,

naturalmente. Bizzarro: in Italia i codici sono soliti portare come esempio di res nullius (letteralmente cosa di nessuno) la fauna ittica, in quanto essa non appartiene a nessuno, la fauna selvatica è invece patrimonio indisponibile dello Stato. Nullius potrebbe essere il termine perfetto, oggi, per definire le cosiddette acque libere, delle quali nessuno si occupa più e dove di regola non c’è dentro, appunto, nullius pisces. I pesci sono invece nelle “riserve”, gestite da associazioni, enti locali, garisti o privati che le tengono più o meno imbottite di pesce, specie nei momenti di affluenza dei pescatori. A chi importa che i pesci di semina siano allottoni e costituiscono un ulteriore inquinamento ancorché peggiore

in quanto genetico? Sì, importa tutti a parole, ma poi ci vanno e guai se non catturano. A questo punto occorre riflettere sulla nostra vera natura: cosa desideriamo veramente? Ma guardiamoci, col giubbino pieno di adesivi pubblicitari, con l’ultimo modello di Sage (o Loomis, o Winston, o Hardy o quella che vi pare), il mulinello in ergal large arbor con coda di topo Sixth Sense Spring Special, waders traspiranti con scarponcino chiodato al tungsteno ad esibire lanci gomito a gomito con altri poveretti col nostro stesso problema: il dubbio di avere lo smartphone carico per le foto di catture da postare online. Ma non dobbiamo farci una colpa, in effetti non è tutta colpa nostra, è la natura umana di animali sociali che ci portiamo dentro da sempre, anche se ora siamo animali da socials. Il potere, il capobranco, il grande fratello insomma è bravissimo a farci vedere ogni giorno ciò che dobbiamo desiderare, al suo servizio ha dei veri geni della psicologia di massa, mentre altri geni elaborano gli algoritmi che gli dicono tutto di noi, cosa ci piace, chi frequentiamo, cosa compriamo, dove viaggiamo, quanti soldi abbiamo e dove ci piace spenderli, che viaggi abbiamo fatto, il nostro livello di cultura, la nostra religione e le preferenze politiche. Se il Grande Fratello è il nostro nemico lui di noi sa tutto e noi di lui non sappiamo un cazzo. Come dice Mitchell, il protagonista di London Boulevard al funerale del suo unico amico, un vec-

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chio barbone cieco: “Siamo fottuti”. Sì, siamo fregati. Se quello dieci metri più a valle di noi prende una trota più grossa non è perché è più bravo, o ha più culo, ma probabilmente la sua Vision va meglio della nostra Scott. Ma perché siamo finiti in una riserva gomito a gomito? Perché siamo in tanti, le riserve ricche di pesce sono poche e le acque libere troppo scomode, per trovare una possibilità occorre faticare e camminare fin dove ben pochi vanno. Una volta la pesca in torrente era così, lunghe scarpinate, sassi bianchi, pareti rocciose, boschi di conifere e latifoglie e ancora scarpinate di buca in buca, ma pochi pesci, sudati, cercati, desiderati, spesso di una spanna di lunghezza o poco più, e di tanto in tanto un esemplare da tenere con due mani. Troppo poco per le attuali esigenze indotte dal mercato. Le lunghe camminate le possiamo fare, ma in palestra sul tapis roulant, controllando di tanto in tanto WhatsApp e Facebook, di rado nei torrenti lontani c’è rete. Qua e là, a macchia di leopardo, un leopardo con macchie piccole e rade, qualche associazione con pulsioni ambientaliste tenta l’anacronistica rivoluzione di riportare un tratto di fiume all’antico splendore. Beh, facciamo ad una pretenziosa rinaturalizzazione. La prima frase magica è ovviamente “No kill solo artificiali”, seguita dalla seconda: “Ripopolamento di sole trote autoctone”, il problema è trovarle, ma nei rii minori, oppure in certi allevamenti qualcosa del genere parrebbe fattibile. Facciamo finta che lo sia. Via le atlantiche e dentro le mediterranee. Perché viene fatto tutto questo?

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Può davvero esistere una locale associazione di pescatori desiderosa di ricreare un ambiente di pesca verosimilmente naturale? Poi che pesce semina: scatole Vibert, avannotti, pesce svezzato o trote adulte? Se semina uova o avannotti occorre aspettare anni prima di poter pescare qualche trotella decente, mentre immettere pesci adulti che rinaturalizzazione sarebbe? Riuscite a immaginare un gruppo di pescatori che per anni si accontenta di andare a vedere il torrente in affido ove le trote piano piano crescono e nel frattempo lo deve difendere da inquinamenti, centraline, bracconieri, ingegneri idraulici e prelevatori di acqua? Poi magari un’alluvione distrugge tutto sul più bello, oppure la sindrome della gallina vanifica il piacere. Anni fa una coppia di amici andò a vivere in collina in una casetta con un po’ di terra, piantò un orto, un piccolo frutteto e un pollaio, ma al momento di mangiare la prima gallina non riuscirono ad accopparla, La quarta scimmia. No comment. Sotto e a destra: bacino idrografico e sistema circolatorio: è assurdo pensare di gestire i fiumi a spezzoni così come sarebbe assurdo pensare di sistemare il colesterolo quà e là per pochi centimetri di capillare a caso.

si erano affezionati. La chiamammo la “sindrome della gallina”. Attenti: questa è sempre la pagina del pollo. Ma poi c’è l’aspetto fondamentale: un tratto di fiume non è un sistema isolato, è parte di un sistema idrologico e questo è connesso al territorio come un tratto di vena è parte di quell’apparato circolatorio che mantiene vivo ogni organo che alimenta. Sarebbe come ridurre il colesterolo in tre centimentri della vena succlavia e credere di non rischiare più l’infarto. Nel sistema economico globalizzato su base capitalista, l’Italia oggi potrebbe essere giusto quei tre centimentri,


ma imballati di colesterolo. Se pensate che sia finita qui, in una disciplina alieutica semplicemente preda del business vi sbagliate di grosso, siamo solo all’inizio, ora c’è la questione ambientale. Viviamo sulla nostra pelle i fiumi che scompaiono come il Taro, il Ceno o il Trebbia nel 2017 quando gli alvei si svuotarono per la siccità, per poi riapparire all’improvviso esondando fuori stagione, per non parlare delle perturbazioni invernali che, saltando le Alpi e ancor più spesso il centro, portano la neve al Sud, mentre gli scarsi depositi di neve a marzo sono già disciolti. E i tornado? Prerogativa Usa, rarità storica in Italia, ma nel modenese di recente hanno colpito tre volte devastando case e zone industriali. Parlando di progressiva estinzione degli insetti le masse pensano alle api ed al fatto che, forse, il miele potrebbe rincarare. Mentre i parabrezza privi di esapodi spiaccicati magari sono preferibili, inoltre con “insetti” le masse iden-

tificano subito mosche e zanzare, che se anche scomparissero del tutto... Per noi è diverso, non è solo una tragedia alieutica, ce ne eravamo già accorti, anche se pensavamo ad un ul-

teriore, magari momentaneo, degrado di quegli ambienti acquatici che ciascuno è solito frequentare. Poi assistere a pochi e radi sfarfallamenti al posto di quelli imponenti di tempo addietro non è certo una statistica o un dato scientifico. Lo abbiamo preso un po’ come un’uscita di pesca in bianco: non significa che lì non ci sia più pesce. Ma la cosa s’è ripetuta per anni ed abbiamo iniziato a raccontarcelo perplessi, fino all’esplosione indotta dalla ricerca tedesca, cui ne sono seguite altre: gli insetti stanno scomparendo davvero. Ma questo non solo nei paesi industrializzati e antropizzati, bensì in parchi naturali ben lontani dagli insediamenti dell’uomo come nelle foreste pluviali tropicali. E con loro l’indotto di pesci, anfibi, uccelli, impollinazione e tutto ciò che ne consegue. Sta rompendosi uno degli anelli fondamentali della catena ecologica. Il motivo è un mistero, sarà lo scopo della seconda fase della ricerca scientifica, al momento possiamo solo fare ipotesi. Pesticidi? Anticoncezionali e droghe che finiscono nel sistema fognario? Eccessiva radioattività, inquinamento elettromagnetico, acustico e luminoso? Non lo sappiamo. Sappiamo però che non è certo una novità: Rachel Louise Carson, biologa e zoologa statunitense, sconvolse il mondo fin dal lontano 1962 col libro Primavera silenziosa, che ebbe un grande riscontro negli USA catalizzando un cambiamento nella politica nazionale sui fitofarmaci e portando all’ostracismo del DDT, oltre a lanciare

Fiumi in secca, o in piena, eventi meteorologici sempre più estremi sono solo una modesta cornice alla punta di iceberg più inquietante: la scomparsa degli insetti. In alto: fiume del parmense in secca nel 2017; sotto, tornado nel modenese.

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che diversi capi di stato si sentirono in dovere di tranquillizzare i loro popoli e diversi scienziati vennero prezzolati per demolire le tesi del rapporto sui Limiti dello sviluppo, tesi che, purtroppo, sembrano progressivamente avverarsi: i cento anni previsti dalla ricerca “scadrebbero” nel 2072. Oggi in quelle previsioni catastrofiche ci siamo dentro appieno ed i segnali li vediamo giornalmente nella scomparsa degli insetti, nello sciogliersi delle calotte polari, nel retrocedere dei ghiacciai, nella virulenza degli eventi climatici, nell’estinzione crescente delle specie.... Effetto domino del riscaldamento globale e dell’avvelenamento del pianeta. Ma le masse sembrano sorde e cieche, i movimenti ambientalisti paioil movimento ambientalista.

Ciò che terrorizza

Nel 1962 la singola opera libraria di una scienziata provocò la messa al bando del DDT e diede inizio al movimento ambientalista; nel 1972 il rapporto del MIT attivò una reazione tale Che fare a fronte dei grandi problemi del pianeta quali il clima impazzito per il riscaldamento globale o l’inquinamento progressivo? La soluzione di mettere la testa sotto la sabbia non sembra abbia dato buoni frutti. no fossilizzati, le ricerche degli scienzati sono messe in discussione da ricerche di altri scienziati (prezzolati?) che tentano ogni carta per demolirle, e comunque sono ignorate, la gente ha altri interessi, poi molte agenzie scientifiche governative sembrano subire le potenti influenze delle multinazionali, mentre noi ci barcameniamo tra gli acquisti in Amazon, i problemi economici e il perfido gioco dei socials. E, ovviamente, le riserve no kill. Siamo diventati insensibili e ci sentiamo impotenti: è questo che dovrebbe davvero terrorizzare. Che fare? Beh, fatemici pensare, magari qualcosa mi viene in mente.

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